Il diario di Primo Santini

5a parte di 8

Deir El Munassib - 29 settembre 1942

Quando non sono stati utilizzati i suoi ricordi si è fatto ricorso ai compagni, al gruppo della Sirena che in tempi recenti lasciarono scritte le loro memorie. Per i pezzi documentari si è ricorsi ad Autori o testi citati o a materiale d'archivio

LA VACANZA DI ROMMEL: La lunga malattia
Già a fine agosto il suo medico personale in un messaggio all’OKW aveva segnalato che Rommel non era in grado di sostenere ed affrontare mentalmente e fisicamente ulteriori iniziative militari che imponessero la sua presenza al fronte (lui poi era sempre davanti a tutti con un notevole stress). Messaggio intercettato dagli inglesi che erano riusciti a forzare Enigma. Da David Irving la Pista della Volpe…
 

Il 23 settembre, spossato dalla fatica e bisognoso di un periodo di cure ma soprattutto di riposo, Rommel lasciò il comando dell'ACIT al Gen.Georg Stumme, veterano del fronte dell'est !!! dotato anche di grossi problemi disciplinari alle spalle. Il 19 settembre era giunto a Tripoli, appunto per sostituire Rommel, il gen. Stumme. Costui era reduce dalla Russia, dove aveva comandato egregiamente il XL corpo corazzato, ma aveva anche subito una grave disavventura. Un portaordini, che si recava per suo ordine in prima linea, fu catturato dai Russi: portava con sé ordini scritti per l'imminente attacco, relativi non solo al suo corpo d'armata ma anche alla 4a armata corazzata. Accusato di aver inviato ordini con mezzi inadatti, Stumme fu destituito e deferito alla corte marziale, presieduta da Goring. Grazie all'intervento del maresciallo von Bock, comandante del gruppo di armate, si salvò dalla fucilazione e dalla degradazione e fu condannato a 5 anni di fortezza. Ma per i suoi brillanti precedenti, Hìtler gli concesse la grazia.  Ed eccolo in Libia ! a combinar danni ?

