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INCUBI

di Lyon

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Il decimo capitolo

11

Ormai sono abituato a questi sbalzi di atmosfere, perciò non mi sorprende che un secondo dopo la scomparsa del goblin l'ambiente abbia mutato fisionomia.
Adesso mi trovo in un grande studio antico, molto spazioso e ricco di scaffali colmi di libri. Accanto ad uno di questi scaffali c'è un uomo sulla cinquantina, tipica immagine del paffutello, barbuto ed occhialuto docente universitario in perenne consultazione con uno dei suoi testi. Appena mi nota, chiude il libro e mi si avvicina con fare cordiale.

"Buongiorno signor ... non ricordo il suo nome!".

"Ritrovi, Sergio Ritrovi!", rispondo. Intanto lui mi conduce ad un grande tavolo dove ci sediamo. Osservo che appoggia il volume che stava leggendo accanto a noi.

"L'aspettavo da tempo. Il mio angolo di mondo ? temporaneamente accanto al suo, così ho potuto seguire le conversazioni con quegli strampalati individui.
Vede: qui i muri hanno davvero le orecchie, come recita la propaganda nazista, basta solo saper ascoltare. I loro discorsi li giudico il frutto di uno stato mentale febbrile e psicologicamente fragile. Sono discorsi di chi si sente emotivamente coinvolto nelle questioni contingenti a questo mondo. Non ho potuto fare a meno di rabbrividire per certe frasi scolpite col sangue nella loro mente! Adesso lei è seduto a dialogare con me, e cerco di farla sentire a suo agio. Il volume qui presente parla di guerre. L'ho scritto io in questi mesi trascorsi dentro l'illusione che mi circonda. Glielo presto, se vuole, però si ricordi che, essendo il libro un'illusione della mia mente, dovra trovare appiglio nei miei pensieri. In pratica non starà leggendo il libro, ma la mia mente".

Getto un'occhiata sul testo. Si intitola "Psicanalisi della guerra", un titolo curioso. Non posso fare a meno di ritornare con lo sguardo a chi mi sta di fronte e vederlo sorridere.

"Vede, signor Ritrovi, le guerre sono una costante della storia dell'uomo, con tutti i problemi che comportano, specie per i deboli e gli indifesi. Ogni volta che scoppia di una battaglia, penso a qualche bambino che sicuramente verrà sgozzato o una bambina drogata e stuprata. Mi sento come deve sentirsi lei, passivo e scoraggiato. Abbiamo le medesime inclinazioni: cercare di comprendere i motivi, di giustificarli moralmente".

Fa una pausa ad effetto, come se stesse aspettando un mio giudizio. Ci provo con una domanda: "Anche lei si interessa di guerre?".

"Oh, il mio intelletto non è limitato solo alla guerra. Credo che l'intelligenza vada commisurata alla curiosità verso tutto quello che è estraneo al proprio piccolo, egoista mondo familiare, e pertanto alla disponibilità a studiare la diversità che ci circonda. In questo momento parlo di guerre perchè ? L'argomento che ha affrontato lei poco fa. Mi sono sentito in dovere di completare i loro discorsi, però dal punto di vista dello storico e non del filosofo o del polemico".

Lo interrompo, ormai sta diventando un'abitudine quella di interrompere i discorsi. Ho quasi l'impressione che ogni prigioniero abbia il desiderio inconscio di lasciar sfogare i nervi, chi parlando troppo, chi creando mondi inverosimili portati all'eccesso, chi intrufolandosi con violenza negli altri mondi personalizzati.

"Personalmente il modo di ragionare di simili strampalati individui, come li ha definiti lei, lo trovo istruttivo. E' proprio partendo dalla sensazione di passività di fronte alla guerra che rifletto sull'impossibilità di descrivere il mondo secondo l'uso del linguaggio. La morale corrente si ferma alla superficie del massacro, evitando un'analisi che possa avvicinarsi all'oggettività del problema.

Ogni persona, trovata una risposta personale, si ritiene soddisfatta e in pace con la coscienza, perchè agirà conseguentemente, cioè superficialmente. Ammiro la gente di buona volontà che si impegna per aiutare gli altri, ma ogni giudizio che viene dato da loro classifica gli eventi, i massacri, le epidemie, secondo l'ottica buoni contro cattivi, dove i buoni siamo ovviamente noi.

Crollato come un castello di sabbia questo mondo fatto a proprio uso e consumo, la persona si sentirà svuotata, perchè perde qualsiasi punto di riferimento, ma soprattutto non riesce a ricostruirne di nuovi che non facciano a pugni con i desideri inconsci dell'individuo. Forse non se ne rende conto, ma io in tanti anni di esperienza politica ho dovuto combattere più con me stesso che con i miei nemici, ho dovuto continuamente distruggere pregiudizi innati nella mia mente, demolire qualsiasi opinione idealizzata del mondo, abbattere steccati di ignoranza e falsità.

La vera malattia è nel nostro cervello: c'è sempre qualcosa che frena di fronte alle difficoltà, anzi addirittura arriva a sprecare energie per distruggere gli ostacoli, piuttosto che per oltrepassarli, seguendo l'innato istinto di reazione, o meglio di vendetta, a qualsiasi pericolo. Credo ancora che il concetto di "mente aperta" vada riferita non all'accettazione delle idee
degli altri, quanto alla disponibilita ad abbandonare i propri pregiudizi, vorrei tanto aggiungere "abbandonare le proprie opinioni?!".

Mentre parlo, l'uomo di fronte a me ascolta silenzioso e meditativo. Gli occhi sono abbassati, chiaro segno che cerca di assimilare il significato delle mie parole. Quando scompare il luccichio degli occhi, un uomo ha interrotto i contatti con la materia ed ha rivolto la concentrazione ai circuiti cerebrali, dove è contenuto il segreto dell'anima. Alla fine ritorna in sè e mi osserva
ammirato.

"Quindi lei non è molto diverso dagli altri! Condivide il desiderio di distruzione del teologo, il seme della follia del Dio delle guerre perdute, la rabbia repressa del goblin. Sarà un'ottima sfida dibattere con lei del significato storico delle guerre. Se vuole avere la compiacenza di ascoltare la lezione di storia, avrà ulteriori spunti per scoprire il mistero che si cela dentro
la parola "guerra".

Mentre la sua voce risuona nella stanza, noto che ogni oggetto perde luminescenza. Meglio: il buio ? l'ambiente ideale per le storie dell'orrore. L'orrore in questo caso si chiama "genocidio".

Il dodicesimo capitolo