Quello che segue è un elenco parziale di libri e testi che ritengo di segnalare alla lettura e che
mi propongo di integrare via via con altri titoli, evidenziando per ciascuno i concetti secondo me piu' rilevanti. Altri riferimenti sono presenti nelle schede bibliografiche in questo stesso sito.
Ludwig von Mises, SOCIALISMO (ed. Rusconi, Milano 1989)
1.
La lezione storica piu' grande del nostro tempo, secondo Norberto Bobbio (L'umanesimo socialista da Marx a Mondolfo), e' che vi possono essere solo due forme di sistema politico: o democrazia o dittatura, una terza via non esiste. Scrive l'Autore: "puo' darsi che vi sia una terza via fra capitalismo e socialismo. Una terza via fra democrazia e dittatura sinora nessuno l'ha scoperta. Chi cerca il socialismo per vie non democratiche, avra' perduto i vantaggi della democrazia senza ottenere quelli del socialismo. O piu' sinteticamente: volete il socialismo senza democrazia ? Avrete perduto la democrazia e non avrete trovato il socialismo" (pag.17).
Luciano Pellicani, nel saggio Mondolfo e la rivoluzione russa (pagg.19-25 dello stesso libro, cit.), dimostra come il marxismo generi fisiologicamente il potere totale e come il comunismo, sopprimendo il mercato, cancelli ogni forma di pluralismo; scrive Pellicani: "il problema del passaggio dal pluralismo liberal-democratico al pluralismo socialista puo' essere risolto solo a condizione di socializzare i mezzi di produzione senza abolire il mercato" (socialismo autogestionario indicato da Proudhon, Merlino, Bernstein, Rosselli, pag.24).
Nel libro Quale socialismo? Norberto Bobbio rileva come il contributo piu' importante dato alla teoria politica dal socialismo (riformista e rivoluzionario) sia una teoria del partito (pag.8): partito come organizzazione di massa (socialismo riformista) e partito-avanguardia (socialismo rivoluzionario). Anche per Marx (pag.IX) il problema non era come si governa, bensi' chi governa (borghesia o proletariato): chi governa e come sono i due problemi fondamentali della teoria politica (pag.38).
Sul concetto di politica in rapporto all'economia, si vedano le analisi di Bobbio a pagg.10-11 del libro.
Per Marx ed Engels il problema del buon governo si risolveva con l'eliminazione dello stato e
la fine della politica (pag.38); Marx ha una concezione strumentale dello stato, originale perche' realistica e nello stesso tempo
rivoluzionaria (i realisti erano di solito dei conservatori, pag.39).
Contrariamente ad autori come Hobbes ed Hegel, Marx considera lo stato non come il superamento dello stato di natura, bensi' come la sua perpetuazione (pag.40).
Per quanto riguarda il problema dell'estinzione dello stato, questo e' connesso al problema dell'estinzione del sistema degli stati, ed e' comunque inattuale rispetto alla contraddizione fra evoluzione socialista ed involuzione democratica all'interno del singolo stato (pag.16).
Un luogo comune del marxismo: la quantita' a lungo andare diventa qualita'? ma la qualita' puo' essere scadente!
(pag.84); leggere solo Marx o alcuni scrittori autorizzati, secondo Bobbio, e' un modo per liberarsi dalla fatica di pensare (pag.28),
ma gli intellettuali sono responsabili delle teorie che propongono (pagg.90-91).
Gran parte dell'analisi nel libro viene dedicata al concetto di democrazia, proprio perche' il rapporto fra socialismo e democrazia e' fondamentale: si vedano a tale proposito gli argomenti filosofici sulla democrazia in questo stesso sito.
Il rapporto democrazia-socialismo viene inteso come rapporto mezzo-fine: il socialismo deve essere raggiunto solo attraverso la democrazia (pag.104). Ma si potrebbe anche sostenere il contrario, "e cioe' che il socialismo e' il mezzo e la democrazia e' il fine, come chi dicesse che la democrazia reale o integrale puo' essere realizzata soltanto attraverso una riforma socialista della societa'" (pag.104). Tuttavia, il significato prevalente di democrazia nel binomio democrazia-socialismo e' quello di democrazia come metodo, come via (pag.104); sono quindi fondamentali, da questo punto di vista, gli aspetti formali della democrazia, l'importanza della democrazia formale rispetto alla democrazia sostanziale (pag.97).