Il 19 settembre era arrivato il rimpiazzo, Stumme, così il futuro Feldmarschall Rommel poteva concedersi un periodo di riposo e cure. Prima di partire Rommel gli spiegò i lavori e come era impostata la sua difesa, perché ormai si trattava solo di aspettare il nemico, le sue mosse e prenderlo in contropiede, sempre che arrivassero pezzi controcarro e nebelwerfer (la versione tedesca della Katiusce). Alle spalle degli avamposti e delle cinte minate, dovevano trovarsi le principali postazioni difensive della fanteria. Assai più arretrate, le bocche da fuoco di maggior calibro e i cannoni anticarro, alle spalle dei quali, in funzione di riserva mobile, si sarebbero tenute le divisioni corazzate e meccanizzate. Le cinte minate ricevettero il nome di « giardini del diavolo ». Gran parte degli ordigni erano sufficienti a spezzare i cingoli dei carri o a far saltare un camion; il 3% di questi era costituito dal tipo antiuomo, particolarmente micidiale, la cui esplosione veniva provocata dalla trazione di fili oppure da una leggera pressione del piede. Al contatto, gli ordigni balzavano all’insù (a molla) ed esplodevano a mezz’aria, lanciando pallette di acciaio in tutte le direzioni. In previsione dell’attacco di Montgomery, la Panzerarmee seminò 249.849 mine anticarro e 14.509 antiuomo !!! che, unite a quelle dei campi minati catturati agli inglesi nel settore meridionale del fronte, garantivano alle linee di Rommel la difesa di 445.000 mine !!!. (la mina anticarro non esplode sotto il peso d’un uomo. Naturalmente gli inglesi avevano fatto altrettanto o quasi dalla loro parte). Il piano di Rommel consisteva nel lasciare che il nemico, avanzando, venisse a trovarsi impelagato nei « giardini del diavolo ». per poi contrattaccare a partire dalle estremità settentrionale e meridionale della linea, in tal modo chiudendo in una trappola il nemico. « Se la battaglia dovesse avere inizio,» assicurò a Stumme « interromperò la cura e ritornerà subito in Africa» (L’attraversamento dei giardini del Diavolo diverrà con Montgomery un’arte bellica).
Tra le carte private del caporale Bòttcher ho trovato (sempre Irving che parla) un’istantanea in cui si vede Rommel che, il 23 settembre 1942, esce dalla sua tenda per partire alla volta della Germania. Non lo si direbbe malato, ma piuttosto assai stanco. Quel giorno, gli inglesi intercettarono messaggi tedeschi che davano notizia della partenza di Rommel. Questi si incontrò il giorno dopo con Mussolini, il quale poi in privato disse che la malattia di Rommel era puramente psicologica. Un’intercettazione Ultra di questo suo giudizio finì sulla scrivania del presidente Franklin D. Roosevelt, che commentò: « Rommel deve aver subìto una dura batosta. Finora era abituato a una dieta di vittorie, rese possibili da informazioni ottenute da fonti in campo britannico, situazione alla quale, grazie a Dio, ormai abbiamo messo termine ». (Come s’è detto, il col.  americano Fellers in luglio era stato richiamato in patria dal Cairo.) A Berlino Rommel fu ospite per parecchi giorni di Goebbels. Dal diario di Goebbels risulta anche che questi parlò di Rommel con Hitler il 29; gli era noto che da qualche mese il Fuhrer aveva in animo, a guerra conclusa, di nominare Rommel comandante in capo dell’intero esercito tedesco e Goebbels era d’accordo su tale scelta: «Un uomo come lui ha indubbiamente tutto ciò che occorre per quel compito: allori guadagnati sul campo di battaglia, vitalità, lucidità mentale e una straordinaria capacità di assumere l’iniziativa ». E fu così che, l’ultimo giorno del settembre 1942 Rommel entrò alla Cancelleria del Reich, dove gli fu consegnato l’astuccio di cuoio nero che conteneva lo scintillante bastone da maresciallo tempestato di pietre preziose. Accanto a Hitler stavano Keitel, Schmundt e lo S.M.G. al gran completo. Rommel era accompagnato dal suo aiutante Alfred Berndt, che per l’occasione aveva svestito l’uniforme da ufficiale per indossare quella di gerarca. Alle 18 Rommel fu l’ospite d’onore di un raduno di massa allo Sportpalast, il grande stadio coperto di Berlino….Qualche giorno dopo, Rommel scrisse a Stumme per informarlo del colloquio che aveva avuto con Hitler: « Sia il Fuihrer che il duce hanno approvato la mia decisione di restare sulle posizioni che attualmente occupiamo in Africa settentrionale, senza riprendere l’offensiva finché le nostre truppe non siano adeguatamente rifornite e riposate, e non ci siano state inviate forze fresche ». E Rommel aggiungeva che « il Fùhrer mi ha promesso che farà in modo di garantire alla Panzerarmee tutti gli approvvigionamenti possibili, soprattutto i carri più moderni e pesanti, lanciarazzi e pezzi anticarro ». Rommel aveva in particolare richiesto enormi quantitativi di razzi e mortai da 260 mm, la nuova arma nota come Nebelwerfer 42 (un lanciarazzi multicanna) e almeno 500 apparecchi fumogeni.
 
Ancora sulla cattura di Clifton dei primi di settembre    
1942: The Year That Tried Men's Souls Di Winston Groom    
Just as Rommel was sourly ordering another withdrawal, a New Zealand Brigadier, one General George H. Clifton, was brougbt to his tent as prisoner. "He said that he was ashamed to have to admit being taken prisoner by the ltalians " Rommel remembered. "He had been in the act of persuading them to surrender and they had, in fact, already started taking the bolts out of their rifles, when to bis disgust a German officer came along and ruined the whole affair" Rommel grilled the New Zealander on "vari ous acts contrary to mternatìonal law, for which the New Zealanders had been responsible" In particular Rommel was referring to "repeated massacres of German prisoners and wounded by this particular division "Clifton explained to the German commander that this was due to the large number of Maoris the division contained." Rommel found General Clifton a likable character and the two were having a nice chat while they waited for the military police to escort Clifton to the POW compound. At one point, Rommel recalled, "Clifton asked to be taken to the lavatory, where he climbed out of the window and vanished without a trace."A few days later, however, "several members of my staff were out hunting gazelles when they suddenly spotted a weary figure plodding across the desert carrying what looked like a jerry-can of water with him." It was Clifton, and the German officers promptly gathered him up and brought him to Rommel again. "I had a talk with him," Rommel said, "and expressed my appreciation of his exploit. Such a trek through the desert is not everybody's meat, and not surprisingly, he looked exhausted."  

