Il viaggio come metafora attraverso la prosa

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Tiburzi.
Fu veramente morto ammazzato?
di Carla Vannetti

Nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 1896, precisamente 101 anni fa, moriva Tiburzi. Ucciso da una pattuglia di Carabinieri di Capalbio, si dice.

Ma il brigante fu veramente ammazzato?

Qualcuno è convinto del contrario. Perché glielo ha detto suo padre che, suo malgrado, fu presente al " fattaccio".

La storia comincia nel lontano 1891. Ce la racconta Angelo, il figlio appunto del "testimone oculare".

Era il giorno di Pasqua del 1891, comincia a raccontare Angelo.

I miei si preparavano per andare a Messa. Mio padre aveva allora 15 anni.

Il nostro podere era a Collelupo, nella tenuta della Marsiliana, oltre l’Albegna. C’era solo quel podere, a quei tempi, e la mia famiglia era a mezzadria del Principe Corsini, il padrone di quelle terre.

Verso le dieci capitarono al podere Tiburzi e Fioravanti.

Dissero che volevano mangiare. Che era una decina di giorni che fuggivano coi carabinieri alle calcagna.

Fioravanti si fece prestare il rasoio dal mi’ nonno e cominciò a farsi la barba. La mi’ nonna intanto preparava qualcosa da mangiare.

Fioravanti non finì di radersi che all’uscio c’erano già i Carabinieri di Magliano in Toscana.

Tiburzi corse verso il fienile e si nascose dietro dei tavoloni nascosti da un mucchio di fieno. Invano i carabinieri , coi forchetti, punzecchiavano qua e là tra il fieno. I tavoloni quella volta salvarono la vita al brigante.

Fioravanti si buttò sulle spalle, con noncuranza , un ballino di legna . Sciolse due muli e finse di portare le bestie all’abbeveratoio. Convinto che non l’avrebbero riconosciuto, si avvicinò un po’ troppo ai carabinieri .

Uno di loro, che l’aveva visto una volta a Marsiliana, si avvicinò al maresciallo e gli disse in un orecchio:

" Maresciallo, quello è Fioravanti.."

Il maresciallo ordinò subito il fuoco.

C’era il mandrione lì vicino. Un recinto di marruche dove i miei tenevano le bestie selvatiche. Fioravanti volò quella siepe senza neanche sfiorarla . Era un tipo sveglio il Fioravanti, raccontano. Anche quella volta riuscì a fuggire ma si beccò una fucilata nella coscia.

- I carabinieri non fecero nessun verbale?

Macché! Prima di andar via andarono al cancello del mandrione. Videro il sangue e uno di loro propose di andare a cercare il Fioravanti nel bosco . Ma il maresciallo ebbe paura. Ferito com’era, disse, avrebbe ammazzato tutti.

Tiburzi allora uscì dal suo nascondiglio. Prese qualcosa da mangiare, un po’ di medicine e andò dal Fioravanti.

Il giorno dopo tornò al podere, lui solo, però, e chiese del mì nonno. Il mi’ babbo allora..

- Come si chiamava vostro padre?

Raffaello. Però Tiburzi lo chiamava Fello. Raffaello gli sembrava troppo lungo.

Il mi’ babbo dunque, verso mezzogiorno, andava a dare il cambio ai bovi.

Portava i bovi freschi e riposati al lavoro sui campi e portava indietro quelli stanchi.

- Vostro padre non lavorava con l’aratro?

No, lui era addetto alla stalla. Aveva solo 15 anni allora.

Il mi’ babbo accompagnò Tiburzi dal mi’ nonno e da quel giorno, tutte le mattine, andò a portare il pranzo a Tiburzi e Fioravanti.

- Ma dove stavano i due briganti?

Stavano nella macchia. C’era un cocuzzoletto...

- Ma era vicino al vostro podere?

Si, era vicino. La macchia faceva parte del nostro podere...

Alle 5 andava a portargli la cena. Tutti i giorni quel lavoro lì e i due briganti ci stettero più di un mese e mezzo. Poi andarono via. Pagarono . E il mi’ babbo......

- Vostro padre vi disse quanto avevano pagato e come........-

No. La mi’ nonna sapeva cosa avevano mangiato. Loro pagarono la mi’ nonna. Al mi’ babbo gli dettero 10 lire.

