a-b-arr.gif (1839 byte)                             arrowb~3.gif (1338 byte)

Se questo è un uomo

SOGNI

Sogno della prima notte nella baracca: a Levi sembra di dormire su una strada, su un ponte, per traverso di una porta per cui va e viene molta gente (p.53).

Sogno di fronte a due vagoni ferroviari durante il ritorno dal magazzino: Levi immagina di salire sul treno e viaggiare nascosto fino a scendere in Italia dove una donna lo soccorrerebbe ma non crederebbe al suo racconto se non alla vista del numero tatuato sul suo braccio (p.60).

Sogno nella cuccetta del Block 45: lo spunto è l’ansimare di una locomotiva, che è in realtà il russare del vicino di cuccetta, e Levi si immagina ritornato a casa sua, mentre racconta del fischio del treno e del vicino che russa, però nè la sorella né gli amici lo ascoltano e parlano tra di loro come se lui non ci fosse. Si sveglia pieno di angoscia e si accorge che ha già sognato molte volte qualcosa di simile: la scena della narrazione fatta e non ascoltata (pp.81-82).

Un altro sogno ricorrente è quello di mangiare: Levi lo osserva nei suoi vicini dormienti che schioccano le labbra e dimenano le mascelle; sa per esperienza personale che nel sogno si toccano i cibi, se ne percepisce l’odore, ma poi, per circostanze di volta in volta diverse, non si riesce a mangiarli (p.83). E’ il sogno che ricorda il mito di Tantalo, figura mitologica condannata a soffrire per l’eternità la fame e la sete, pur essendo immerso nell’acqua e avendo rami carichi di frutta davanti alla bocca.

Altri sogni sono, per così dire, più realistici: prendono spunto dalle sofferenze della giornata. Accade di sognare un ordine gridato da una voce piena di collera o una marcia a cerchio, senza principio e senza fine, o di sentirsi parte di una processione di uomini serrati l’uno all’altro di cui non si intravede la fine (pp.85-86).

Anche nella pausa di mezzogiorno, i soliti sogni: di essere a casa, in un bagno caldo o seduti a tavola, e di raccontare del lavoro, della fame e di questo dormire di schiavi (p.95). Anche nel sonno e nel sogno i prigionieri sono perseguitati dagli ordini dati in tedesco, in questo caso Es wird bald ein Uhr sein (è quasi la una).

Si può considerare un sogno ad occhi aperti quello dei prigionieri che lavorano nella Buna e non riescono a distogliere gli occhi dal pasto della draga, che azzanna vorace un boccone di terra e poi lo vomita (p.101). Tutti si perdono nelle loro fantasie di fame: Sigi, austriaco, ripensa alla zuppa di fagioli; Béla, ungherese, alla polenta dolce; Levi alla pasta asciutta che stava mangiando al campo di smistamento il giorno prima di partire per la Germania.

Falso sogno, raccontato all’ungherese Kraus per confortarlo: siccome è bagnato fradicio, Levi gli racconta di aver sognato che Kraus veniva a trovarlo in Italia, bagnato per la pioggia, e lui lo faceva entrare in casa sua, all’asciutto, gli dava da mangiare, da bere e da dormire (p.177).

Il sogno di Sòmogyi in fin di vita che mormorava jawohl (Signorsì) ad ogni respiro: un sogno di schiavitù nel campo ormai libero (p.224).

 

Testimonianza dell’importanza dei sogni nel libro è la poesia con la quale incomincia il libro che ne costituisce il seguito La tregua:

"Sognavamo nelle notti feroci

Sogni densi e violenti

Sognati con anima e corpo:

Tornare, mangiare, raccontare.

Finché suonava breve sommesso

Il comando dell’alba:

"Wstawac"

E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,

Il nostro ventre è sazio,

Abbiamo finito di raccontare.

E’ tempo. Presto udremo ancora

Il comando straniero:

"Wstawac".

 

E, una volta tornato a casa, a Torino, dopo la lunga odissea del viaggio narrato ne La tregua, continua a sognare e sogna di essere di nuovo nei Lager (ultima pagina de La tregua). In realtà si tratta di un sogno dentro un altro sogno: si parte dal sogno di un ambiente placido e disteso, al quale brutalmente si sostituisce quello del Lager, che sembra l’unico vero, mentre il primo appare inganno dei sensi. Nel sogno risuona il comando straniero con il quale si conclude la poesia: Wstawac (Alzarsi, in polacco).

Approfondimento a cura di Tiozzo Alessandro

5 E Telecomunicazioni

Anno scolastico 1998/99

I.T.I.S. G.B. Pininfarina

a-b-arr.gif (1839 byte)                             arrowup.gif (1339 byte)