Firenze, settembre anno primo


INTERVENTO DI TOMMASO CUOMO


Esiste una domanda insoddisfatta di partecipazione popolare che ha per oggetto temi e principi che appartengono, a tutti gli effetti, alla tradizione umanistica; non essere in grado di soddisfare questa domanda significa perdere ogni possibilità di costruire una forza socialmente rilevante, capace di costituire un'alternativa reale al vuoto collettivo oggi esistente in tutta Europa.
Che esista una domanda forte di partecipazione popolare non soddisfatta, e che questa abbia per oggetto temi e ideali propri della tradizione umanistica, oltre ai casi evidenti di emarginazione, le nuove povertà, le tossicodipendenze, i suicidi, eccetera, è di fatto evidente se pensiamo all'interesse che gli argomenti della tolleranza, della non-violenza, del pacifismo, della giustizia sociale, oltre che del più generale rispetto dell'ambiente naturale e della vita, suscitano in una parte sempre più vasta dell'opinione pubblica. Ma la domanda di partecipazione va ben oltre questi temi; essa si configura sempre più come una domanda "apparentemente" generica, che chiede di poter vivere in una società che sia costruita a misura d'uomo, priva di conflitti laceranti, priva di violenza, priva di emarginati sociali e culturali, ottimista e creativa.
Una tale domanda, a ben vedere, è generica solo in superficie: essa rappresenta una forma significativa di rifiuto della configurazione sociale esistente, dei suoi valori dominanti, dei suoi interessi, del suo orientamento economico acquisitivo.
Ecco dunque che in tutte le regioni ad economia maggiormente sviluppata dell'Europa si è venuto a creare una sorta di esercito invisibile di emarginati esistenziali, individui di ogni età, uomini e donne, giovani ed anziani in "fuga permanente".
E' in questo contesto, e nella mancata risposta che è stata data dalle forze politiche organizzate, sempre più istituzionalizzate, che si è venuto a creare un pauroso vuoto di partecipazione: un vuoto che richiede una soluzione che, se vuole essere efficace e credibile, deve porsi al di fuori del piano istituzionalizzato, non deve cioè configurarsi come una soluzione di partito ma, piuttosto, come una soluzione di movimento. Una soluzione, inoltre, che deve far leva su quei principi fondamentali dell'umanesimo che vegetano a livello teorico, astratto, senza riuscire a concretizzarsi, a calarsi sul piano sociale, a scendere nella realtà quotidiana e nelle pratiche di vita.
Il grande compito che ci attende è dunque quello di farci promotori, iniziatori, architetti di un progetto del genere. Un movimento collettivo, che non abbia bisogno di tessere per esistere, che non compaia sulla scena sociale come una meteora (per poi scomparire), ma un movimento con grandi ideali, che giustifichi le proprie azioni nel sociale sulla base delle idee-forza che propone.
E' in questo senso che si innesta, insieme all'idea di recuperare l'importante tradizione filosofico-culturale dell'umanesimo, quella di organizzare un movimento popolare. Un movimento e non un partito, si badi bene, perchè i grandi temi dell'umanesimo sono sì fondamentali e coinvolgenti, ma possono essere tenuti agevolmente separati dal discorso partitico-istituzionale propriamente detto, cioè dal problema specifico costituito dal governo dello Stato, dalle cariche e dagli incarichi strettamente politici, per concentrare tutta la loro forza innovativa e trasformatrice nella società, vale a dire nel complesso di quei rapporti esistenti fra gli individui che è lasciato libero di auto-organizzarsi secondo un tipo di regola che, al momento, è quella della divisione, della concorrenza, dell'avidità, dell'egoismo e dell'indifferenza verso il prossimo.
Possiamo immaginare un movimento a struttura fortemente decentrata, strutturato in unità locali autonome ed auto-organizzate secondo le necessità, le esigenze e le possibilità delle singole realtà territoriali. Possiamo immaginare che ciascuna unità locale sia organizzata in gruppi di lavoro, ciascuno dei quali orientato verso specifiche attività di tipo sociale e culturale.
Possiamo immaginare, per esempio, l'esistenza di tanti gruppi-base che comprendano tutti i simpatizzanti, coloro che vogliono partecipare alle iniziative promosse dal movimento o, meglio, dai gruppi di lavoro più specifici; tra essi possiamo immaginare la costituzione e lo sviluppo di gruppi culturali, gruppi artistici, gruppi-pensiero, gruppi-azione, gruppi-ambiente, gruppi di comunicazione, gruppi di cooperazione e gruppi-vita; ciascun gruppo eleggerebbe o sorteggerebbe propri rappresentanti i quali confluirebbero, con i rappresentanti di altri gruppi del medesimo territorio, in un gruppo di coordinamento su base locale, dal quale altri rappresentanti potrebbero unirsi ai rappresentanti di gruppi simili in territori vicini per costituire gruppi di coordinamento su base territoriale più ampia, col compito specifico di garantire la coerenza delle molteplici attività del movimento sulla base dei valori umansitici da esso proposti.
Il lavoro più importante del movimento si esplicherebbe però a livello locale, e si svolgerebbe per iniziativa diretta dei vari gruppi di lavoro.
I gruppi-cultura perseguirebbero l'obiettivo di organizzare e promuovere, ciascuno nell'area territoriale in cui opera, manifestazioni di tipo culturale quali rassegne cinematografiche, mostre di pittura, concerti, viaggi, convegni, ricerche, eccetera.