All'ennesimo tentativo di fuga
'
Bloody hell George (Clifton), when a man gets to your age and rank, I expect less bloody courage and a bloody site more sense'... to which the Brigadier replied, laughing...'I'm going to use that as the preface to my memoirs'.

'Per tutti i diavoli George, quando un uomo arriva alla vostra età e rango, mi aspetto un coraggio meno sanguigno e più buon senso' ... a cui il Brigadiere rispose ridendo ... 'ho intenzione di utilizzarla (questa frase) come prefazione alle mie memorie'.

     
LA BATTAGLIA DI DEIR EL MUNASSIB - settembre 1942    

Da ALAMEIN 1933/1962 Paolo Caccia Dominioni pag . 188/9/190/1 Pista Whisky, tra le Q. 99 e 154, fine settembre
La Folgore ha compiuto il terzo (2,5) mese di esperienza africana. Tre mesi sono pochi di fronte ai 36 delle contigue Brescia e Pavia, consumate e avvizzite; ma bastano per completare il tirocinio di uomini che sembrano fusi in acciaio inossidabile. Possono dissanguarsi per fatiche, perdite e dissenteria senza che l'animo e i muscoli vengano intaccati. Atleti adolescenti, avevano sognato luminose discese dal cielo verso la vittoria, e hanno trovato la miseria dei capisaldi sabbiosi nella geenna del deserto di luglio. Ora il primo acquazzone autunnale ha offerto loro anche il tormento della notte gelida e dell'arena inzuppata. Ma la Folgore, quaggiù, domina con il senso di superiorità proprio delle unità sicure: essa irride alla tracotanza di un alleato spesso incline a ignorare la presenza italiana, irride alla tracotanza d'un nemico simile a un affarista arricchito cui è facile prevalere sopra i mendicanti che sostano nella sua contrada. Ogni giorno, nello schieramento dei paracadutisti, sì ha notizia di nuovi atti generosi ed edificanti. Nella sabbia soffice d'una conca riparata sul margine orientale del pianoro di El Taqa hanno sepolto due caduti del VII/186°  (G. Bergonzi): il caporalmaggiore paracadutista Guglielmo Principe da Trieste, di 24 anni, e il paracadutista Francesco Salvini di 22, padovano. Secondo una prima versione non confermata, ma assai verosimile perché ambedue erano di altissimo animo e legati da grande amicizia, essi rientravano isolati da una pattuglia. Principe cadde per primo, e Salvini, accorso al suo richiamo, ne seguì la sorte. Nell'atteggiamento in cui furono ritrovati è apparso che Principe, trasformandosi a sua volta in soccorritore, si trascinò fino all'amico e trovò la morte mentre cercava di prodigargli qualche cura. Più a sud, lo stesso giorno, il II/187° ( comandante Zanninovich maggiore di cavalleria), riceve il cambio dal V/186 composto in prevalenza da antichi alpini che sorridono della nuova posizione. Ma il battaglione di Mario Zanninovich non va a riposo, dopo la lunga permanenza sul roccione che ha conquistato in agosto: occupa in giornata una posizione chiave a cavallo della Pista Whisky, là dove convergono le due tragiche depressioni di Alinda e del Munassib, a destra del Kampfgruppe paracadutisti del maggiore Hubner, formato anch'esso di veterani che fecero Polonia, Norvegia, Rotterdam e Creta. Gli ufficiali si affannano a distribuire la gente nelle buche e nei posti di vigilanza: all'alba ognuno dovrà essere già familiarizzato con la posizione che è ancora più lugubre della precedente. Intanto i tedeschi avvertono che esce una loro pattuglia, per la consueta ispezione notturna ai campi minati tesi tra le linee: e Zanninovich