La vittoria mutilata - i maneggi francesi

 

- La France et l’Italie dans les Balkans 1914/18 - Le contentieux adriatique -

Frederic le Moal - 2006 Paris Harmattan Editeur

La vittoria “mutilata”, di cui si parlerà molto a fine conflitto, era nata molto tempo prima, in parte dovuta ad errori della nostra diplomazia, dei politici e dei governi dell’epoca e dal naturale odio che avevano da sempre (almeno dal 1860 perché prima eravamo sudditi ) nei nostri confronti le altre potenze europee, nella fattispecie i francesi, verso il latino o sarebbe meglio dire levantino mondo italiano (L’Italia non ha le nostre tradizioni d’onore e di lealtà…dicevano !!!  pubblicamente). Diaz nel momento in cui l’Italia chiudeva il conflitto ci teneva a specificare, a scanso di equivoci, nel "Bollettino della Vittoria" del 4/11/1918,  ".. La gigantesca battaglia ingaggiata il 24 ottobre ed alla quale prendevano parte 51 divisioni italiane, 3 britanniche, 2 francesi, 1 cecoslovacca ed 1 reggimento americano”. (e noi a nostra volta ne avevamo mandate 2 di divisioni in Francia più 100.000 operai che a loro mancavano).

Facendo un passo indietro, la nostra neutralità del 3 agosto 1914 venne accolta con notevole sollievo dai Francesi che rischiavano il tutto per tutto (sarebbero crollati in 7 giorni come 25 anni dopo, potendosi così esimere dal presidiare il fronte alpino italiano) e con malcelata apprensione nell’alleanza d'Intesa che sapeva di dover pagare prima o poi un prezzo al nostro silenzio. Usando un termine medioevale di compensazione questi (Francia, Russia e Inghilterra l'Intesa appunto) parlavano di “Signoria italiana in Adriatico” come ai tempi del mare nostrum (dopo la loro sofferta "concessione" di Trento e Trieste se e quando fossero prese).

Cecoslovacchia : Con il Corpo ceco costituito in Italia, comandato da Italiani (136 ufficiali), raggiunsero la Slovacchia anche 1031 soldati italiani dei servizi logistici e genio. Loro compito era presidiare le linee di confine che saranno poi ufficializzate nella conferenza di pace. Il 29/12/1918 i primi arrivi erano già in linea per la conquista di Kosice (Slovacchia) e l'8/1/19 per Bratislava (futura capitale della Slovacchia): la regione già di etnia non Boema era popolata da funzionari tedeschi,  ungheresi e da popolazioni magiare minoritarie oltre che da slovacchi che mal tolleravano i cechi. Gli attriti non mancarono e si aggravarono quando il 19 aprile 1919 a Budapest venne proclamata la Repubblica Rivoluzionaria. Tema di scontro anche questa volta un bacino carbonifero (Matra).  L'offensiva magiara di metà maggio aveva intanto ridimensionato le pretese ceche sui territori confinari. Il velo di truppe del corpo d'armata Italo-ceco era insufficiente per una così estesa linea di confine. I Francesi, già presenti in Rutenia da Febbraio, e di fatto insediati allo Stato Maggiore Generale riuscirono ad ottenere la sostituzione dei due italiani comandanti di divisione e lentamente di tutti gli altri comandi sottoposti. Il 4 giugno anche il Gen. Piccione lasciava, assieme ai militari italiani e il 9 rimpatriava. La nuova politica ceca (antitedesca e francofila) aveva virato su un acceso nazionalismo che faceva dei magiari la causa di tutti i mali, con conseguenti rappresaglie mal tollerate dagli italiani, e alimentato il fuoco degli Slavi del Sud che ci fronteggiavano. I maneggi della Francia avevano per ora distrutto la collaborazione Italo-ceca ma non l'amicizia che legherà i due popoli.  