Non c'e' fine totalmente indifferente al mezzo, non c'e' mezzo che non incida sul fine
(pag.106); scrive Bobbio: "quando si contrappone la via democratica verso il socialismo alla via non democratica, cio' che cambia e' soltanto il giudizio sul mezzo o anche la visione del fine?" (pag.106).
Il significato di socialismo non e' univoco: "il socialismo e' come la felicita': tutti lo vogliono perche' ognuno lo puo'
foggiare secondo i propri desideri" (pag.105).
Il massimo punto d'arrivo della socialdemocrazia e' stato finora il welfare state (pag.18).
2.
Bertrand Russell (Storia della Filosofia Occidentale, cit.) evidenzia come la teoria del valore lavoro di Marx fosse stata anticipata da Ricardo e da Thomas Hodgskin; il termine "socialista" nacque nel 1827, riferito ai seguaci di Owen (pag.1037).
Il materialismo ha molti significati: quello di Marx considera prioritaria la relazione economica fra uomo e materia (modo di produzione, pag.1041). Ma la ricchezza, osserva Russell, e' solo una forma del potere e le cause sociali non sono solo economiche (es. la guerra, pag.1044); inoltre, le cause sociali non hanno alcuna influenza sui problemi tecnici (pag.1042); infine, una filosofia "scientifica" deve tener conto del posto dell'uomo nell'universo e non limitarsi ai problemi del suo tempo (pag.1045). La fiducia nell'inevitabilita' del progresso permise a Marx di evitare considerazioni etiche (Pag.1046).
Marx adatto' al socialismo, e prima di lui Sant'Agostino al cristianesimo, lo schema ebraico della storia come appello agli oppressi (pag.483).
Karl Korsch in Dialettica e scienza nel marxismo osserva come Hegel volesse costringere tutte le scienze specifiche in una sola scienza filosofica globale (la scienza assoluta dello spirito, scienza filosofica totale ed universale, comprensiva di tutte le scienze particolari, pag.19). Per far questo, Hegel partiva non dall'esperienza ma da un concetto presupposto; il procedimento dialettico di Hegel separa in linea teorica la totalita' del mondo (esperienze) in coppie di concetti opposti dalla cui negazione giungere poi alla totalita' che stavolta e' pero' totalita' concettuale.
Le negazioni, secondo l'Autore, non si riferiscono agli oggetti ma al modo in cui parliamo di essi:
- negazione di un'asserzione (lo stesso contenuto espresso in forma negativa);
- opposizione contraddittoria (a e non-a);
- opposizione contraria (a e b).
La dialettica di Hegel e', secondo l'Autore, un pensiero rivoluzionario anche formalmente perche' implica (pag.167):
- il distacco dal dato immediato (nuovo inizio, rottura radicale con l'esistente);
- il principio dell'opposizione e della negazione;
- il principio del mutamento continuo, dello sviluppo e del salto qualitativo.
L'economia politica, secondo la concezione marxista, non e' pero' soltanto un sistema teorico di tesi ma un pezzo della realta' storica (la teoria economica diventa teoria storica e sociologica).
La teoria di Marx non e' scienza positiva ma "critica materialistica": dal punto di vista dell'oggetto e' investigazione empirica (precisa come una scienza naturale), dal punto di vista del soggetto e' pratica rivoluzionaria.
L'Autore paragona "Il Capitale" di Marx all'"Origine della Specie" di Darwin: quest'ultimo ha scoperto la legge evolutiva della natura, l'altro ha svelato la legge dello sviluppo della storia umana (materialismo storico come legge di sviluppo storico universale e legge particolare di movimento del modo di produzione capitalistico), e ne rimarca la validita' scientifica, compatibile a suo dire con i principi della scienza sperimentale. Ma e' proprio la storia che ha mostrato la falsita' delle sue "argomentazioni scientifiche".
