ILLUMINISMO
- MASSONERIA
(e inquisizione) fra XVII
(1600)
e
XIX (1800)
secolo |
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«Quasi tutta la
Storia non è che una lunga sequenza d'inutili atrocità » (Voltaire,
Saggio sui costumi)
L'Enciclopedia francese nasceva sulla scia della Cyclopedia Inglese del
1728 organizzata in ordine alfabetico e con redattori per singola
materia e argomento. L'editore Breton che si era dapprima orientato
verso una traduzione dall'Inglese, ne fece un'opera nazionale avvalendosi della
collaborazione, fra gli altri, di Denis Diderot (1713-1784), Jean
Baptiste Le Rond D'Alembert (1717-1783), Montesquieu (1689-1755) ed
appunto Voltaire. |
Da
Storia d'Italia di Pietro Bianchi Fabbri Ed.
Che cos'è l'Illuminismo ? |
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Prese il nome di Illuminismo un movimento
derivato dalla filosofia dei Lumi, cioè dalla affermata capacità della
ragione umana di risolvere i problemi della civiltà senza ricorrere alla
rivelazione (divina) e alla tradizione. Sorto in Inghilterra, sulla base di
concezioni filosofiche di John Locke, di David Hume e di Thomas Hobbes,
e innestate su alcune conclusioni cartesiane, si sviluppò in Francia
dove intelletti di prim'ordine come il Voltaire, il Montesquieu e il
gruppo dell'Enciclopedia Francese ne diffusero, con chiarezza, le
dottrine che presto si affermarono in tutta Europa e prelusero alla
Rivoluzione Francese del 1789. Le tipografie olandesi invadevano la
Francia con libri e opuscoli in cui veniva prospettata la nuova scienza,
ma furono i Francesi a conferire al movimento una diffusione e
un'energia straordinarie. Nel 1734 il Voltaire (1694-1778) pubblicò le sue Lettere
scritte da Londra sugli Inglesi e altri argomenti, che ebbero subito un
enorme successo. Sebbene proibite, si diffusero rapidamente in edizioni
clandestine, suscitando ovunque ammirazione per gli Inglesi. Con grande
sagacia il Voltaire vi descrisse lo stile britannico di vita: la libertà
di opinione, il sistema dei due partiti (tory e wigh) che si alternavano
al potere, la monarchia costituzionale e l'abilità commerciale che
arricchiva il paese attraverso gli scambi. Fu così che per la gente alla
moda tutto ciò che era inglese divenne sacro. Dall'Inghilterra venivano
la moda delle acconciature, i vestiti, i clubs, i giardini; le buone
stoffe e i romanzi; perfino la brutalità inglese venne difesa come una
prova di sana energia e di naturalezza. I filosofi illuministi
disprezzavano le guerre, i duelli e in fin dei conti parteggiavano per
la borghesia che non voleva distrazioni sulla strada (dei profitti). Diderot diceva
che solo il soldo contava (come sempre e gli intellettuali lo sapevano
perché vivevano sempre alle spalle di qualcuno). E chi era allora tra i
poeti antichi quello prediletto nei salotti? Orazio, naturalmente, che
aveva abbandonato lo scudo e si era attenuto all' "auream mediocritatem" e
ai piccoli piaceri di ogni giorno (dei freakkettoni come si diceva una volta
o degli edonisti individualisti). |
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GLI ENCICLOPEDISTI E I GESUITI |
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Il primo volume esce nel 1751 ed è subito
polemica, tanto che all'uscita del secondo i Gesuiti ne bloccano ogni
ulteriore edizione. Non piacciono gli argomenti, il come li si tratta
dimenticando il divino e poi quel logo mutuato "la verità svelata dalla
ragione e dalla filosofia" che fa tanto ateismo e poca o nessuna fede.
In imprevisto soccorso arrivo un personaggio inaspettato, Madame de
Pompadour amante del Re Luigi XV.
I Gesuiti dichiarano guerra
...Il suo medico personale (di M.me Pompadour) François Quesnay (che
compare nell' elenco degli autori della stessa Encyclopédie) la ospitò
più volte in casa sua durante le riunioni con Diderot e d'Alembert,
poiché i due enciclopedisti, a causa delle loro posizioni intellettuali,
non erano ammessi a corte. .. Il re, che ama poco i nuovi filosofi e mal
sopporta le idee complicate, cede alle insistenze dell' amata e permette
la ripresa delle pubblicazioni, anche grazie all'intervento del
magistrato Chrétien-Guillaume de Lamoignon de Malesherbes, responsabile
delle Biblioteche e della Censura Reale sulle Stampe. Sarà proprio
Malesherbes ad accogliere in casa lo spaventatissimo Diderot, carico di
tutte le bozze del terzo volume già pronte per la stampa, salvandole
dalla distruzione. Il divieto sbandierato dai Gesuiti non fa che
attirare l'attenzione dei lettori, che corrono in massa a sottoscrivere
l'acquisto nonostante l'elevatissimo costo (va ricordato che gli
acquirenti erano tutti borghesi di alto livello, aristocratici e
accademici). Una vittoria incredibile della "ragione" sulla "religione",
che galvanizza Diderot ma spaventa il più mite d'Alembert, il quule
ritira presto il proprio contributo restando "umile" redattore delle
voci riguardanti la matematica e la scienza.
da Civiltà dicembre 2011
Il III volume può uscire poi il IV e così
via fino al 1759, quando le pubblicazioni vengono di nuovo bloccate.
Solo l'espulsione dei Gesuiti nel 1762 permette l'ultimazione con
fortune alterne e non senza difficoltà: tra Diderot e l'editore Le
Breton non corre buon sangue a causa di alcune censure operate senza
autorizzazione. Le Breton trascorrerà qualche notte alla prigione della
Bastiglia, accusato di aver introdotto >>>>> |
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>>>> clandestinamente alcune
copie dell' Encyclopédie a Versailles. Nel 1772 escono le ultime copie e
in capo a 10 anni sono 25.000 le copie vendute.
