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INCUBI

di Lyon

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Il ventiseiesimo capitolo

27

La vita è una cosa strana, non c’è bisogno di filosofi per scoprirlo. Alzare gli occhi e vedere il goblin davanti a me come se nulla fosse accaduto dal suo monologo fino alla distruzione del circo.

Sono consapevole di quest’ultimo fatto, ma non ho che sprazzi di ricordi confusi: il clown nero che spalanca gli occhi per la paura, frammenti del mondo che esplodono in sequenza istantanea, gente che fugge da sotto il grande telone, i miei compagni d’avventura che diventano un tutt’uno con me, il clown bianco che cerca di strappare il suo gemello dalla mia presa distruttiva. Poi più nulla.

«Li conosco, questi pagliacci, sono i due volti del bene e del male, anche se ignoro quale dei due sia reale e quella un frutto della fantasia. Probabilmente entrambi immaginari, come marionette guidate da un unico grande burattinaio. A me hanno proposto una variante dei sistemi di tortura applicati nelle prigioni-lager del Terzo Mondo feudale. Ho accettato di buon grado, divertendomi nella parte di carnefice che supplizia le vittime in una sequenza di ironia e sarcasmo. Inutile precisare che nel caso dell’ironia ero io a subire la giusta vendetta del torturato.

Non guardarmi così! Ricordati ancora una volta che è tutta immaginazione. O credevi davvero che tutti reagissero rabbiosamente come te a queste scene? Beh, toglietelo dalla mente e rifletti che le tue opinioni sono solo frutto della tua personalità e non un dato obiettivo. Cosa sia quest’ultimo non lo sapremo mai, forse.

E torniamo a noi. Non sei contento di vedermi? Dopo aver pellegrinato negli infiniti mondi possibili, rivederci ancora è un miracolo. Oh si, ti stai ponendo tante domande su di me e sulla mia filastrocca. Ma prima è meglio fare una pausa. Hai una faccia così inebetita da far invidia a Stanlio e Ollio. Sei più simpatico così, eh? Suvvia, cosa vuoi che sia? Ironia, non sarcasmo!».

In effetti lo sto guardando come se stessi fissando il nulla, e lo sto ascoltando come se mi parlasse del vuoto. La mia mente funziona a sprazzi. Il goblin rivolge lo sguardo al panorama intorno, così vuoto da riflettere per contrasto le altre sfere virtuali di energia e materia. Leggo già nella sua mente il desiderio di realizzare scenari arditi.

Una grande chiesa s’innalza al centro del nostro mondo fuso, il mio e il suo, e una marea di gente entra ed esce dall’ingresso sacro, tutti in fila indiana e così rapidi negli spostamenti in/out da sembrare degli omini privati della propria volontà. La fila si allunga man mano che la strada viene asfaltata dalla ruspe improvvisamente apparse in testa alla colonna. Per dare maggiore profondità al quadro, la fila si rimpicciolisce man mano che si allontana da me e dal goblin, e man mano che si avvicina al confine del nostro angolo di mondo. Constato come sia difficile trovare termini diversi e non ripetitivi per definire il posto in cui sto: angolo di mondo, quadro, sfera virtuale, non-luogo, illusione, panorama…

Sopra le nostre teste, compare un cielo ricoperto di neri nuvolosi itineranti che diventano sempre più fosforescenti man mano che si avvicinano alla piccola croce in cima al tetto ad arco della chiesa. Di tanto in tanto un fulmine squarcia il velo, mostrando con il suo bagliore un gigantesco ed inquietante crocifisso che lievita sopra il santuario e che tiene inchiodato un sosia di Gesù con la classica aureola sospesa.

Dal corpo del Cristo fuoriesce un’ombra che, lentamente, si avvicina alla fila di fedeli e assorbe le loro anime come una grande calamita. I corpi, ormai svuotati della loro matrice divina, si agitano violentemente in preda alle convulsioni, emettendo tutte insieme lo stesso grido disumano:

YEAAAAHIUUUUUHHHHHH!!!

