Parte - C - (di Gabriella Parissi) |
Domande:
7. Che valore ha la verginità consacrata? |
8. Perchè non dovrei usare i metodi anti-concezionali? |
9. Perchè la Chiesa Cattolica Romana non accetta i rapporti "pre-matrimoniali"? |
7. Che valore ha la verginità consacrata?
VALUTAZIONE SOCIALE
La nostra epoca, che si vanta di aver raggiunto una grande liberazione
in campo sessuale, rischia di essere probabilmente una delle più
anti-sessuali della storia. La pretesa liberalizzazione dei costumi in
questo campo si traduce spesso, infatti, in un grave impoverimento della
sessualità, dando adito anche a forme devianti e fuorvianti,
quali la pornografia, la prostituzione, la pedofilia, il turismo a scopo
sessuale, insomma tutte le varie forme di mercificazione del sesso che
oggi sono assai diffuse e vengono più o meno apertamente tollerate
in nome di un’errata concezione della libertà umana.
- Cosa c’è al fondo di queste come di altre devianze sessuali?
- Quali sono le cause di tale grave mortificazione della sessualità?
La risposta a queste domande è una sola: si è consumata oggi una separazione tra persona e sessualità, per la quale l’attività sessuale dell’uomo viene sempre più considerata come semplice atto fisiologico, che non coinvolge l’intera persona. Si tratta, in pratica, di una palese negazione del valore della castità, la quale tende a difendere l’unitotalità della persona in questo campo così delicato.
Per capire e comprendere meglio in cosa consista l’esercizio della castità si deve partire dalla premessa che la sessualità riguarda l’intera nostra persona e che le attrazioni sessuali toccano sia la sfera esteriore che quella interiore del nostro essere.
La pulsione sessuale, che Freud chiama libido, è molto forte in ciascuno di noi e viene esercitata attraverso il tatto, l’udito, lo sguardo, ma anche mediante la fantasia, la parola, l’intelligenza. Quando la passione istintiva prevale sulla ragione, la persona finisce con l’abbrutirsi in un comportamento fatuo, sciocco, che nel peggiore dei casi diventa svilimento della propria dignità. Freud stesso ammette che la libido deve conoscere una qualche forma di repressione, senza la quale la persona si autodistruggerebbe. Nella sua visione materialistica, però, egli pensa a questa repressione solo nei termini di un recupero di energie psichiche da canalizzare positivamente in altri campi dell’esistenza umana.
Il casto temperante, così come lo intende la morale cristiana, è colui che lotta con se stesso per vivere la sessualità sempre e solo come donazione d’amore: una donazione che viene vissuta a partire da un sereno possesso di sé e da una sana capacità di accogliere l’altro nella ricchezza del suo essere. Quelle dell’immaturo, dell’orgoglioso autosufficiente, dell’egoista incapace di accogliere il dono dell’altro, sono tutte versioni contrarie alla castità.
Il casto temperante si sforza, con l’aiuto del Signore, di creare un graduale ordine interiore nelle proprie passioni, fino a vivere la sessualità in maniera autenticamente gioiosa, nell’ottica dell’amore caritativo. C’è infatti a mio avviso, una profonda relazione, tra carità e castità, che si realizza nell’unità della persona, colta nella ricchezza armonica del suo essere.
La castità trova la sua motivazione più nobile non nella repressione, ma nella donazione.
La virtù della castità consiste, quindi, nel sottrarre il soggetto umano alla tentazione sempre ricorrente di non vedere nel corpo, quello proprio e quello dell’altro, la bellezza e la preziosità della persona, ma anzi di staccarlo dalla persona per farne unicamente un oggetto di godimento. La castità aiuta il soggetto a non diventare oggetto e a non cosificare l’essere della persona amata.
