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Album Auschwitz - testi
da «Album Auschwitz» a cura di Israel Gutman, Bella Gutterman e Marcello Pezzetti - G. Einaudi Editore - 2008
La storia di Lili Jacob
di Gideon Greif
È grazie all'intervento provvidenziale dell'angelo della storia oppure per un semplice miracolo se un documento fotografico come l'Album Auschwitz - noto anche come l'«Album di Lili Jacob» - è sopravvissuto alla guerra ed è stato donato agli archivi fotografici dello Yad Vashem di Gerusalemme. La sua unicità risiede nel fatto di non avere uguali al mondo. Esso documenta, in circa duecento fotografie, scattate in ogni possibile direzione e da ogni angolazione, l'arrivo, la selezione, la confisca dei beni e le fasi precedenti l'eliminazione fisica di un «trasporto» di ebrei. Questo particolare convoglio arrivò nel maggio 1944 alla banchina ferroviaria del campo di sterminio di Birkenau, detta «rampa», dopo essere partito dalla Rutenia carpatica, regione che l'Ungheria si era annessa dalla Cecoslovacchia nel 1939. Il fatto pili straordinario e sorprendente è che l'album sia finito proprio nelle mani di una sopravvissuta di quello stesso trasporto di morte, tra i pochi fortunati a sfuggire al destino che portò migliaia di persone nelle camere a gas. Aprendo l'album, riconobbe subito le persone della sua comunità ritratte nelle fotografie, arrivate insieme a lei a Birkenau, fra cui il suo rabbino, i suoi familiari e se stessa. La storia comincia con un trasporto diretto a nord-est e partito il 24 maggio 1944 da una fabbrica di mattoni nel ghetto di Beregovo (in ungherese, Beregszász), nei Carpazi. Fra i 3500 ebrei che viaggiavano stipati nei carri bestiame si trovava anche un gruppo di persone provenienti dal piccolo centro di Bilke. Dopo due giorni, il treno arrivò a destinazione: Auschwitz-Birkenau. Quando vennero aperte le porte dei carri, sulla rampa non c'erano solo le ss di guardia, ma anche altre due persone. In mano non avevano né armi né fruste, bensì qualcosa che fino ad allora non si era mai visto ad Auschwitz-Birkenau quando arrivavano i trasporti degli ebrei: una macchina fotografica. La presenza di un simile apparecchio in un luogo del genere, che per il regime nazista era quanto di più clandestino e segreto si potesse immaginare, era senz'altro un'evenienza eccezionale. Tra le famiglie deportate che arrivarono quel giorno a Birkenau, si trovava una ragazza di diciotto anni di nome Lili Jacob (in ungherese, Jakaob). È lei l'eroina della nostra storia. Chi era Lili Jacob? Era nata il 16 gennaio 1926 a Bilke, nell'alta Rutenia carpatica. Nel 1941, la comunità ebraica di questa cittadina contava 1103 membri, per la maggior parte ortodossi di lingua yiddish. La sua famiglia, con sei figli, era la tipica famiglia ebraica. L'ultimo giorno della Pasqua ebraica del 1944, gli israeliti di Bilke ricevettero l'ordine di radunarsi nel cortile della grande sinagoga. Di lì, furono poi trasferiti nel ghetto di Beregovo, dove vennero incarcerati tutti gli ebrei della zona, in totale circa 10 000 persone provenienti dalla stessa Beregovo e dalle comunità vicine. Dal ghetto partirono quattro trasporti di uomini, donne e bambini alla volta di Birkenau. La mattina del 26 maggio 1944, quando il treno proveniente da Beregovo arrivò a destinazione, i membri della famiglia Jacob si videro per l'ultima volta. Cominciò la selezione. In un primo momento, Lili riuscì a rimanere insieme a sua madre, ma poi la donna venne giudicata «inabile al lavoro» e spedita in un'altra fila. Lili cercò di raggiungerla, ma fu scacciata da una ss. La ragazza si mise a urlare e si rivoltò contro il tedesco, che la colpì con il calcio del fucile, la ferì al braccio a colpi di baionetta e poi la trascinò nella fila dei prigionieri destinati al lavoro coatto. Quando Lili si voltò indietro, suo padre e i fratelli maggiori erano spariti. Sua madre, con aggrappati alla sottana i suoi fratelli più piccoli, si stava allontanando, in marcia con gli altri prigionieri. Lili le urlò: «Mamma, ci rivedremo! » Lili fu l'unica della sua famiglia a sopravvivere. Alcune ore dopo il loro arrivo, la maggior parte delle persone di quel trasporto erano già state assassinate nelle camere a gas. Dopo la selezione, Lili dovette consegnare tutti i suoi effetti personali, inclusi