Poi si sente un miscuglio di rumori incomprensibili, come di uno strappo continuo di fogli di carta spessa. Intuisco così che questi esseri vuoti, nella loro agitazione, si stanno scannando tra di loro, strappando a destra e manca pezzetti di pelle, di carne, di ossa, di capelli e altre parti del corpo delicate. Infine non rimane che un’immobilità di frammenti degli uomini che furono.

Il goblin si gira verso di me:

«Questa versione dell’Apocalisse di Giovanni si conclude positivamente perché tutte le anime finiscono in paradiso, ma può dirsi positiva una distruzione così sistematica dei corpi? Secondo gli integralisti religiosi, si. Eppure deve, sottolineo DEVE, riguardare gli altri, non loro stessi. Perché loro sono puri e hanno già nel proprio DNA il germe dell’autodistruzione, e non hanno bisogno di stimoli esterni. Che ne pensi?».

La tremenda successione degli atti di violenza ha scosso il mio animo e mi ha risvegliato dal torpore, per cui posso rispondere con prontezza:

«Penso che se esistesse il Dio tanto osannato dall’integralista, questo Dio non si occuperebbe affatto della materia ma dello spirito. Dio non punisce oggetti inanimati o reali, ma l’anima. È l’anima che finisce per subire la giusta ira divina e va all’inferno o si reincarna sulla terra in esseri immondi. L’integralista, associando l’impurità alla materialità, commette un errore gravissimo. L’essenza dell’impurità e della purezza è l’anima, quindi invocare la distruzione totale della materia è un non-senso perché la lotta è insita nell’anima e continuerà anche dopo che il reale sarà dissolto.

Sembra strano che Dio giudichi lo spirito, cioè il composto chimico a lui simile, e non la materia, cioè il composto chimico a lui antitetico? A me sembra strana la stranezza. A parte il fatto che anche il Diavolo è puro spirito, c’è un’altra considerazione da fare: lo stesso integralista che vuole la distruzione della materia contemporaneamente associa la purezza alla conservazione materiale della propria comunità. È un altro non-senso, questo. Perché l’integralista, per spiegare cosa è il peccato, non trova nella materia – qualsiasi cosa significhi – un termine da associare. Ma PRIMA scinde la stessa materia tra oggetti puri ed oggetti impuri, solo DOPO lega il peccato alla materia impura.

Io mi domando allora CHI abbia creato la materia impura, Dio, Satana, il Caso? Mi domando anche COSA debba intendersi per materia impura, qualcosa che rovina l’anima, che impoverisce la comunità, che distrugge Dio? Ma Dio è indistruttibile perché invincibile per definizione. L’anima è anch’essa contenitore di purezza ed impurità. La comunità è sostanza, materialità.

Se fossi un religioso, dovrei concludere che la materia impura è creata da Dio ed è giudicata immonda solo se rovina la comunità, pertanto ha un valore solo relativo e non incide sull’anima. Dovrei anche chiedermi se l’anima è definita impura solo perché rovina la comunità o anche perché è ispirata dal demonio. Qualsiasi risposta si voglia dare, è già ammesso a priori che i peccati contro la comunità non inglobano affatto la totalità dei peccati contro Dio. Ecco allora che la violenza sprigionatasi dalla mente del fanatico non è altro che un corto-circuito in cui qualsiasi cosa è negata dall’elemento successivo della catena.

È negato che la propria comunità sia identica alle altre. È negato che l’impurità sia distruzione non solo della propria comunità, ma anche delle altre. È negato che la distruzione della materia comporti una continuazione del dualismo Bene-Male anche nell’anima. È negato che la lotta spirituale tra Dio e Satana implichi anche la distruzione della propria comunità. È negato che la distruzione della materia implichi anche il dissolvimento della comunità. È negato che la purezza comporti anche un annullamento degli elementi base per la sopravvivenza della comunità.».

Interludio: cos’è il caos? Il caos è il potere. Il potere è l’anarchia. L’anarchia è Dio. Dio è Lucifero. Lucifero è il Bene. Il Bene è il caos.

Il ventisettesimo capitolo