Naturalmente la nostra "signoria"( nel caso in adriatico ma non in mare), se di richiesta anomala si trattava, non prevedeva l’esclusiva che l'Intesa negli stessi termini prometteva a tutti, Serbi (poi li salvammo dal finire in mare inseguiti dagli Austriaci) e Greci che non entreranno nel conflitto se non a colpo sicuro nel ’17 per far man bassa. A difendere l’Austria contro gli interessi italiani, manco a dirlo, la Russia nostra alleata che non voleva Vienna perdesse Trieste o Fiume e che per l'Italia si creassero le premesse di un controllo sullo stretto d’Otranto. Sarà per questo che Fiume non venne mai nominata neanche quando i Russi, in barba al decisionismo che li aveva fin qui distinti, si ritireranno dal conflitto post rivoluzione. Si discuterà e si discusse se era la IV guerra d’indipendenza o la prima d'una grande potenza, ma ciò non cambiava i fatti che erano oltremodo odiosi. L’indipendenza e le rivendicazioni italiane non dovevano interferire con la politica dei Grandi: cosi diranno !!.

Il 26 aprile del 1915 a Londra, in uno stato di necessità, non ci fu nessuno che non provasse odio per quello che fu definito il ricatto italiano fatto in nome del risorgimento ma non solo !!!!. Appunto di sir H.H. Asquith, primo ministro britannico, ad una amica

Il gabinetto.. .è stato impegnato nella discussione, come acquistare a basso prezzo l’immediato intervento di quella potenza voracissima, sfuggente e perfida che è l’Italia. Essa sta aprendo la sua bocca piuttosto ampiamente, soprattutto sulla costa dalmata, e noi non dobbiamo permetterle di bloccare l’accesso dei serbi al mare (si vede che adesso nel 2000 hanno cambiato idea). Ma, a parte ciò, vale la pena di acquistarla: anche se io rimarrò sempre dell’opinione che sulla grande scena essa ha interpretato una delle parti più sporche e meschine.!!! (Ndr: ai Russi poi premeva la costa adriatica per il loro protettorato sul Montenegro e sulla Serbia Ortodosse)

 

C'era di che essere felici !!.e aprire un conflitto anche per meno sugli interessi inglesi nel mediterraneo. Dieci giorni dopo, alla Grecia che non ricattava nessuno e che non entrava in guerra, il ministro degli esteri francese prometteva le stesse isole già trattate con noi. Francia Inghilterra e Russia (forse pensavano di essere l'Intesa + 1 il convitato di pietra) concordarono di prendere prima le decisioni fra di loro e poi di chiamarci a giochi fatti: e aggiungevano:

L’Italia non ha le nostre tradizioni d’onore e di lealtà (!)… la protesta dei suoi 3 alleati le farà comprendere che ormai non è più la sua dignità, ma i suoi interessi ad essere in gioco.

Il tutto mentre l’esercito Serbo faceva rotta come detto verso l’Albania, protettorato italiano, in cerca d'aiuto e salvezza. In Francia, mentre la flotta italiana imbarcava i serbi per il primo approdo di Corfù (pensavano di ande a passare l’inverno in un clima più mite), si strappavano i vestiti giurando di voler morire per i Serbi e ricomporre un regno Slavo allargato alla Croazia etc… (la futura Jugoslavia !!!; ecco scoperto un padrino, intanto però i croati ci sparavano addosso). Ai primi accenni di crisi Russa era arrivata sul tavolo di Parigi (da Vienna, dal nuovo imperatore) una proposta di pace separata per Parigi e Londra che, visto e considerati i fatti, non si odiavano poi così tanto da farsi guerra. Le tagliate fuori (non consultate da entrambe le parti) l’Italia e la Germania !!!.