manda loro due paracadutisti perché possano fare immediata conoscenza del terreno antistante. Così, dopo una giornata faticosa, preceduta dalla insonne notte del cambio, il veronese Butturini e il suo compagno hanno l'impressione di essere due corridori giunti sfiniti al traguardo, ai quali si dica: la corsa non è valida, dovete ricominciare subito. Ma non fiatano, e sono pronti, in tenuta da pattuglia. Butturini ha un. fratello sergente nello stesso battaglione: due folgorini, e per giunta sulla linea di Alamein. Il Leutnant, il Feldwebel e otto paracadutisti, sei tedeschi e due italiani escono dal varco, si incolonnano lungo il sentiero di sicurezza marcato dal solito filo telefonico, e si, snodano silenziosi sotto un cielo nuvoloso che copre la luna. Bisogna fare molta attenzione al suolo: un inciampo, un rumore potrebbero essere fatali. Le mine anticarro non spaventano: occorrono 120 kg. per farle saltare, e tale peso non è certo un privilegio dei guerrieri di questo fronte: ma le insidiose mine a shrapnel, o antiuomo, esplodono sotto la zampetta d'un gatto, e quando il dispositivo è a strappo, cioè a mezzo di uno spago perfettamente mimetizzato nella sabbia, la difesa è impossibile. Il settore nemico viene raggiunto e gli uomini si distendono a ventaglio, perché una ricognizione nel deserto non differisce da una esplorazione di cacciatorpediniere. Ma una vampata rossa squarcia il buio, il Leutnant è caduto, c'è una nuova striscia di mine antiuomo che la notte scorsa non esisteva. Qui scatta l'inesorabile meccanismo della logica militare tedesca, nel cranio del Feldwebel che ha preso il comando, e gli dice che il compito, con l'accertamento della nuova difesa minata, è assolto. La perdita dell'ufficiale è dolorosa, ma non si possono rischiare altre vite preziose per ricuperarlo: la pattuglia rientra dopo qualche minuto di immobilità assoluta per assicurarsi che nessuna pattuglia inglese stia avvicinandosi. Al varco i due folgorini vengono messi in libertà. Salutano e si avviano verso le proprie linee. In meno di cinque minuti potrebbero essere sdraiati nella loro buca, ma dopo qualche passo si fermano. No, dicono. E' scattato un altro meccanismo cerebrale, italiano. Quel tenente tedesco bisogna riprenderselo, vivo o morto. Se gli inglesi, avvertiti dallo scoppio, sono già sul posto, si vedrà, si farà il necessario, a moschettate e bombe a mano. E se l'orgoglio tedesco, al ritorno, sarà irritato niente di male. Ancora 50 minuti, e una povera cosa sanguinante, che forse i dottori potranno riportare alla vita, è consegnata al battaglione Hubner. Non era un fardello leggero: la sabbia sprofondava come farina, una pena bestiale.
"Noi altri" dice lo spossatissimo Butturini ai tedeschi sorpresi
"siamo abituati a fare così" E spiega che le mine a shrapnel, lassù, sono molte, tutte a strappo, messe di fresco: chi ci torna dovrà fare attenzione. I due paracadutisti sono svegliati brutalmente nel primo sonno e imprecano, ma non c'è tempo: via, via subito, i tedeschi vogliono i due folgorini di stanotte. Presso Hubner c'è proprio il generale Ramcke, comandante la brigata, piccolo e indiavolato, quello che ride sempre: e senza tante cerimonie appunta la croce di ferro sui camiciotti dei due Italiani, Una stretta di mano, un saluto scattante: ora, i due vanno dal maggiore Zanninovich a farsi vedere con quell'affare sul petto, ma soprattutto a riprendere il sonno.

