ISLAM |
Giù le mani dal
crocifisso
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Certe decisioni devono essere valutate solo nel loro contesto. Quello del "Ramadan" scolastico imposta a Cuneo o della cacciata del crocifisso dalle austere stanze della Corte costituzionale è un contesto di beceraggine ideologicamente corretta. Il cristianesimo non è più da tempo la religione di Stato del nostro paese, che ha la fortuna di avere ancora l'intrattenimento di Stato, il varietà di Stato, il quiz di Stato, il telegiornale di Stato, uno Zaccaria di Stato, ma ha rinunciato felicemente ai suo vecchio legame simbolico con la profezia di Nazareth. Questa circostanza autorizza amministrativamente il gesto un po' frivolo e un po' massonico (parliamo della Corte costituzionale, si capisce) di abbattere il crocifisso, però non giustifica lo spirito pigro, automatico, burocratico che spinge a compierlo. Anche un incallito bestemmiatore può bene intendere che quel simbolo, in epoca di rilancio del giovane Tricolore, ha un carico di storia, di memoria e di sostanza spirituale immenso. Le pareti non parlano, e il loro mutismo non è corretto né scorretto, è semplicemente vuoto. Con il crocifisso appeso, le pareti degli edifici pubblici testimoniane a una società sempre più immemore e sempre più ignorante che "la rivoluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale e, conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all'umanità" (Bendetto Croce). 0 il crocifisso è forse "divisivo" come dicevano i polemisti che non amano vedere in piazza le bandiere americane con tutta la loro religiosità laica? Bisogna forse bruciare anche un po' di crocifissi? Non
è un vero problema per i cristiani.
Saranno più decisi nel
pretendere scuole libere. Saranno più forti nell'animo
quando si penseranno come comunità tra le comunità, senza
protezione o tutela. Hanno già fatto un pezzo di questo
cammino, nel mondo, e per questo sono tra le religioni più
duramente perseguitate. Ma è proprio per i laici o i
miscredenti che non nutrono pregiudizio irreligioso, per i
liberali non imbalsamati nei riti del liberalismo, che la
caduta del crocifisso dal muro, in questo contesto e di
questi tempi, costituirà problema.
La conciliazione intima
di religione e cultura, di fede e ragione, si è realizzata
nel mondo moderno nel rispetto dei simboli e non nel
bandirli come segni di intollerabile differenza. |
Il Foglio, 15 novembre 2001 | ||
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I
fenomeni descritti da William Dalrymple sono avvenuti nella totale
indifferenza di un Occidente, che tanto si dice pronto a
proteggere le altre minoranze religiose, quanto sembra disattento
a difendere i cristiani là dove sono minoranza. Vi è inoltre una grande confusione: si confonde la ragione, che è una dote, con la verità che è il contenuto per cui questa dote è fatta. Si dimentica che dall’Illuminismo proviene la celebrazione della Dea Ragione, ovvero dell’uomo misura di tutte le cose, e che proprio da questa pretesa nasce la violenza. Si confonde con la massima tranquillità il suicidio con il martirio. Il problema non è se esistano tante verità misurabili, ma se esista un amore (poiché questo è l’unico senso possibile di una verità desiderata) più grande della nostra misura e in grado di salvare la fragilità che la caratterizza. È questo il vero senso della rivoluzione cristiana, che - come giustamente dice Il Foglio - le nostre pareti dovrebbero ricordarci esponendo il Crocifisso. Il Crocifisso testimonia che il principio della tolleranza non è nella coesistenza e nella conciliazione di tante piccole e discutibili verità, ma nell’essere resi capaci di amare l’altro come se stessi. Per farsi un’idea non peregrina di cosa sia la ragione e di come funzioni in rapporto alla verità, si invita a leggere attentamente tutto - dalla prima all’ultima pagina - L’Autocoscienza del cosmo, di Luigi Giussani (edizioni Rizzoli). ____________________________________________________________________________ |
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