Evidenzia, comunque, la validita' limitata del marxismo, che si occupa di soli fenomeno sociali in un lasso di tempo che e' comunque limitato ma nel cui sviluppo puo' entrare come forza influente e pratica (pag.183); ne' si occupa di tutti gli aspetti economici e sociali, ma solo di quelli che comportano fratture, errori, squilibri nella struttura sociale: non e' il funzionamento normale della societa' borghese che interessa il marxismo, ma la sua crisi (che peraltro, secondo il marxismo, e' una condizione normale di tale sistema sociale, pag.184).
Il "marxismo socialdemocratico", secondo l'Autore, e' invece un fatto storico paragonabile alla trasformazione del cristianesimo originario (rivoluzionario e antistatale) nel cristianesimo medievale (religione ufficiale di Stato, pag.139).
Ernst Bloch, in Dialettica e speranza, evidenzia come l'uomo sia nato prematuro, tanto come bambino quanto come specie. La storia finora trascorsa e' preistoria perche' non e' stata costruita in modo consapevole, e' ancora "natura" nel senso hegeliano di essere-esterno-a-se-stesso (pag.164); la speranza e' allora liberta' anticipata verso l'essere-per-se'.
La filosofia della storia scopre il futuro nel passato, e secondo l'Autore e' Marx che la trasforma in filosofia della trasformazione del mondo (pag.171), il socialismo e' il movimento positivo per realizzare in modo consapevole un'esistenza umanizzata che finora era vicina come desiderio ma lontana come presenza (utopia).
In Differenziazioni nel concetto di progresso Bloch distingue:
- il tempo storico, caratterizzato da finalita' ed irreversibilita', piu' denso e meno esteso, unico non conchiuso in cui il futuro conta molto di piu' (il futuro primeggia sul passato, la speranza sul ricordo, l'essere come divenire sull'essere come cio' che e' stato);
- il tempo-natura, meno denso ma piu' esteso, applicato al passato, sostanzialmente chiuso perche' la storia naturale, in quanto precede la storia dell'uomo, non deve contenere nulla di nuovo;
- infine, il tempo della fisica, che come il tempo-natura e' applicato al passato, vincolato al gia'-avvenuto (physis).
Il progresso implica i concetti di senso, scopo, meta, possibilita' reale. La storia umana ha un senso, un tempo evolutivo ancora agli inizi che porta alla realizzazione del regno della liberta'; le civilta' passate, presenti e future convergono in un
humanum ancora non manifesto ma gia' prevedibile. La societa' socialista e' insieme soggetto liberato ed oggetto non-estraniato.
Il Faust di Goethe e' un indagatore insoddisfatto, il motivo faustiano e' la ricerca di soluzioni e qualcosa che sempre manca (pag.65):
- l'uomo come domanda, il mondo come risposta (pag.84);
- il mondo come domanda, l'uomo (pervenuto a se') come risposta.
3.
Ludwig von Mises (Socialismo) osserva come le idee socialiste abbiano dominato il XX secolo, e come il moderno liberalismo sia in realta' socialismo moderato (pag.45); entrambi, liberalismo e socialismo, hanno lo scopo comune di perseguire l'interesse pubblico, ma solo il socialismo vuole abolire l'anarchia della produzione come mezzo per raggiungere quello scopo (pagg.77-78)
La protezione dei diritti acquisiti (anche di proprieta') e' alla base del diritto (pag.65); la prima funzione della democrazia e' di stabilire la pace (pag.94), democrazia e liberalismo sono strettamente connesse (una e' il contenitore, l'altra il contenuto, pag.99; si veda anche l'analisi dell'Autore sul concetto di proprieta' negli argomenti filosofici di analisi economica in questo sito).
Il principio del contratto, osserva l'Autore, non ha avuto ovunque la stessa forza: forte per le questioni riguardanti la proprieta', e' debole in politica estera (pag.91); la monogamia e' rafforzata dall'approccio contrattuale, al contrario la poligamia esiste dove domina la violenza (pag.119 e seguenti). L'Occidente e l'Oriente, sottolinea von Mises, sono divisi sulla condizione della donna (pag.129).
