PrimiPASSI

INCUBI

di Lyon

Commenta l'articolo


Il venticinquesimo capitolo

26

Ho gli occhi annebbiati, è meglio chiuderli. I repentini sbalzi dalla luce al buio e dal buio alla luce mi hanno offuscato la vista. Attendo qualche secondo prima di tornare ad osservare il quadro che, di primo acchito, non sembra mutato.

Sono sempre all’interno del circo, in attesa di qualche segnale. Ma… Niente! Tutto è silenzioso, vuoto, deprimente! Provo una sensazione di irrequietezza che non mi piace affatto. Sto cominciando ad agitarmi, mi gratto il mento, avverto prurito alla gamba sinistra, i muscoli si irrigidiscono, mi gratto la gamba, avverto un tic all’occhio sinistro…

Infine mi decido: se lo spettacolo promesso non arriva da me, sono io che gli vado incontro. Cammino fino agli sgabelli riservati agli spettatori per iniziare una piccola perlustrazione.

Come previsto, non noto nulla di anormale. Ed è questa normalità ad essere anormale. M’innervosisco! A CHE GIOCO GIOCHIAMO QUA? Lo grido ai quattro venti, aspettandomi una risposta. DOVE SIETE, CLOWN DELLA MALORA?

All’improvviso sento il caratteristico rumore TIC-TAC-TIC-TAC-TIC-TAC-TIC-TAC. So cos’è: un pendolo che ha già iniziato a contare i secondi. Fuggire! Fuggire! In neanche un secondo questo desiderio inspiegabile mi pervade tutto, fino all’osso! E prima di essermi calmato sono già fuori dalla tenda, all’aperto.

Dietro di me una risata bestiale risuona nitidamente. Quindi una voce che sembra amplificata dal microfono: «Signore e signori, avete appena visto cosa succede ad un uomo che diventa fenomeno da baraccone. Dal vivo è molto più comico che nei film demenziali, ne converrete?». Risponde un coro di «Siiiiiiii!!!!!!!!!» e di applausi scoscianti. Poi la stessa voce: «Adesso vedrete un VERO fenomeno da baraccone, un negro con due ciglioni così! Ma chi è questo coglione, direte voi? Proviene dall’Africa Nera. Anzi, dall’Africa nero-cacca!».

Risolini in sottofondo.

«Signore e signori, ecco a voi uno sporco negro che vi starà letteralmente sulle palle!».

Ilarità generale e nuovi applausi a getto continuo.

Ho un nodo alla gola. Passi che prendono in giro me, ma sfottere un povero indifeso vittima del solito razzismo coloniale è una cosa che non sopporto!

Ripiombo all’interno del circo, trovo la gabbia dove un nanetto di colore tutto nudo e a gambe divaricate fa pendolare due grossi testicoli e un membro di dimensioni apprezzabili. Riconosco nell’uomo col microfono il clown nero che ride sguaiatamente facendo spuntare i denti appuntiti e luccicanti.

Corro verso di lui e lo stendo a terra con un cazzotto al mento.

Segue un attimo di smarrimento e, mentre io riprendo fiato stando incurvato e flettendo le gambe, il clown si rialza, afferra il microfono che gli era sfuggito di mano e si rivolge di nuovo agli spettatori: «Signore e signori, queste si che sono botte da orbi!». E i suoi occhi diventano strabici. La gente ride ancora di più.

Uno vicino all’entrata del circo s’irrigidisce e stramazza a terra. I vicini gli si fanno intorno, ma nessuno lo aiuta. Si avvicina il pagliaccio, il quale dopo aver studiato per qualche istante l’uomo caduto si rivolge alla platea: «Un infarto! Signore e signori, è questo che si chiama “morire dal ridere”!». E giù altre risate.

Sarcasmo! Si, so cosa significa! Ma l’ironia dov’è?

«Siamo qui!», un urlo di battaglia che segnala l’arrivo della cavalleria. Una risposta alla mia domanda. Penso: Arrivano i nostri!

«Non esageriamo, non siamo mica tuoi!».

Chi ha parlato? Mi giro d’impulso e vedo il clown bianco avvicinarsi a me con altri suoi consimili. Se non fosse un controsenso, penserei che dei comici hanno restituito serietà all’ambiente.

Sono in quattro accanto a lui. Uno grasso come una campana. Uno bassino e sempre saltellante. Uno dalla corporatura normale ma dalle lunghe gambe e braccia. Uno che è donna, e lo si capisce dalla luminescenza del suo sorriso artificialmente allungato.

«Gli spettatori sono stati tutti ipnotizzati e soggiogati da Sarcasmo», dice il Bianco, «Bisognerebbe restituire loro il buon senso, ma dobbiamo prima immobilizzare il responsabile!».

«Ci penso io!», gridano gli altri quattro contemporaneamente. Subito dopo si guardano in cagnesco e si mettono a ridere.

«Tu, Palla di Biliardo, che pensi solo ad abbuffarti?».

«Tu, nanetto, che hai la forza di un pulcino?».

«Tu, plastic-man, che non riesci a catturare neanche una tartaruga ferita?».

«Tu, donna, che al massimo sei buona solo per essere incinta?».

Il clown bianco, atteggiandosi da capo, manda gesti di stizza al gruppo.