Dopo qualche tempo al mi’ babbo gli venne il tifo. Lo portarono all’ospedale dove fu curato alla meglio e poi fu riportato a casa. Ma il ragazzo, alto circa un metro e ottantasette, aveva sempre fame e cominciò a mangiare quello che gli capitava. Così gli rivenne il tifo un’altra volta. Lo riportarono all’ospedale e, dopo un paio di mesi, il professore disse di riportarlo a casa che non c’era più niente da fare.

- Ma era tifo o qualch’altra cosa?-

Io penso che era debolezza. Dopo un po’ di giorni che il mi’ babbo era a casa passarono di lì Tiburzi e Fioravanti.

- Dov’è il nostro Fello? - Chiesero.

- Fello ormai è andato.- Disse il mi’ nonno. E la mi’ nonna si mise a piangere.

- Come, disse Tiburzi. Fello è morto e voi non ci avete fatto sapere nulla?-

- Non è morto ma è come se lo fosse.- Rispose il mi’nonno.

Parlavano piano per non farsi sentire, ma il mi’ babbo scese dal letto e si avvicinò a loro. Fioravanti fece appena in tempo a sorreggerlo prima che svenisse.

Lo riportarono a letto .

- Perché ti sei alzato?- Chiese Tiburzi.

- Pensavo che andaste via senza salutarmi....-

- E’ vero che siamo dei banditi, ma come potevamo andar via senza salutarti? Sta’ tranquillo. Ti manderò in un posto dove ti guariranno.

Tiburzi disse al mi’ nonno di mandare uno dei suoi figli maggiori dal ministro del Principe Corsini. Il giorno dopo, all’alba, una carrozza coperta trainata da una pariglia caricò Fello .

- Portalo subito a Pitigliano.- Disse Tiburzi al mi’ nonno. E gli dette un pettinino da uomo diviso a metà e uno specchietto rotondo, anche quello diviso a metà.

- Quando arrivi vai subito dallo speziale e fagli vedere queste cose. Vedrai che lui ti aiuterà.

- Ché sta male Tiburzi?- Chiese preoccupato lo speziale quando il mi’ nonno gli mostrò gli oggetti.

- No, no. Si tratta di mio figlio. - Spiegò il mi’ nonno.

Lo speziale mandò a chiamare "il professore", un uomo alto con un gran cappellone nero che doveva essere un ricercato o un confinato. Di giorno infatti non si faceva mai vedere. Venne proprio perché c’era di mezzo il Tiburzi.

Il Professore visitò il mi’ babbo e gli ordinò subito di mangiare. Tagliatelle. Un po’ di carne. Un morsettino di pane. Un po’ di vino.

Poveretto. Debole com’era, appena mangiata quella poca roba, svenne.

La mi’ nonna si spaventò a morte ma il professore si mise a ridere.

- Stia tranquilla signora.- Disse. - Suo figlio guarirà.-

E dopo 12 giorni il mi’ nonno andò a riprenderlo con la solita carrozza.

Il mi’ babbo era guarito e visse fino all’età di 89 anni. E’ morto nel 63.

Il mi’ nonno cercò di ricompensare lo speziale ma lui non volle niente.

- Io e Tiburzi siamo come due fratelli, disse. Lui aiuta me ed io aiuto lui. Se Tiburzi sapesse che vi ho preso qualcosa per quello che ho fatto, diverrebbe il mio peggior nemico.-

- Voi però mi avete detto che sapete la vera storia della morte di Tiburzi. Quello che mi avete raccontato finora è l’antefatto. Vediamo ora di entrare nel vivo della storia.

Potrei raccontarti altre strullate...... quello che ho sentito raccontare da mio padre e che anche lui aveva sentito raccontare......Anche quando dicono del guardiano ... che l’ammazzò... che l’aveva trovato a rubare l’erba. Non è che lui tirò al branco. Tirò a lui perché l’aveva denunciato a sedici anni.

E di quel marchigiano che ammazzò... Che lo trovò lì vicino a casa sua.... Non è che la moglie gridava che non l’ammazzasse. Lei gridava che quello la voleva violentare...

- Ma parliamo della morte. Raccontatemi come andò?

