Una ragazza pone delle domande ad un volontario del soccorso
INTERVISTA a Stefano Serafini - Volontario del Soccorso Croce Rossa Italiana
di Elettra De Crescenzo
Fare volontariato seriamente comporta una serie di sacrifici; ha mai pensato di abbandonare la sua “missione” perché troppo impegnativa?
Ho scelto di fare il volontario spontaneamente; offro la mia opera
gratuitamente. Ciò non mi fa diverso dagli altri: ho una famiglia, un lavoro,
degli amici, interessi, gioie, timori, momenti di sconforto e di stanchezza e
l’impegno del volontariato è stato inserito in tutto questo. Si mi è
capitato di pensare “ma chi me lo fa fare, potrei trascorrere il mio tempo
diversamente…: uno svago in più, un sonnellino pomeridiano, una passeggiata
in solitudine, una chiacchierata con gli amici …meglio lasciar perdere”. Poi
ho scoperto qualcosa di miracoloso che scaccia questo genere di “malanni”:
la certezza che anche un’azione piccola non clamorosa apparentemente
insignificante può essere importante ed indispensabile per altri e non può non
deve essere ignorata o rimandata.
Quale è stata l’azione più sentita che le ha dato più soddisfazione?
Ogni avvenimento lascia un segno, è lezione di vita, è motivo e
strumento di crescita. Come la maggior parte dei volontari, non compio imprese
da “prima pagina”, sono azioni semplici, quotidiane, sono segni di presenza,
ma vi garantisco che non c’è nulla di più inquietante, emozionante di un
anziano che ti bacia le mani perché lo hai accompagnato a deporre un fiore
sulla tomba della sua compagna o il sorriso che dura un istante regalato dal
malato al quale hai evitato qualche sobbalzo mentre eri alla guida
dell’ambulanza. Sono soddisfazioni enormi che compensano ogni sacrifico ogni
stanchezza.
Quando e perché hai deciso di fare volontariato?
Ho preso questa decisione quando aspettavamo il nostro secondo figlio
Marco. Per lui e per la sorellina avrei voluto qualcosa di speciale: un mondo
dove tutti siano pronti a tendersi una mano. Ma pensare di ottenere ciò è
sperare che siano altri ad impegnarsi è veramente troppo comodo, quindi mi sono
fatto coraggio e ho teso anche la mia mano. Forse i miei figli vivranno in un
mondo dove tante saranno le mani protese verso gli altri per soccorrerli ed
essere soccorsi o semplicemente per dire non sei solo, perché la solitudine
è una delle malattie più diffuse e più difficili da debellare.
Cosa si prova sapendo di fare qualcosa di utile per gli altri?
Non è facile spiegarlo: è un misto di voglia di donare e voglia di
ricevere, di amore e di egoismo, perché se è vero che offriamo la nostra opera
è altrettanto vero che le necessità degli altri sono aiuto per noi, stimolo
per continuare, per crescere, per comprendere. Si è felici e si è soddisfatti
perché lo scambio è continuo e reciproco.
Cosa direbbe a proposito del volontariato ai giovani di oggi?
Nonostante l’impressione che qualcuno si potrebbe essere fatto, il volontario è una persona simpatica, un po’ “fuori”, è alternativo, trasgressivo, pronto a fare “comunella” con chi ritaglia un pezzetto del suo tempo e delle sue capacità per unirli a quelli di altri in modo da ottenere “tanto tempo” e “tante capacità” da mettere a disposizione di chi ne ha necessità. Il volontario ha l’occhio lungo, sa che il suo è un buon investimento: il bene è come un boomerang puoi lanciarlo verso gli altri 10, 100, 1000 volte con forza, pensi di averlo perso, invece no, ritorna sempre e sempre in perfetta forma! Quindi perché perdere un’occasione?
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