Poesie dei bambini di Terezín

 1. Introduzione

 ...Siamo abituati 

 a piantarci in lunghe file alle sette del mattino, 

 a mezzogiorno e alle sette di sera, 

 con la gavetta in pugno,

 per un po' di acqua tiepida

 dal sapore di sale o di caffè

 o, se va bene, per qualche patata. 

 Ci siamo abituati 

 a dormire senza letto,

 a salutare ogni uniforme scendendo dal marciapiede 

 e risalendo poi sul marciapiede. 

 Ci siamo abituati 

 agli schiaffi senza motivo, 

 alle botte e alle impiccagioni. 

 Ci siamo abituati 

 a vedere la gente morire nei propri escrementi, 

 a veder salire in alto la montagna delle casse da morto, 

 a vedere i malati giacere nella loro sporcizia 

 e i medici impotenti. 

 Ci siamo abituati 

 all'arrivo periodico di un migliaio di infelici 

 e alla corrispondente partenza 

 di un altro migliaio di esseri 

 ancora più infelici...

 
Estratto da un testo in prosa di un ragazzo di quindici anni Peter Fischl
(nato nel 1929, morto ad Auschwitz nel 1944)
Circa quindicimila ragazzi sotto i 15 anni hanno soggiornato a Terezín. Ne sono tornati meno di cento

2. LA SERA A TEREZÍN

Tramonta il sole ed il silenzio intorno regna  

soltanto giù presso la garitta dei gendarmi  

si sentono passi pesanti. 

Così il gendarme sorveglia gli Ebrei suoi,  

che non fuggano dal ghetto, 

e per non far venire qui da loro ariani lo zio o la zia.

La decima ora ad un tratto è giunta,

e le finestre delle caserme  dei Desdesi si sono oscurate.  

Le donne si scambiano diverse dicerie

ricordano la casa a mangiare.

Alcune litigano poi,  

altre alla calma tornano.  

Finalmente una dopo l'altra tacciono,  

qui e là si gira finché ci si addormenta alfine,  

quante sere così ancora proveremo ?  

Questo noi non sappiamo, questo il Signore Iddio soltanto sa.

 (Eva Schubzovà, Terezìn nata nel 1931, morta nel 1941-43)

  3.  A TEREZÍN

 Ogni cosa gli sembra strana.

 Come, devo coricarmi per terra ?

 No, io non mangerò quella sudicia patata nera.

 E questa sarà la mia casa ? Dio com'è lurida !

 Il pavimento è solo fango e sporcizia

 E qui io dovrei distendermi.

 Come farò senza sporcarmi ?

 C'è sempre un gran movimento quaggiù

 E tante tante mosche:

 le mosche non portano le malattie ?

 Ecco, qualcosa mi ha punto: una cimice forse.

 Com'è orribile Terezín!

 Chissà quando ritorneremo a casa.

(1943 "Teddy": dati anagrafici non accertati)

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