abiti e gioielli. Fatta la doccia, ricevette la divisa da prigioniera e le fu tatuato il numero di matricola A-10 862 sul braccio sinistro. Nel dicembre 1944, la ragazza fu trasferita dapprima in Slesia, per lavorare in una fabbrica di abbigliamento, e in un secondo momento nella regione dei Sudeti, in uno stabilimento di munizioni a Morchenstern, struttura satellite del campo di concentramento di Groß-Rosen. Trascorse infine le ultime settimane di guerra in Turingia, nel campo di Dora-Mittelbau, vicino a Nordhausen. Pochi giorni prima della liberazione del campo contrasse il tifo e furono due medici cechi a salvarle la vita. Il 9 aprile 1945, il campo di Dora-Mittelbau fu liberato dagli americani. Fu allora che Lili trovò l'album. Il giorno dell'arrivo degli Alleati, Lili era a letto convalescente, nell'infermeria del campo. Sentì gli altri prigionieri urlare: erano arrivati gli americani. Uscì per vedere che cosa stesse succedendo, ma era debolissima e svenne. Alcuni compagni di prigionia la trasportarono in una baracca abbandonata dalle ss dove, una volta ripresi i sensi, cominciò a cercare qualcosa di caldo da mettersi addosso. In un armadio vicino al letto, sotto un pigiama a righe, trovò l'album. Aprendolo, vide subito la fotografia del suo rabbino di Bilke, Naftali Zvi Weiss. Sconvolta, riconobbe tanti volti conosciuti della sua città natale, e i suoi familiari, arrivati insieme a lei a Birkenau un anno prima e ormai tutti morti. L'album rinvenuto da Lili aveva una copertina rigida rivestita di lino marrone chiaro, rinforzata da quattro angoli di metallo, misurava 33 centimetri di lunghezza e 25 di larghezza ed era composto da cinquantasei pagine. Il formato delle foto era 8,2 x 11,1 centimetri. Le immagini mostrano la procedura adottata all'arrivo dei trasporti, dall'inizio fino al terribile epilogo. Inoltre, sul retro dell'album, si trovava un'altra raccolta di sessantatre foto, attaccate su dieci fogli di carta. Quelle foto non si riferiscono ai trasporti dai territori ungheresi, bensì documentano la visita di Heinrich Himmler ad Auschwitz e raffigurano diversi cantieri edili del lager, oltre ad alcuni campi satellite. Lili distribuì qualche foto ai parenti delle persone ritratte nell'album. Nella seconda di copertina, si legge una dedica in una lingua rozza e involuta: Andenken von Deinen Lieben und Unvergesslicher und Treubleibender Heinz (In ricordo del tuo caro e indimenticabile e sempre fedele Heinz) . Può darsi che l'autore dello scritto sia l'uomo che mise le foto nell'album e poi decise di farne dono a qualcuno, ma è anche possibile che le foto siano state messe in questo album dopo aver staccato quelle che c'erano prima. Ciò starebbe a significare che l'album era stato sottratto a un deportato. Ad ogni modo, analizzando il testo, si deduce che questo Heinz era una persona molto semplice e di poca cultura. Lili si affezionò moltissimo all'album. Si rendeva conto di quanto fosse unico e speciale e di come questo tesoro le fosse capitato fra le mani solo per un caso del destino e grazie alla divina provvidenza. Nel luglio del 1945, Lili tornò a Bilke alla ricerca di qualcuno della sua famiglia che fosse scampato allo sterminio. Pian piano, nella cittadina, si sparse la voce dell'esistenza dell'album; alcuni sopravvissuti chiedevano di poter guardare le foto, nelle quali riconoscevano i parenti morti e loro stessi. Lili non riusciva a dire di no a chi, avendo riconosciuto una persona cara, le chiedeva di poter prendere la foto, e ne diede via alcune. Le foto regalate da Lili non sono mai state restituite - tranne una, tornata agli archivi dello Yad Vashem nel 1999 - e probabilmente non si troveranno mai più. Nel 1946, il Museo ebraico di Stato di Praga riprodusse su lastra di vetro le duecentotre fotografie dell'album e inviò una copia di ciascuna al Museo ebraico di Budapest. Alcune delle foto furono pubblicate per la prima volta in The Tragedy of Slovak Jewry(1). A quel tempo, comunque, erano in pochi a sapere dell'esistenza dell'album e a rendersi conto della sua importanza storica. Nel 1945, Lili sposò Max Zelmanovic a Mukačevo (in ungherese, Munkács). In seguito, i coniugi decisero di emigrare negli Stati Uniti, dove arrivarono nel 1948. Il primo a intuire le implicazioni dell'unicità della raccolta fu lo storico