ANTEPRIMA AL RISORGIMENTO

LA DICHIARAZIONE FRANCESE DEI DIRITTI DELL'UOMO

E L'ITALIA DEI PRIVILEGI FEUDALI

PREMESSA

Prima di passare alla dichiarazione francese, alba di un nuovo rapporto fra cittadino e stato, ovverossia fra servo della gleba e monarca, citiamo la situazione precedente del diritto "umanitario" per sommi capi. La più antica carta che regola i rapporti fra il sovrano e una parte dei sudditi risale al 1215 e si chiama Magna Charta, stilata in Inghilterra quando fra il sovrano e le baronie locali era in atto uno scontro, anche ideologico oltre che di potere, su metodi, usi e consuetudini di applicare questo. On June 15, 1215, in a field at Runnymede, King John affixed his seal to Magna Carta. Confronted by 40 rebellious barons, he consented to their demands in order to avert civil war. Just 10 weeks later, Pope Innocent III nullified the agreement, and England plunged into internal war. Non era andato molto bene questo primo tentativo di mediazione politica, che oltre a regolare rapporti di potere finiva per regolare anche rapporti economici con evidenti ricadute anche sul popolo basso. Si occupava di molte questioni pratiche e delle vertenze specifiche rilevanti il sistema feudale in cui vivevano. Gli interessi della gente comune, del popolino, erano appena evidenti (per non dire marginali, occasionali tanto che ancora alla fine del XV secolo si parla in Inghilterra di rivoluzione contro l'assolutismo della monarchia) nelle menti degli uomini dell'epoca, ma ci sono due principi espressi che sono arrivati fino ai giorni nostri:  "Nessun uomo libero sarà preso, imprigionato, esiliato, o in qualsiasi modo abbruttito, né si procederà contro di lui se non per giudizio legale dei suoi pari e della legge del paese".  "A nessuno sarà negato o ritardare il diritto alla giustizia.". Anni dopo (1297) verrà ripresa. Vale il caso citare, dopo secoli bui, la grande innovazione dei comuni italiani, replicata anche fuori dai confini geografici, risalente all'incirca allo stesso periodo. Con la rinascita delle città, dopo le grandi invasioni barbariche, e la ripresa delle attività artigianali e commerciali, i nuovi ceti urbani si riunirono per liberarsi dai vincoli feudali e dall'autorità imperiale. Sarà lo sviluppo della prima borghesia, delle corporazioni di arti e mestieri, dei grandi banchieri (fiorentini) etc... La stessa elezione di un Vescovo, non più per mano del Signore, da legittimazione sia spirituale che politica. Questo esperimento andrà comunque a chiudersi nel giro di 3 secoli. La seconda influenza della "Carta" si ha al momento della rivoluzione delle 13 colonie nordamericane soggette all'Inghilterra. Il sentimento popolare si estrinsecava nello stesso principio costituzionale inglese: "No Taxation without Representation" , dopo che sui loro commerci erano state applicate tutte le tasse possibili e immaginabili. I coloni americani rivendicarono prima maggiore autonomia decisionale dalla Corona poi di fronte ai dinieghi passarono a vie di fatto ( gli inglesi avevano anche affermato  che nel Parlamento inglese i diritti dei coloni potevano essere sufficientemente tutelati e rappresentati). Andò come sappiamo e alcuni dei principi della Magna carta vennero comunque tenuti e incorporati nella Costituzione del 1787 e nel Bill of Rights successivo: il quinto emendamento dice infatti "nessuno può ... essere privato della vita, della libertà o della proprietà, senza un giusto processo."  Veniamo quindi per chiudere a quella francese, di seguito riportata, che discende in parte da quella americana. Il principio della Dichiarazione è stato adottato dai rivoluzionari anche prima del 14 luglio 1789. A seguito di lunghi dibattiti e numerosi progetti, la versione definitiva fu approvata dai deputati il 26 agosto 1789. Ha un preambolo e 17 articoli che riguardano sia l’individuo che la Nazione. Definisce diritti "naturali ed imprescrittibili" come la libertà, la proprietà, la sicurezza, la resistenza all’oppressione . Riconosce anche l’uguaglianza tra gli uomini, specie davanti alla legge e alla giustizia. Afferma infine il principio della separazione tra i poteri politici (stato) e religione (il Re non è Dio o suo diretto discendente). Ratificata il 5 ottobre da Luigi XVI sotto pressione dell’Assemblea e del popolo, servì da preambolo alla prima Costituzione della Rivoluzione Francese, sancita nel 1791, stesso anno dell'emanazione dei "Bill of rights" americani (esiste un altro atto con questo nome emanato in Inghilterra in un periodo burrascoso (1689) all'indomani di una crisi monarchica). George Washington