In questo senso essa è vera carità, perché rende idonei a fare di se stessi e degli altri un dono d’amore…
Lo snaturamento più grave della sessualità, è quello
che porta alla separazione tra sessualità ed amore. Anche questa
è una realtà sotto gli occhi di tutti: sono in molti a sostenere
che non c’è necessario collegamento tra atto sessuale e amore e
che si può “fare sesso” anche senza un coinvolgimento sentimentale
delle persone. Talora anche da un incontro occasionale o da un rapporto
non impegnativo può scaturire, con relativa facilità, la
scelta di avere rapporti sessuali completi, che altro scopo non hanno se
non quello di garantire una reciproca soddisfazione sensoriale.
DIO È AMORE
Questi “attentati” alla sessualità, oggi largamente presenti
nella nostra cultura, possiamo intenderli anche come una triste conseguenza
del rifiuto di Dio o dell’indifferenza nei suoi confronti.
La separazione tra sessualità e procreazione non è forse
una negazione dell’intervento che Dio creatore ha nella trasmissione della
vita umana?
E la separazione tra sessualità e amore non può essere
letta come un disconoscimento dell’essenza di Dio, che è appunto
l’Amore, e che desidera manifestarsi nella donazione reciproca dell’uomo
e della donna, fatti a sua immagine?
Il Signore ci chiama a prendere atto di queste realtà, che incombono
sulla nostra attuale situazione culturale.
Ci chiede di farlo, però, con animo aperto alla speranza, senza
farci pervadere da un cupo pessimismo che rischia di immiserire la nostra
concezione cristiana in sterili atteggiamenti moralistici.
Siamo chiamati a dare una testimonianza del nostro modo di intendere
la sessualità umana, nella consapevolezza che la forza di questa
testimonianza, può rendere valido servizio all’uomo del nostro tempo.
La nostra interpretazione della realtà sessuale parte dal riconoscere
Dio come la fonte dell’amore, che dona all’uomo una struttura corporea
identificabile sessualmente, attraverso cui gli uomini possono vivere nell’amore,
realizzando così la loro immagine e somiglianza col Creatore e cooperando
con lui nel trasmettere la vita ad altre creature.
In questa visione personalistica, che trova nell’amore la sua essenza
più profonda, si collocano, dunque, le relazioni sessuali tra gli
esseri umani. Esse sono relazioni che coinvolgono la persona in tutta la
sua ricchezza del suo essere e che, se vissute in modo autenticamente umano,
la fanno crescere nella capacità di amare. Le relazioni sessuali
non vissute in questa logica e quindi sottratte alla virtù della
castità, rischiano di ferire profondamente l’uomo e di mortificarne
la sua capacità di slancio oblativo, rinchiudendolo nell’egoismo.
Il Signore ci chiama a glorificarlo con tutto il nostro essere e in
tutto il nostro agire.
La sessualità è una dimensione feconda di questa glorificazione
di Dio, perché, se è vissuta secondo il suo progetto d’amore
riproduce la stessa vita intima del Dio uno e trino…
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché Santo è il tempio di Dio, che siete voi. (1 Cor 3, 16-17)
O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? ( 1 Cor 6, 19).
Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo ma
Cristo vive in me.
Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che
mi ha amato e ha dato se stesso per me (Gal 2, 20)
Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre il giogo della schiavitù (Gal 5, 1)
Dio è amore. Tutta la storia umana è quella del suo amore.
Non siamo stati noi che abbiamo amato Dio, ma è Lui che ci ha
amati per primo. ( 1 GV. 4, 10)
In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Credere nell’amore di Dio è entrare con lui in una vita nuova,
è essere salvati.
Amare veramente un essere umano, è sempre aprirci all’amore
di Dio.
Dio stesso non ha agito diversamente nei nostri confronti: egli ci
ha inviato il Suo Figlio che ha abitato in mezzo a noi, e attraverso di
Lui, una volta per tutte, ci è stata rivelata la pienezza e l’amore
che Dio ha per noi.
Nello stesso modo un uomo e una donna, amandosi, non solo rispondono
ad un desiderio del loro cuore, al progetto di fondare una famiglia, amandosi,
essi sono chiamati a riconoscere l’amore che Dio ha per loro, a credervi,
ed a corrispondervi insieme.
IL CELIBATO PER IL REGNO
Se la maggior parte dei cristiani sono chiamati a sposarsi nel Signore,
altri sono chiamati a non sposarsi nel Signore.