Erich Kulka, che contribuì a renderla nota. Nel 1955, Kulka trovò nel Museo ebraico di Praga due scatole contrassegnate con la dicitura «Fotografie da Auschwitz» e contenenti duecentotre lastre di vetro in formato 13 x 18 cm. Egli stesso sopravvissuto di Auschwitz, riconobbe immediatamente il luogo in cui erano state scattate le immagini e intraprese una ricerca personale circa l'origine di quell'importante documento fotografico. Fece di tutto anche per rintracciare la proprietaria dell'album originale. Erich Kulka e il suo collega Ota Kraus furono invitati ufficialmente in Polonia nel 1956. In occasione di quella visita, donarono al Museo di Stato di Auschwitz una serie di riproduzioni delle foto dell'album, alcune delle quali sono state incluse nella mostra storica permanente allestita presso il museo, mentre altre vengono inserite regolarmente nelle pubblicazioni del museo stesso. Molte foto della raccolta furono pubblicate da Kulka e Kraus nel loro celebre libro The Death Factory (2). Alla fine dell'estate del 1957, a Praga, Kulka ebbe un incontro con un rappresentante dello Yad Vashem a cui consegnò la serie completa delle fotografie. Joseph Kermisch (direttore dell'archivio) e Otto Dov Kulka, figlio di Erich Kulka, selezionarono ottantasei foto per la versione in lingua ebraica di The Death Factory, pubblicata a Gerusalemme nel 1960. Nel numero di luglio 1958 del bollettino di informazioni dell'Istituto, con il titolo Quando gli ebrei ungheresi furono trasportati ad Auschwitz, lo Yad Vashem annunciò di aver acquisito la nuova raccolta che, da allora, viene usata regolarmente dalle scuole e dagli studenti che approfondiscono la storia del campo di sterminio. Nel 1959, alcune foto furono pubblicate nell'edizione americana dell'autobiografia di Rudolf Höß. L'evento che fece di nuovo parlare dell'album fu il processo a Eichmann, celebrato a Gerusalemme nel 1961. Per gli approfondimenti in vista del processo, i giornalisti internazionali - e in special modo gli americani - scrissero molti articoli a proposito di Auschwitz e dell'album. Un collaboratore della rivista statunitense «Parade» riuscì a rintracciare Lili e pubblicò la sua storia, insieme ad alcune foto dell'album. La raccolta di fotografie ricomparve sulla scena pubblica nel 1963, durante il processo di Francoforte a carico di una ventina di criminali di guerra nazisti che avevano prestato servizio ad Auschwitz. Il 2 febbraio 1963, Erich Kulka pubblicò sul settimanale «Die Tat» di Francoforte sul Meno un articolo intitolato Die Kamera als Kronzeuge (3). Kulka fu poi chiamato dalla pubblica accusa a testimoniare nei processi di Francoforte. Buona parte della sua deposizione fu incentrata sulle foto dell'Album Auschwitz, con un accenno anche alla storia di come Lili Jacob ne fosse entrata in possesso. L'evento più sensazionale del processo fu scoprire chi fossero gli autori delle fotografie, praticamente sconosciuti fino ad allora. Si trattava dell'Oberscharfüher Bernhard Walter e dell'Unterscharfüher Ernst Hofmann. Walter era stato responsabile dell'ufficio identificazioni di Auschwitz e Hofmann era il suo assistente. Erano i fotografi ufficiali nel campo principale di Auschwitz, dove disponevano di uno studio fotografico professionale, ed erano incaricati di scattare il ritratto di ogni prigioniero, fatta eccezione per gli ebrei e gli zingari. I due erano fra le pochissime persone del campo autorizzate a scattare fotografie nell'area di Auschwitz. Walter fu chiamato a testimoniare, ma rispose in maniera evasiva alle domande riguardanti il lavoro di documentazione che aveva realizzato sulla rampa insieme al suo collega. Quanto a Hofmann, era già sparito molti anni prima. Dietro raccomandazione di Kulka, Lili fu chiamata a deporre ai processi di Francoforte, dove si presentò il 3 dicembre 1964. Andò al banco dei testimoni con l'album in mano, ma si oppose alla richiesta del presidente di separarsene affinché il tribunale potesse acquisirlo come prova. In seguito andò a Praga, dove incontrò per la prima volta Erich Kulka, lo storico che si era adoperato per rintracciarla e far conoscere l'album in tutto il mondo. Nel 1978, l'album si trovava ancora nelle mani di Lili, ma non vi sarebbe rimasto per molto. È a questo punto che, dalla Francia, entrano in scena i coniugi Klarsfeld. Serge