La Costituzione americana fu redatta nell’estate del 1787 a Filadelfia. È la più antica costituzione nazionale scritta che sia attualmente in uso; definisce i principali organi di governo e le relative giurisdizioni, nonché i diritti basilari dei cittadini. I primi 10 emendamenti della Costituzione (chiamati anche "Carta dei Diritti" o "Bill of rights") entrarono in vigore il 15 dicembre 1791, per limitare i poteri del governo federale statunitense e proteggere i diritti di tutti i cittadini, i residenti e i visitatori sul territorio americano. La Carta dei Diritti protegge la libertà di parola e di religione, il diritto di possedere e portare armi, la libertà di riunione e la libertà di petizione. Proibisce inoltre immotivate perquisizioni e confische di beni, punizioni crudeli e inconsuete, e l’autoincriminazione forzata. Tra le protezioni legali che essa conferisce, la Carta dei Diritti proibisce al Congresso di promulgare leggi relative all’istituzione della religione e proibisce al governo federale di privare qualsiasi persona della propria vita, della libertà o della proprietà senza un regolare processo.

 

Déclaration des Droits de l'Homme en Société

Extrait des procès verbaux de l'Assemblée nationale, des 20, 21, 23, 24 et 26 août & premier Octobre 1789 acceptée par le roi le 5 octobre

 Les Représentants du Peuple François, constitués en Assemblée Nationale, considérant que l’ignorance, l’oubli ou le mépris des droits de l’Homme sont les seules causes des malheurs publics et de la corruption des Gouvernements, ont résolu d’exposer, dans une Déclaration solemnelle, les droits naturels, inaliénables et sacrés de l’Homme, afin que cette Déclaration, constamment présente à tous les Membres du corps social, leur rappelle sans cesse leurs droits et leurs devoirs ; afin que les actes du pouvoir législatif, et ceux du pouvoir exécutif pouvant à chaque instant être comparés avec le but de toute institution politique, en soient plus respectés ; afin que les réclamations des Citoyens, fondées désormais sur des principes simples et incontestables, tournent toujours au maintien de la Constitution, et au bonheur de tous.
En conséquence, l’Assemblée Nationale reconnoît et déclare, en présence et sous les auspices de l’Être Suprême, les droits suivants de l’Homme et du Citoyen.

Article premier  (I) - Les hommes naissent et demeurent libres et égaux en droits. Les distinctions sociales ne peuvent être fondées que sur l’utilité commune.
II. - Le but de toute association politique est la conservation des droits naturels et imprescriptibles de l’Homme. Ces droits sont la liberté, la propriété, la sûreté et la résistance à l’oppression.
III. - Le principe de toute Souveraineté réside essentiellement dans la Nation. Nul corps, nul individu ne peut exercer d’autorité qui n’en émane expressément.
IV. - La liberté consiste à pouvoir faire tout ce qui ne nuit pas à autrui : ainsi l’exercice des droits naturels de chaque homme n’a de bornes que celles qui assurent aux autres Membres de la Société, la jouissance de ces mêmes droits. Ces bornes ne peuvent être déterminées que par la Loi.
V. - La Loi n’a le droit de défendre que les actions nuisibles à la Société. Tout ce qui n’est pas défendu par la Loi ne peut être empêché, et nul ne peut être contraint à faire ce qu’elle n’ordonne pas.
VI. - La Loi est l’expression de la volonté générale. Tous les Citoyens ont droit de concourir personnellement, ou par leurs Représentants, à sa formation. Elle doit être la même pour tous, soit qu’elle protège, soit qu’elle punisse. Tous les Citoyens étant égaux à ses yeux, sont également admissibles à toutes dignités, places et emplois publics, selon leur capacité, et sans autre distinction que celle de leurs vertus et de leurs talents.
VII. - Nul homme ne peut être accusé, arrêté ni détenu que dans les cas déterminés par la Loi, et selon les formes qu’elle a prescrites. Ceux qui sollicitent, expédient, exécutent ou font exécuter des ordres arbitraires, doivent être punis ; mais tout Citoyen appelé ou saisi en vertu de la Loi, doit obéir à l’instant : il se rend coupable par la résistance.
VIII. - La Loi ne doit établir que des peines strictement et évidemment nécessaires, et nul ne peut être puni qu’en vertu d’une Loi établie et promulguée antérieurement au délit, et légalement appliquée.
IX. - Tout homme étant présumé innocent jusqu’à ce qu’il ait été déclaré coupable, s’il est jugé indispensable de l’arrêter, toute rigueur qui ne seroit pas nécessaire pour s’assurer de sa personne, doit être sévèrement réprimée par la Loi.
X. - Nul ne doit être inquiété pour ses opinions, même religieuses, pourvu que leur manifestation ne trouble pas l’ordre public établi par la Loi.
XI. - La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l’Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l’abus de cette liberté, dans les cas déterminés par la Loi.
XII. - La garantie des droits de l’Homme et du Citoyen nécessite une force publique : cette force est donc instituée pour l’avantage de tous, et non pour l’utilité particulière de ceux auxquels elle est confiée.
XIII. - Pour l’entretien de la force publique, et pour les dépenses d’administration, une contribution commune est indispensable. Elle doit être également répartie entre tous les Citoyens, en raison de leurs facultés.
XIV. - Tous les Citoyens ont le droit de constater, par eux-mêmes ou par leurs Représentants, la nécessité de la contribution publique, de la consentir librement, d’en suivre l’emploi et d’en déterminer la quotité, l’assiète, le recouvrement et la durée.
XV. - La Société a le droit de demander compte à tout Agent public de son administration.
XVI.- Toute Société dans laquelle la garantie des Droits n’est pas assurée, ni la séparation des Pouvoirs déterminée, n’a point de Constitution.
XVII. - Les propriétés étant un droit inviolable et sacré, nul ne peut en être privé, si ce n’est lorsque la nécessité publique, légalement constatée, l’exige évidemment, et sous la condition d’une juste et préalable indemnité.

