Riconoscere le storie dai volti delle persone che abbiamo davanti

A CONTATTO CON I SENZA FISSA DIMORA

 

 

IL GRANELLO DI SENAPE O.N.L.U.S.

 

 

Il Granello di Senape è una associazione di volontariato che opera nel mondo a favore degli “ultimi fra gli ultimi”. Abbiamo una serie di progetti in Africa, (Costa d’Avorio e Rwanda) e fra breve ne inizieremo uno nuovo in Kosovo, riguardante la pace. In Italia abbiamo una attività che aiuta gli extra-comunitari e una riguardante le prostitute che vogliono abbandonare la strada e tentare di iniziare una nuova vita (queste 2 ultime attività si svolgono in Piemonte). In Costa d’Avorio abbiamo costruito 7 scuole materne e altre 2 sono in progetto. Abbiamo dato vita a 4 centri sanitari e a 19 cooperative di lavoro; artigianali, agricole, culturali e sportive. Tutto quello che facciamo viene finanziato dalle offerte dei più generosi e attraverso le adozioni a distanza. Fino ad oggi mandiamo a scuola, curiamo e diamo il cibo a circa 3.500 bambini in Costa d’Avorio e in Rwanda. Una adozione a distanza in Costa d’Avorio costa 42 Euro l’anno (per mandarli a scuola, dare loro le divise e tutto l’occorrente). In Rwanda costa 52 Euro e permette a bambini orfani di padre e di madre di andare a scuola e di mangiare.

 

Per informazioni: il responsabile di zona è Gianfranco Testa  tel. 066627118 / cell. 3287051550

 

 

Una giovane volontaria ci guida nel mondo dei senza fissa dimora

BARBONE: UN MONDO IN UNA PAROLA!

di Raffaella Campanile

 

Barbone: un mondo in una parola! Se dico “Barbone”?…uhm… Pazzi sotto i ponti, vecchi nei cartoni, cialtroni per le strade, sotto i ponti, in stazione; oppure “romantiche” figure che vivono nell’intento di far sposare l’esistenza con la precarietà. E’ questa l’opinione comune di fronte a chi non ha un tetto sopra la testa! Quasi mai è così. Di fatto i barboni sono gli esclusi per eccellenza del nostro sistema sociale.

Molti sono i modi di sentirsi ed essere esclusi dalle incalzanti teorie economiche, politiche e sociali del nostro cosiddetto “mondo civile”, ma il barbone è in assoluto l’incarnazione di chi è veramente “fuori”. Fuori perché le leggi di mercato hanno mandato sul lastrico la vecchia azienda di famiglia, fuori perché non c’è nessuno disposto a prendersi cura di un vecchio che il sistema pensionistico ha dimenticato, fuori perché si è passata la vita a rincorrere una donna spostandosi da una città all’altra senza casa e lavoro (Che stupido! La società non dà crediti all’amore!), fuori perché chi è straniero o rifugiato allora è fuori per partito preso. Poi però arrivi in un piccolo dormitorio nella periferia est di Roma: due stanze, 12 (forse 15) brande, un cortile, una cucina, e quello che vedi, quello che senti se sei disposto a stare zitto, a sporcarti le mani quando non ci sono guanti per lavare piatti e bicchieri, a sbucciare patate, ad apparecchiare la tavola, a fare l’Amatriciana senza pancetta perché Jacuba è musulmano, a guardare il telegiornale senza commenti contro chi è un rifugiato politico; allora incontri non il barbone che ti chiede dieci lire per strada, non il polacco che lava le vetrine dei negozi, ma uomini e donne che trovi e che scopri. Incontri un ragazzo dell’India laureato in Economia anche se la gente crede che l’unica cosa che sa fare è vendere le rose nei bar, un cuoco che il sistema ha tagliato fuori e adesso, a 50 anni, dicono che non ha la presenza giusta per lavorare dietro ai fornelli, un uomo di 45 anni nonno di una bambina che vive a Lione, parla 6 lingue ma nessuno è disposto ad ascoltare, a giorni inizierà un nuovo lavoro: portare a spasso il cane di un medico (vorrebbe di più), una donna che dalla Romania è venuta a fare la governante, ha bisogno di soldi per permettere ai figli corsi di Inglese e Computer perché il mondo corre sul filo dell’informatica e della lingua dei dollari. Incontri poi poeti, musicisti, pittori.

Tutti “out”, fuori, senza possibilità di riscatto, senza alternativa all’orrore perpetuato ogni giorno di essere considerati niente e nessuno… E intanto, se sei disposto ad ascoltare, loro iniziano a parlare, spaziano, parlano, e non hanno un filo logico, ma parlano, vogliono stupirti, fare in modo di ipnotizzarti per un tempo infinito, indescrivibile perché tu sei lì ed ascolti.

A volte però le parole non servono, se ti stropicci bene gli occhi, quelle stesse storie di vita riesci ad intravederle in ogni ruga, negli occhi, nelle strette di mano, nel modo di fumare una sigaretta: quello che vedi sono “storie” e non “barboni”.

 

 

 

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