Nell'ultima produzione artistica Cesare Piscopo abbandona in parte quel percorso finalizzato a dare un colore all'anima e alle emozioni umane, per volgere il suo sguardo al paesaggio salentino. Un artista, infatti, non può vivere al di fuori dei luoghi in cui è vissuto. Piscopo, però, non segue la tradizione paesaggistica tradizionale, cioè non propone immagini oleografiche trite e ritrite, non si lascia abbacinare da edenici ricordi, né si fa trascinare in idillici e facili abbandoni. Egli mette in evidenza l'asprezza dei luoghi e, nello stesso tempo, dà risalto al fascino selvaggio dei tramonti rosso sangue di bodiniana memoria, ritraendo le rocce aguzze e scabre battute dalle onde del mare in tempesta.
In questa nuova fase si può notare, oltre all'influenza di Klee e Kandinsky per le scelte cromatiche, anche la lezione di Munch per l'energia che scaturisce dagli oggetti rappresentati, di Heckel per la capacità di liberare i soggetti dalla tradizione artistica caricandoli di un vago lirismo, di Auerbach per gli strati di colore grezzo, di Nolde e Kokoschka per l'ansia e l'angoscia esistenziale emanate dai colori violenti e sanguigni. Ma senza andare molto lontano, rimanendo nel Salento, si può individuare un legame con la pittura di Geremia Re e Nino Della Notte.