E' ARRIVATO IL CHE
di Mauro Righi
Sembrava una sera come le altre, invece ad una certa ora, la vedo entrare nel locale insieme a dei suoi amici. Erano passati parecchi mesi dall'ultima volta che l'avevo vista, ma ancora l'amore non si era spento. Di tempo ne era passato, avrei dovuto dimenticarla, invece vederla arrivare con quel suo passo felino mi inchiodò dietro il banco.
Orazio vedendomi in imbarazzo si offrì di servirli al mio posto. Non sarebbe stato giusto, era ora che affrontassi il problema una volta per tutte. Presi il blocchetto per le ordinazioni e mi avvicinai al tavolo dove lei e gli altri avevano preso posto. Paola mi voltava le spalle, di lei potevo vedere solo i lunghi capelli biondi ed i movimenti delicati delle mani che li spostavano continuamente da una parte all'altra.
"Che cosa vi porto?" dissi. .
"Giuliano sei tu?" Paola pronunciò la frase con un misto di imbarazzo e incredulità, nonché una piccola speranza di essersi sbagliata. .
Mi venne automatico cercare uno specchio e guardarmi. Non so se ero io. Ero dimagrito sei chili dall'ultima volta che ci eravamo visti, avevo la barba di tre giorni, gli occhi allucinati ed i capelli spettinati. .
"Si credo di essere io… quello che ne rimane per lo meno" dissi sottovoce guardando ancora verso l'immagine di una testa, due gambe, altrettante braccia e un blocchetto per le ordinazioni. .
Paola mi guardò con compassione, poi inaspettatamente si alzò di scatto per abbracciarmi. Mi sentivo morire, portava ancora lo stesso profumo di quando stava con me. Era inebriante e bellissima, gli occhi di una lucentezza nuova, la vitalità ancora più imbarazzante. .
"Voglio presentarti ai miei amici, lui è Giuliano, un mio carissimo amico, armonicista e cantante straordinario - disse presentandomi tutti quanti per nome e professione - e lui, invece é Andrea, il mio ragazzo, sapessi quanto gli ho parlato di te" aggiunse indicandomi un ominide sui trent'anni, pantaloni militari, capelli a corona, bandana sulla fronte come Joe Cocker e una somiglianza imbarazzante ad una fotocopia sbiadita di Che Guevara. L'antipatia fu immediata e reciproca. .
"Piacere di conoscerti" mi dice lui anche se in realtà stava pensando "Ma guarda 'sto rottoinculo ubriacone, che cavolo ci avrà trovato Paola in questo qui?" .
Io lo guardo e non penso a niente se non alla bandana rossa sulla fronte. La tensione si può tagliare a fette. Paola é preoccupata, io continuo a guardarlo. Proprio una gran faccia di cazzo, butterata, con un'espressione da ebete paurosa, vestito da pagliaccio in tuta mimetica, e con uno sgorbietto tatuato sulla spalla destra. Tiene persino la manica risvoltata per farlo notare. .
"Bello, cos'é un tatuaggio, fammi vedere" gli dico avvicinandomi. Guardo meglio lo sgorbietto e quasi scoppio a ridergli in faccia. E' una zampa di gallina con un'ala d'aquila attaccata. Sembra fatto in galera, volgarissimo, però si abbina benissimo al personaggio. .
"Me l'ha fatto un mio amico" dice lui con orgoglio spostando il braccio più vicino alla mia vista.
"Chissà cosa vi eravate fumati per farvi venire un'idea del genere, io non avrei mai il coraggio di farmi fare quella roba lì sul braccio" gli dico io per prenderlo in giro moderatamente e per nascondere la voglia di portarlo fuori e spaccargli la faccia. .
"Perché c'hai paura che la mamma e il papà ti sgridano se ti fai i disegnini sulle braccia?" mi risponde lui, alzando la testa e sfidandomi con lo sguardo. Non sa cosa rischia, sono molto più alto e incazzato di lui, potrei schiacciarlo con un pugno. Oppure potrei spiegargli che sono dieci anni che non rivolgo più la parola ai miei genitori, ma non so perché non faccio e non dico niente. Guardo negli occhi quest'uomo alto un metro e sessanta, vestito in tuta mimetica che sembra il fratello pirla di Che Guevara e penso che già la vita si é accanita a sufficienza contro di lui. Ma no, non vale la pena di litigare, e poi c'é Paola che ora é veramente preoccupata. Sento la sua paura di veder partire un pugno a tutta velocità sul muso di qualcuno. .
"Giuliano ti prego, lascia perdere, portaci delle birre" mi dice a bassa voce. .