L'economia socialista non puo' funzionare perche' in essa e' impossibile il calcolo economico, che necessita di prezzi determinati da scambi e quindi dal libero mercato; tutte le utopie socialiste descrivono situazioni statiche (pag.192; si vedano le analisi dell'Autore negli argomenti filosofici di analisi economica in questo sito). Ma nel mondo reale non esiste uno "stato stazionario": accadono mutamenti nella natura esterna (dipendenti o meno dalle azioni umane), nella popolazione, nelle tecniche di produzione e dell'economia (capitali, domanda, organizzazione del lavoro, pag.230); il cambiamento puo' arrivare anche da cio' che e' vecchio, se sono mutate le condizioni: "il vecchio rappresenta un'innovazione nelle sue conseguenze" (pag.238).
Il socialismo non puo' essere una teoria della produzione, ma solo della distribuzione (pag.180 e seguenti): eguale, secondo i servizi resi, secondo i bisogni, secondo il merito, o con combinazioni diverse di ciascun principio. Una societa' socialista necessita di regolare in modo coercitivo la crescita demografica (pag.232), i problemi delle razze e delle nazionalita' sono ostacoli allo sviluppo sia del libero scambio che di una comunita' socialista (pag.260).
Il lavoro e' penoso, anche in un'economia socialista (pag.201 e seguenti), la divisione del lavoro non si puo' ridurre (pag.341 e seguenti); l'economia socialista puo' risparmiare le spese della pubblicita' ma ha bisogno di un apparato distributivo piu' costoso (pagg.215-216), ed inoltre si fonda sul ruolo (ed il potere) preponderante dei funzionari (pag.221 e seguenti). La funzione economica dell'imprenditore non si puo' eliminare (pag.248); il decentramento e' compatibile solo col sindacalismo (pag.265), mentre il problema del capitale all'estero e' irrisolvibile per una societa' socialista (pag.269 e seguenti).
L'Autore esamina forme particolari di socialismo (pagg.273-292): statalista, municipale, militarista, teocratico, corporativo; sono sistemi "pseudosocialisti" il solidarismo (pag.297), i movimenti di riforma del diritto di proprieta' e di partecipazione agli utili delle imprese (pagg.301-302), il sindacalismo (pag.305). La volonta' collettiva del collettivismo si basa sulle fonti piu' diverse: politiche, nazionali, religiose (classe, nazione, popolo eletto, ecc., pag.89).
Il comunismo predicato dai Padri della Chiesa e' sempre solo un comunismo di consumo (pag.469), il cristianesimo e' stato utilizzato talvolta a favore, talvolta contro il socialismo, ma ha fini ultraterreni e non di riforma sociale (pagg.461-463).
Tutte le idee socialiste si fondano sul risentimento (pag.482) e comportano elementi di distruttivismo (demagogia, fatalismo, pag.503 e seguenti). La concezione materialistica della storia e' una metafisica di salvezza terrena, e non e' una scienza (pag.317 e seguenti); la dialettica marxista e' "feticismo delle parole" (pag.104): parole-feticcio sono quelle di rivoluzione, classe, dittatura del proletariato, ecc.
La societa' e' un mezzo per permettere agli individui di perseguire i propri fini (pag.333); la divisione del lavoro e' nata con l'abolizione della schiavitu' (pag.372), non vi e' omogeneita' nel lavoro, ne' interessi comuni. Gli stessi concetti di lavoro, capitale, classe, sono concetti astratti (pag.378), la coesione fra gruppi e' determinata non da interessi comuni ma da obiettivi politici (coscienza di classe, nazionalismo, pag.382); la distinzione fra ricchi e poveri e' molto piu' utile di quella fra lavoratori ed imprenditori (pag.392).