 

A vous de jouer ! This is the battle of Deir el Munassib between 5th Battalion of Queen's Rifle Rgt and IX° Battaglione di Paracadutisti, Folgore Division.  Il gioco Ihttp://www.daysofwonder.com/memoir44/en/editor/view/?id=5373 

   

OPERAZIONE BRAGANZA

Operation Braganza was launched on the night of the 29 September 1942, by General Horrocks. It was intended as a preliminary to Operation Lightfoot, part of the Second Battle of El Alamein. The objective was to capture an area of ground near to Deir el Munassib in Egypt, to be used for extra artillery deployment. This would involve the 131st (Queen's) Brigade from the 44th (Home Counties) Division, supporting armour from the 4th Armoured Brigade, nine field regiments and one medium battery of artillery.  L’operazione Braganza venne lanciata la notte del 29 settembre da Horrocks come alleggerimento del fronte e disposizione tattica preliminare alla vera e propria battaglia di El Alamein - Piede leggero. L’obiettivo Deir El Munassib dove piazzare l’artiglieria. Furono coinvolti la 131a Queen’s Brigade della 44° divisione. Supporto corazzato da parte della 4a Brigata e 9 reggimenti  da campagna (artiglieria?) e una batteria media.

 
     
Il 30 Agosto, Primo Santini, aggregato alla 25a compagnia del IX battaglione, 187° reggimento, comandato dal T.Col. Luigi Camosso e poi da Alberto Bechi Luserna, partecipa alla prima battaglia della Folgore ad Alam Halfa. Il IX e X battaglione con il V e VI  ed il II gruppo artiglieria e reparti del II battaglione con il I gruppo artiglieria avanzano lungo la depressione di El Qattara, conquistando Naqb Rala e la importante altura di Qaret el Himeimat. Nella notte fra il 3 e 4 settembre a Deir Alinda il IX, X, ed il III gruppo artiglieria (piccoli pezzi a.c.) si scontrano con ingenti forze avversarie: 5a brigata neozelandese, 132 a britannica e 46° e 50° Royal Tanks. Fra i caduti della Folgore, 230 fra morti e feriti, vi è Nando Danelli, piacentino, medaglia d’argento che, ricorda mia zia Vilma (Sandro Santini), veniva spesso a Parma a casa nostra. Il IX ed il X, decimati, vengono infine fusi nel IX battaglione.
Nella notte del 30 settembre la Folgore è attaccata dalla 131a brigata britannica e da consistenti forze corazzate, appoggiate da reparti d’assalto. La 25a compagnia, tre plotoni, comandata dal S.Ten. Marcello Berloffa, è appostata in un campo trincerato. Il IX battaglione ed il III gruppo artiglieria, adottando la tattica del contrassalto preventivo, contrattaccano gli avversari, costringendoli alla fuga con durissime perdite. Nella notte fra il 30 e il 1° Ottobre, Primo, durante un contrattacco viene ferito gravemente alle gambe da un bomba inglese e trasportato all’ospedale da campo n°. 241. Il 7 ottobre viene trasferito all’ospedale 240 e il 15 torna in patria, da Tobruk, sulla nave ospedale Gradisca. Sbarca a Napoli, dove è ricoverato all’ospedale. Poi col treno ospedale Num.2, il 27 Ottobre, giunge all’ospedale di Montecatini. Gli esiti delle ferite lo condizioneranno per tutta la vita.
 