Ndr: Si
continuò a fare la guerra, malgrado le opinioni degli intellettuali,
delle signore dei salotti e degli snob ma mutò volto. Pennacchi, fasce e
nastri di seta sulle corazze, tende da campo civettuole superaccessoriate:
ufficiali dall'aria frivola, vivandiere e donnine vivaci di facili costumi
al seguito dei soldati di mestiere. Lady Montagu, dopo aver conosciuto
il principe Eugenio di Savoia (agli inizi del secolo, il generale più
illustre del tempo almeno per P.R.), scrisse |
Il trionfo della ragione
Gli illuministi, al seguito di un filosofo spiritualista, Gottfried
Wilhelm Leibniz (1646-1716), furono favorevoli a una lingua universale
!!!. Le lingue nazionali, come i costumi e le leggi, erano invenzioni
paralizzanti che favorivano gli equivoci e l'intolleranza. Una lingua
universale, invece, in grado di pianificare gli equivoci che
inevitabilmente scaturiscono dalle trappole del linguaggio, avrebbe
favorito l'intesa tra i popoli estendendo l'uso di una virtù fino ad
allora troppo negletta, la tolleranza. Tale parola era per gli
illuministi il rimedio di molti mali. Le guerre, il fanatismo religioso
e l'egoismo dei potenti avevano trovato un magnifico e macabro campo d'azione nell'intolleranza: i fanatici avevano bruciato libri
(e spesso
gli autori dei libri in pubblici roghi); avevano favorito
guerre insensate che non avevano lasciato che lutti e rovine; avevano
moltiplicato le ragioni di dissenso tra i popoli. Scrittori di
professione, scienziati timorosi dei vari «tabù» sociali e religiosi,
gli illuministi conferirono un potere quasi mistico alla virtù della
tolleranza. Predicarono l'indifferenza contro chi professava opinioni
diverse, il rispetto per i lavori dei dotti, la libertà per ogni tipo di
espressioni, di opinioni politiche e di valutazioni religiose e morali.
Affermarono che la donna aveva gli stessi diritti dell'uomo e
auspicarono rimedi alla disoccupazione, alle malattie e alla vecchiaia.
Al tempo delle sanguinose e distruttrici guerre di religione c'era
invero già stato qualcuno pronto ad avvertire che i dissidi interni
favorivano la disgregazione dello Stato a favore dei nemici esterni
(vedi la Francia), ma era stata una voce isolata. Il Voltaire disse
ancora che il vero « infedele» era colui che non manteneva la parola
data, e andava alla malora. Parlò con riverenza della Borsa di Londra,
nuovo tempio dell'umano consorzio, dove uomini abili e industriosi si
affannavano per il bene comune. Gli illuministi, sorti generalmente dal
ceto mercantile (il Voltaire abile uomo d'affari; generoso con gli
amici, era tuttavia pronto ad attaccare liti se vedeva contestato un suo
diritto patrimoniale), erano unanimi nell'affermare che « utilità» era
una nozione di facile intendimento, dal suono familiare. C'era un
organismo su tutti che praticava l'intolleranza, la chiesa e ben presto
anche loro che dalla verità scivolarono nella ragione e dalla ragione
all'intolleranza verso i nescienti. |
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scandalizzata che non se la
sentiva di descrivere le debolezze del grand’uomo. Voltaire non odiava gli
ufficiali, mezzo attraverso il quale i principi si facevano la guerra,
perché era più facile che gli uomini d'arme facessero dei bastardi, come diceva, che
degli orfani con chiare allusioni alle alcove. Le guerre pullulavano ad
ogni piè sospinto ma sempre più spesso assomigliavano al tiro alla fune. Voltaire,
la cui filosofia ora rifiutava tutto a cominciare dalla storia (diceva
lui, legata più al caso che alla effettiva volontà ... con una Anna Bolena brutta non ci sarebbe stato
l’anglicanesimo e così via…) arrivò alla
conclusione che il fine migliore della vita è coltivare il proprio
giardino !!!. L’altra grande arma degli illuministi era poi il
Cosmopolitismo. Viaggiare, allargare la mente, internazionalizzare le
proprie aspettative e per ultimo “ fate l’amore, non fate la guerra”. Non
citerò il ‘68 col - mettete dei fiori nei vostri cannoni- ma non
c'eravamo
lontani. La reazione successiva a questa filosofia sarà un bagno di
sangue e un Bonaparte che farà man bassa delle fantasie
dell'illuminismo. La storia è fatta di "cicli" e di ruote che girano. |
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Il «buon selvaggio», i gesuiti e la massoneria
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…I
GESUITI si resero ben presto conto di quanto stava avvenendo in campo sia
politico sia filosofico, senza tuttavia riuscire a vedere quello che di
positivo e di giusto portavano con sé le nuove idee: un discernimento,
questo, che era molto difficile in persone che pensavano con le
categorie del passato, e che forse era del tutto impossibile. Avvenne,
così, che i gesuiti si schierarono contro il liberalismo e il socialismo
in politica e contro le nuove correnti di pensiero in campo filosofico.
In particolare, i gesuiti schierarono le proprie forze in difesa del
Papa. Fu così che Pio IX nel 1849 volle che essi dessero la vita a una
rivista che, in campo filosofico, combattesse le nuove correnti di
pensiero, avverse al cristianesimo, e combattesse il
liberalismo massonico e il socialismo, in campo politico: nacque così a Napoli - La Civiltà
Cattolica-. Da Gesuiti.it |
Ndr: La polemica contro la
storia, il principio d’autorità e la tradizione favorirono, visto il
periodo, anche la nascita di
un mito caratteristico: quello del « il buon selvaggio ». Il più noto di
questi missionari esploratori è il domenicano Bartolomé de Las Casas nato a Siviglia. Nei suoi
testi sul buon selvaggio, Las Casas ci presenta una puntuale descrizione
delle qualità fisiche, morali e intellettuali degli indios, finalizzata
alla difesa dell'umanità degli abitanti del nuovo mondo, contro la tesi
della loro irrazionalità e bestialità (i riti di sangue). Celebri sono i dettagliati
resoconti che egli diede delle vessazioni e delle atrocità compiute dai
suoi colonizzatori "cristiani". Allora questi erano
ancora numerosi (si pensi che il viaggio di Cook in Australia è del
1768) tanto da far dire a più persone che gli indigeni delle foreste americane,
“ingenui” com'erano, erano più felici degli Europei corrotti dalle male
arti della civiltà. Opinione ancor oggi diffusa nonostante lo sterminio
dei nativi attuato dalle civiltà "evolute" continui. I missionari, che avevano esaltato le virtù dei convertiti
delle Americhe per proteggere i loro greggi dalla cupidigia di
schiavisti e sfruttatori favorirono così paradossalmente i nemici della
religione che si annidavano a migliaia fra gli illuministi. Erano
infatti stati
proprio i gesuiti a “salvare” per un certo periodo gli indios della
foresta purché si convertissero (Film Mission
http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/indicecinema.htm n.