Il celibato evangelico è fondato sulla parola di Cristo.
Gesù ci ha insegnato con la parola e con l’esempio, la vocazione
alla verginità per il regno dei cieli.
Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della
madre, ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi
sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può
capire capisca. ( MT 19,12)
Costoro sono chiamati a vivere, fin d’ora, con Lui, come alla fine
dei tempi.
Sappiamo infatti che nel giorno della resurrezione, quando appariranno
i nuovi cieli e la terra nuova, non si prenderà più né
moglie né marito.
Alla resurrezione infatti non si prende né moglie né
marito, ma si è come angeli del cielo. (MT 22, 30).
Il celibato evangelico è solo un’anticipazione di quel momento.
E’ per amore, infatti, e per non avere altra preoccupazione che il
suo servizio, che un certo numero tra noi lasciano casa, fratelli. sorelle,
madre e padre, figli e campi a causa di Lui e della buona novella.
Dice infatti Paolo: Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non
è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere
al Signore, chi è sposato invece, si preoccupa delle cose del mondo,
come possa piacere alla moglie, e si trova diviso. Così la donna
non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per
essere santa nel corpo e nello spirito, la donna sposata invece si preoccupa
delle cose del mondo, come possa piacere al marito. ( 1COR. 7, 32,34)
In verità vi dico non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e padri e campi, insieme a persecuzioni e nel futuro la vita eterna. ( MC. 10, 28,30).
La verginità consacrata è vocazione all’amore così
come lo è il matrimonio.
Libero dai doveri dell’amore coniugale e della famiglia, il cuore vergine
può sentirsi più disponibile all’amore e alla dedizione gratuita
verso i fratelli.
Ma non ama più Dio e non ha il cuore più libero di amare
Dio, perché che siano sposati o consacrati al celibato, i cristiani
dovrebbero testimoniare ogni giorno della loro vita l’amore che Dio ha
per loro, e non cessare mai di amare e rinnovare il proprio cuore al Signore
fonte di gioia e d’amore.
Che cosa significa amare?
Amare è incontrare un altro, riconoscerlo per colui che si attendeva.
Amare non è confiscare l’altro, ma voler prima di tutto la sua
felicità: è donare.
E’ donarsi..
Amare è abbandonarsi, cioè andare fino al disinteresse
ed alla delicatezza del dono.
Colui che ama veramente è impaziente di provare la verità
del suo amore.
Un amore che non impegna tutta la vita e non opera alcun mutamento
è solo parvenza di amore, resta egoismo.
L’amore, per se stesso, è generoso, trasforma noi stessi e porta
a trasformare il mondo in cui viviamo.
Qualunque sia il grado d’intensità dell’amore al suo inizio,
esso chiede, per approfondirsi e più spesso per mantenersi, una
certa maturazione del cuore e della volontà.
Deve diventare adulto.
Sia il celibato evangelico che il matrimonio esigono la maturità
affettiva di cui una delle componenti essenziali è quella di accettarsi,
uomo e donna, così come Dio ci ha creati e come ne siamo stati segnati
in tutto il nostro essere.
L’amore è veramente pieno solamente se esso è coscientemente
quello dell’uomo e della donna che noi siamo.
L’unità dei coniugi non può essere realizzata se non
nel rispetto del loro carattere di uomo e di donna.
Anche il celibato evangelico esige che l’uomo o la donna si consacri
con tutte le ricchezze della sua sessualità e ne faccia dono a Dio.
L’amore di Dio fa appello a tutto ciò che noi umanamente siamo.
Entrambi sono vocazioni d’amore, perché entrambi, sia consacrati
che sposati dovrebbero essere sensibili ai bisogni dei fratelli più
deboli e bisognosi di aiuto e di assistenza, ed entrambi diffondere il
messaggio cristiano della salvezza così come ci è stato detto
dal Signore Gesù.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome
del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare
tutto ciò che vi ho comandato.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo. (MT
28, 19,20).