     
Il 7 settembre, gli ultimi spari si spensero nel settore meridionale del fronte, lasciando gli italo-tedeschi in possesso della posizione di Himeimat, coi suoi 217 metri di altezza. Ciò preoccupava molto i comandanti inglesi perché da quell’altura preziosa gli italiani e i tedeschi potevano osservare tutto quanto avveniva a sud di El Alamein *. Alam halfa al tempo non destò molta attenzione ma se fosse stata persa, forse sarebbe stato perso l'Egitto, mentre ora l'iniziativa era passato all'Ottava Armata. Bayerlein il comandante della Africa Korps rimase molto deluso dello smacco subito ad Alam Halfa. E’ degno notare che "Monty", aveva una grande e bella opinione sui Queen’s tanto da devolvergli il compito del settore meridionale nonostante il fatto non indifferente che questi non avevano esperienza di deserto (cosa che a Rommel non mancava). Il 13 settembre pattuglie inglesi verificarono che il nemico stava tenendo ancora la depressione di Munassib con alle spalle i loro**campi minati ed era chiaro che sarebbe stato un grande vantaggio nelle operazioni future. Si è quindi deciso, entro la fine del mese, di attaccare di nuovo…  Il mattino del 30 settembre (4,30) approfittando sempre dell’oscurità, nei pressi di Deir el Munassib, all'estremità meridionale del fronte, gli inglesi vennero avanti: a difesa di quella posizione c'erano i paracadutisti del IX battaglione del 187º Folgore. Dall'altra parte c'era un battaglione del Queen's Royal Regiment, appoggiato da circa 40 carri. Dopo aver pesantemente bombardato per oltre un'ora le posizioni dei parà, la fanteria nemica approfittando del fumo alzatosi dopo le esplosioni riuscì a penetrare attraverso alcuni varchi nei campi minati. La reazione dei paracadutisti non si fece però attendere: una prima colonna inglese si ritrovò in mezzo al campo di tiro della 25a e 26a compagnia, mentre l'altra colonna si scontrò con la 27a ed il battaglione tedesco "Hubner". Seguirono durissimi scontri che videro gli inglesi lamentare pesanti perdite e quindi decidersi a ripiegare per evitare l'annientamento.  

*Monty aveva "lasciato" ai tedeschi a Sud due campi minati, **January e February e la cima di Himeimat, il che lo aveva costretto ad arretrare il fronte Sud. Scriviamo "lasciato" perché giustificò la cosa con "l'intenzione" di far vedere a Rommel le sue manovre fasulle. Ma poteva essere andata anche diversamente, quando vide che li aveva persi si invento l'osservazione nemica e le eventuali trappole (obbligate e non volute). I campi minati (o Giardini del Diavolo che i tedeschi usavano poco) eran o invece un grande jolly di difesa per gli inglesi e particolari tecniche per sminare quelli dell'avversario vennero studiate alla vigilia della terza battaglia di El Alamein.
Trincee ad Alinda oggi

   

 

   

     

http://www.esercito.difesa.it/root/storia/elal_motiv_med.asp

  Gli ori di El Alamein 24 ottobre 1942
Da ALAMEIN 1933/1962 Paolo Caccia Dominioni Ed. Longanesi    
…uno degli apparecchi si lascia a tergo una leggera striscia di fumo. Prima di sorvolare la sacca minata l, quella che gli italiani chiamano Genova, il fumo aumenta, l'apparecchio perde quota sempre più precipitosamente. Al caposaldo si ha l'impressione che verrà a schiantarsi proprio tra le buche del 31° guastatori. Invece la catastrofe avviene mezzo chilometro prima, tra la Palificata e la casupola diroccata che ha dato il nome alla zona, Gibril Hamis, in italiano Gabriele Quinto. Non si è visto il paracadute, e il destino del pilota è ormai concluso. Un autocarro del 31° parte per offrire un soccorso assai modesto, perché il battaglione è senza medico da quando il bravo dottor Enzo Sacchi se n'è andato, trasferito altrove. Macchine tedesche giungono sul posto, e già un servizio d'ordine allontana i curiosi, come in un quadrivio dopo la collisione mortale. Verso le tredici i guastatori del 31° assistono ad uno spettacolo nuovo: sei Me 109 arrivano sulla verticale dell'apparecchio caduto, ed eseguiscono un carosello d'onore, acrobatico e funebre.…A notte si è saputo il nome del cacciatore tedesco così tragicamente perito ieri l'altro. Era l’asso della caccia germanica H.J.Marseille 22 anni 158 vittorie. Il suo apparecchio ha preso fuoco senza ragioni apparenti: da terra gli avevano ordinato di lanciarsi quando ancora sorvolava le linee nemiche, e non aveva obbedito. Se il progresso del fuoco fosse stato più lento di uno o due minuti, egli avrebbe potuto porsi tranquillamente in salvo nello stesso posto dove ora un residuo di fumo, presso la Palificata, segna ancora. la fine del suo famoso apparecchio, il "14 giallo".  