Il concetto di liberta' e' sociologico, non esiste in natura e non e' riconducibile alla sola liberta' politica (pag.225 e seguenti); un'azione e' buona o cattiva a seconda delle conseguenze che produce, e' un mezzo per cui e' decisiva la valutazione del fine (pag.441). La politica e' una professione al pari di altre: "i politici dilettanti non servono a niente" (pag.98).
4.
Francesco Saverio Merlino (Maria Rosaria Manieri, La fondazione etica del socialismo) anticipo' di decenni la critica al marxismo, la cui teoria oscillava fra l'utopia (teoria critica) e la metafisica (teoria scientifica predittiva, pagg.14 e 16).
Le regole sociali sono relative e non assolute, non sono teoremi matematici e l'applicazione di una di esse viene modificata e limitata dall'azione di altre; la ragione politica e' pertanto autonoma da leggi predittive (previsione morfologica della storia, pag.15) e le scelte di campo sono possibili solo in base a giudizi di valore fondati moralmente, in cui la responsabilita' e il desiderio degli individui sono fondamentali.
Solo le motivazioni etiche possono indurre all'azione, la domanda da porsi non e' se ma come attuare il socialismo: il metodo e' quello positivista, che richiede esperienza e procede con intendimenti pratici, cautamente, caso per caso (pag.14).
5.
Secondo Hans Jonas (Il principio responsabilita'), la teoria prescrittiva marxista (realizzare una societa' senza classi) presuppone l'ideale baconiano: sapere e' potere, quindi aumento del potere sulla natura (pagg.183 e seguenti). Non sono condivisibili i giudizi dell'Autore sulla inadeguatezza della democrazia rispetto a talune forme di tirannide (pagg.188 e 192); piu' interessanti sono invece i concetti di profitto collettivo (di una parte del mondo a spese di altre, pag.194) e di lotta di classe fra nazioni (pagg.189-190, 227-228).
Chi ha fame, secondo il materialismo si trova in uno stato pre-morale (pag.199); il terrorismo internazionale si configura come una nuova forma di guerra, priva di responsabilita' nazionali (pag.231). L'impulso a massimizzare, osserva ancora Jonas, accomuna pero' sia il comunismo che il capitalismo, con effetti disastrosi in entrambi i casi (pagg.195 e seguenti).
L'utopia marxista del tempo liberato dal lavoro viene discussa ed immaginata dall'Autore a pag.251 e seguenti (passatempo come professione principale, pagg.262 e seguenti); Jonas giunge a concludere che la separazione di necessita' e liberta' sopprime quest'ultima (pagg.265 e seguenti), mentre l' "uomo autentico" ha come sua prerogativa l'ambiguita' e la problematicita', non e' di la' da venire ma e' sempre esistito (pag.278).
L'umanizzazione della natura non e' altro che la sua sottomissione allo sfruttamento dell'uomo (pagg.269 e seguenti); ma la natura completamente asservita, osserva Jonas, e' "disumana" (pagg.271-272). Occorre abbandonare l'idea marxista di una preistoria: "ogni presente dell'umanita' costituisce un fine in se stesso" (pag.281); al principio-speranza di Bloch, Jonas contrappone il principio-responsabilita': "sentirsi responsabili in anticipo per l'ignoto" (pag.285; rispetto, pag.286).
Si vedano altre tesi dell'Autore negli argomenti filosofici sull'ambiente in questo sito.
6.
Il marxismo, secondo Joseph A. Schumpeter (Capitalismo, socialismo, democrazia) fa propria una interpretazione economica della storia (pag.10 e seguenti), in cui trovano collocazione la teoria ricardiana del valore, la teoria dello sfruttamento da cui consegue quella del plusvalore, la teoria della concentrazione e quella della miseria crescente, dove "un unico schema spiega tutto" (pag.44). Il socialismo scientifico, diversamente da quello utopistico, vuole dimostrare che il socialismo non e’ desiderabile ma e’ inevitabile e indipendente dalla volonta’ umana (pag.53); la rivoluzione marxista accade “nella pienezza dei tempi” (pag.55).