52), ma la loro intromissione negli affari di stato (gli era stata proibita da Roma e
dal capitolo) li tradì. Li tradì quando la loro opera andava contro gli
interessi delle corti del Portogallo, della
Francia e della Spagna, (che malvolentieri vedevano un eccesso di azionismo a favore
degli indios, in quanto limitava le possibilità di sfruttamento di aree, fiumi, miniere etc…da parte di colonizzatori senza scrupoli morali)
arrivando per ritorsione fino alla totale soppressione dell'ordine
gesuitico e alla loro espulsione nella stessa penisola italiana. Li tradì quando
comunque spiavano e innalzavano forche per l’inquisizione (dopo aver
confessato il popolino) o arricchivano e accumulavano beni. |
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Era il 21 luglio 1773
quando sotto il papato di Clemente XIV, se non come i templari, dei Gesuiti si fece tabula rasa dopo
anni di dubbi. L’Ordine risorgerà con Pio VII, 40 anni dopo con i bracci
superstiti dell'Europa Orientale protestante !!! (Prussia) e
ortodossa !!! (Russia) dove gestivano qui e altrove scuole e istruzione,
condizionando la classe dirigente ed accumulando ricchezze tanto da
diventare un terzo o quarto stato ma ottenendo risultati inimmaginabili
altrove: Nel 1786, anno di morte di Federico di Prussia, l’80 % della
popolazione sapeva leggere e scrivere, un livello che altri grandi stati
europei avrebbero raggiunto un secolo più tardi). Da questa data vennero poi espulsi o riespulsi
per motivi diversi da Russia, Spagna, Regno di Napoli, quindi da Francia,
Portogallo e Svizzera (1847, guerra di religione del Sonderbund) e per
finire dalla Germania (è chiaro ed evidente che
alcuni di questi paesi non avevano colonie e ingerenze nella loro
conduzione).
L'INQUISIZIONE
Papa Sisto IV avrebbe voluto
ricondurre l’Inquisizione sotto di se ma il re "cattolico" Fernando
rispose dicendo: “abbiate cura di non far procedere oltre
l'iniziativa [...] e date incarico a noi di occuparci della faccenda”.
Con queste parole riuscì a convincere il Papa, dopodiché passò alla
nomina (13 ottobre 1483) del "domenicano" Tomás de Torquemada,
confessore di Re, come Grande Inquisitore di tutta la Spagna. Il
controverso Torquemada aveva l'abitudine di manifestarsi all'esterno
sempre molto austero e sobrio ma non disdegnava in privato il denaro
proveniente dalle confische, le dimore lussuose e l'esercito di cui si
circondava come un potente di Spagna per i suoi viaggi (Body Guard).
Risale anche a questi anni la liberazione di tutta la Spagna dai Mori e
la cacciata degli Ebrei. Il 31 marzo del 1492, il fatidico anno
“negativo” della Spagna, fu emanato dai
re
(cattolici**) il decreto di
espulsione degli ebrei (Decreto de la Alhambra o Edicto de
Granada) preparato da Torquemada ma spinto da nobiltà e clero contro la
ricca
borghesia emergente ebrea. La non partenza significava l'immediata
condanna a morte (applicata del resto anche a chi non era cristiano più
che convinto): Siviglia era stata liberata nel 1248 a differenza di Granada
che lo sarà solo molto dopo proprio ora nel 1492). Anche se non esplicitamente detto nell'editto, era evidente che
una conversione avrebbe evitato l'espulsione e, viste le condizioni
(tassa sulla redenzione),
molti tra i più ricchi, quelli che avevano più beni evidentemente non
trasportabili, decisero di convertirsi e pagare. Le stime sugli espulsi
ebrei vanno dai 50 ai 200 mila. Gli espulsi oltre che in Europa (Italia) si
diressero nel Nord Africa, nell'Impero Ottomano e nelle Americhe.
L'economia spagnola pagò molto cara questa scelta perché equivalse al
primo omicidio/suicidio del nascente capitalismo, fatto economico inimmaginabile da nobiltà e
clero che su questi temi ora come allora coltivavano la più assoluta
ignoranza (sostituire oggi a nobiltà la politocrazia). I beni Ebrei come l’oro delle americhe non andò in fattori
produttivi ma solo in decorazioni di chiese e altari d'oro. Qualche anno
dopo (dal 1510) il fatto dell'espulsione iniziò a creare problemi tra la corona di
Spagna e la Chiesa che si vedeva esclusa dai riscatti pagati dagli ebrei
alla corona. Mentre l'Inquisizione (civile, statale) funzionava a pieno
ritmo, le Università erano in mano alla Chiesa (domenicani e gesuiti).
Chi insegnava od usciva da questi luoghi, non vedeva però riconosciute
le sue capacità. Il processo di cattiva trasmissione del sapere
moltiplicava gli effetti della decadenza spagnola. Carlo III (da Napoli
quello del trafugamento della porcellana di Capodimonte e del nuovo marchio del Buen retiro) che cercava l’involuzione da questo andazzo,
espulse proprio
i Gesuiti !!!! per quanto detto sopra ma
non solo. Linea di
attrito le società utopistiche dei nativi dei grandi fiumi sudamericani che
dividevano le zone di influenza spagnola e portoghese.
All'abbandono dei gesuiti di quei luoghi, tutte le Missioni furono distrutte ed i
superstiti schiavizzati. Il posto dei gesuiti nell'insegnamento fu preso
da ordini religiosi "ignoranti". Ma l 'Inquisizione continuava
imperterrita a funzionare. Protagonista “involontario” della cacciata
dei Gesuiti il successore di Benedetto XIV, Papa Clemente XIII, al secolo
Carlo Rezzonico più noto come quello della foglia di fico alle nudità
delle statue (morto alla vigilia della cacciata ma già al suo esordio,
1758, col problema dell'espulsione dei Gesuiti dal Portogallo) che mise
l'Encyclopédie di D'Alembert e Diderot e l’Emile di Jean-Jacques Rousseau
(1762), all'Indice dei libri proibiti. La
cosa, come si direbbe oggi, portò solo pubblicità ai tre. La notte tra
il 2 e il 3 aprile 1767, tutte le case dei gesuiti in Spagna vennero
circondate, gli occupanti arrestati e imbarcati con i vestiti che
avevano addosso. Carlo III (fra i ministri il massone Aranda) tentò poi di sterzare appoggiando la
rivoluzione americana contro gli Inglesi, eterni nemici, ma quando si
rese conto che il seme della libertà americana avrebbe poi influenzato
anche la rivoluzione francese fece marcia indietro ma ormai era tardi (100 anni dopo gli
Usa con una guerra fecero crollare l'impero coloniale spagnolo a Cuba, Porto
Rico e Filippine). Conscio della
cattiva reputazione acquisita dalla Spagna nel mondo e del veloce decadimento
economico e sociale Carlo III ordinò che della breve avventura americana
(3 secoli) si facesse un archivio ordinato in e con cui contestare le bugie
e le maldicenze che circolavano. Venne scelto
per questo l’ex palazzo
delle contrattazioni o della borsa di Siviglia (a fianco
della Cattedrale decaduto dopo lo spostamento a Cadice degli
interessi commerciali delle americhe: Siviglia e il Guadalquivir facevano
allora da scalo per la flotta).
