PrimiPASSI

INCUBI

di Lyon

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Il terzo capitolo

4

Sto navigando in un fluido molto denso, che non lascia respirare nemmeno un po'. In compenso ho gli occhi sbarrati, vigili. Intorno a me vedo ogni immagine sfocarsi seguendo la corrente sanguigna, mentre il mio nervo ottico si concentra sulle ombre che il quadro emana e che sembrano vivere di vita propria, allargandosi, contorcendosi, dissolvendosi, disegnando caricature di mostri ad ogni minima ondulazione. Rosso e nero, i due colori della violenza estrema.
Prima immagine: una capra dal pelo nero che stira i muscoli e allarga la bocca come per emettere un grugnito. Le sue corna a forma di falce crescono in misura sproporzionata, mentre il muso si appiattisce e i denti assumono la forma appuntita. La metà anteriore del suo corpo subisce una mutazione diabolica, mi sembra di sentire il grido bestiale del viscido essere proveniente dal più profondo dell'inferno. È questione di tre secondi e l'immagine esplode, lanciando sull'ambiente intorno tanti pezzi di inchiostro nerastro. Segue un boato spaventoso, che rimbomba le orecchie e mette a dura prova il cervello.
Seconda immagine: un fuoco che aumenta di intensità, fino a coprire tutti i bordi del quadro. Da quel fuoco cominciano ad uscire sciami di insetti a velocità folle, come se avessero individuato la preda da catturare e torturare fino alla morte. Poi tutto scompare, come se non fosse mai esistito.
Terza immagine: una città di cristallo che va in frantumi, mentre intorno compaiono piante carnivore dalle immense fauci. Queste piante crescono in maniera impressionante e straziano ogni cosa trovino sospesa a mezz'aria.
Quarta immagine sovraesposta: piccoli diavoli sopra la città che ridono nel loro crudele sarcasmo.
Mentre osservo ipnotizzato la sequenza di figure in movimento, sento una voce femminile rivolgersi alla mia coscienza: Quello che vedi è il mondo del teologo. Mi giro intorno e vedo Marilena. Sembra cambiata… Il suo fisico mostra i segni della maturità, forse sto osservando lei com'era prima che rimanesse vittima della droga. E ogni parte del corpo emana un'aura bianca fosforescente.
Non riesco a risponderle perché sono ancora immerso nel sangue - e non capisco come mai non sono ancora svenuto dopo essere rimasto per tanti minuti senza respirare. Continuo a sentire la voce di Marilena, una voce dolce e melliflua come dovrebbe essere quella di un angelo alla corte di Dio. Il tuo potere è ancora debole su questo non-luogo. Subirai qualche altro assalto prima che tu riesca ad importi su te stesso e costruirti il tuo angolo di mondo. Cerca di sopportare ogni dolore e ogni lacerazione che gli altri susciteranno sul tuo subconscio e fanne tesoro.
Poi scompare, proprio mentre tutt'intorno le ombre del quadro allungano i loro tentacoli fino al mio corpo. Inutile tentare di opporre resistenza, finirei per perdere il controllo sui miei sensi. Meglio seguire il consiglio di Marilena e raggomitolarmi ad occhi chiusi, aspettando l'occasione per uscire da quell'incubo.
I tentacoli scivolano su di me, cercando di agguantarmi. Il loro tocco è gelido e pungente, sento un formicolio insopportabile dappertutto. Dentro di me si agitano sentimenti su sentimenti, dolore, rabbia, grinta, odio, panico. Non ho mai capito i filosofi che usano concetti assoluti come "Dio", "eternità", "redenzione", "espiazione", "immortalità", ma in questo momento le mie percezioni sono dilatate all'infinito. Tutto è infinito, vuoto, nulla, annientamento.
Quando tutto va alla malora, come è accaduto, come accade e come sempre accadrà, il tempo non è più una imitazione mobile dell'eternità, ma è esso stesso eternità. Infinito trasfigurato nella percezione dell'angolo oscuro della mente. Imprendibile, inavvicinabile. Perché è l'essenza della morte. Contro di essa quale resistenza? Pensieri, sogni. Oltre la materia, oltre l'Universo, oltre l'Infinito, oltre Dio. Fino alle regioni sconfinate del nulla.
Se stessi sognando, dovrei svegliarmi proprio nel momento di massimo dolore, sulla soglia della massima sopportazione. Ma questo non è un sogno, e non è nemmeno realtà. Ho già oltrepassato i limiti della resistenza fisica. Pur non essendo molto credente, invoco Dio, Dio, Dio, Dio, Dio, Dio, Dio, Dio, Dio, Dio…
E tutto esplode. Il sangue, le ombre, la stanza, le mie percezioni, i miei pensieri, le parole che sto immaginando di scrivere. Improvvisamente, non sento più nulla. Apro gli occhi e sono tornato al mio mondo abituale, lo studio su cui ho l'illusione di riempire fogli su fogli.
Sono forse un naufrago ai confini dell'incubo?

Il quinto capitolo