Schumpeter osserva che le teorie del valore lavoro e del plusvalore non hanno nulla di scientificamente socialista, e possono portare a conclusioni diverse: l’esistenza di plusvalore e’ ad esempio la precondizione stessa delle civilta’ umane.
Si puo’ essere quindi socialisti senza essere marxisti, mentre non e’ sufficiente essere marxisti per essere socialisti (pag.55, nota). Anche la desiderabilita’ del socialismo e’ separata e indipendente dalla teoria dell’autodistruzione del capitalismo (pag.59): l’interpretazione del marxismo in termini di religione (predicare nella forma dell’analisi) e’ a pagg.5-7 del libro.
Secondo Schumpeter, i termini socialismo, comunismo e collettivismo sono sinonimi (pag.162); il socialismo implica una definizione economica, mentre e’ culturalmente indeterminato (pag.164): il socialismo richiede che il controllo sia della produzione che dei mezzi di produzione sia devoluto ad un’autorita’ centrale; l’economia appartiene alla sfera pubblica e non piu’ a quella privata (pag.161).
Mentre poi la societa’ mercantile si caratterizza per il suo automatismo distributivo, la distribuzione in una societa’ socialista e’ un atto politico che dal punto di vista economico e’ del tutto arbitrario (pag.168); tuttavia, osserva Schumpeter, alcune incertezze decisionali nel dirigere un’impresa verrebbero meno, relative alla reazione dei concorrenti (che sarebbe concertata) ed al quadro economico generale (pag.180). Il socialismo, poi, eliminerebbe l’ozio ed i “ricchi improduttivi” (pag.185).
Da un punto di vista logico, quindi, il modello socialista appare costruito su di un livello piu’ alto di razionalita’, derivante oltre che dalla eliminazione di incertezze e della classe oziosa, anche dalla maggiore coordinazione tra settori (con la conseguente eliminazione dei cicli economici), dalla eliminazione della lotta fra pubblico e privato (con l’eliminazione della tassazione e della disoccupazione), dalla evidenza dei valori economici dei processi, depurati dai profitti (pag.204 e 189 e seguenti). Nella pratica, tuttavia, l’organizzazione socialista si verrebbe a configurare come un gigantesco apparato burocratico che limita o addirittura soffoca l’iniziativa, generando umiliazione, impotenza, disciplina autoritaria (pagg.198-199, 206-207 e 287).
Il processo economico, osserva Schumpeter, tende a socializzarsi, attraverso la meccanizzazione, la pianificazione, la spersonalizzazione (pag.211); al termine di questa "socializzazione preparatoria" basterebbe un semplice emendamento costituzionale: e’ la socializzazione in stato di maturita’ che l’Autore distingue dall’adozione prematura dei principi socialisti o socializzazione in stato d’immaturita’ (pagg.212, 215 e seguenti).
Si vedano anche altri argomenti dell’Autore sul capitalismo e sulla democrazia in questo sito.
7.
L'identità riformista, secondo Michele Salvati (Il partito democratico), viene prima dei programmi e della propaganda elettorale (pag.10). La costruzione di un partito riformista, in Italia, rappresenta uno scenario di rottura, piuttosto che di gradualismo (pagg.11-13).
Destra e sinistra, in democrazia, "sono avversari politici ma non nemici mortali" (pag.17); la storia è "storia comune", talvolta caratterizzata da legami bipartisan sebbene non consociativi (pagg.18 e 48).
Il riformismo radicale nella sinistra italiana ha prodotto "separati in casa" (pagg.23-24), pur essendovi in realtà un legame di continuità tra riformismo moderato e riformismo radicale, che si manifesta anche nella difficoltà a collocare varie personalità; tuttavia, le maggiori diversità si riscontrano in politica economica e in politica internazionale (pagg.28-29). Inoltre, chi aveva ragione storicamente è stato distrutto, e chi aveva torto è oggi l'erede di quei valori (pagg.18 e 91).
Ambizioni personali, risentimenti, fiducia o sfiducia reciproca troppo spesso fanno giocare la politica "dal lato del cameriere" (pag.51).