HANS-JOACHIM MARSEILLE da Hobby & Work    
Hans-Joachim Marseille nacque a Berlino, il 13 dicembre 1919. Proveniva da una famiglia di antica origine ugonotta (francesi espulsi alla fine del '600 e riparati in Germania) di solide tradizioni militari. Il padre, Siegfried, era un maggiore dell'esercito ma, al termine della prima guerra mondiale, non poté entrare nella Reichswehr e fu costretto ad arruolarsi nella polizia municipale berlinese. Diplomatosi al ginnasio Principe Enrico nonostante gravi problemi disciplinari iniziali, Hans Joachim ("Jochen" per gli amici) entrò il 7 novembre 1938 nella Jaqdflieqerschùle 5 della Luftwaffe come allievo ufficiale. Qui, pur mostrando grandi qualità per il volo, gravi infrazioni disciplinari gli provocarono continui rimproveri e punizioni e ritardarono a lungo la sua promozione a ufficiale. Le sue eccezionali qualità di pilotaggio e - verosimilmente - qualche raccomandazione paterna, gli evitarono di essere cacciato dalla scuola e il 10 agosto 1940 fu assegnato al I./Lehrgeschwader 2 impegnato nelle operazioni contro la Gran Bretagna. Pilotando un Messerschmitt (ME) Bf 109E, Marseille partecipò alla battaglia di Inghilterra abbattendo sette velivoli nemici, ma venne a sua volta abbattuto ben tre volte. Nonostante le Croci di Ferro di 1 e 2 Classe ricevute come ricompensa per queste vittorie, Marseille, come sempre insofferente della disciplina e protagonista di continui gesti di ribellione, non era stato ancora promosso a ufficiale ed era in pessimi rapporti con il comandante di squadriglia. Questi si liberò quindi di Marseille appena possibile e, dopo una parentesi presso il IV./Jagdgeschwader 52, il giovane asso venne assegnato il 21 febbraio 1941 al I./Jagdgeschwader 27, destinato a operare in Nordafrica. .
Qui Marseille, pur tra continue stravaganze e infrazioni ai regolamenti, si conquistò lentamente la fiducia dei suoi colleghi e dei suoi superiori. Il suo coraggio e le sue straordinarie vittorie lo resero celebre anche fra i nemici. Il suo "score" personale di vittorie crebbe sino a ben 158 velivoli nemici abbattuti, alcuni in memorabili duelli. Fu questo il più alto numero di vittorie ottenuto da un pilota tedesco contro soli aerei occidentali. Divenuto ormai un eroe per tutta la Germania, Marseille, il 18 giugno 1942, a Berlino, venne insignito da Adolf Hitler in persona della Croce di Cavaliere con foglie di quercia e spade. Il 13 agosto 1942 ricevette da Mussolini a Roma la medaglia d'oro al valor militare. La sua impresa più grande fu il 1 settembre 1942, quando Marseille, nel corso di tre diverse missioni, abbatté ben diciassette aerei in un solo giorno, volando sul suo celebre ME 109F "14 giallo". Per questa impresa poté aggiungere i diamanti alla sua Croce di Cavaliere. Hans-Joachim Marseille morì nel corso di una missione di guerra il 30 settembre 1942, ma non per mano del nemico: sulla rotta del ritorno verso la base, il motore del suo aereo, un nuovo Me 109G-2, prese fuoco. Marseille fu costretto a lanciarsi, ma, abbandonato l'abitacolo, fu sbattuto dal vento contro gli impennaggi di coda e, persa conoscenza, non poté azionare il paracadute e precipitò al suolo. Il punto del deserto in cui cadde è ancora oggi segnato da una piccola piramide.
 

 

PIANTINE

http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/alamhalfa.htm

http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/deirelmunassib.htm

http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/deirelmurra.htm

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