Rassegnina |
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Marcia verso Pechino
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«Contatti Cina-Dalai
Lama, Hu Jintao detta le regole», F. Cavalera, Corriere della Sera,
05.05.08
«Il presidente Hu Jintao benedice il primo incontro fra il regime e
l’opposizione tibetana. Lo fa con un’intervista rilasciata ai
giornalisti giapponesi, alla vigilia del suo viaggio a Tokio […].«mi
auguro che il Dalai Lama sappia assumere azioni concrete per fermare
la violenza e porre fine ai tentativi di sabotaggio delle Olimpiadi
e al separatismo. Sono le condizioni che consentono di andare avanti
nel confronto». Il leader comunista […] ribadisce che la posizione
della Cina è sempre stata una sola «chiara e coerente»: il dialogo.
[…] Attorno al tavolo si sono seduti due delegati per parte. Hu
Jintao e Wen Jiabao, il premier cinese, hanno spedito a Shenzhen,
sede del meeting, due negoziatori col rango di vice ministri, Zhu
Weiqun e Sitar. Appartengono al dipartimento del Fronte Unito.[…] La
massima autorità spirituale buddista ha inviato Lodi Gyari e Kelsang
Gyaltsen che sono i suoi rappresentanti a Washington e in Svizzera.
È il primo faccia a faccia a un mese di distanza dagli scontri di
Lhasa ».
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«Quando il
patriottismo è un’arma per nascondere i mali e i malumori» B.
Cervellera, Avvenire, 29.04.08
«Le manifestazioni contro la repressione cinese in Tibet che hanno
caratterizzato il percorso della fiaccola hanno ottenuto un
apparente successo: Pechino ha invitato il Dalai Lama a dialoghi per
«contatti e consultazioni » . Ma il successo è soprattutto della
Cina che ha fatto una mossa da maestro nelle pubbliche relazioni. Il
semplice annuncio, senza fissare date né contenuti, è bastato a
sgonfiare tutte le voci di boicottaggio nelle cancellerie
internazionali. […]
Nel 2001, per poter vincere la candidatura dei Giochi, i cinesi
avevano promesso che le Olimpiadi avrebbero migliorato la situazione
dei diritti umani nel Paese. Invece di aprire un dialogo franco e
vero con la comunità internazionale e con la sua popolazione, a
quasi 100 giorni dal fatidico 8 agosto la Cina rimane ancora più
chiusa e impenetrabile: decine di dissidenti sono agli arresti
domiciliari; altri […] sono stati condannati a diversi anni di
prigione; i giornali cinesi sono obbligati a scrivere cose belle e
positive sulla Cina e soprattutto a non parlare con giornalisti
stranieri sui problemi del Paese; ogni dimostrazione e
raggruppamento viene soppresso anche con le armi. Perfino il
pellegrinaggio alla Madonna di Sheshan (Shanghai), il prossimo 24
maggio, è sotto controllo: ogni partecipante deve ricevere il
permesso dalla polizia, che sconsiglia tutte le parrocchie dal
recarsi al santuario. Il motivo apparente è la sicurezza; ma forse
anche il fatto che il Papa, con la sua Lettera dello scorso anno, ha
proposto quella giornata come “Giornata di preghiera mondiale per la
Chiesa in Cina”. Ostacolare il pellegrinaggio è un modo di
ostacolare l’indicazione di Benedetto XVI. » .
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«Ateismo» F. Agnoli,
Il Foglio, 01.05.08
«In Cina da anni le bambine vengono scientemente eliminate, a
milioni, con la diagnosi pre-impianto, l’aborto selettivo o
l’infanticidio, creando scompensi demografici disastrosi. Una tale
politica, secondo un’indagine del 2007 dell’Assemblea nazionale,
determina la presenza di 23 suicidi ogni centomila persone, e di
trenta milioni di depressi, in continuo aumento, in tutto il paese.
[…] Inoltre in Cina ci sono 200 milioni di migranti clandestini
senza alcun diritto perché scampati dall’aborto forzato, e quindi
“inesistenti” come il Mattia Pascal di Pirandello, a cui vanno
aggiunti almeno 100 mila nuovi orfani ogni anno, per un totale di
mezzo milione: “un record mondiale” (Corriere, 10 gennaio 2008),
perfettamente in linea con la tradizione del comunismo ateo, che,
distrutta la famiglia, annichilisce l’elemento più debole, cioè i
bambini. In Cina, cioè, si ripete esattamente quanto avveniva
nell’Unione Sovietica comunista, con il suo milione mezzo di aborti
all’anno, e la presenza, già nel 1918, di una marea di orfani, oggi
stimati tra i due e cinque milioni (Avvenire, 2 giugno 2006).
A tutto questo si aggiunga quello che la Laogai Research Foundation,
guidata in Italia dall’ottimo Toni Brandi, ha denunciato nel suo
“Cina, traffici di morte” , in cui si accenna agli oltre mille campi
di concentramento disseminati nella Cina comunista , e si descrive
come migliaia di reni, fegati, cornee di condannati a morte siano
“veduti sul mercato degli organi umani in Cina e nel mondo” ».
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Commento: |
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Abbiamo
tutti negli occhi le immagini della repressione cinese in Tibet e delle
manifestazioni di protesta che hanno accompagnato il percorso della fiaccola
olimpica in tutto il mondo. Niente di nuovo, nonostante il forte impatto
mediatico: le violazioni dei diritti umani in Cina sono all’ordine del
giorno e vengono sistematicamente praticate su larga scala. È questa la
situazione di un Paese dove vige un regime totalitario, normalmente definito
“comunista”, patria di un nuovo ateismo scientifico. L’Occidente ha reagito
con studiata indignazione: invocando la retorica dei diritti umani (come se
questo bastasse a far cessare le pratiche di morte dall’oggi al domani) e
subito accontentandosi dei formali e generici impegni presi da Hu Jintao.
Sappiamo tutti infatti quanto pesino sugli equilibri geopolitici mondiali
interessi economici come quelli legati alla “macchina di Pechino 2008”,
ormai inesorabilmente in moto.
Su
una cosa però non si può non riflettere. Come si può parlare di “diritti
umani” dove manca l’affermazione della dignità dell’uomo, di ogni singolo
uomo? Non bisogna dimenticare che sarebbe impossibile pensare a una Carta
fondamentale dei Diritti dell’uomo senza il riconoscimento della centralità
della persona. Ma, con buona pace di tutti, non esiste “persona” senza
religiosità: o l’uomo dipende dal flusso dei suoi antecedenti materiali ed è
una semplice rotella di un ingranaggio economico sociale, oppure dipende da
qualcosa d’Altro, che sta all’origine del flusso delle cose, oltre esse, e
per questo è irriducibile ad ogni potere.
Da
questo punto di vista, tra Occidente e Cina le distanze si sono accorciate.
Una tacita complicità mira a negare il fondamento della dignità dell’io e a
censurare quei luoghi e quei fatti che promuovono una coscienza
autenticamente religiosa, unico argine alla prepotenza del potere. |
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