Si tratta per ciascuno di noi, celibe o coniuge, nubile o sposa, di
accogliere il dono di amore che Dio ci ha offerto e di portarlo, nella
nostra storia personale, ad esprimersi con i suoi contenuti più
veri e autentici di dialogo, offerta e soprattutto d’amore.
(Cercherò di rispondere in maniera stretta alla domanda, anche se ciò implica affrontare tutta una serie di problematiche. Cercate di seguire il filo e di non lasciarvi sviare dagli altri argomenti interposti).
Amore coniugale e fecondità
Anche tra i cristiani sono numerosi coloro i quali ritengono che la fecondità sia un attributo accessorio dell’amore coniugale e impostano quindi in maniera riduttiva il tema della procreazione responsabile a partire proprio dalla domanda:
Affrontare con serietà la problematica della procreazione responsabile è possibile a patto che si rifletta sul rapporto tra amore coniugale e fecondità, ovvero sul senso del generare e sull’identità del figlio.
Cos’è un figlio? Il semplice oggetto della scelta dei coniugi, un loro diritto, un optional, il prodotto di un incontro sessuale, il soddisfacimento di un bisogno, di un’esigenza…?
Questo è spesso ciò che si sente dire e pensare in giro espressione di una ormai sempre più diffusa mentalità individualista: si considera un figlio in funzione della gratificazione e dell’appagamento di coloro che lo hanno concepito; in breve se costoro ne avvertono il bisogno, l’esigenza “fanno un figlio”!
Questo avviene, a mio avviso, perché ormai è in atto una profonda disconnessione tra amore coniugale e fecondità, , ma il figlio non è “altro” rispetto all’amore tra i due coniugi, l‘amore tra un uomo e una donna non sarebbe autentico se non aspirasse a “incarnarsi” nel figlio.
E’ a questo livello, ancora prima della controversia tra metodi naturali
e mezzi anti-concezionali, che si consuma la divaricazione tra proposta
cristiana e mentalità diffusa.
Nella prospettiva cristiana la fecondità è caratteristica
essenziale dell’amore sponsale, frutto della benedizione dell’Altissimo.
(Genesi 1,28)
|
Un figlio è in primo luogo un dono di Dio.
Se prescindiamo da tale presupposto di fondo, la fecondità assume
i connotati di un peso, non di una ricchezza frutto della benedizione di
Dio e il figlio diventa inesorabilmente oggetto di una scelta, o
pericolo o incidente da evitare.
Dal punto di vista di Dio non esistono “gravidanze non volute” né
figli nati per sbaglio: esistono soltanto figli chiamati alla vita e
amati da Dio.
Apriamo una piccola parentesi.
A coloro che hanno avuto gravidanze indesiderate, che hanno subito
violenza, va tutto il nostro affetto e la nostra comprensione. Comprendere
il figlio come dono, diventa per loro un grande atto di amore e di fede.
A coloro che non hanno avuto il dono dei figli diciamo: i figli non
sono mai doni per la coppia. Un errore che troppo spesso compiamo è
quello di considerare i figli come "NOSTRI". I genitori al contrario si
pongono accanto ai figli, per camminare con loro, per guidarli alla loro
realizzazione, come "amministratori" e non "proprietari". Quindi il dono
dei figli non è finalizzato alla coppia, non è un modo di
dimostrare il suo amore nei confronti della sua coppia. È finalizzato
al mondo.
Cerchiamo di riassumere il pensiero biblico:
1.
Il Creatore ha dotato l’essere umano di capacità conoscitiva e libertà
e ha voluto che la trasmissione della vita passasse attraverso le libere
scelte di un uomo e di una donna che si amano.
2. Questo significa che i coniugi sono chiamati a collaborare responsabilmente con Dio nel trasmettere la vita.
3.Essere
chiamati responsabilmente significa avere una disponibilità incondizionata
ad
accogliere ogni figlio come dono di Dio.
Procreazione responsabile significa grembo permanentemente accogliente,
disponibilità ad accettare ogni figlio che il Signore chiamerà
alla vita attraverso l’amore coniugale espresso mediante il rapporto sessuale.