anche nella speranza che gli storici spagnoli tenessero traccia
dell'imperialismo nello spirito dell'Illuminismo. Attualmente l'Archivo
General de Indias di Siviglia ospita circa 9 km di scaffali, 43.000 volumi e circa
80 milioni di pagine prodotte dall'amministrazione coloniale. Dal 2010,
da parte della amministrazione di sinistra, anche se poco pubblicizzato, è stato aperto a Siviglia al Castello di
San Giorgio nell'isola di Triana il museo della tortura della
inquisizione. |
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L'inquisizione moderna, nata in
Spagna, si esibiva pubblicamente con l'autodafé, o sermo generalis in
cui veniva eseguita, coram populo, la penitenza o condanna decretata. Un
grande spettacolo popolare. Il
primo autodafé medioevale di cui si ha notizia si svolse a Parigi nel
1242, durante il regno di Luigi IX. La maggior parte di questi
cerimoniali fu però officiata nella Penisola Iberica (i roghi delle
streghe ne erano un esempio). La tradizione fu inaugurata dal grande inquisitore Tomás de
Torquemada (a sinistra nel 1481) a Siviglia
e fu mantenuta fino al XVIII secolo. L'ultimo autodafé pubblico
dell'Inquisizione spagnola del quale si ha notizia risale al 1781. Nel
campo artistico e culturale l’Inquisizione non sembra ostacolare i
grandi nomi dei secoli XVI e XVII (Pedro Calderón de la Barca (1600-1681),
il romanziere Miguel de Cervantes (1547-1616), i pittori El Greco
(1545-1614), Bartolomé Murillo (1617-1682) e Diego Velázquez (1599-1660)
che
dominano la cultura europea e danno vita al cosiddetto siglo de oro
spagnolo. Anche la vita
religiosa conosce la sua epoca aurea, attraverso le figure di
Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù
(ritratto in fondo), di San Giovanni di Dio (1495-1550), fondatore
dell’Ordine degli Ospedalieri, dei mistici Santa Teresa d’Avila
(1515-1582) e San Giovanni della Croce (1542-1591), riformatori
dell’ordine carmelitano, del Francescano San Pietro di Alcantara
(1499-1562) e del Gesuita San Francesco Borgia (1510-1572). Pertanto,
non fu un’impresa facile sopprimere l’Inquisizione. Soltanto con la
diffusione dell’illuminismo e con la laicizzazione della monarchia, con
l’invasione napoleonica si perviene alle soppressioni del 1813 e del
1834, che suscitano l’opposizione degli Spagnoli di tutti i ceti, per i
quali l’Inquisizione era il simbolo di quanto costituiva l’identità del
Paese, cioè la fedeltà incondizionata al Cattolicesimo.
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L'unione fra i regni di
Castiglia (e Leon) e Aragona si realizza a seguito del matrimonio fra
Isabella, principessa ereditaria di Castiglia, e Fernando II, principe
ereditario di Aragona, che fu celebrato in gran segreto nel 1469. I due
giovanissimi sposi ascesero al trono dei rispettivi regni nel 1474 e
1479 non senza problemi.
Colombo, grazie all'intermediazione del duca di Medinaceli (grande
di Spagna con casa a Siviglia)
raggiunse con la regina Isabella grazie all'aiuto del confessore di lei,
il francescano Juan Pérez l'accordo per il viaggio. Il secondo viaggio
del 1493 partì proprio da Cadice segnando la definitiva decadenza
commerciale di Siviglia. Qui in Cattedrale si dice sia sepolto il
suo corpo dopo un lungo peregrinare di tomba in tomba nel mausoleo
Re (cattolici**)
El título de Reyes
Católicos fue conferido a Fernando II de Aragón e Isabel I de Castilla
por el Papa valenciano Alejandro VI en la bula "Si convenit" expedida el
19 de diciembre de 1496. Dicha bula fue redactada tras un debate en el
Colegio Cardenalicio (realizado el 2 de diciembre con el consejo directo
de los tres cardenales Oliverio Caraffa de Nápoles, Francisco
Piccolomini de Siena, y Jorge de Costa de Lisboa). Una bula del Papa
Sixto IV en 1478 creó la Inquisición en Castilla para un control de la
pureza de la fe. Ya que en Aragón existía desde 1248, de este modo
la Inquisición española fue la única institución común para los dos
reinos. En 1492 se expulsó a los judíos, de gran poder económico
produciéndose una crisis económica (superata con la scoperta
dell'america). Salieron de España unos
dos tercios, convirtiéndose los demás. También se obligó a los
musulmanes a convertirse al cristianismo, pasándose a llamar moriscos, o
a abandonar España. El resultado de esta acción de limpieza religiosa
fue la creación de un país de religión cristiana y el comienzo de la identificación de patria y religión. Se instituye la Embajada
permanente de España ante la Santa Sede, que es la primera embajada
permanente del mundo: |
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Nel 1542, al
tempo della Controriforma, Paolo III, crea la Congregazione della sacra
romana e universale Inquisizione o Sant'Uffizio presieduta dal cardinale
Giampiero Carafa, poi Paolo IV. Pio IV (1559-1565) dichiara che «La
Santa Inquisizione è stata tanto utile alla Chiesa che la si potrebbe
veramente chiamare quasi un baluardo della fede».
Nel 1908, con la bolla Sapienti
Consilio di Pio X, il termine Inquisizione scompare, rimane la
Congregazione del Sant'Uffizio e l'Indice dei libri proibiti (sotto a
dx), ma «non vengono tuttavia soppressi né il Tribunale, né la
procedura del segreto». Nel 1917, sotto Benedetto XV (1914-1922), la
Congregazione del Sant'Uffizio viene affidata ad un cardinale, cessando
così di dipendere, direttamente dal pontefice.
