Una incredibile serata all'insegna della testimonianza diretta 

IL NOSTRO INCONTRO CON CHIARA CASTELLANI

 

LE MIE IMPRESSIONI SULLA SERATA

di Lorenzo Agosta

 

Qualche settimana fa, in parrocchia, è venuta una donna, ginecologa missionario in Congo, per parlare dei problemi che ci sono in paesi come quello e raccontare cosa deve affrontare ogni giorno. Lei è una donna molto umile, piccola, con una voce appena udibile, ma con poche parole è riuscita a turbare e a colpire l’animo di ogni persona che si trovava quel giorno in quella sala. Io ero andato lì per divertimento e con spirito non curante, ma ne sono uscito profondamente scosso. E’ una donna che, dopo aver studiato medicina, è voluta diventare missionaria per aiutare a partorire le donne dei paesi più poveri. Ma allora non si rendeva conto della realtà del paese in cui stava andando. Infatti in Congo, si è trovata in un paese in guerra, una guerra che stava distruggendo il paese stesso e le persone che ci abitavano, per le quali il problema maggiore non era il parto, ma la perdita di braccia e gambe. Infatti ci ha raccontato di quante volte a causa delle mine sia stata costretta ad amputare. Ci ha parlato di molte vicende causate dalle guerre orribili e spietate. In questo paese non c’è niente di ciò che abbiamo noi; ci ha raccontato di come molte persone, a causa della mancanza di trasporti, quando perdono una gamba su qualche mina, vengono raggiunti dalla cancrena prima di poter raggiungere l’ospedale e quindi i medici sono costretti ad amputarla quasi tutta. Ci ha raccontato anche che la scarsa quantità di medicinali adeguati per malattie da noi inesistenti provoca la morte e tutto perché noi che abbiamo i medicinali giusti non ne produciamo visto che noi non ne abbiamo bisogno. Nelle sue parole però oltre al dolore e alla preoccupazione risaltavano la speranza e la gioia per quello che ogni giorno fa e l’impegno da lei messo in questo lavoro. Con il suo operato è riuscita ad ottenere molte cose tra cui appunto il fatto della produzione dei medicinali e proprio per questo impegno è stata nominata “donna dell’anno”. Le sue parole fioche ma profonde hanno turbato me e tutti gli altri presenti quella sera, riuscendo ad ottenere un silenzio profondo che era il frutto di dolore, riflessione, incapacità di reagire di fronte a tutto questo, ma secondo me anche di fastidio. Infatti Chiara Castellani è riuscita a farci vedere un mondo a noi sconosciuto pieno di dolore e povertà, un mondo lontano che non ci tocca e che vorremmo non ci toccasse, anche se non lo diciamo mai. Chi vorrebbe vivere i problemi, le disgrazie e le “brutture” di quei posti? Nessuno. Ma in quei posti tanto brutti, ci sono persone diverse da noi, che la felicità se la creano con poco, magari ballando la sera intorno al fuoco, uomini pieni di speranza che non conoscono la società corrotta, consumistica e competitiva. Uomini che credono che la vita sia un bene così prezioso e speciale che si chiedono con quale coraggio certe volte qualcuno di noi arrivi a togliersela con le proprie mani.

 

 

DIO STA CON I PIU' DEBOLI

di Matteo Airoldi

 

E’ molto difficile scrivere qualcosa che riguarda l’incontro con Chiara Castellani. E’ molto difficile perché un incontro di questo genere ti lascia tanta confusione nel cuore e nella mente. Tantissime emozioni ci hanno investito in una sala stranamente silenziosa con un’ assemblea rapita dalle parole di una donna che, a dispetto delle apparenze, ha mostrato forza e decisione straordinarie.

Il racconto delle sue esperienze è stato sconvolgente; non tanto per gli argomenti che ha trattato - che ognuno di noi ha appreso e apprende da telegiornali e speciali televisivi - ma per quel modo di farceli vivere personalmente. In quei momenti sembrava di vivere in Congo dove la guerra è continua ed infinita; sembrava di partecipare insieme all’ operazione per salvare la vita ad una donna saltata su una mina. La stessa donna che sette mesi prima era stata aiutata da Chiara a partorire una bimba morta sopra quella maledetta mina. Perché bisogna dire che Chiara, specializzata in ginecologia, è partita per il Nicaragua prima e per il Congo poi per andare ad aiutare le donne, come ha detto lei, a generare nuova vita, ed invece si è ritrovata a fare il chirurgo per salvare vite umane distrutte dalle guerre.

E proprio parlando di operazioni chirurgiche e di amputazioni il discorso è finito sul suo braccio destro sostituito da una protesi dopo che un incidente le ha causato l’amputazione. Penso che ognuno di noi si sarebbe tirato indietro; invece lei, ha vissuto questa vicenda con uno spirito straordinario; provando, come dice lei, “a stare dall’altra parte del bisturi” ha capito molte di quelle cose che non si imparano sui libri ma soprattutto ha dovuto delegare il lavoro ed insegnare ad altri ciò che lei sapeva fare. Ascoltandola abbiamo avuto l’impressione che ognuna di queste esperienze abbia alimentato la sua fede. Una fede così profonda (“mi sento di credere nella potenza e nella follia della croce”) da darle la forza di combattere le battaglie più difficili tanto da far dire ai suoi amici “se non sono progetti impossibili, non sono per te”.

Una fede che deve aiutare tutti noi a credere che “Dio che ha scaraventato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili” è sempre vicino a coloro che combattono per i più deboli.

 

 

 

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