4.
Ma questo non vuol dire che bisogna avere necessariamente tanti figli:
vuol dire che la disponibilità ad accogliere deve precedere tutto
il resto, e all’interno di questa costruire una fecondità responsabile.
La disponibilità deve essere la prima "tensione". È frutto
della fede in Dio Padre che guida i nostri passi e che ha un progetto per
ciascuno di noi. Se togliamo la fede in Dio Padre e Madre la disponibilità
alla maternità può diventare follia e condurre alla follia.
Ma Dio ci chiama ad una scelta di amore e di fiducia incondizionata a Lui.
Qualora una coppia cristiana per motivi medici o etici scegliesse di
limitare questa disponibilità, lo fa per aprirsi ad un amore più
grande e per vera responsabilità nei confronti dei nascituri. Se
ad esempio la coppia fosse consapevole che dalla unione dei coniugi i rischi
di nascite con problemi psico-fisici il loro amore sta nella scelta di
non procreare, perchè non sempre procreare è sinonimo di
amore, non sempre procreare è sinonimo di pro - creare, cioè
prosecuzione dell'opera creatrice di Dio: può essere frutto di auto-appagamento
e di egoismo.
Dio chiede ai coniugi 3 cose:
- fede
- speranza
- amore
L'equilibrio tra queste 3 virtù contribuisce veramente a scelte
consapevoli, responsabili che contribuiscono allo sviluppo di un mondo
migliore.
Ogni coppia si interroghi sulle proprie scelte.
5. Se maternità e paternità responsabile significa avere la consapevolezza di cooperare con Dio a trasmettere vita e amore, allora solo i metodi naturali consentono l’esercizio responsabile della paternità e della maternità.L’uso dei mezzi anticoncezionali frantuma la connessione tra significato unitivo e significato procreativo dell’amore sponsale e del gesto che esprime e alimenta la comunione tra i coniugi.
Il ricorso ai metodi naturali richiede e promuove la corresponsabilità degli sposi; l’uso degli anticoncezionali comporta invece uno sbilanciamento della coppia, addossando a un solo partner l’impegno della gestione responsabile della fecondità coniugale, con effetti negativi sull’equilibrio e sull’armonia della coppia.
Tra i metodi naturali, quello legato all'astinenza ci pare il migliore
in assoluto. Favorisce la conoscenza di sé e del coniuge (più
precisamente la conoscenza della donna da parte dell’uomo), e l’esperienza
dimostra quanto sia importante per l’armonia di coppia: la ciclicità
della fertilità femminile non è soltanto un processo biologico,
ma connota l’intera persona della donna.
I metodi naturali non presentano alcuna controindicazione né
producono effetti collaterali sulla coppia e nello sviluppo del loro rapporto,
diversamente da quanto si constata nell’uso dei mezzi anticoncezionali:
la stessa rinuncia, decisa insieme, ai rapporti intimi per alcuni giorni
(nel caso si ritenga di non dover favorire la trasmissione della vita),
promuove la comunione coniugale e propizia la riscoperta della tenerezza
e del multiforme linguaggio dell’amore, liberandolo dal rischio della “tirannia
della genitalità”.
I metodi naturali non costituiscono un automatismo, non sono un muro nei confronti della vita, non creano problemi fisici, nè psicologici. Al contrario favoriscono la riscoperta del dialogo e della tenerezza che potrebbero sostituire i momenti di intimità.
Molte coppie scelgono la strada dei mezzi anticoncezionali dicendo: “Per adesso facciamo così poi vedremo”, mentre dovrebbero affrontare l’impegno della procreazione responsabile considerando l’intero arco di tempo in cui potranno generare la vita, e domandarsi: “ Qual è la strada migliore, quella che ci consente di gestire attimo per attimo la nostra fecondità sino a quando ci sarà data?”
Se una coppia si ponesse seriamente questo interrogativo e cercasse
di rispondere in modo onesto e sincero, non potrebbe che scegliere i metodi
naturali.
È necessaria una premessa.