Durante il Concilio Vaticano II
(1962-1965), la Congregazione del Sant'Uffizio assume l'attuale nome di
Congregazione per la dottrina della fede e dei costumi (1965) e sarà,
dal 1981 fino alla sua elezione, affidata a Joseph Ratzinger alias
Benedetto XVI |
L'INQUISIZIONE IN
ITALIA NEI TERRITORI DELLA CORONA SPAGNOLA |
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Regno di
Filippo II di Spagna. Papa Pio IV, nonostante l'opposizione di
parecchi cardinali, sembrava favorevole ad acconsentire al desiderio del
re "per occulta speranza (1563)... che per quel servizio dovesse
acquistar il favor del re di Spagna al papato", come commentava P.
Sarpi nella sua Istoria ...i cardinali interpellati, ma anche tutti i
vescovi dello Stato di Milano (San Carlo Borromeo
(Arona, 2 ottobre 1538 – Milano, 3 novembre 1584) cugino del Federico
Borromeo (1564/1631) cardinale di manzoniana memoria (la peste del
1628/1631)), timorosi di veder diminuita la loro
autorità nelle diocesi e soprattutto i prelati napoletani, che pensavano
"non forse fuor di proposito" che, una volta arrivata l'Inquisizione
spagnola (non quella vaticana che esisteva già) a Milano, ci sarebbe
voluto poco ad imporla anche a Napoli (era spagnola con la Sicilia e la
Sardegna). Alla fine Filippo II e il Papa
Pio IV dovettero recedere dai loro loschi propositi.
Geronimo Seripando e la Chiesa del suo tempo: nel V
centenario della nascita ... a cura di Antonio Cestaro.. La
Sicilia nel 500 era Spagna sotto il profilo politico e militare. Era
Spagna anche per quel che riguardava la inquisizione. Nella stessa
condizione della Sicilia versava pure la Sardegna. Nell'Italia
continentale, dalla Calabria al Piemonte, alla Lombardia, alle Venezie,
la situazione era varia per quanto concerneva il lato politico; il regno
di Napoli e il ducato di Milano erano infatti domini spagnoli; era
uniforme, invece, sotto il profilo della inquisizione, giacché
dappertutto esercitava giurisdizione il Sant'Uffizio di Roma"
Nell'insieme, quindi, a soggiacere alla inquisizione spagnola
(propriamente detta) erano solo le due grandi isole. Questa ripartizione
rispondeva solo in parte a ragioni politiche. La Sicilia e la Sardegna,
essendo politicamente domini della Spagna, poteva apparire
consequenziale che ne subissero anche l'ordinamento inquisitoriale. Però
anche Napoli era dominio spagnolo. E nondimeno, le fu possibile
rifiutare l'inquisizione spagnola e conservare quella romana. Pure il
Milanese riuscì ad evitare, come Napoli, l'inquisizione spagnola,
rimanendo sotto giurisdizione della congregazione cardinalizia romana.
In Sicilia, al contrario, il rifiuto non fu possibile, così come non fu
possibile in Sardegna. Le ragioni non le posso raccontare perché
richiederebbe molto tempo. Ma non fu tutta colpa dei siciliani se
l'inquisizione spagnola insediò il suo tribunale a Palermo .....
"Non poche" scrive il Callegari "furono le lagnanze mosse dalla Sicilia
per la tirannide con la quale agiva sull'isola quel feroce tribunale;
tuttavia restavano lettera morta e le disposizioni emanate dal grande
Inquisitore davano luogo a conflitti con le autorità civili; celebre fra
questi quello col Vicerè nel 1590 a causa dell'arresto del conte di
Mussomeli familiare del Santo Ufficio imputato di omicidio" per quel
fatto gli Inquisitori scomunicarono prima gli autori dell'arresto,
perche contrario al privilegio del foro, quindi lanciarono l'interdetto
sulla città di Palermo. Si rese quindi necessario l'intervento
dell'arcivescovo per far revocare la censura ecclesiastica e comporre
pacificamente la questione.
Ad ovviare a tali inconvenienti i Vicerè
emanarono in varie epoche speciali prammatiche, dette concordie, con le
quali gradatamente puntarono a diminuire l'importanza del Santo Ufficio
e ad abbassarne un poco l'alterigia. Più arrogante si fece
l'inquisizione quando al trono di Spagna salì FILIPPO II:
nell'utilizzarla a scopo politico permise confische, bandi, sentenze
feroci per ogni semplice sospetto. Non poche volte Il S. Ufficio faceva
processi di giudaismo, di eresia, rintracciava le fattucchiere, le
streghe; ogni tanto tirava fuori dall'oscurità delle carceri un certo
numero di prigionieri pallidi, curvi, emaciati dai tormenti e dal lungo
digiuno. In grandiosi catafalchi li poneva in rassegna nei suoi auto-da-fè, si leggevano al pubblico le loro accuse e le spietate
condanne, che spesso gli accusati non erano in grado nemmeno a
comprendere; poi qualche coppia di ostinati li si consacrava alla divina
vendetta, e, preceduti dalla croce verde, coperti al capo del Sambenito
dipinto a diavoli e fiamme, si mandavano al rogo. Il sospetto delle
ignote denuncie e degli occulti giudizi si insinuava nei mutui rapporti
di società e di famiglia; Il fanatismo cattolico stendeva la destra alla
politica di Spagna e si aiutavano insieme; questa prestava il secolare
suo braccio, nel frugar le coscienze spiava i fatti e i segreti che
potevano in qualche modo riferirsi allo Stato" Callegari. |
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1327 - Bolla "Super illius specula" di
papa Giovanni XXII con la quale viene conferita validità universale alle
precedenti raccomandazioni per la lotta alla stregoneria. Con questa
bolla inizia ufficialmente la caccia alle streghe da parte della Chiesa
(d'ora in poi le piazze saranno sempre più rischiarate dai roghi).
1788 - nel cortile del convento di S.
Maria delle Grazie, vengono bruciate tra il 3 giugno e il mese di agosto
tutte le carte dell'Inquisizione milanese, atti che riguardavano
processi avvenuti dal 1314 al 1764 !!. Un anno dopo (luglio) la
rivoluzione francese farà tabula rasa di ogni devianza "divina".
