PrimiPASSI

INCUBI

di Lyon

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Il ventiduesimo capitolo

23

Mi sono svegliato cinque minuti fa, credo. E dopo aver meditato sul sogno più strano che abbia mai fatto, mi sono ricordato del diario che ho interrotto prima di addormentarmi, così ho approfittato dell'isolamento della stanza per ricrearmi un tavolino e scrivere ulteriori fogli immaginari. So benissimo che in realtà è la mente a ricreare l'intera atmosfera e che i fogli scompariranno non appena uscirò dalla camera da letto, ma ho bisogno di questo periodo di silenzio totale per raccontare il sogno a me stesso e a chi mi leggerà. E so già che qualcuno mi leggerà, laggiù sulla terra: è il sogno stesso a rivelarmelo!
Mi ero ritrovato a camminare sul marciapiede in direzione della sede "Mission", come facevo abitualmente. Non avevo notato nulla di strano nel panorama intorno, sia perché era un sogno e sia perché non c'era effettivamente nulla di anormale. Le strade erano intasate, e intorno a me i pedoni si affrettavano per arrivare alla stazione della metropolitana vicina. Dopo aver percorso il solito tragitto fino al mio studio - marciapiede, portone automatico, scale, corridoio - mi ero ricordato di avere un appuntamento col caporedattore, Massimiliano Roditi, così feci retromarcia.
" Ecco un primo abbozzo dell'articolo, come da te richiesto! Credo di aver rispettato i tempi previsti, anche se non è stato facile per via dello slittamento del processo! ".
Il caro Roditi, un tipo piuttosto severo con se stesso e con tutti i dipendenti, mi aveva guardato di sottecchi, quindi aveva preso i fogli e, dopo aver letto qualche rigo, li aveva gettati in aria. Ero rimasto sbalordito, osservando le linee delicate della carta scivolare lentamente nell'aria fino a toccare il pavimento! Stavo per protestare, ma dalla mia bocca uscì solo qualche balbettio incomprensibile.
" Ho appena ricevuto una soffiata di quelle buone su un caso di estorsioni a Messina! Questi giovani parassiti possono aspettare il loro turno, ordinerò io stesso all'Ufficio stampa di abbozzare un trafiletto "Sequestrati 50 chili di cocaina"! Intanto ti ordino di prendere contatto con il nostro informatore, eccoti il numero della cabina telefonica a cui devi telefonare per fissare un appuntamento. Recati fra mezz'ora alla stazione Roma Termini e usa le cabine pubbliche, che sono le più sicure! ".
Detto ciò, si chiuse in un mutismo esasperante. Io intanto avevo già recuperato la calma ed ero ritornato nel mio studio personale per riordinare alcuni miei appunti e per informarmi in Internet sulla situazione politica, economica e sociale a Messina, come è d'uso prima di iniziare l'inchiesta su una città. Ma soprattutto dovevo chiamare col cellulare la sede locale del quotidiano per verificare la possibilità di lavorare in coppia con un collega più esperto di me in questa città. Questo non me l'aveva spiegato Massimiliano Roditi, ma solo perché non c'era bisogno di chiederglielo: ogni giornalista esperto dovrebbe sapersi organizzare da sé, e se il caso era stato affidato a me e non direttamente ad uno del luogo era perché il caporedattore aveva fiutato una pista grossa.
Fu mentre navigavo in Internet che scoprii la prima nota stonata della scena che stavo vivendo. Mi stavo chiedendo: "Con tutto quello che accade al mondo, dovrei occuparmi di un caso così banale?", e mi ricordai della filosofia di guerra affrontata con quel professore mezzo matto e mezzo moralista. Sentivo i pensieri rimbalzare nella mia testa come un rullo compressore sopra una strada piena di grossi sassi. Una dopo l'altra, le immagini del non-luogo mi erano ritornate in mente. Ed infine la trasformazione era completa: non ero più il giornalista che si occupava del caso, ma il filosofo che penetrava nei recessi della mente. Solo che non potevo abbandonare il ruolo di reporter di punto di bianco, dovevo solo stare calmo ed aspettare l'occasione propizia per ritornare a casa, una volta terminati i compiti della giornata.
Così persi tempo tra notizie sballottate qua e là nel mio cervello, poi mi recai alla stazione ed ebbi una breve conversazione svogliata con un tizio che valutavo essere un uomo di mezza età ben educato e diligente nel proprio mestiere. Non ricordo bene le parole che ci dicemmo, ma avevo già scritto un numero di cellulare e l'orario di partenza dell'aereo Roma-Palermo, alle 21.30 dell'indomani. Una volta prenotato il biglietto per via telefonica ed informata la sede messinese di "Mission", potei finalmente dedicarmi ai miei problemi: un breve respiro per eliminare dal mio subconscio tutta la sequenza veloce di fatti fin qui descritti in maniera piatta, e poi di corsa verso la mia vettura!
La questione adesso era di scoprire se il non-luogo era un mondo reale o solo immaginario. Solo che non sapevo da dove iniziare la mia personale inchiesta. Viaggiavo molto lentamente con la macchina per avere il tempo di pensare a qualche indizio: maghi, medium, esperti del paranormale, tutta gente poco raccomandabile; preti, spiritisti, satanisti, tutta gente esperta di Paradiso e Inferno, ma non di psicologia e filosofia.
La seconda stranezza del sogno accadde mentre ero accanto alla porta del mio mini-appartamento e trafficavo con la chiave di apertura. Accadde sotto forma di una busta gialla posta dentro la cassetta delle lettere: la aprii e vidi che dentro c'erano dei fogli scritti a mano e un piccolo promemoria appoggiato sulla prima pagina dal titolo "Incubi". Non c'era bisogno di controllare le parole che vi scorrevano, si trattava del diario personale scritto nel non-luogo! E dire che credevo che questo diario sarebbe scomparso con la fine dell'illusione psichica!
Ecco il contenuto del promemoria:

"Foglio su foglio, il diario regala l'illusione
della vita vissuta in favolosa mondovisione
Qui è un sogno tenebroso, da te realtà pura
ma indovinare dove stia la verità sarà dura.
il Goblin"

Poi mi svegliai nel castello della strega.

Il ventiquattresimo capitolo