Klarsfeld era figlio di una famiglia ebraica sopravvissuta alla Shoah, mentre la moglie Beate era tedesca di nascita. Entrambi combattevano con coraggio contro i criminali di guerra ancora impuniti per i misfatti commessi contro il popolo ebraico ed erano conosciuti in tutto il mondo come «cacciatori di nazisti». Serge Klarsfeld senti parlare dell'album in occasione delle ricerche che conduceva sullo sterminio degli ebrei francesi e si mise in testa di recuperare tutte le foto che lo componevano. Cominciò a occuparsi direttamente della raccolta nel febbraio del 1980, durante la stesura del libro sulla deportazione degli ebrei francesi ad Auschwitz. All'epoca, Klarsfeld ricevette da Praga una grossa busta contenente alcuni documenti e settanta foto dell'Album Auschwitz provenienti dal Museo ebraico di Stato. Klarsfeld si convinse che la raccolta originale dovesse essere più ampia. In seguito, inserì queste foto in un libro commemorativo dedicato agli ebrei francesi deportati (4). Nel 1979, riuscì a ottenere da Praga la maggior parte delle lastre di vetro che erano state realizzate nel 1946. Ricevette in tutto centonovanta fotografie. Dieci erano riproduzioni contenute nell'appendice dell'album. Nel 1980, The Beate Klarsfeld Foundation - organizzazione senza scopi di lucro - stampò un'edizione limitata dell' Album Auschwitz, distribuita principalmente alle biblioteche, agli archivi e ai centri di ricerca. Pur nella modestia della pubblicazione, l'album si affermò come prezioso documento storico. I Klarsfeld raccontano che fu grazie al loro incoraggiamento se alla fine Lili accettò di donare l'album allo Yad Vashem. La stampa americana venne informata degli sviluppi e cominciò a seguire la vicenda. Il 14 agosto 1980, «The New York Times» annunciò in un articolo dal titolo sensazionale «(Holy Document») of Auschwitz Found (5) che alla fine del mese Lili avrebbe donato l'album allo Yad Vashem. Il 26 agosto, a Gerusalemme, si svolse la cerimonia ufficiale di donazione. Lili consegnò l'album con mani tremanti al direttore, Yitzhak Arad. Nel suo discorso, Lili sottolineò che lo donava all'Istituto perché potesse servire da perenne monito, consapevole che l'album appartiene anzitutto al popolo ebraico. E aggiunse: «Sono sollevata di essermi tolta questo peso dal cuore, e felice che l'album possa rimanere esposto per sempre allo Yad Vashem». Lili ricevette la medaglia dell'Istituto e fu poi invitata a un incontro con il primo ministro israeliano Menachem Begin, il quale manifestò il proprio interesse per l'album. Rientrando negli Stati Uniti, Lili tornò ad Auschwitz-Birkenau per la prima volta dopo la fine della guerra e visitò il Museo. Vi fu una nuova pubblicazione a New York nel 1981, curata da Peter Hellmann. Quel volume includeva centottantotto foto dell'album originale, oltre a cinque nuove riproduzioni tratte dalle lastre di vetro di Praga, ma neanche una dell'appendice. Le foto di questo volume, stampate in buona qualità, si presentano in un ordine diverso rispetto all'album originale. Sono riunite in gruppi, ciascuno con un titolo tematico scelto da chi compose l'album. Negli anni Ottanta e Novanta, Lili cercò di pubblicare, senza purtroppo riuscirvi, una nuova edizione dell' album per far conoscere e diffondere ulteriormente nel mondo questo eccezionale documento sulla storia di Auschwitz. Nel 1995, l'Album Auschwitz fu pubblicato per la prima volta in Germania, con centosettantanove fotografie. Lili Jacob morì il 17 dicembre 1999, all'età di settantatre anni.
Note
1 F. Steiner (a cura di), The Tragedy of Slovak Jewry, Documentation Centre of CUJCR, Bratislava 1949 [N.d.T.].
2 L'opera di Kraus e Kulka, tradotta in inglese con il titolo The Death Factory, Pergamon Press, London-Toronto 1966, era stata pubblicata prima in ceco (Továma na smrt, in varie edizioni tra il 1946 e il 1956) e poi in tedesco (Die Todesfabrik, Kongress Verlag, Berlin 1958) [N.d.T].
3 Lett. «La macchina fotografica come testimone chiave» [N.d.T].
4 S. Klarsfeld (a cura di), Le Mémorial de la déportation des Juifs de France: listes alphabétiques par convois des Juifs déportés de France, historique des convois de déportation, statistiques de la déportation des Juifs de France, CDJC, Paris 1978 [N.d.T.].
5 Lett. «Ritrovato "documento sacro" di Auschwitz» [N.d.T.].