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Autore: Elisa Springer

Titolo: Il silenzio dei vivi

Casa editrice: Gli specchi Marsilio

Città: Venezia

Anno di pubblicazione: 1997 (10^ edizione)

Trama

Elisa Springer inizia il suo libro raccontando i primi anni della sua vita, bellissimi nel ricordo perché lei e i suoi parenti erano una famiglia molto unita. Descrive la sua casa di Vienna e fa un ritratto affettuoso di tutti i componenti della sua famiglia. Poi, con un salto temporale, riprende la narrazione dal 26 giugno 1938, il giorno in cui, dopo che l’Austria era passata sotto il dominio della Germania (10 aprile 1938), suo padre, Richard Springer, venne catturato dalle SS e portato prima a Dachau e poi a Buchenwald, da dove arrivò un telegramma della GESTAPO che ne annunciava la morte. In seguito, lei e sua madre trovarono un alloggio provvisorio dopo esser state sbattute fuori di casa, perché la persecuzione iniziava anche per le donne. Sua madre avrebbe avuto la possibilità di scappare all’estero, ma rinunciò per stare vicino a sua figlia. In seguito Elisa riuscì a mettersi in salvo sposando un italiano, invece la madre venne catturata mentre cercava di scappare dall’Austria verso l’Ungheria, e, grazie alle conoscenze dello zio Richard, che le ospitava, venne relegata nel ghetto di Budapest. Essa morì poi in un lager mentre Elisa poté andare via da Budapest e andò a vivere a Milano, mantenendosi con le traduzioni. Ma il 23 giugno 1944 venne catturata e rinchiusa in carcere prima a San Vittore, poi a Como, infine di nuovo a San Vittore, da dove fu portata, con un treno che partiva da Verona il 2 agosto 1944, ad Auschwitz- Birkenau. Molti degli amici che aveva conosciuto vennero mandati immediatamente al camino, mentre lei e la sua amica Hedy vennero rasate e marchiate. Durante la notte dormirono malamente e la loro alimentazione carente sarà causa di molte malattie tra cui il tifo, la scabbia, la febbre gialla, la dissenteria. Di Auschwitz la scrittrice ricorda due personaggi in particolare, Bogdan K., che la indirizzò nella fila di sinistra, salvandole la vita, e il famigerato dottor Mengele. Il 26 ottobre 1944 cambiò lager insieme a Hedy ed altre detenute e vennero portate a Bergen-Belsen. Le condizioni in questo lager non erano migliori di quelle dell’altro, ma, come ad Auschwitz-Birkenau, Elisa riuscì a sopravvivere. Nel febbraio 1945 lei e la sua amica vennero mandate a lavorare in una fabbrica di aerei vicino Buchenwald, ma poi, il 17 marzo 1945, vennero portate nel lager di Theresienstädt in Cecoslovacchia, lo stesso in cui erano morti tre dei suoi zii, come seppe dopo la liberazione. All’inizio sembrava molto meglio degli altri lager, ma in poco tempo ci fu un sovrappopolamento perché il Reich aveva deciso di attuare la soluzione finale, lo sterminio di massa degli ebrei. In questo lager Elisa si ammalò di tifo e il suo ultimo ricordo è che stava strisciando per terra cercando di raggiungere le latrine. Quando si svegliò, passate tre settimane, il lager era stato liberato dalle truppe russe e per lei e le altre ebree la vita poteva ricominciare: era il 9 maggio 1945. Elisa dovette rimanere ancora in quel lager per rimettersi in sesto, mentre le sue amiche, compresa Hedy, iniziarono a lasciare il campo di concentramento per ritornare a casa. Il 10 giugno 1945 fu trasferita a Praga e successivamente con un treno a Vienna dove rivide una sua zia che la aiutò a curarsi. Dopo due mesi trascorsi in Austria, decide di ritornare in Italia, dove trovo una bella accoglienza a Bolzano.

Stile

Il silenzio dei vivi è un racconto memorialistico in cui la protagonista della vicenda, Elisa Springer, racconta la sua esperienza cinquant’anni dopo la sua liberazione. Se escludiamo la parte iniziale, in cui descrive la propria infanzia e giovinezza fino a vent’anni, la vicenda vera e propria inizia il 10 aprile 1938, quando l’Austria entra a far parte della Germania di Hitler e arriva fino all’agosto 1945, quando la protagonista e narratrice fa rientro in Italia. Possiamo anche classificare questo racconto come una autobiografia.

Una pagina esemplare

Il seguente brano si riferisce al momento in cui la protagonista torna nella sua Vienna dopo la liberazione e, dopo esser rimasta un po' di tempo dalla zia Lotte, decide di andare a rivedere quella che era stata un tempo casa sua. Entrando dice queste poche parole alla nuova inquilina:

"Sono Elisa Springer, e in questa casa ho lasciato la mia giovinezza, per seguire un mondo di disperati e di innocenti che andavano al rogo; la prego, mi conceda un attimo di pietà, non mi cacci via, so che per lei è difficile, ma mi faccia entrare, mi faccia guardare un attimo nel mio passato... andrò via subito, non le darò disturbo. Alle pareti c’erano ancora dei quadri di famiglia, i nostri quadri. La mia famiglia appesa a un muro. I miei occhi, gonfi di lacrime, si sono posati su un quadro in particolare. La signora, sulla porta, ha seguito il mio sguardo e mi ha concesso di toglierlo dalla parete e portarlo via con me. Quel quadro per me è tanto, è tutto: oggi, è appeso al muro dei miei ricordi nella mia casa."

E. Springer, op. cit., pp. 113-114

In queste poche righe possiamo notare come i campi di concentramento abbiano distrutto l'uomo; infatti, Elisa chiede di poter rivedere per un attimo il suo passato, materializzato nella casa dove era stata felice, quasi come se l'avesse dimenticato, ma possiamo anche dire che questo momento può essere un trampolino di lancio per ricominciare da capo. Infatti, da quella casa, per gentile concessione della signora che la abitava, porta via un quadro che tiene ancora oggi appeso nella casa dove vive.

Scheda a cura di: Roberto Bosio

5 E Telecomunicazioni

Anno scolastico 1998/99

I.T.I.S. GB. Pininfarina

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