Nel clima di amicizia slavo francese vennero promesse a questi basi navali davanti alle nostre coste

 

 Alla Francia si prometteva l’Alsazia tedesca in cambio della Slesia tedesca, il tutto senza sentire il parere dei tedeschi !!!. Agli italiani, prendere o lasciare, sarebbe poi rimasto il Trentino delle pretrattative e l’ortodossa Smirne (turca ma già rivendicata dai Greci) in cambio di Trieste. Se fosse stato solo per l’Italia si concludeva in fretta senza consultazione, ma essendoci di mezzo la Germania l’Austria all’ultimo momento non se la sentì di pugnalarla alle spalle (L’Italia non ha le nostre tradizioni d’onore e di lealtà…noi si ).

La Dalmazia all’Italia, come Trieste era quindi già uscita dai progetti dell’Intesa. Se il soldato italiano che combatteva sul Carso lo avesse saputo si sarebbe preso qualche pausa meritata in più. Conti ormai senza l’Oste, perché in Europa, con l’afflusso dei soldati e dei soldi americani, il quadro di riferimento politico stava cambiando. La buriana Caporetto, frutto della rivoluzione russa, passò abbassando ulteriormente le nostre quotazioni e rivendicazioni , tanto che arrivammo (Sonnino ministro degli Esteri) a riconoscere il movimento indipendentista jugoslavo (ma quanti e dove combattevano?). Non s'era visto un soldato disertare ed aderire all'Intesa come avevano fatto Romeni, Polacchi e Cechi. D'altronde il Gen. Enrico Caviglia era sobbalzato sulla sedia quando sentì V. E. Orlando pronunciare questa frase, alla riunione del Patto di Roma (10/4/18),

Albania: Il 6 luglio 1918 il Gen. Ferrero e il comando francese ritennero giunto il momento di dare una spallata al nemico schierato a nord di Berat, dal Tomor al Mare. Fanti e bersaglieri si distinsero sul monte Sinia a Dragovoi in quella che poi verrà chiamata la "Collina dei Bersaglieri". Reintegrato il corpo con la 13a, 36a divisione e reparti di cavalleria il 14 ottobre venne occupata Durazzo e il giorno dopo Tirana. La fine del conflitto invece di chiarire le cose sembrò complicarle. Gli inglesi si opposero alla costituzione di un Governo provvisorio ed acconsentirono solamente alla costituzione di un Consiglio nazionale deputato anche a partecipare alla Conferenza di pace. Un contingente misto di truppe (serbi esclusi) sotto il comando del Francese De Fortou avrebbe presidiato l'Albania. Questi il 24 ottobre del 18 nominò alla amministrazione civile di Scutari, designata capitale provvisoria, suoi fidi francofili. La levata di scudi antioccidentale che ne seguì portò alla costituzione di un governo provvisorio a Durazzo. I francesi addossarono la colpa di tutto questo caos agli italiani e per poco non ne nacque un caso internazionale. Eravamo stati messi in mezzo, fungevamo da bersaglio una volta per i nostri alleati e l'altra per gli albanesi. Alla conferenza di Pace gli albanesi, che non volevano fare concessioni territoriali, chiesero Podgorica (ora in Montenegro), il Kossovo fino a Pristina (ora quasi ex Serbo) e il Sud (Ciamuria) con popolazione mista greca. L'Italia, accusata formalmente dagli alleati di aver violato !!! il patto di Londra (patto già sconfessato dal Presidente Americano e che nessuno applicherà mai o avrà intenzione di applicare all'Italia), si ritirava dall'Anatolia e consegnava ai Greci, l'Albania meridionale.

  "... la Jugoslavia rappresenta un interesse vitale per l'Italia. Noi ci impegneremo a fare guerra all'Austria in difesa dei popoli Sloveni, Croati e Bosniaci".!!!!