NELL'INNAMORAMENTO DIO È PRESENTE.
L’inizio di un rapporto d’amore, attraverso la misteriosa esperienza
dell’innamoramento, non è dovuta al caso, ma a Dio, che in tal modo
propone ad un uomo e a una donna di vivere pienamente la loro vita amandosi.
(1 Giovanni 4,16)
come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! (Cantico dei Cantici 8,6)
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"Dio è amore". Chi ama è in Dio. "Una fiamma del Signore!".
La forza divina entra misteriosamente nell'esperienza dell'innamoramento.
Chi può dire infatti che l'innamoramento è un evento puramente
razionale? È vero, certe persone ci attraggono indubbiamente più
di altre per il loro carattere o per le loro fattezze. Con alcune persone
stiamo meglio che con altre. Ma alla fine perchè ci innamoriamo
proprio di una? Perchè alcune persone hanno tutto( o quasi) ciò
che desidereremmo dal nostro partner eppure non ce ne innamoriamo? E magari
ci innamoriamo di una persona che non corrisponde esattamente ai nostri
desideri?
Con questo voglio solo "dimostrare" che l'innamoramento non è
una esperieza puramente logica, puramente razionale.
Questa estate è circolato presso le discoteche un questionario
personale. Rispondendo alle domande e riversando le risposte in un calcolatore,
questi trovava la persona più adatta a te presente in sala. Se volevi,
potevi andare a conoscerla.
Ci può essere un modo più stupido, più asettico,
più logicistico (nel senso peggiore del termine) di incontrare una
persona e di innamorarsi? Quasi che noi fossi una semplice somma di idee,
alle quali è aggiunto un corpo! MA l'essere umano è
molto di più! L'essere umano possiede uno spirito: è
quella la sede dell'innamoramento vero, non quello epidermico/corporeo,
non quello mentale/razionale. È lì, che soffia lo Spirito
di Dio. Dio non è estraneo al raporto di coppia.
Alcune persone, forse la maggior parte, interpretano l'esperienza dell'innamoramento
come una faccenda puramente umana, nel senso che intendono l’innamoramento
quale semplice frutto di una tensione sessuale o causalità di un
incontro.
In tale prospettiva, il giorno del matrimonio i coniugi presentano
a Dio il loro amore come realtà che essi stessi hanno costruito,
realtà in cui Dio è rimasto fuori gioco confinato
al massimo nel ruolo di spettatore passivo o di legislatore severo.
L'AMORE È DONO DI DIO
(1 Giovanni 4, 19)
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Amiamo perchè Dio stesso è fonte del nostro amore. Questa frase non si riferisce solo all'amore rivolto a Dio, ma anche ad ogni essere umano: se siamo in grado di amare è perchè Dio stesso ci ama (indipendentemente dalla nostra consapevolezza). Ogni volta che amiamo comunichiamo Dio all'altro, perchè Dio è AMORE!
Quindi, in realtà l’esperienza dell’amore è dono di Dio e nel suo accendersi e nel suo successivo sviluppo vede all’opera Dio stesso: la maturazione dell’amore di due fidanzati si produce e si sviluppa certo attraverso le loro libertà, ma essi prima di tutto rispondono a una provocazione aderiscono ad un progetto, corrispondono a un dono.
La fidanzata e il fidanzato, non è semplicemente, una persona che il partner ha scelto e conquistato, ma la persona di cui si è innamorato. Lo stupore dell’innamoramento è lo stupore di chi si trova davanti un essere umano che corrisponde al suo desiderio, che gli si fa incontro come dono, un alter con il quale allacciare non un rapporto di supremazia e di dominio, ma di accoglienza, dialogo e comunione.
IL MATRIMONIO IN CRISTO
Tale comunione d’amore e di vita ha all’origine il dono di Dio e diventa
scelta nel matrimonio perpetuo, scelta
di rispondere a un dono scelta di trasformare “l’amore che accade” in “amore
che viene deciso”.
e i due saranno una sola carne (Genesi 2,24)
(Marco 10,8)
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Così nel matrimonio in Cristo, Dio fonde lo spirito dei coniugi
in un solo spirito: non sono più
2 ma 1.