«Bei collaboratori che siete! Ci eravamo accordati per liberarci della nostra “pecora nera”, e adesso non avete un briciolo di idea! Avete la testa più vuota di un palloncino ricoperto di aria!».

Il nanetto fa magicamente comparire il palloncino evocato e lo buca con un ago.

«Si, bravo, continua a prendermi in giro! Intanto lui è lì che racconta barzellette sconce!».

Accidenti, non me ne sono accorto! Drizzo nuovamente le orecchie:

«…sapete come si chiama la madre di Pierino? Nemmeno io, non chiedo mai il nome quando pago una puttana! Se il figlio di Buddha si chiama Buddhino, la moglie come si chiama?».

Il pubblico è in delirio!

Sembra che qui non si sappia far altro che ridere. Questa situazione è così surreale, e non posso far altro che aggrapparmi all’idea dell’illusorietà del tutto. Poiché nulla è concreto, posso scegliere di allontanarmi da questo micro-cosmo quando voglio. Però so già che non lo farò, perché prima voglio andare fino in fondo a questa storia. Lo stesso desiderio del Dio delle guerre perdute: se non saprò sopportare il peggio, non sarò degno di me stesso. Finché vivrò, cercherò da ogni parte qualcosa che possa distruggermi e stimolerò qualsiasi istinto di autodistruzione. O sarò sconfitto o sarò morto!

Okay, adesso devo ammetterlo: le suddette riflessioni, che a scriverle richiedono almeno cinque minuti tra correzioni e riflessioni, in realtà mi sono scivolate dentro di me in nemmeno un secondo. Il pensiero è più veloce della luce!

Infatti ecco il Bianco riprendere il suo posto di generale in trincea:

«È deciso, ci posizioneremo a distanza regolare e ci avvicineremo al nemico. Spero che la tattica dell’accerchiamento funzioni! Ci sono domande?».

«Si, una: dov’è il bagno?».

Il grassone non fa in tempo ad evitare lo sguardo di rimprovero del Capo Supremo e si rinchiude in se stesso per la vergogna.

Gli ordini sono tassativi: «Forza, posizionatevi!», e rivolgendosi a me: «Anche tu!».

Seguono momenti imbarazzanti in cui ognuno, con la sua iper-mega-super-arci-goffagine, si distanzia dall’altro e si avvicina silenziosamente al Nero, mentre quest’ultimo continua ad eccitare una plebe già ridotta in stato di deprivazione totale.

E mentre mi dirigo verso di lui ad andatura sempre più veloce, altri due pensieri mi si affacciano: che il comportamento del clown nero ha un precedente illustre nel famoso Joker nemico di Barman, e che i passi del nostro gruppo non sembrano suscitare alcuna reazione in lui malgrado risuonino sempre più possenti.

Infine l’abbiamo a portata di mano e ci tuffiamo su di lui per bloccarlo, in un sincronismo perfetto neanche fossimo dei guerrieri addestrati per ogni battaglia!

È così che imparo un nuovo gioco di prestigio possibile in questo non-luogo: qui le zuffe degenerano nel caos disegnato dei cartoni animati. Nel gran polverone che si sprigiona come una nube densa, meno a casaccio perché non vedo un accidenti di niente, sperando che l’oggetto che colpisco sia il Nero e non uno dei nostri.

Poi sento un dolore indistinto alle gambe. Un altro dolore al braccio. Un morso alla mano. Una zuccata. Un calcio nei cosiddetti.

Posso sopportare gli altri colpi, ma non l’ultimo calcio nella zona più delicata del corpo, e mi ritiro istantaneamente. Quindi vedo… toh, cosa vedo mai? La nube è scomparsa e siamo tutti pieni di lividi, dai quali fuoriescono le stelle. Anche le stelle sono un’ispirazione dei cartoni animati! Dolori che fanno vedere le stelle!

Ma… dov’è il nemico?

Come in risposta, una risata demenziale risuona alle mie spalle e mi giro verso l’origine del rumore.

«Vi siete già fermati. Che peccato! Gli spettatori trovavano divertente vedere me che, in disparte, studiavo nei minimi particolari i colpi che volevate infliggere a me!», è Sarcasmo che parla, «Mi hai dato proprio un bel calcio, pallone gonfiato! E tu, puttana, hai mai pensato di darti al karatè? Potresti impersonare una suora campionessa di karatè, altrimenti nota come Cintura nera di Castità! Spider-man, con le tue ridicole braccia e gambe potresti essere la cavia ideale per gli esperimenti genetici sulle scimmie, se solo avessi la loro intelligenza! Nanerottolo, dà retta a me: se vuoi usare la violenza, usa il tuo cazzo: vale più dei tuoi ridicoli pugni! E tu, mio caro gemello ripudiato, ti credevo alla pari con me, ma vedo che sei solo il più stupido di un branco di stupidi maialini destinati a finire nella pancia di ricconi che più ricchioni non si può! E tu, mio caro pseudo-moralista venduto ad ogni intellettualoide testa di cazzo…».

È così che accade. Un demonio dentro di me. Non mi trattengo più, uso fino allo spasimo i miei poteri mentali per distruggere ogni parvenza di materia che mi circonda. Regno del teologo, a me!

Il ventisettesimo capitolo