Particolare insignificante, come detto, gli "amici di Orlando"ci stavano ancora sparando addosso e le nostre perdite fino a quel momento erano quisquiglie. La riscossa del Piave (da allora sembra che anche la storia italiana la ignori), come abbiamo detto all’inizio, non esisteva e sicuramente l’Italia non avrebbe (per Inglesi e Francesi) continuato la guerra contro l’"amica" Germania dopo il 4 novembre. L’esercito Italiano, per inciso, fu obbligato, alle 15 del 4 novembre 1918, a fermarsi nella zona di combattimento raggiunta, ma i francesi sono ancora convinti di aver autorizzato l’Italia ad occupare Austria e Ungheria (come dicevano loro) per evitare borseggi nei balcani (F.Moal). Ai francesi stavano infatti a cuore i soldi investiti in buoni del tesoro austriaci e ciò spiega molte cose. Quello che successe poi in Dalmazia, a Fiume, in Albania e in Cecoslovacchia (la Francia “catturò” le armate di liberazione Polacche e Ceche costituite ed operanti in Italia) non fu che la naturale conclusione di una politica che aveva portato i due paesi ad odiarsi, tanto ad arrivare in Francia alla caccia “dai all’Italiano”. L'Italia veniva esclusa dall'Est Europeo nella convinzione che Napoleone o non Napoleone l'Europa fosse cosa loro. 

- Frederic le Moal “studioso che non decide prima di entrare in un archivio ciò che scriverà cercando solo prove preconcette che avvalorino la sua tesi..” Mariano Gabriele Storia Militare agosto 2007.  

La reazione degli albanesi non si fece attendere. Nel caos che ne seguì (fine '19, inizio '20), le nostre truppe furono lasciate asserragliate a Valona senza ordini e rinforzi mentre in Italia infuriava lo scontro politico e l'impresa Fiumana. Al passo Logorà un nucleo di bersaglieri era stato completamente annientato. Il governo italiano decise allora di inviare a rinforzo della piazza la Brigata Piacenza, gli arditi e le autoblindo. Nel maggio del 1920 un comitato di liberazione Albanese inviava un ultimatum alle truppe italiane !!!.

 

A Spalato all'epoca della occupazione Francese (1809/1814) la "Dalmatienne", società francese annunciò che tutti gli operai stranieri sarebbero stati licenziati. Gli stranieri nella italianissima Spalato erano gli Italiani.

Il Principe di Galles in visita in Italia nel giugno 1918

 

Intanto in Turchia

The Italy and Anglo-French repudiation of the April 26, 1917 which settled the middle eastern interest of Italy was overridden with the Greek occupation, as İzmir was part of the agreements promised to Italy. Before the occupation the Italian delegation to Paris Peace Conference, 1919, dissatisfied about the possibility of the Greek occupation of Western Anatolia, left the conference and did not return to Paris until May 5. The absence of the Italian delegation from the Conference ends up by facilitating Lloyd George's efforts to persuade France and the United States in Greece’s favor to prevent Italian operations in Western Anatolia.

"Mi luccicavano gli occhi quando appresi ufficialmente da Salandra della neutralità dell'Italia (1-2 agosto 1914). Il mio Paese (la Francia) aveva schierato alla frontiera italiana più di 350.000 uomini. Con l'annuncio di Salandra, era evidente che l'azione italiana non poteva essere diretta contro la Francia, perché tutta l'artiglieria pesante era stata mandata verso il confine austriaco. Dopo la dichiarazione di guerra tedesca, io potevo avvisare il mio Governo che le nostre truppe, al confine italiano, potevano spostarsi sulla Marna. E da quel momento la vittoria della Marna fu sicura e lo scacco della strategia tedesca assicurato. Sia la neutralità, sia il successivo intervento italiano, ad Est, divennero uno dei grandi fattori della vittoria degli Alleati". "Figarò" di Parigi, del 24 maggio 1927 Barrere, ambasciatore francese a Roma. Se Parigi si salvò fu anche merito degli italiani. Queste considerazioni non avranno alcun peso al tavolo della pace nella spartizione dei frutti e dei pesi della vittoria. I vincitori ora erano i perdenti e quelli che ci avevano sparato addosso. 

   


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