Ma prima di addentrarci nel mondo dei segni puri, delle forme compiute e incompiute, dei contenuti simbolici, emblematici, allusivi, occorre ripercorrere con uno sguardo cursorio le linee generali della vita del pittore salentino.

Nato il 19/10/1910 a Nardò (Lecce), pone ben presto la sua vocazione artistica all'attenzione del pubblico tanto da avere alcuni riconoscimenti e da partecipare a numerose mostre collettive. Militare, prende parte a diverse campagne di guerra (tra l'altro in Abissinia e in Albania) di cui ci rimangono testimonianze in dipinti che risentono dell'influenza del paesaggio africano e albanese.
Una volta chiusa la parentesi bellica, si dedica ad un'opera di rinnovamento dei contenuti e delle forme dell'arte della penisola salentina insieme a Vittorio Bodini, Vittorio Pagano e Lino Paolo Suppressa.
Da questo momento, cioè dal 1946 sino al 1951, il pittore si impegna e si ingegna in mostre, scenografie e progetti architettonici indirizzati a dare un volto alla salentinità latente e sopita. Nel 1952 vince il Premio primavera alla Seconda mostra di pittura del Maggio di Bari con l'opera Donne di Puglia: l'attaccamento all'antica madre, alla terra dei padri si fa sempre più determinante nella sua pittura. Numerose sono le mostre personali e collettive a Lecce, a Bari, a Roma, a Firenze, a Milano; egli è occupato su due fronti: l'insegnamento (docente presso una Scuola media di Lecce, poi su incarico del Ministero della Pubblica Istruzione dirige l'Istituto d'Arte di Corato nel 1960, nel 1961-62 è direttore dell'Istituto d'Arte di Poggiardo e infine direttore dell'Istituto d'Arte di Nardò nel 1969-70) e l'arte vissuti in maniera attiva e militante con l'intento di lanciare l'arte salentina oltre i confini di una provincia difficile se non indifferente.
Nel 1979, anno della sua morte, abbozza il martirologio otrantino (serie di schizzi sulla storica conquista di Otranto da parte dei Turchi) e si impegna negli ultimi oli: il suggestivo Spaventapasseri e l'incompiuto Sangue sull'asfalto. Muore il 15 Settembre a Lecce circondato dall'affetto della famiglia e degli amici, artista che con la sua opera di divulgazione ha segnato l'epoca pionieristica della cultura salentina del Novecento, votata alla ricerca contenutistica e formale.

Chi crede, però, che l'arte per Nino Della Notte si riduca ad un ossessivo inseguirsi di segni indecifrabili come enigmatici sono i volti oscuri delle sue donne, prova un certo stupore di fronte ad alcune composizioni poetiche risalenti al periodo 1976-77 che tendono a imbrigliare le vie dell'onirico in parole dure, in flash momentanei, in illuminazioni dello spirito. E' il tentativo di translitterare geometrie, colori, immagini in parole, versi, poesie. A ciò enormemente contribuì l'amicizia di poeti come Vittorio Pagano e Vittorio Bodini - come sostiene Mangione - per i quali il verbo era l'essenza della vita. Molte, infatti, sono le risonanze poetiche sia nei titoli dei quadri, sia nei colori che spaziano nel firmamento rosso sangue (il bodiniano tramonto da bestia macellata), sia nelle tematiche, sia nelle poesie.

Queste liriche possono ben definirsi il tentativo di esprimere l'inespresso attraverso una traduzione segnica che va ben oltre l'esteriorità formale e si insinua nei meandri della multimedialità della comunicazione. Insomma è l'anabasi di un'anima che cerca l'onnicomprensione attraverso l'intersezione dei linguaggi.


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