L’amore che due fidanzati, sposandosi in Chiesa, cioè in Cristo,
si impegnano a donarsi reciprocamente è totale e fedele, perché
totale e fedele è l’amore di Dio per l’umanità: Dio, infatti,
non offrì qualcosa agli uomini, ma se stesso nel figlio suo Gesù;
e si offrì una volta per tutte, cosicché il suo amore è
incrollabile e fedele. E’ amore
per sempre.
Così nel matrimonio l’uomo e la donna che si amano non si scambiano un dono effimero, aleatorio, il loro tempo, il loro lavoro, i beni che possiedono, le doti e le capacità, ma si offrono a vicenda le proprie persone, i propri spiriti i propri cuori.
Amare è volere il bene dell’altro, amare significa accogliere l’altro così com’è, senza pretendere che sia come lo si vorrebbe, significa gioire della sua diversità, perché essa costituisce la sua ricchezza, amare significa volerlo come altro da se, vincendo la tentazione di considerarlo parte o prolungamento di se stessi..
La totalità di questo amore comprende anche l’armonia sessuale perché nulla è escluso da tale comunione con Dio.
Quando un uomo e una donna si donano reciprocamente mediante l’atto sessuale, con questo gesto alimentano il loro amore unendo le proprie persone. Si tratta di un gesto intenso e profondo, nel quale si armonizzano pulsioni, eros, desiderio, sentimenti, affetti, accoglienza dell’altro e consegna di sé all’altro; un gesto al quale si accompagna la gioia della comunione.
LA POSIZIONE DELLA CHIESA CATTOLICA
Dopo questa premessa veniamo finalmente alla posizione della Chiesa
riguardo ai rapporti pre-matrimoniali.
Perché la Chiesa non ammette i rapporti sessuali tra fidanzati?
Perchè tale rigidità?
Ascoltiamo direttamente la voce della Chiesa Cattolica Romana:
L'integralità
del dono di sé
2346
La carità è la forma di tutte le virtù. Sotto il suo
influsso, la castità appare come una scuola del dono della persona.
La padronanza di sé è ordinata al dono di sé. La castità
rende colui che la pratica un testimone, presso il prossimo, della fedeltà
e della tenerezza di Dio.
2347
La virtù della castità si dispiega nell' amicizia. Indica
al discepolo come seguire ed imitare colui che ci ha scelti come suoi amici,
[Cf Gv 15,15 ] si è totalmente donato a noi e ci rende partecipi
della sua condizione divina. La castità è promessa di immortalità.
Le diverse forme della castità 2348
Ogni battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si
è “rivestito di Cristo” (Gal 3,27), modello di ogni castità.
Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo
il loro particolare stato di vita. Al momento del Battesimo il cristiano
si è impegnato a vivere la sua affettività nella castità.
2349 “La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11, AAS 68 (1976), 77-96]. Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza: Ci sono tre forme
della virtù di castità: quella degli sposi, quella della
vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo
le altre. Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca
[Sant'Ambrogio, De viduis, 23: PL 153, 225A].
2350
I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza.
Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno
alla fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno
al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore
coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità.
|
Secondo la proposta morale cristiana il rapporto sessuale tra fidanzati non è peccato in quanto rapporto sessuale, ma in quanto rapporto sessuale tra fidanzati.
Non è una valutazione negativa del rapporto sessuale a motivare l’illiceità di tale comportamento, ma la mancata corrispondenza tra il significato profondo del gesto che dice comunione totale tra le persone che lo compiono, e la situazione dei fidanzati, che per tale comunione non si sono ancora decisi, cioè non sono sposati.
Inoltre due fidanzati, dal momento che, in quanto fidanzati non desiderano
avere figli, vivono il rapporto sessuale cercando di cancellarne il significato
procreativo nel loro cuore prima di tutto, poi ricorrendo a mezzi anticoncezionali.