Extrait du Procès -Verbal de l’Assemblée Nationale, du Jeudi premier Octobre 1789. L’Assemblée a arrêté que M. le Président se retirera devers le Roi, à l’effet de présenter à son acceptation la Déclaration des Droits.
Collationné conforme à l’original.
Signé, MOUNIER, Président ; le Vicomte de Mirabeau, Démeunier, Bureaux de Pusy, l’Év. de Nancy, Faydel, l’Abbé d’Eymar, Secrétaires.

tipi di sinistra*Maggiorascato: Solo i maschi, cioè coloro che portavano e che sempre avrebbero portato il cognome del padre, avevano il ruolo e la posizione di eredi del patrimonio e delle ricchezze di famiglia che non andavano frazionate (esiste ancora in Alto Adige l'istituto del Maso chiuso" che evita che piccole proprietà si riducano ulteriormente  uscendo dalla convenienza). L’esclusione dei collaterali è tale che in caso di morte del primogenito, l’eredità passa direttamente ai figli maschi di questo. Gli esclusi, o meglio le escluse, dall’eredità principale venivano però lautamente ricompensati e liquidati con rendite e con vitalizi che permettevano loro di continuare a vivere in maniera dignitosa e soddisfacente, se non di fare altrettanti convenienti matrimoni se non ecclesiastici.

 

L'ITALIA DEI PRIVILEGI FEUDALI

Citare il Risorgimento e la sua opera “moralizzatrice” e innovativa risulta difficile se non si tiene presente che tentativi di svecchiamento delle istituzioni, d’organizzazione delle nuove realtà nazionali, erano già stati fatti con l’illuminismo nel ‘700 (vedi in altro capitolo i casi Toscana e Regno Napoletano). La rivoluzione industriale e la scoperta continua di fonti d’energia e di sistemi meccanici che contribuivano ad alleviare la fatica del lavoro aveva creato nuove classi sociali che si identificavano con l’operaio (specializzato) un gradino sotto l’artigiano, il professionista borghese e l’impiegato: tutte classi che tenderanno a salire nella scala sociale trascinando, oltre all'industria, agricoltura, allevamento e pesca se e quando le condizioni politiche lo permetteranno. Inizia da questo secolo (XIX) anche il boom demografico e la scoperta della frontiera americana nonché del colonialismo come nuova area di sbocco commerciale. Ma la struttura del potere continuava in larga parte ad essere quella feudale almeno in alcuni ambiti territoriali o per consuetudini ed usi. La tassazione per le necessità dello stato era delle più fantasiose e nel problema di sempre maggiori entrate si prendeva anche in considerazione la tassazione delle classi nobiliari ed ecclesiastiche, in quella che era la più evidente forma di accumulo perpetrata: il capitale. Come si direbbe l'ultima classe era già stata munta e rischiava l'estinzione.

