Giustizia

Il processo SME e Berlusconi.
Il danno collaterale di guerra infinita

«Sospendiamo i processi
per il bene dello Stato»


Marcello Pera, intervistato: «Quando si elegge il vertice di uno Stato lo si fa con una doppia presunzione: che la persona sia estranea a fatti di reato e che abbia piena idoneità a rappresentare lo Stato durante il mandato. Se dopo il voto si scopre che un fatto da lui commesso potrebbe costituire reato, a quel punto il bene-Stato deve prevalere non tanto sul bene-giustizia, quanto sul bene-processo immediato. Perché il discredito di un imputato al vertice dello Stato, e che magari (come nel caso Andreotti) si rivela infondato dopo il processo, ricade non solo sulla persona, ma anche sulla sua funzione. E quindi sullo Stato».


Vedi Rassegnina Commento
 

 
di Liana Milella
la Repubblica, 4 maggio 2003




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Giustizia: «Sospendiamo i processi per il bene dello Stato», di Liana Milella, la Repubblica, 4 maggio 2003


 
Rassegnina   Il danno collaterale di una guerra infinita

D
a tutti i giornali è chiaramente documentato che il processo Sme riguarda un fatto avvenuto nel 1986, 17 anni fa. Secondo l’accusa, Berlusconi avrebbe corrotto il presidente del collegio giudicante, che non ha convalidato la vendita della Sme - gruppo alimentare di Stato - a Carlo De Benedetti, per circa 500 miliardi.


Berlusconi dice di non aver corrotto nessuno e di essere intervenuto per il bene del Paese a far sì che il gruppo Sme venisse venduto non all’ingegnere, ma ad altri, per circa 2000 miliardi complessivi.


Il dibattito su questo fatto, avvenuto 17 anni fa, sta bloccando l’Italia.
  • Ernesto Galli della Loggia
    Due grandi nodi, una sola ipoteca

    Corriere della Sera, 4 maggio 2003
    «In questo modo, blindato da due opposte, ma convergenti, strumentalizzazioni, il nodo giustizia-politica resta insolubile sulla scena italiana».
     
  • Liana Milella
    «Sospendiamo i processi per il bene dello Stato»

    la Repubblica, 4 maggio 2003
    Marcello Pera, intervistato: «Quando si elegge il vertice di uno Stato lo si fa con una doppia presunzione: che la persona sia estranea a fatti di reato e che abbia piena idoneità a rappresentare lo Stato durante il mandato. Se dopo il voto si scopre che un fatto da lui commesso potrebbe costituire reato, a quel punto il bene-Stato deve prevalere non tanto sul bene-giustizia, quanto sul bene-processo immediato. Perché il discredito di un imputato al vertice dello Stato, e che magari (come nel caso Andreotti) si rivela infondato dopo il processo, ricade non solo sulla persona, ma anche sulla sua funzione. E quindi sullo Stato».

 

Commento:

 

Ha ragione Pera: tanto sul processo Sme, quanto sull’andamento complessivo di Mani Pulite non si può essere neutrali perché ci abbiamo rimesso e continuiamo a rimetterci tutti. Trascinare processi con accuse infamanti - giuste o sbagliate che siano - per anni, come sta avvenendo, non è più attività dei tribunali soltanto, ma strategia politica, che si riversa in uno scontro sociale divenuto incandescente.


La lunghezza e la reiterazione dei processi è, nel migliore dei casi, giustificata dalla necessità di applicare la legge in modo uguale per tutti. Ma, come dicevano i latini, l’insistenza cieca sulla legge produce il massimo dei danni e - aggiungiamo noi - appare veramente strumentale. Quindi: non giustizia secondo la legge, ma legge secondo giustizia, dove la giustizia è il bene per il popolo, che mai come oggi ha bisogno di essere difeso. Si approvino rapidamente provvedimenti che, almeno, sospendano questa estenuante attività processuale.
 

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