Il sambenito. Esclavina o escapulario que se ponía a los
penitentes reconciliados por el tribunal de la Inquisición -
L'eretico o la strega che abiurava e che si rimetteva alla fede
cristiana era costretto ad indossare il sambenito, un abito scapolare,
consistente in due pezzi di tela che ricadevano davanti e dietro e con
un apertura per la testa. Generalmente era di colore giallo con disegni
che ricordavano le fiamme eterne dell'inferno, in modo da far sì che il
graziato ricordasse, vita natural durante, la magnanimità della Chiesa e
che tenesse bene a mente ciò da cui la Chiesa lo avesse salvato. Era di
uso comune far camminare l'eretico tra la gente della città a piedi nudi
e con un copricapo a forma di cono in testa (coroca), a monito degli
astanti.
da cortescontenti.it |
http://www.cattoliciromani.com/forum/showthread.php/linquisizione_tra_storia_leggenda_giudizio_sereno-11893.html
Elogio della Inquisizione -
traduzione della voce Inquisition,
scritta da Jean-Baptiste Guiraud per il Dictionnaire apologétique de la
foi catholique, edito fra il 1911 e il 1913 |
|
Paul Johnson, in A History of
Christianity (in Storia del cristianesimo) |
http://www.treccani.it/Portale/elements/categoriesItems.jsp?pathFile=/BancaDati/Storia_della_Scienza/VOL05/STORIA_DELLA_SCIENZA_vol.5_297.xml
G. GALILEI |
|
osserva:
“Soprattutto, i gesuiti furono identificati ampiamente con l’idea che il
codice morale si potesse in qualche modo accantonare quando gli
interessi cattolici erano in pericolo. . . . I gesuiti erano un esempio
lampante di un’élite altamente istruita e fortemente motivata che
permetteva alle tensioni del conflitto religioso di confondere i loro
valori morali”.
LA CHIESA
NON CHIEDE MAI SCUSA (G. Galilei)
Erano stati loro, i gesuiti, 100 anni prima a
mettere sotto processo Galileo Galilei fino al punto da farlo abiurare.
Papa Ratzinger nel 1990 (titolare ultimo della Congregazione per la dottrina
della fede e dei costumi )
così esordiva in una sua allocuzione citando di proposito (o a
sproposito) Feyerabend: «La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne
alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche
le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana.
La sua
sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di
opportunità politica se ne può legittimare (oggi) la revisione» !!!
|
Mentre i Gesuiti uscivano di scena vi entravano i massoni. Già
presenti da secoli come “famiglia artigiana” riferita ai grandi
costruttori (muratori e scalpellini) itineranti di cattedrali poi via via società con segreti in
architettura (compasso e squadra) poi filosofici, i massoni vivacchiarono fino al
1717 quando quattro logge londinesi si riunirono e diedero vita alla
Gran Loggia d’Inghilterra sotto la guida di Gian Teofilo Desaguliers
(reverendo anglicano). Da li la massoneria si espanse nel mondo e
principalmente in Francia dove nel 1789 all’epoca della rivoluzione
esistevano già 65 logge a Parigi e quasi 500 in provincia e nelle caserme (più
l’estero). In Italia la diffusione è lenta e poco considerata o meglio
sconfessata, ostacolata e condannata dalla chiesa.
Il Prete L.A. Muratori da Modena
dice di loro “ Persone inclini a sollazzarsi in maniera diversa dal
volgo” Goldoni che ci ricamò su anche una commedia “ .. alla fine li si
scopriva intenti negli innocenti piaceri che offre una loggia massonica.
In essa si discorre delle novità del mondo, si leggono buoni libri, si
gioca, si pranza”
Un club esclusivo moderno per soli uomini ? le opinioni
discordanti continuano come quella di Alfieri, che ha una scheda
carneade a parte, che dedica persino una poesia ai
suoi superiori massoni.
http://balbruno.altervista.org/index-101.html
Ma maggior successo la massoneria l'ebbe al sud (e ne abbiamo parlato nei privilegi
feudali) quando l’avversione ad alcune soggezioni feudali papali aveva
spostato l’ago della bilancia sulla laicità dello stato: ma l’intervento
di Tanucci s’era giocato su due campi, da una parte contro il potere
ecclesiastico dall’altro contro i massoni che a Napoli erano di
osservanza tedesca (ricordiamo la rivalità per il trono di Spagna o
guerra di successione spagnola giocatasi fra i Borboni Francesi usciti
vincitori a danno degli Austriaci
** a fondo
pagina). Ma ci
voleva ben altro ormai per sradicare la massoneria. la prima loggia e la vicenda Stosch-Crudeli
http://www.freemasons-freemasonry.com/loggia_firenze.html
Meglio andò a
Firenze dove il Papa Clemente XII ebbe buon gioco dei tentennamenti del nuovo
Granduca Francesco (Stefano) I*
sotto
(1703/1765). Il tribunale della inquisizione impose al
Granduca di Toscana di processare il poeta Tommaso Crudeli accusato di
appartenere ad una loggia massonica. Il suo fu un tragico destino
alimentato dalle bugie del Cardinale Neri Maria Corsini (nipote di Clemente XII) che così etichettava i massoni
«nei caffè e nelle
botteghe pubbliche si spargevano massime contrarie alla fede e alla
purezza dei costumi, come la negazione della Trinità, l'immortalità
dell'anima e della autorità della Chiesa e che non v'è altro peccato che
la sodomia e che il male andava estendendosi a gran passi ». |
|
Era l'occasione, come dicevano, di estirpare «ogni
focolaio di anticonformismo [..e di] ripristinare la
"scolastica" e
l'aristotelismo alla università di Pisa; mettere al passo i liberi
pensatori e gli avversari dei Gesuiti; disperdere la Libera Muratoria (francmasonerie),
protetta dagli scismatici inglesi anglicani (presenti a Firenze in una nutrita
colonia) e considerata come una centrale della propaganda anticuriale;
infine, dare una lezione che servisse d'esempio agli altri Stati della
penisola» (Carlo Francovich). La
presenza inglese si scoprirà essere anche una azione di spionaggio vera
e propria: Giacomo Edoardo Stuart o
Giacomo III (1688-1766) figlio del cattolico Re Inglese Giacomo II e di
Mary Beatrice d'Este dal loro esilio francese passarono a Roma nel 1719
dove Papa Clemente XI riconobbe a Giacomo III ed alla moglie i titoli di
re e regina di Inghilterra e di Scozia (Il secondogenito di questi Enrico
Benedetto ebbe nel 1747 la porpora cardinalizia da Benedetto XIV). Prima
da Roma poi da Firenze il Barone Stosch si incaricava di
mandare in patria rapporti sul pretendente al trono
cattolico.