Diceva Luigi Einaudi in « L'Italia e il secondo risorgimento » : - Gli antichi governi erano, prima della rivoluzione francese, assoluti solo di nome, e di fatto vincolati d'ogni parte, dai senati e dalle camere dei conti o magistrati camerali, gelosissimi del loro potere di rifiutare la registrazione degli editti che, se non registrati, non contavano nulla, dai corpi locali privilegiati, auto-eletti per cooptazione dei membri in carica, dai patti antichi di infeudazione, di dedizione e di annessione, dalle consuetudini immemorabili !!!
La manomorta
(o beni stretti alla “mano di un morto”, quindi senza possibilità di liberarsene) ecclesiastica era una di queste favorita nel tempo dalle numerose donazioni alla Chiesa che, prima ancora dell'intervento piemontese d'epoca Cavouriana (leggi Siccardi) era stata contestata anche al sud poiché sottraeva tasse alle entrate correnti dello stato. Non stiamo parlando dello stato della chiesa di per se già anomalo ma che sul suo territorio aveva il "diritto"di fare il bello e cattivo tempo, bensì delle curie fino all’ultimo numeroso pretino (1 prete ogni 140 persone). Nel Regno delle Due Sicilie, il ministro Tanucci varò tra il 1775 ed il 1780 diverse norme per eliminare i privilegi feudali (compreso il foro ecclesiastico che sottraeva gli ecclesiastici al giudizio della legge normale). Furono introdotte tassazioni sulle donazioni e successioni ecclesiastiche, pur nel rispetto della funzione della Chiesa e di quella che allora era la funzione preminente d’educazione (di famiglie ricche). Le entrate di episcopati e abbazie vacanti affluirono alla corona, conventi e monasteri superflui vennero soppressi, le decime abolite e nuove acquisizioni di proprietà da parte delle istituzioni ecclesiastiche tramite la manomorta vietate. Corollario a questa stagione prerivoluzionaria, il matrimonio venne dichiarato un contratto civile e i Gesuiti espulsi così come l'abolizione della chinea (1776), tributo che il re di Napoli doveva annualmente al papa come segno del suo vassallaggio !!!. La rivoluzione francese fece il resto per il breve periodo che idealmente funzionò.

tipi di destra in parlamentoTra la fine del ‘700 ed i primi anni dell’800, le campagne di guerra napoleoniche portarono a sconvolgimenti istituzionali di importanza epocale, spostamenti di eserciti enormi che corsero l’Europa e quindi anche l’Italia in lungo e in largo con la relativa necessità d'alloggiare tali masse umane. Che cosa si poteva fare se non utilizzare i conventi tenendo conto anche delle idee anticlericali sorte con la Rivoluzione Francese ed esportate in mezza Europa?. Napoleone restrinse di molto, con la secolarizzazione della proprietà religiosa, la superfetazione (la riproduzione inarrestabile e incontrollata di preti e terre) del clero per lo più in Piemonte e nel Regno Borbonico dove si trovavano complessivamente 1081 conventi, di cui 800 maschili e 281 femminili oltre a 619 capitoli. Consideriamo che, nel 1864, l’Italia, con poco più di 24 milioni di abitanti, era coperta da 82 ordini religiosi ed esistevano, in totale, 2382 conventi. G.C. Abba-“Noterelle di uno dei Mille”).... a quei tempi (1850/60), si avevano in Italia 269 tra Arcivescovati e Vescovati pari a poco meno della metà delle sedi vescovili del mondo cattolico, cifra che si stimava in 816 unità. La seguente tabella può chiarire meglio il numero degli ecclesiastici negli ex stati italiani. 82.000 nel Napoletano e Sicilia, 40.000 negli ex Stati Pontifici
31.900 nell’Italia Centrale, 16.500 negli ex Stati Sardi, 10.700 in Lombardia, 8.700 nel Veneto  ossia 2\3 di quanti erano presenti in Roma che, da sola, ne contava 12.000.  Tra Roma, Napoli e Palermo, ve ne erano 30.000.

