All'inizio abbiamo detto che Albanese ha abbandonato i paesaggi tradizionali, ma per scoprire nuove dimensioni che sfuggono ad una rappresentazione logica e sensoriale. Lo si può capire soffermandosi sui titoli dei quadri: "Notturno su Firenze", "Il giardino di cristallo", "Notte sulla terra di Iside", in cui sulla descrizione prevale la narrazione, sul paesaggio statico un paesaggio in viaggio.
L'artista diventa così un viandante nei quadri "Il treno della felicità", "Percorsi di un viandante", "Il sogno del navigante", "Percorsi della memoria". Un viandante nel mondo della psiche che non si lascia condizionare dagli stereotipi o dai vincoli sociali, ma si abbandona al flusso dell'immaginazione e della creatività.
Ad Umberto Albanese abbiamo posto alcune domande sulla sua arte.
Perché ha sentito il bisogno di cambiare completamente il suo modo di esprimersi?
In due anni mi sono reso conto che stavo imboccando una strada diversa dalla prima, fatta di sogni, pensieri, concetti che affioravano da sempre ma che non riuscivo ad esprimere. Poi ho trovato questo modo nuovo di estrinsecare ciò che sentivo dentro. Tutto è avvenuto a livello inconscio. Non mi sono reso conto di quello che stava accadendo. Certo passavo ore a dipingere senza essere soddisfatto dei risultati, perché mi accorgevo di essere ripetitivo.
Dopo che ho trovato questa nuova strada da percorrere nel mio fare arte, ho distrutto e cancellato tante tele del periodo precedente. Insomma ho sentito la necessità di non ricreare le stesse espressioni pittoriche. Certo non rinnego il mio passato, ma considero i primi anni in cui ho dipinto propedeutici e di fondamentale importanza per la mia preparazione.