Crudeli fu incarcerato il 9 maggio 1739 tra le proteste
dell’ambasciatore inglese che figurava loro padrino «se il Re
d'Inghilterra sapesse che la ragione unica dell'arresto del Crudeli
fosse la sua appartenenza alla Massoneria, si arrabbierebbe moltissimo
per la sudditanza dimostrata dal Granducato verso il Papa e la Curia»
(gli inglesi tenevano una flotta nel mediterraneo
e a Leghorn (Livorno) abitavano 500 inglesi con cimitero e chiesa anglicana:
Scriveva a quel tempo un
ambasciatore veneziano al suo governo: ” (…) In Algeri e in Tunisi
risiedono mercanti livornesi, corsi, genovesi, fiamminghi, francesi,
inglesi, giudei, veneziani e di altri Stati. Costoro comperano tutte le
robe predate e le mandano allo scalo franchissimo di Livorno e di là si
diffondono per tutta Italia. .. all’entrata non si esige il dazio
e per un anno il mercante può tenere in quella piazza tutta la mercanzia
senza essere sottoposto a gravezza alcuna.” ). Crudeli passò i
successivi 2 anni in segrete malsane, infine liberato e relegato a
Poppi, impossibilitato ad uscire, soggetto a frequentissime visite del
Vicario del Sant’Uffizio. Con l'autunno e l'inizio del clima rigido il
poeta s’ammalò; ma la sua richiesta di poter abitare a Pisa non venne
presa in considerazione. Intervennero allora amici del Crudeli e
finalmente, solo alla fine di ottobre, giunse il permesso di poter
spostare la sua residenza, non a Pisa, ma a Pontedera. Intervento
nuovamente di amici, dei Fratelli di loggia , che non lo avevano mai
abbandonato, ma la risposta del Sant’Uffizio non lasciò speranza:
qualsiasi località della Toscana, meno che Pisa, Firenze, Livorno e
Siena. Ai primi d’Aprile del 1741 Crudeli ottenne la «grazia» della
liberazione. Ma ormai la sua salute era minata. Morirà a Poppi (dov’era
nato nel 1703), il 27 Marzo del 1745: aveva 42 anni. Francesco I di Lorena
(marito di Maria Teresa d'Austria imperatrice dal 1740),
dopo il processo, abolì (1743) le prigioni dei preti, chiuse per ben
undici anni il Tribunale dell'Inquisizione
Fiorentina ***(a
dx)
che venne definitivamente
abolito da suo figlio Leopoldo II o Pietro Leopoldo nel 1782. Il processo del Crudeli ebbe il merito
di dare il primo colpo di piccone al potere politico vessatorio e
discriminatorio esercitato dalla Chiesa.
*segue Il Granduca Francesco (Stefano)
I di Lorena Asburgo
figlio di Leopoldo e di Elisabetta Carlotta di Borbone-Orléans, abilmente raggirato dal
Cardinale Corsini (1685-1770) e
molto vicino ai Gesuiti nemici dei Massoni, diede l'autorizzazione a
procedere contro Crudeli mentre stava per partire per la guerra contro i Turchi
(a
Firenze lo vedranno sempre poco specialmente dopo il 1745 quando assume
a nome degli ASBURGO anche la carica ormai più che onorifica di Imperatore del Sacro Romano Impero
(SRI) tedesco: lo sostituisce una reggenza). Il barone von Stosch, se la cavò con un decreto di espulsione
rimasto sempre lettera morta grazie alla protezione del residente
inglese sir Horace Mann, Anglicano; il primo a cadere nella rete degli sbirri fu il
Crudeli, non avvertito in tempo. Il Granduca è sepolto nella tomba numero 55 della
Cripta Imperiale dei Cappuccini di Vienna con tutti i grandi di Vienna. Nel 1765, alla sua morte, gli successe il
primo maschio vivente dopo l’erede al trono d’Austria Giuseppe, Leopoldo
che si stabilì a Firenze e iniziò un programma di riforma ad ampio
raggio, facendo di uno stato marginale nel contesto delle potenze
europee un paese moderno e all'avanguardia sotto molti aspetti. Fu un
chiaro esempio di "sovrano illuminato" come andava di moda allora. Il
granduca avviò una politica liberista promuovendo la bonifica delle aree
paludose nella Maremma e nella Val di Chiana e favorendo lo sviluppo
dell'Accademia dei Georgofili. Introdusse la libertà nel commercio dei
grani abolendo i vincoli annonari che bloccavano le colture cerealicole
ma l'avvenimento capitale fu, dopo tanti secoli, la liquidazione delle
corporazioni medioevali, ostacolo principale per un'evoluzione economica
e sociale dell'attività industriale. Introdusse poi la nuova tariffa
doganale del 1781, in base alla quale vennero aboliti tutti i divieti
assoluti, che furono sostituiti da dazi protettivi, tenuti, del resto, a
un livello molto basso in confronto a quelli allora in vigore. Ma la
riforma più importante fu l'abolizione del reato di lesa maestà, la
confisca dei beni, la tortura e, cosa più importante, la pena di morte
grazie al varo del nuovo codice penale del 1786 (che prenderà il nome di
Riforma Leopoldina). La Toscana sarà quindi il primo stato nel mondo ad
adottare i principi di Cesare Beccaria. Il Fratello Giuseppe morirà nel
1790 e lui salirà al trono di Vienna mentre una sorella, Maria
Antonietta, sposerà Luigi XVI di Francia e verrà ghigliottinata poco
dopo di lui.
**Il meridione d'Italia restò invece
possedimento diretto dei sovrani iberici fino alla fine della Guerra di
successione spagnola (1713) poi passò ad un Asburgo. da Wikipedia: Carlo
di Borbone, già duca di Parma e Piacenza, figlio di Filippo V re di
Spagna e di Elisabetta Farnese, a seguito della battaglia di Bitonto
conquistò il regno di Napoli, e fece il suo ingresso in città il 10
maggio 1734, assumendo il titolo di “Neapolis rex”; nel luglio dell'anno
dopo fu incoronato anche re di Sicilia. La conquista dei due regni da
parte dell'Infante di Spagna fu resa possibile dalle manovre della regina
(di
Spagna), la quale, approfittando della guerra di successione polacca
nella quale Francia e Spagna combattevano il Sacro Romano Impero,
rivendicò a suo figlio le province dell'Italia meridionale. |
|
*** L’inquisizione
Romana di A. Prosperi
..