Era la mattina del 23 ottobre. Il mi’ babbo e due dei miei zii stavano per uscire di casa per andare a passare una mezza giornata a Marsiliana, alla dispensa. C’erano anche Tiburzi e Fioravanti che però scapparono subito perché videro i carabinieri scendere dal castello e venire verso la dispensa col sottogola......Quello era il segnale. Voleva dire che avevano avuto l’ordine di affrontarli.

Quando i carabinieri non avevano il sottogola non c’era alcun pericolo. Avrebbero fatto finta di non conoscere i briganti.

Appena videro i carabinieri col sottogola i briganti scapparono.

Dopo un po’ venne alla dispensa il guardiano del castello e disse al mi’ babbo che Domenico lo voleva. Che lo aspettava giù sotto la Marsiliana.

Tiburzi gli disse che la sera avrebbero fatto una festa, un "ritrovo" giù alle Forane. Lui e i suoi fratelli erano invitati.

- Si fa una bella stortellata, disse , e poi un po’ di musica e si balla.

Il mì babbo disse che non poteva accettare l’invito perché non poteva allontanarsi troppo da casa

- Se non ci vieni ci resto troppo di male. - disse Tiburzi. - Devi venire in tutti i modi.-

Così il mì babbo, che allora aveva vent’anni, fu costretto ad accettare. Tiburzi gli aveva salvato la vita e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per non contrariarlo.

Alle Forane c’erano tortelli dappertutto e vino e carne in abbondanza.

Fecero tutti una bella mangiata e poi ballarono .

Tiburzi bevve un po’ troppo.

Seduto in un canto presso il foco ogni poco chiamava perché portassero altro vino.

Alla fine il vino finì e Tiburzi , che quando aveva bevuto diventava cattivo, se la prese col padrone di casa e gli disse di casa di correre a comprare ancora del vino.

Partirono allora il figlio del Franci e un altro. Andarono a Capalbio . L’oste era già a letto. I due ragazzi cominciarono a chiamarlo a gran voce e quel chiasso richiamò l’attenzione del maresciallo.

Che succede?- Chiese?.

E l’oste spiegò che doveva mandare del vino alle Forane dove era in corso una festa.

Il maresciallo chiamò i carabinieri e andò con loro alle Forane. Circondò il podere .

A 50 metri dal podere c’era uno ziro mezzo rotto. Il maresciallo lo avvolse con la sua mantellina, gli mise sopra il cappello e ci attaccò una lanterna accesa. Poi rivolgendosi ai suoi compagni disse.

- State attenti. Appena Tiburzi si accorge di noi, sorte fuori e spara. Voi guardate bene da dove viene la vampata.

Di lì a poco infatti Tiburzi uscì fuori e sparò.

- Ma perché lui si affacciò?-

Perché sentì i cani che abbaiavano.. e quando vide la lanterna che illuminava il berretto del maresciallo sparò. Subito anche i carabinieri fecero fuoco e gli troncarono una gamba....

Fioravanti voleva prenderlo a spalla e portarlo via in qualche modo ma lui gli disse:

- No. Vai via. Tu sei giovane. Io ho vissuto anche troppo alla macchia. -

- Ma intanto i carabinieri non continuavano a sparare?-

No. Il Maresciallo gridò:

- Domenico, sei circondato. Arrenditi. Siamo in tanti. Ormai ti aspetta solo la galera.-

Tiburzi, trascinandosi in terra, rientrò in casa . Andò a sedersi vicino al foco e da lì parlò al maresciallo.

- Questa gente che è qui con me , disse ancora, non c’entra niente. Non volevano far festa a me. Sono venuti solo per paura. Non gli fate niente.-

- Sta tranquillo, disse il maresciallo. Possono andare via tutti. Non gli faremo niente. Basta che tu ti arrenda. -

- Mi arrendo. Ma mi piglierete morto. Non finirò a marcire in galera. -

E così dicendo si mise la pistola alla gola e sparò.

- E il vostro babbo era presente a tutte queste cose?

Si era presente. Dopo scapparono via tutti saltando dalla finestra della camera sul dietro. Presero il cavallo e tornarono a casa..

- Dall’autopsia che fecero a Tiburzi risultò che il foro era dietro alla nuca e non nel sottogola, però.

Forse la pallottola era uscita dall’altra parte.

E poi, questa è la storia che mi ha sempre raccontato il mì babbo. Lui era presente.




 

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