Il nazismo  e i campi di concentramento

«Plus jamais ça»

mostra fotografica e documentale

Album Auschwitz - testi

da «Album Auschwitz» a cura di Israel Gutman, Bella Gutterman e Marcello Pezzetti - G. Einaudi Editore - 2008

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La deportazione degli ebrei dall'ltalia*

di Sara Berger

Le deportazioni degli ebrei dall'Italia dopo l'occupazione del paese da parte dei tedeschi iniziarono nel settembre del 1943, dunque relativamente tardi se paragonate a quelle avvenute negli altri paesi dell'Europa occidentale quali la Francia, il Belgio e l'Olanda. A partire dal 1938 era stata introdotta nel paese una legislazione antiebraica per separare gli ebrei dal resto della popolazione e dal giugno 1940 erano stati internati gli ebrei stranieri, ma fino al settembre del 1943 l'Italia si era opposta alle richieste del Reich di deportare gli ebrei dal territorio italiano, dalle zone di occupazione italiane, così come gli ebrei italiani residenti in zone controllate dai tedeschi. Dopo la caduta di Mussolini, l'annuncio dell'armistizio da parte del governo Badoglio e l'entrata delle truppe anglo-americane dal Sud del paese e di quelle tedesche dal Nord, gli ebrei residenti nell'Italia meridionale ebbero - al contrario di quelli dell'Italia centro-settentrionale - la fortuna di ritrovarsi in un territorio in mano agli Alleati. Fra questi anche gli ebrei stranieri rinchiusi nel più grande campo di internamento italiano: Ferramonti di Tarsia (Cosenza). I nazisti non dovettero applicare sul territorio italiano misure discriminatorie preparatorie, essendo esse già in vigore grazie alla legislazione antiebraica. Utilizzando i dati delle registrazioni effettuate dai fascisti dal 1938 in poi, gli occupanti procedettero immediatamente agli arresti e alla deportazione degli ebrei senza la necessità di applicare loro altri decreti discriminanti in vigore in Germania o in paesi sotto occupazione come l'obbligo di portare la «stella gialla». Le deportazioni colpirono fin dall'inizio uomini, donne, vecchi, bambini, neonati compresi, sia italiani che stranieri. Si possono distinguere due aree di deportazione:

1. il territorio della Repubblica di Salò (la più estesa, comprendente il numero più alto di ebrei) e dell'Operationszone Alpenvorland (area di Bolzano, Trento e Belluno)

2. l'Operationszone Adriatisches Küstenland (area di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Ljubljana).

1. Le deportazioni dal territorio della Repubblica di Salò si svolsero in quattro fasi.

a. Subito dopo l'occupazione, ancora prima dell'istituzione della RSI, il 23 settembre del 1943, ebbero luogo due azioni di persecuzione collegate alle deportazioni in Austria e Francia. Il 16 settembre 1943 un gruppo di ebrei arrestati a Bolzano e a Merano fu inviato al campo di Reichenau, in Austria, e da lì la maggior parte di essi fu successivamente mandata ad Auschwitz. Dal 19 settembre furono internate a Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo, alcune centinaia di ebrei stranieri profughi dall'ex zona di occupazione italiana nella Francia del Sud; essi vennero deportati il 21 novembre del 1943 a Drancy e da lì ad Auschwitz.

b. Le deportazioni sistematiche iniziarono con il rastrellamento del 16 ottobre 1943 a Roma, dove viveva la più grande comunità ebraica italiana. La razzia fu organizzata da un Einsatzkommando sotto la guida del capitano Theodor Dannecker (Hauptsturmführer delle ss), proveniente dall'ufficio IV B 4 dell'Ufficio centrale di sicurezza del Reich (Reichssicherheitshauptamt, RSHA). Due giorni dopo partì il primo convoglio dall'Italia per Auschwitz, composto da circa 1020 ebrei. Nelle settimane successive ebbero luogo razzie nell'Italia settentrionale, eseguite sempre dal commando mobile di Danne­ker, e singoli arresti compiuti da varie unità, così che poterono essere formati due altri trasporti per Auschwitz il 9 novembre da Bologna e Firenze e il 6 dicembre da Milano e Verona. Prima della loro partenza, gli ebrei furono internati nelle prigioni di Firenze, Siena, Bologna, Milano, Torino, Genova, Varese (dove erano imprigionati soprattutto ebrei che avevano tentato la fuga verso la Svizzera), Bergamo e di altre città dove erano stati catturati. Il 30 novembre 1943 la politica antiebraica italiana si allineò completamente a quella tedesca quando il nuovo governo repubblichino emanò l'ordine di polizia n. 5, che prevedeva l'arresto e l'internamento degli ebrei in campi provinciali e nel campo di concentramento nazionale di Fossoli, nei pressi di Carpi (Modena). In una riunione tenutasi alcuni giorni dopo a Berlino fra il RSHA e il ministero degli Affari esteri, fu deciso di modificare il sistema di deportazione adattandolo alla nuova situazione politico-amministrativa italiana, sfruttandone le strutture. Già nell'ultimo trasporto organizzato da Dannecker il 30 gennaio del 1944 venivano deportati da Milano ebrei che erano stati arrestati da agenti italiani e internati nei campi provinciali.