Le cose cambiarono radicalmente con l'età della Reggenza lorenese e col
concordato del 1754 (Papa Benedetto XIV, nato Prospero
Lambertini). Il documento ufficiale giunse al termine di una
controversia durata per ben 14 anni e pose l'Inquisizione
fiorentina sul piede di quella veneziana con l'introduzione di tre
assistenti laici:
ma fu anche proibito all'Inquisizione di istruire
processi contro le streghe, per malefici o patti col demonio.
Nei
tribunali di Pisa. di Siena e di Firenze l’attività inquisitoriale
crollò a un livello quantitativamente esiguo, a quanto pare dalle tracce
residue. Del resto, come ha raccontato A. Zobi, i primi provvedimenti
della Reggenza colpirono direttamente i privilegi dell'Inquisizione come
quello di portare armi e concedere (a pagamento) licenze di portarle:
vicari, consultori, familiari insomma tutti coloro che gravitavano
intorno al tribunale dell’Inquisizione perdevano questo privilegio. Un
motivo di scontro fu poi quello della condanna della Massoneria. con la
bolla papale
"In eminenti apostolatus specula" di papa Clemente XII del giugno 1738 - condanna
che il governo toscano si rifiutò di pubblicare. L'inquisitore
fiorentino Paolo Ambrogi che aveva partecipato alla redazione della
bolla reagì colpendo di sequestro il libraio fiorentino Rigacci; ma il
Richecourt, capo della Reggenza, rispose prontamente facendo restituire
i libri e punendo i familiari che avevano compiuto il sequestro. Un duro
intervento del cardinale
Corsini che scrisse personalmente a Francesco
Stefano di Lorena in arrivo a Firenze. e l’azione dei confessori gesuiti
del Granduca, di Maria Teresa d'Austria e della sorella di Giangastone.
Anna Maria, predisposero le autorità fiorentine a un cambiamento di
rotta: Corsini nella sua lettera aveva fatto ricorso alle confessioni
ottenute dall’Inquisizione sulle eresie dei massoni, ricavandone che i
massoni negavano la dottrina cattolica rifiutando l'immortalità
dell'anima, la Trinità e affermando la liceità della sodomia. Le carte
dell’inquisizione pisana hanno conservato effettivamente un'ampia
confessione di un affiliato (che è un'altra prova dello stretto legame
tra inquisizione e confessione). Certo, Francesco Stefano, che era
massone anche lui, non aveva bisogno di simili documenti per conoscere
le idee della massoneria. Ma aveva bisogno di buoni rapporti con Roma
per far pagare agli ecclesiastici la tassa straordinaria imposta nel
1737 e contestata dal clero. La questione della massoneria ebbe a
Firenze un caso celebre, anzi «strepitoso» (come lo definì a caldo
l'abate Niccolini) quello del poeta Tommaso Crudeli da Poppi; arrestato
nella notte del 9 maggio 1739, rimase nelle carceri dell'Inquisizione
per quasi un anno. La polemica e il clima di tensione in cui si svolse
il processo Crudeli furono tali che il Granduca intervenne e si fece
inviare gli atti del processo; convintosi della fondatezza delle accuse
contro l'Inquisitore Ambrogi, ne chiese l'allontanamento da Firenze. Benedetto XIV
(papa dal 1740 al 1758, gli succede Clemente XIII) inviò a Firenze il p. Maccabei, suo confessore. per
un'inchiesta sull'operato dell'Ambrogi, alla fine della quale fece
sostituire l'inquisitore, ammettendo in tal modo la fondatezza delle
accuse contro di lui. |
Il regno non ebbe una effettiva autonomia dalla
Spagna fino alla pace di Vienna (1738), con la quale si concluse la
guerra di successione polacca.
Nell'agosto 1744 l'esercito di Carlo di Borbone, forte ancora della presenza di
truppe spagnole, sconfisse nella Battaglia di Velletri gli austriaci che
tentavano di riconquistare il regno. Alla situazione precaria in cui
versava la corona borbonica sul regno di Napoli corrispose una politica
ambigua di Carlo III: egli all'inizio del suo governo cercò di
assecondare le posizioni politiche delle gerarchie ecclesiastiche,
favorendo l'istituzione a Palermo di un tribunale d'Inquisizione e non
contrastando la scomunica di Pietro Giannone. Quando però la fine delle
ostilità in Europa scongiurarono le minacce al suo titolo regale, nominò
primo ministro Bernardo Tanucci, la cui politica fu rivolta subito ad
arginare i privilegi ecclesiastici: nel 1741, con un concordato furono
drasticamente ridotti il diritto d'asilo nelle chiese ed altre immunità
al clero; i beni ecclesiastici furono sottoposti a tassazione. Successi
analoghi non si ebbero tuttavia nella lotta alla feudalità nelle
province periferiche del regno. |
|
1630- Thomas Mun, nel suo England’s Treasure By
Foreign Trade, scriveva
“… in questi ultimi trent’anni il commercio nel porto di Livorno
(LEGHORN) è così
cresciuto che da una povera piccola città (quale io stesso la ho
conosciuta) Livorno è diventata una città bella e forte e uno dei più
famosi centri commerciali di tutta la Cristianità. Il commercio inglese
a Livorno porta allo scalo merci per un valore di 50.000 dollari l’anno
per ogni mille portati dagli Olandesi… non c’è proporzione fra il
commercio inglese e quello olandese.” |
AFORISMI DI VOLTAIRE
- Chiedete al rospo che cosa sia la
bellezza e vi risponderà che è la femmina del rospo.
- Quando colui che ascolta non capisce colui che parla e colui che parla
non sa cosa sta dicendo: questa è la filosofia.
- Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a
battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa
esprimerla liberamente.
- È meglio correre il rischio di salvare un colpevole piuttosto che
condannare un innocente.
- Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di
bruciarle.
- Quando una verità è chiara, è impossibile che ne nascano partiti e
fazioni.
- Tutti i vizi di tutte le età e di tutti i paesi del globo riuniti
assieme, non eguaglieranno mai i peccati che provoca una sola campagna
di guerra.
- Non si è perduto niente, quando ci resta l'onore.
- Ai vivi si devono dei riguardi, ai morti si deve soltanto la verità.
- L'anarchia è l'abuso della repubblica, come il dispotismo è l'abuso
del potere monarchico.
- Non parlerei tanto di me se ci fosse qualcun altro che conoscessi
egualmente bene. |
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