I gruppi-arte perseguirebbero obiettivi analoghi ai gruppi-cultura, ma con una differenza sostanziale: essi sarebbero interessati in primo luogo a promuovere al loro interno la creatività in campo artistico-culturale, sarebbero cioè gruppi di attori (animatori, cineasti, fotografi, pittori, scultori, musicisti, eccetera), e non di "spettatori"; esplicherebbero di preferenza la loro attività, infatti, nell'organizzare circoli e comunità di produzione artistica, con l'obiettivo di produrre e scambiare esperienze fra i partecipanti.
I gruppi-ambiente perseguirebbero il fine di equilibrare il rapporto fra uomo e natura, organizzando iniziative pubbliche sull'ambiente, collaborando con le altre associazioni ambientaliste su singole questioni, formulando proposte, petizioni, promuovendo attività di salvaguardia diretta, servizi di volontari per la difesa dell'ecosistema, visite guidate in parchi e riserve naturali, eccetera.
I gruppi-pensiero si interesserebbero a questioni di carattere letterario, filosofico, politico, economico, giuridico, storico, attraverso l'elaborazione di scritti, la preparazione e l'organizzazione di dibattiti, seminari, convegni, studi e ricerche.
I gruppi-azione, invece, opererebbero su di un terreno più concreto e legato soprattutto alle esigenze locali, combattendo le inefficienze, i disservizi, esponendo i problemi più urgenti da risolvere; raccogliendo firme, promuovendo petizioni, inviando lettere, eccetera; sarebbero i gruppi più "combattivi" dell'intero movimento.
I gruppi di cooperazione agirebbero sul terreno concreto delle realtà economiche locali, promuovendo lo sviluppo di attività produttive autonome, fornendo consigli e assistenza legale e gestionale alle nuove iniziative, elaborando studi e proposte.
I gruppi di comunicazione, ancora, dovrebbero pubblicizzare tutte le attività promosse dagli altri gruppi organizzati del movimento, attraverso la creazione di riviste, giornali locali, opuscoli, volantini, emittenti radiofoniche e televisive autonome, informando la stampa e gli altri mezzi di comunicazione di massa esistenti.
I gruppi-vita, infine, sarebbero in un certo senso i gruppi più importanti del movimento; loro compito specifico sarebbe infatti quello di intervenire nella vita quotidiana del territorio in cui operano per umanizzarne l'esistenza, lavorando con riferimento particolare (anche se non esclusivo) al tempo libero, e cioè organizzando feste, attività di vario genere, circoli, comunità e centri di incontro, gruppi turistici, iniziative ricreative e di svago, competizioni sportive, incontri d'amicizia, concerti, cene di gruppo, fiere, assistenza e conforto agli emarginati ed alle persone sole, in stretta collaborazione con gli altri gruppi organizzati nel territorio.
Un movimento che si qualifichi come umanistico deve essere aperto a tutti coloro che desiderano contribuire attivamente col proprio impegno personale alla realizzazione delle molteplici iniziative da esso promosse, a patto che questi condividano i suoi valori (non-violenza, tolleranza, equità, cooperazione, partecipazione, eccetera), senza altre distinzioni e discriminazioni. Tuttavia, poichè nelle società moderne gli individui maggiormente disponibili ad attività di questo tipo, per varie ragioni, sono i giovani, le donne e gli anziani, possiamo immaginare che in ogni unità locale, per ogni tematica fondamentale nella quale è impegnato il movimento, si organizzino almeno quattro diversi gruppi di lavoro tra loro cooperanti, un gruppo-giovani, un gruppo-donne, un gruppo-anziani e, naturalmente, un gruppo misto, cioè senza distinzioni di tipo generazionale o sessuale.
L'impegno degli intellettuali, in questo senso, sarebbe quello di proporre e realizzare un simile movimento, favorendone nascita e sviluppo, senza tuttavia avanzare pretese di leadership che sarebbero solo controproducenti per la sua crescita. Il movimento umanistico, come lo abbiamo delineato, perchè possa generare effetti sociali e culturali sensibili, dovrebbe inoltre svolgere la propria azione autonomamente da qualsiasi formazione politica, sindacale, associativa o ricreativa già esistente nel territorio; è questo un principio fondamentale che riteniamo debba essere presupposto dell'esistenza stessa del movimento, e che può essere utilmente espresso come principio di non strumentalizzazione dell'attività e dei risultati conseguiti dal movimento stesso a fini di consenso elettorale, di potere locale, di interessi particolari.
L'autonomia, intesa come non subordinazione e non strumentalizzazione, fa sì che il movimento stesso non possa identificarsi come un organismo "di partito". Un grande movimento umanistico, costituito da una miriade di gruppi di lavoro informali che si rivolgono a tutti gli individui per promuovere le proprie attività culturali ed artistiche, per umanizzare l'esistenza di ciascuno nella società, deve essere inteso come un fatto propositivo nuovo, come il tentativo di introdurre nella realtà propria della nostra società alcuni elementi fondamentali della tradizione umanistica, per cercare di realizzare un progetto incompiuto: l'idea di una società dal volto umano, che rispetti la libertà e l'identità di ciascun individuo, ma che nello stesso tempo ne promuova lo sviluppo sulla base dei principi universalmente condivisi della solidarietà umana, della fratellanza, della tolleranza, dell'equità, della cooperazione, della non-violenza e, soprattutto, sulla base dei principi fondamentali della creatività, dell'amicizia e dell'amore.



Università di Firenze, settembre anno primo:
INTERVENTO DI CARL SHAPIRO


    Le origini
    Storia della Civilta' Umanistica
    La Settima Via