La politica è un intreccio di temi che riguardano sia il contenitore (architettura politica) che il contenuto (messaggi, programmi, politiche, pag.65).
Sono elementi tipici delle identità di centrodestra, secondo Salvati, il liberalismo, il populismo ed il conservatorismo, quest'ultimo nella sua triplice componente: religiosa (Dio, famiglia), nazionalistica (Patria), opportunistico-corporativa (difesa dello status quo e di interessi privilegiati, pag.66).
Sono elementi tipici del centrosinistra ancora il liberalismo, elementi solidaristico-egualitari e corporativo-opportunistici e, nel nostro Paese, anche il riformismo cattolico (pag.76); l'idea del "partito democratico" è la logica conseguenza nel presente dell'anormalità passata del nostro Paese, caratterizzata dal riformismo cattolico e dalla presenza della Chiesa di Roma (pagg.15, 45 e 113), e comprende quattro tradizioni culturali: "socialdemocratica, cattolico-popolare, liberale di sinistra, ambientalista", unite da una doppia lealtà, della corrente verso il partito e del partito verso la coalizione (pagg.92-93, "contaminazione ideologica", pag.95).
Di queste quattro tradizioni culturali della sinistra italiana, osserva Salvati, tre non sono riconducibili al socialismo: in una fase stroica in profonda mutazione, sono cambiate le basi sociali, le domande politiche, le stesse definizioni di amico e di nemico; il che implica una "sinistra plurale" (pagg.96-97).
In una competizione bipolare occorre saper attrarre sia l'elettore mediano, moderato o centrista, che quello esterno al proprio schieramento (pag.69).
Il messaggio di libertà è ingannevole, una cosa è infatti il messaggio, altra cosa il programma e l'attività di governo (pag.78); l'attenzione agli utenti ed ai consumatori, ad esempio, spesso confligge con quella ai dipendenti ed ai produttori (pag.82). Il meglio "astratto" va distinto dal meglio "possibile" (pag.80). L'entusiasmo per le occasioni può oscurare l'analisi delle difficoltà (pag.117).
I riformisti si distinguono per la loro capacità di declinare i valori "in modo compatibile con la situazione e attraente per gli elettori" (pag.118).
Sono temi di natura economico-sociale la sicurezza, la criminalità, la giustizia, il federalismo, l'immigrazione (pag.83).
Esistono, osserva Salvati, sia un rinnovamento che un conservatorismo opportunistici (pag.116), ed un conservatorismo del sindacato (pag.131).
Le problematiche su come riformare il riformatore si traducono in riforme costituzionali da un lato ed auto-riforma della politica dall'altro (dove peraltro accordo e fiducia reciproca sono beni scarsi, pag.130).
I comunisti italiani introdussero la distinzione fra riformisti (socialdemocratici, riformismo debole) e riformatori (riformismo forte o "buono", pag.101).
Salvati osserva come vi sia stata una transizione della sinistra nel tempo, dal secolo liberal-democratico (rivoluzione francese, whig, pagg.95 e 104), caratterizzato dal dibattito sui diritti formali/legali ed i cui nemici erano l'aristocrazia, la chiesa e la proprietà fondiaria, a quello socialista caratterizzato per l'attenzione ai "diritti sociali" (pagg.106-107) ed alla contrapposizione socialdemocrazia versus comunismo. L'odierno dibattito sulla "terza via" (lib-lab) riguarda il compromesso fra principi liberalie principi socialisti (pag.110) ed è conseguenza:
a) della bancarotta del comunismo (dimensione ideologica);
b) dei cambiamenti intervenuti nel capitalismo, per il quale non è più applicabile la "strategia Keynes-Beveridge" (pag.111; dimensione "mondo" e globalizzazione, pag.115).
La sinistra era liberale e repubblicana nel suo primo secolo di vita, socialista nel secondo, una miscela liberal-socialista nel terzo (pag.118); l'obiettivo è sempre lo stesso: creare una società giusta (Rawls) o decente (Margalit). In Italia questo progetto è all'origine dell'associazione "Libertà Eguale" (pagg.127-128).