Alcuni appuntamenti che hanno segnato la nostra vita parrocchiale

DEI FESTEGGIAMENTI ALL' IMPEGNO

 

LA CENA DEL SABATO SERA

di Giacomo Agosta

 

Sabato 9-2-2002, per l’occasione della festa patronale della parrocchia, è stata organizzata una cena nella casa delle suore Vincenziane di Regina Mundi. C’era molta gente in maschera che con il proprio costume rallegrava l’ambiente. Tra queste mi ricordo dei buffi clown che molto ironicamente tenevano vivo il morale della festa. Però non tutti erano mascherati, ma anche chi non lo era si era adattato acquistando delle maschere e dei cappellini colorati i cui proventi andranno devoluti in beneficenza.

Ad animare la serata c’era un musicista che rallegrava l’ambiente con le canzoni da lui cantate. L’aspetto secondo me negativo era il volume troppo alto degli amplificatori che rendevano difficile la conversazione con chi si aveva vicino. Per menù erano stati preparati: per primo, della pasta al forno e, come secondo, carne di maiale con contorno di patate al forno; come dessert sono invece state servite ai tavoli delle deliziose pastarelle di vario gusto. A conclusione della serata ci sono stati dei balli e, finite le danze, tutta la gente ha aiutato a smontare i tavolini e le sedie che successivamente io e altre persone abbiamo riportato alla parrocchia di S.Giuseppe all’Aurelio che ce li aveva gentilmente prestati.

Penso che la serata sia stata piuttosto divertente per tutti. Unico problema: la costante tortura delle ironiche battutine del nostro fedelissimo animatore Vittorio che per tutta la serata hanno assillato le povere menti dei presenti.

 

 

RIFLETTENDO SULL' INCONTRO CON DON GIULIANO TESTA

di Giovanni Bonacci

 

Partire. Partire lasciandosi alle spalle i luoghi di una vita, senza però lasciarsi alle spalle le esperienze, gli amici e le domande con le quali era nata l’idea di concepire quest’esperienza. La storia che brevemente vi racconterò non è solo la storia di don Giuliano Testa (che l’ha vissuta con impegno e consapevolezza rari), ma potrebbe essere pure se in scala inferiore la storia di ognuno di noi, quella di una qualunque persona che chiedendosi il perché e il per come del Cattolicesimo, del volontariato e soprattutto della carità abbia trovato queste risposte non in un mare di parole, ma nell’atto concreto di calarsi nelle difficoltà altrui cercando di porci rimedio. E’ così che don Giuliano dopo essere divenuto prete e aver vissuto la sua esperienza pastorale in Italia decide di vivere più fortemente la sua missione addirittura chiedendo ai suoi superiori di inviarlo in Africa. Così è! Ma egli non si scorda di amici e compagni ed è per questa ragione che propone a tutti loro di “vivere” con lui questa nuova esperienza semplicemente ricevendo una mole di notizie da lui, dall’Africa, e rispondendo di volta in volta. La destinazione che lo attende è il Niger che mi è apparso, per come lo ha descritto, una nazione non povera  bensì poverissima, ma abitata da persone pregne di umanità e di quella spontaneità che rende sincera un’amicizia. Il Niger è magnifico, pare l’immagine della pace più pura; non come il Rwanda, la tappa seguente, nazione straziata dal dolore di una guerra civile (e qui mi ricollego a quanto detto nel numero 3 di “Fuori dal muro”) fomentata ad arte dalle multinazionali e da una povertà che genera rivolte continue ed epidemie; lo scenario è desolante: ci sono baraccopoli che sfiorano il mezzo milione di persone, i miliziani seminano il terrore tra la gente e sovente ragazze adolescenti si trovano ad essere violentate dovendo poi accudire figli e fratelli a causa della morte dei loro genitori, tuttavia le esperienze non lo intimoriscono, anzi, lo rafforzano nelle sue convinzioni e pian piano l’iniziativa cresce a tal punto da rendere anche gli amici rimasti in italia parte integrante di essa. Oggi, dopo anni, è nata “Il granello di Senape” un’associazione che col sudore dei suoi soci e con la loro decisione è riuscita a creare scuole e centri sanitari in Rwanda e Costa d’Avorio. Malgrado l’intensità che contiene, quanto ho narrato non va visto come la storia di un uomo che per quanto coinvolgente resta tale, è bensì un invito nel proprio piccolo a dare quel qualcosa in più che ci permetta realmente di dire che siamo caritatevoli. Tutti siamo capaci a sederci su un divano lasciandoci andare ad osservazioni come “Ma guarda questa povera gente!” vedendo scene provenienti dal Terzo Mondo, ma quanti di noi sono davvero decisi ad intervenire “sul nostro Terzo Mondo”, che non è rappresentato tanto dal mendicante che elemosina sul sagrato della chiesa o dall’extracomunitario che suona sulla metro per guadagnare qualcosa, quanto dall’indifferenza che aleggia intorno a queste situazioni, quella stessa indifferenza che rischia di renderle irreversibili. Non si tratta di andare in Niger o di fondare Associazioni umanitarie, no, non è questo che ci si chiede! Basta aprire un attimo gli occhi gettando lo sguardo fuori dalla nostra isola felice per vedere quanto si possa fare anche nel nostro piccolo.

 

 

 

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