Ma si lascio perdere, uno con la bandana in testa e quel tatuaggio lì ha già perso in partenza, lasciamogli la sua faccia da Che Guevara attaccata al collo e andiamo a preparare le birre. Lasciamogli pensare che sono un perdente, diamogli la possibilità di tirarsela a mille pensando di avermi battuto con uno sguardo. Lasciamo che si senta vittorioso. Chissenefrega.
"Allora é proprio lei la Paola di cui mi hai parlato tanto" mi fa l'Orazio.
Annuisco.
"E quell'altro é il ragazzo per cui ti ha lasciato?" .
Riannuisco. .
"Secondo me, gli dovevi rompere il culo."
Forse avrei dovuto, ma ormai é andata così, preparo le birre e già che ci sono ne preparo una anche per me, anzi, già che ci sono in quella dell'Andrea ci sputo dentro. Mi concentro e tiro su dal profondo una bellissima scatarrata che si mimetizzata perfettamente, per colore e densità, con la schiuma della birra. Forse é appena un pò più giallina, ma non può accorgersene. Anzi per non confondermi nemmeno io, la metto sulla destra e la servo per prima. .
"Ecco a voi" dico sorridente appoggiando le birre sul tavolo. "Prima gli amici" aggiungo mettendo la birra con la sputazza davanti al mio rivale in amore. Lui rimane stupito, anzi prima di iniziare a bere, alza il bicchiere verso di me e accenna un brindisi. .
"Bevi, bevi pirlone" penso io mentre Paola mi sorride contenta. Ritiro i soldi, do il resto e torno al mio posto. Passano solo pochi minuti poi Paola viene verso di me. .
"Ti posso parlare?" mi dice. .
Faccio un cenno all'Orazio e mi allontano. .
"Come ti sembra Andrea?" mi chiede con disarmanti occhi innamorati. .
"Devo essere sincero? - i suoi occhi mi implorano di esserlo - A me mi sembra, un povero pirla... scusami se te lo dico… hai voluto tu che fossi sincero." .
"Effettivamente... forse non é il ragazzo che fa per me, ma non é neanche come dici tu, vorrei che lo conoscessi meglio." .
"Non ci tengo affatto grazie." .
"Ho avuto paura prima, credevo che vi sareste menati." .
"Figurati, per così poco." .
"Non sono venuta qui casualmente, sapevo che ti avrei trovato, mi avevano detto che non te la passavi bene e volevo vedere se era vero." .
"Ebbene?" chiesi io fra lo stupito e il curioso. .
"Direi proprio di si , guarda come sei ridotto, sei l'ombra di te stesso, magro, pallido, la barba lunga, tutto spettinato... sei sicuro di sentirti bene?" .
"C'è stato un periodo in cui mi sentivo meglio." .
"Comunque volevo solo dirti una cosa, parto… la mia banca mi trasfersce nella filiale di Catania, non ci vedremo più, e non vedrò più neanche Andrea se ti può consolare… questo lui non lo sa ancora, ho deciso così, quindi se può giovare un pò al tuo orgoglio sappi che non ha vinto nessuno, avete perso tutti e due. Vi ho amati entrambi per motivi diversi e per motivi diversi ho deciso di lasciarvi, volevo che fossi tu il primo a saperlo, perché dei due sei quello che ho amato di più."
Non credevo alle mie orecchie, eppure ero sicuro di aver capito bene. Le donne sono completamente pazze. Prima ti lasciano, poi ti dicono che ti amano, poi si mettono con un altro, poi te ne fanno di tutti i colori e ti trattano come uno scemo, poi tornano ma solo per dirti che adesso se ne vanno e non le vedrai mai più. E poi perché se io ero stato quello che aveva amato di più sono stato scaricato per primo? E perché adesso me lo viene a dire? Vuole darmi il contentino prima di andarsene per sempre? O forse si é accorta di aver commesso un errore? E che cazzo ce la mandano a fare a Catania? .
Non so perché ma quella fu l'unica domanda che sono riuscito a farle in quel momento. .
"L'ho chiesto io, ho bisogno di ricominciare da capo in un posto dove non conosco nessuno" mi disse lei.
"Cazzo Paola, ho sofferto come un cane per colpa tua… eppure se hai voglia di ricominciare possiamo farlo."
"Ormai é tardi ed io non sono più sicura di niente, ho solo bisogno di andarmene" disse lei con gli occhi lucidi."
"C'é qualcosa che non so, non ti sarai cacciata in qualche guaio?" gli dico immaginandola impelagata con qualche organizzazione paramilitare di estrema sinistra."
"Ma no, cosa vai a pensare, me ne vado e basta, non voglio più stare a Milano, sono stufa di tutto, adesso scusami, Andrea mi sta aspettando."
Da allora non l'ho vista mai più, ricevo ogni tanto delle cartoline da Catania firmate da lei. Andrea invece viene spesso nel mio locale ed ogni volta gli scatarro nella birra.