Secondo la morale cristiana, gli sposi cristiani durante il fidanzamento
dovrebbero sperimentare che l’armonia sessuale è un cammino, che
non
è tanto il frutto di tecniche, quanto piuttosto dell’amore fedele
fecondo definitivo: un amore che si esprime in queste dimensioni
non solo nel rapporto sessuale, ma in tutti gli altri ambiti della vita.
In questa luce, secondo la morale cristiana, i fidanzati imparano la
castità pre-matrimoniale, intesa come proposito di riservare al
sacramento del matrimonio la pienezza della donazione, quale avviene nel
rapporto sessuale completo e di vivere altri gesti di affettuosità
nel quadro della verità dell’amore: gesti che esprimano con sincerità
l’amore per l’altro, più che il desiderio di utilizzarlo per
il proprio piacere; gesti che conoscano la legge della gradualità
e si pongano nel cammino di crescita per la coppia.
Un cammino che non fa crescere l’amore se si ferma solo ai gesti fisici
e non si sforza di far crescere anche l’affetto, la sintonia spirituale,
il dialogo, la capacità di costruire insieme qualcosa di bello non
solo per sé ma anche per gli altri.
In questa società che spinge al sesso in chiave consumistica
e fa sentire anormali i giovani che vivono la castità, diventa quasi
un’autentica provocazione la scelta di arrivare vergini al matrimonio e
soprattutto di interpretare il fidanzamento come tempo di grazia per crescere
nell’amore reciproco. .Ma cosa vuol dire verginità?
VERGINITÀ SPIRITUALE
Normalmente il termine verginità viene preso nel suo senso anatomico
come equivalente a imene intatto, ma nella sua accezione più essenziale
e più autentica significa, a mio avviso, uno spirito,
una disposizione, una forma di rifiuto di ogni forma individualistica di
rapporto e di appagamento sessuale, perchè l’amore,
il vero amore è dono, piena comunione di vita, servizio..
Una ragazza o un ragazzo possono anche aver perduto anche la loro integrità
fisica ed essere “vergini” nel senso più genuino, perché
nella loro vita, illuminati dallo Spirito del Signore, sono riusciti a
cogliere gli aspetti più autentici della sessualità, non
scambiandola per gioco, avventura o evasione, ma come autentico e reciproco
dono d’amore, pegno di una unione profonda e duratura.
Una unione che, quando si ama davvero, può vincere il tempo
e la lontananza.
Qualsiasi siano poi le scelte individuali di ogni individuo, attuate
nella piena libertà di coscienza, ciò che in questo articolo
mi preme soprattutto sottolineare è che la sessualità non
è un bene dell’individuo, ma della persona intesa nella sua unitotalità,
ossia nella ricchezza globale del suo essere, nel quale il corpo non può
essere scisso dallo Spirito.
Dire “persona” significa dire relazione con Dio e i fratelli, una relazione
che viviamo non a prescindere dalla nostra corporeità, ma proprio
grazie ad essa.
Il corpo, infatti, dice all’esterno la nostra identità sessuale interiore e rende visibili i moti del nostro cuore, le interiorità più nascoste del nostro IO. Il corpo rende visibile ciò che per sua natura è invisibile: l’amore.
La corporeità e l’identità sessuale ci vengono dati da Dio come linguaggio d’amore: per questo non si può banalizzare né cosificare il sesso; non lo si può vivere a buon mercato in modo consumistico né lo si può interpretare come semplice ricerca del piacere, in un rapporto passeggero, non impegnativo, pensando che tutto questo non abbia ripercussioni sulla maturazione della nostra persona.
Le ferite lasciate dentro di noi da una
sessualità vissuta male sono in genere profonde
perché la sessualità è
una dimensione fondamentale del nostro io.
Sono però persuasa che il Signore Gesù , morendo per me,
ha redendo la mia corporeità e la mia sessualità e mi dona
la grazia di viverla nel quadro dell’amore, riversato nei nostri cuori
dallo Spirito Santo (Rm 5,5).
perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. (Romani 5,5)
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Lo spirito di Gesù Risorto ci rende capaci di vivere la sessualità
secondo il progetto di Dio, in verità ed amore.