I beni del clero in Italia erano stimabili a più di due miliardi di lire/oro dell’epoca.
Ma non c'era solo una manomorta ecclesiastica c'era anche una manomorta nobiliare nei confronti dei sottoposti, e non sarebbe stato difficile contrastarla se non si legasse a diritti feudali millenari. Era poi pratica corrente far ereditare solo il primogenito della casa (maggiorascato*) tanto che, per quanto dianzi detto, questi lacci e irrigidimenti impedivano di fatto uno sviluppo diverso dell'economia e l'ingresso di nuove figure, congelando capitali che spesso davano forma al Latifondo agricolo silvo-pastorale. Era tipico proprio delle terre papali il latifondo dell’agro romano, un territorio che, includendo Roma, si estendeva per circa 208.000 ettari, distesi fra il mar Tirreno e i monti Sabatini. Su un totale di circa 21.000 ettari coltivati estensivamente, e quindi considerati area di latifondo, 72 proprietari privati possedevano oltre 11.000 ettari di terra, il patrimonio ecclesiastico aveva poi una consistenza di oltre 7.000 ettari, mentre quasi 2.500 ettari erano in mano alle opere pie. Fatto il conto totale vedete voi quanto resta. Le tenute erano coltivate a grano, estensivamente, con lavoratori a giornata provenienti prevalentemente dalle montagne abruzzesi. Il loro misero salario costituiva una delle voci più importanti di spesa per l'azienda latifondistica, tenuta in genere da un fittavolo che li ingaggiava nei momenti dei grandi lavori stagionali con l'ausilio di alcune figure di incettatori di manodopera: i caporali. Per il resto dell'anno l’unica forma vivente su queste terre era il pastore, pure abruzzese, che veniva a svernare nei climi miti delle marine. Per il pascolo i pastori abruzzesi o molisani pagavano lauti fitti, direttamente ai proprietari terrieri o agli affittuari, rendendo per questa via quelle terre - prive di costruzioni, di case, di stalle, senza grandi immobilizzi fondiari - una fonte di rendita oltremodo proficua.
Sunto da treccani.it
L’unità d’Italia quindi si era venuta a sposare con differenti situazioni Nord-Sud. Il problema appariva meno grave al Nord dove la nascita di una industria moderna produceva uno sviluppo trainante in agricoltura e dava origine in Piemonte e in Lombardia a un sistema nuovo di conduzione a tipo capitalistico, il grande affitto, che sostituiva man mano la piccola proprietà signorile e la mezzadria. Nelle zone centrali di medio sviluppo agricolo (Emilia, Toscana, Marche e Umbria) il piccolo affitto e la mezzadria continuavano ad assolvere la loro funzione. Nel Mezzogiorno, invece, la crisi agraria era aggravata dall'unificazione a causa della concorrenza industriale del nord e dal liberismo mercantile che veniva praticato per tenere bassi prezzi e costi. Lo stato unitario affrontò la questione agraria meridionale soprattutto con la legge 7 luglio 1866, che disponeva l'incameramento e la restituzione al libero commercio e alla coltivazione dei beni della manomorta ecclesiastica. Si calcola che questa legge, unitamente alle parziali applicazioni delle leggi sulle quotizzazioni che l'avevano preceduta, abbia prodotto l'effetto di ripartire, su un'area coltivabile complessiva di 15 milioni di ettari, circa mezzo milione di ettari (1/30 o 3,3%) di quote variabili dagli 1 ai 3 ettari a favore di contadini nullatenenti. I contadini oberati dai debiti e incapaci di gestire questo nuovo mondo o era si vendevano il pezzo di terra per il viaggio di andata verso l'America settentrionale o meridionale. Si ricostituivano così nuovi latifondisti.
Anche a livello politico quello che poteva essere lo slogan dell’Unità della valorizzazione delle autonomie locali, ritenuta da molti esponenti della classe dirigente, primo fra tutti Cavour prematuramente morto, uno dei cardini del liberalismo, fu sacrificata all'accentramento. Chi dice per incertezza e arretratezza del tessuto sociale, ma questo lo dovevano sapere anche prima gli studiosi di cose italiane che non erano mai usciti dal loro orticello, chi invece per aperta paura dei vinti, come in effetti avvenne e si mantenne nel tempo anche dopo la risoluzione del problema brigantaggio. Cavour non ne ebbe colpa ma i suoi successori si che continuavano a svernare nell’orticello di casa facendo la spola Collegio - Roma (quando la camera era aperta) e viceversa per accudire il già notevole patrimonio di famiglia, di destra o sinistra che fossero. Gli unici a lavorare erano gli statisti (quelli delle statistiche), a corto di mezzi e di soldi perché non se ne vedeva l’utilità dei risultati. Si segnalano in effetti due ricerche: una (importante) fu quella condotta da Stefano Jacini, tra il 1877 ed il 1885, sulle condizioni dell'agricoltura. Anche l'industria fu oggetto tra il 1870 ed il 1873 di una meticolosa inchiesta che fornì al governo le prime indicazioni sulle aspirazioni protezioniste di molti comparti produttivi ma i dati delle inchieste servirono più ai singoli Parlamentari per risolvere i problemi del proprio collegio elettorale, senza uno sguardo più ampio sul resto del Paese. E' ricordato come "marziano" o biblico il viaggio di lavoro del primo ministro Zanardelli partito da Roma il 14 settembre 1902 diretto in Basilicata. Ritornò sicuramente ma non se ne conoscono deduzioni e risultati.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 


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