E' proprio l'anima a diventare protagonista
nella seconda fase della pittura di Aldino De
Vittorio, quella che Augusto Benemeglio ha
definito metafisica. L'essenzialità dei colori, la
stilizzazione delle immagini, la frantumazione
dello spazio-tempo di questi olii ci trasportano
in una dimensione onirica in cui anche la pietra
millenaria si muove, soffre, gioisce come
l'umanità. Il legame con lo spazio si allenta ed è
come un sottile filo di tela di ragno: Gallipoli,
il castello angioino con il Rivellino, la fontana
ellenistica sono luoghi fissati nella memoria,
eternizzati, non sono più oggetti di un paesaggio,
scorci o bozzetti, ma emblemi, simboli, archetipi
di una cultura salentina figlia della Magna
Grecia. Il sole greco, il Partenone,Omero, Dirce,
Salmace, Biblide che si animano ed evadono dalla
tela fuggendo la loro fissità e immobilità sono le
nuove Muse di un'arte che cerca e trova
un'identità più autentica.
Naturalmente ciò che abbiamo sinora detto è ben
poca cosa e non riguarda tutta la produzione
artistica del Nostro. Per una questione di tempo,
il tempo è sempre tiranno, non abbiamo potuto
inoltrarci in un'analisi dettagliata di altre fasi
della pittura di A.D.V. e siamo stati costretti a
fare una scelta e a proporre anche mediante le
diapositive dei "fiori" che riassumono la
complessità della sua creatività.