c. Dannecker, inviato in Bulgaria, fu sostituito dal maggiore Friedrich Boßhammer (Sturmbannführer delle ss). Nella sede centrale di polizia tedesca a Verona fu istallato un ufficio antiebraico dal quale dipendevano i «referenti ebraici» (Judenreferenten) degli uffici locali della Gestapo (Polizia segreta di Stato). Anche le diverse unità poliziesche italiane che arrestarono e internarono autonomamente gli ebrei collaborarono con l'ufficio di Boßhammer. Il 22 febbraio partì il primo trasporto per Auschwitz dal campo di Fossoli, che poco tempo dopo sarebbe passato in mano nazista, diventando così anche formalmente «campo di polizia e di transito» (Polizei- und Durchgangslager) sia per ebrei, sia per prigionieri politici. Altri trasporti di ebrei furono diretti da Fossoli ad Auschwitz il 5 aprile, il 16 maggio, il 26 giugno e l'1-2 agosto del 1944. Nello stesso periodo, altri ebrei che godevano di condizioni particolari, come quelli appartenenti a nazionalità «protette», quelli aventi coniugi non ebrei e i figli di matrimonio misto, furono deportati a Bergen-Belsen, Buchenwald e Ravensbrück.

d. Con l'avanzare del fronte fu istituito un nuovo campo di transito a Bolzano-Gries, nell'Operationszone Alpenvorland, dove furono internati prigionieri politici, ebrei, alcuni Rom e ostaggi vari. Da Bolzano partì ancora un treno, il 24 ottobre, per Auschwitz-Birkenau, composto da ebrei e politici, mentre altri ebrei furono inviati, sempre da Bolzano, a Raven­sbrück e Flossenbürg.

2. La deportazione degli ebrei dall' Operationszone Adriatisches Küstenland (soprattutto da Trieste, dove viveva la più consistente comunità ebraica dopo quella di Roma) fu in gran parte opera dei responsabili dell' Aktion Reinhard, ovvero dell'uccisione degli ebrei nel Governatorato Generale (Polonia), diretta da Odilo Globocnik. La cattura e la deportazione delle vittime furono organizzate dai tre Einsatzkommandos R1 (Trieste), R2 (Fiume) e R3 (Udine), sotto la guida del maggiore Christian Wirth (Sturmbannführer delle ss) - già ispettore dei tre campi della morte dell'Aktion Reinhard e prima dei centri di «eutanasia» («T4») nel Reich - e, dopo la sua morte, dal maggiore Dietrich Allers (Sturm­bannführer delle SA), anch'egli proveniente dalla «T4». Gli ebrei furono rinchiusi in un primo periodo nella prigione cittadina del Coroneo e successivamente nel «campo di polizia» (Polizeihaftlager) Risiera di San Sabba, sempre a Trieste. Da qui partirono per Auschwitz venti treni con un numero ridotto di ebrei e prigionieri politici. Gli ultimi tre convogli, in previsione della liquidazione del complesso di Auschwitz, furono diretti a Ravensbrück. Viene spesso dimenticato che dal 1912 le isole di Rodi e Koo appartenevano allo Stato italiano. Gli oltre 1800 ebrei de­portati dalle isole del Dodecanneso, tutti di nazionalità italia­na, pur avendo condiviso la sorte degli ebrei greci, devono essere quindi considerati tra le vittime della persecuzione nazista relativa all'Italia. La loro deportazione fu organizzata dal tenente Anton Burger (Obersturmführer delle ss), dell'ufficio di Eichmann, con il quale collaborò il comandante di Rodi, Ulrich Kleemann. Partirono da Rodi per il porto del Pireo il 24 luglio 1944 con tre imbarcazioni da trasporto merci, alle quali se ne aggiunse un'altra proveniente dall'isola di Koo. Furono rinchiusi per alcuni giorni nel carcere di Haydari di Atene e arrivarono ad Auschwitz-Birkenau il 16 agosto, con l'ultimo trasporto dalla Grecia. Di essi, solo 180 sopravvissero. Ulteriori ebrei italiani furono deportati anche da altri paesi, come quelli residenti a Salonicco o Atene, quando, dopo l'8 settembre del 1943, lo Stato italiano non li protesse più. Fino alla fine della guerra vennero deportati dall'Italia oltre 7750 ebrei, fra cui molti ebrei stranieri rifugiatisi in Italia per sfuggire alla persecuzione nazista nei loro paesi. La percentuale degli ebrei stranieri fu relativamente alta: del totale di 6806 ebrei deportati accertati dalla ricerca di Liliana Picciotto realizzata per il CDEC di Milano, più di un terzo è composto da stranieri, ma si presume che il loro numero sia ancora più alto. Più di 2000 furono arrestati da italiani, anche prima dell'ordine di polizia n. 5. La destinazione di almeno 6007 del totale fu Auschwitz-Birkenau. Solo 363 di questi sopravvissero fino alla liberazione, ma molti di essi morirono poco dopo per le conseguenze dei maltrattamenti subiti o per malattia. Al numero totale delle vittime vanno aggiunte almeno altre 322 persone uccise sul territorio nazionale. Complessivamente circa un quinto della popolazione ebraica residente in Italia nel 1943 fu deportato o ucciso sul luogo. Molti ebrei riuscirono a nascondersi anche grazie all'aiuto della popolazione non ebraica; alcuni fuggirono in Svizzera o nei territori liberati dagli Alleati; altri entrarono nelle file della resistenza.

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