l
Conclave, riunito per la morte di Gregorio XVI, nomina Papa Giovanni Maria Mastai Ferretti
(dopo sole 4 votazioni), che prende il nome di Pio IX. E' il 16 Giugno 1846. Mite,
mingherlino, paterno, ad un mese dall'elezione, accorda una larga
amnistia che sembra incamminare il potere temporale dei Papi con alcuni provvedimenti come
la soppressione preventiva della censura e la nomina di un Consiglio di
Ministri, sulla strada della "democrazia".
Ne consegue allora che nel paese sarà tutto un fiorire di
scritte "VIVA PIO IX" su stampe, piatti, foulard ed altro
(oggi li chiameremmo gadgets), che dovrebbero o vorrebbero farne il (presunto)
campione d'una Italia unita come non s'era mai visto, cosa che non era
certo nelle sue intenzioni.
In una lettera del settembre 1846 Mazzini scrive
"..introdurre cautamente quanto più carattere
politico nazionale si può nelle dimostrazioni d'entusiasmo, far sì che
l'Austria (cattolica) impaurisca, mandi
note, tanto che il Papa indietreggiando ponga in chiaro la sua impotenza
e si preparino gli animi ad una reazione contro l'Austria e quindi
nazionale." !!!.
La
prima reazione del
ministro austriaco Metternich è, neanche a dirlo, il rafforzamento della guarnigione
militare stanziata a Ferrara nelle terre delle Legazioni del Papa (luglio1847). Alle proteste
da Roma, si uniscono quelle di
Carlo Alberto, che offre il suo esercito. La politica reazionaria
del Congresso di Vienna, che nel 1815 aveva cercato di spostare indietro le
lancette dell'orologio, è agli sgoccioli. La rivolta delle varie
nazionalità, soggette all'impero Asburgico, il progresso,
l'affermazione della borghesia e di nuove classi dirigenti, stanno per
scoppiare in quello che fu poi chiamato il '48 d'Europa. Comincia la
Sicilia, da sempre autonomista, che contestando Re Ferdinando II (Re
Bomba), lo
obbliga a concedere la
Costituzione il 10 Febbraio 1848. Segue il Granducato di Toscana il 15,
Carlo Alberto il 4 marzo con lo Statuto
e dieci giorni dopo il Papa. In Europa, la Francia passa
bruscamente dal Regno alla 2a Repubblica il
22 febbraio.
Budapest (Austria) insorge il 3 marzo 1848 e, dieci giorni dopo, è
la volta della stessa capitale dell'impero: Vienna. Il primo a farne le spese
(e le valigie) è Metternich.
Ferrovia Varsavia Warsaw -Vienna rail
road line. Construction was completed in 1847, and a year later, after
the outbreak of the Spring of Nations, the first large international
railway-military operation dispatched over 200,000 mounted Russian
soldiers from Warsaw to Vienna and Budapest to help the Emperor of
Austria put down the uprising. La costruzione venne completata nel 1847
e sperimentata militarmente un anno dopo con le sollevazioni
nazionalistiche. 200.000 soldati russi vennero inviati da Varsavia a
Vienna e Budapest per sedare la rivolta contro l’Imperatore.
Rivolte nazionali si propagano in Boemia, Croazia e a
Venezia nei quattro angoli dell'impero. Qui il 22 marzo, marinai italiani e ungheresi (sudditi
dell'Imperatore), si
impadroniscono dell'arsenale, dando inizio a quella che sarà per due
anni una riedizione della già defunta Repubblica di Venezia di 50 anni
prima.
Le 5 giornate di Milano
Il 18 marzo
anche Milano impugna le armi contro il più agguerrito esercito
Austriaco di provincia, per ora in gravi difficoltà. Dal libro: "Ricordi di Gioventù (Cose vedute o sapute: 1847-1860)" di Giovanni Visconti Venosta, edito a Milano da Cogliati nel 1904.
Tra quella folla agitata parecchi erano gli armati con fucili da caccia; alcuni avevano delle carabine o qualche fucile militare introdotto dal Piemonte. Tra quegli armati riconobbi parecchi giovani miei amici, o di mia conoscenza, tra i quali Lodovico Trotti, i fratelli Mancini, Emilio Morosini, i fratelli Dandolo, Luciano Manara, Carlo De Cristoforis, e mio cugino Minonzio, che diventò poi, quasi vent'anni dopo, colonnello e capo di stato maggiore del generale Cialdini. Questi giovani, in unione con altri, sotto la guida di Luciano Manara, avevano fatto venir secretamente dei fucili dal Piemonte, e durante l'inverno si erano esercitati tutt'insieme e di nascosto al maneggio delle armi ed avevano preparate munizioni e cartucce. Quei giovani valorosi, entusiasti d'amor patrio, ed ispirati nel tempo stesso a idee mistiche e religiose, prima di scendere in istrada armati, erano andati, circa in trenta, in una chiesa a ricevere l'assoluzione quali morituri da un buon prete, il coadiutore Sacchi. Li conduceva un barnabita, Il padre Piantoni, e il precettore dei Dandolo, il prof. Angelo.
Per cinque giorni è l'inferno nelle strade di
Milano (400 morti da parte austriaca).
Alla fine il Gen.
Radetzky
si
ritira all'interno del quadrilatero. Qui convergono
45.000 soldati austriaci dalle guarnigioni delle province vicine,
circondati da governi provvisori, sorti un po' ovunque e difesi dalle sole
guardie civiche. La rivolta è in atto, ma sul da farsi e sugli obiettivi
finali c'e il buio più assoluto.
Gli
austriaci riusciranno a radunare altri 50.000 uomini, in attesa dei
rinforzi, per vendere cara la
pelle (se necessario) o per riprendersi il tutto.
Il pomeriggio del 23 marzo Carlo Alberto rompe gli indugi. Quel
tricolore, con mille varianti nel bianco, che ormai sventola in tutti i comitati civici diventa bandiera
Reale con lo stemma della croce sabauda al centro.
(Felice Venosta):Carlo Alberto, all'esempio di Pio IX, aveva innalzato lo stendardo
italiano, ogni suo decreto aveva diretto al bene della parte d'Italia
che era da lui governata. Postosi su d'una tal via non poteva egli,
senza smentire i propri atti, non aderire alle brame dei suoi popoli,
che lo spingevano ad accorrere al soccorso dei Lombardo-Veneti. Sia per
impulso altrui, sia per quello del proprio cuore, fatto stà che il
giorno 23 emanava il seguente proclama
Popoli della Lombardia e della Venezia!
«I destini d'Italia si maturano; sorti più felici arridono agl'intrepidi
difensori di conculcati diritti.Per amore di stirpe, per intelligenza di tempi, per comunanza di voti,
Noi ci associammo
primi a quell'unanime ammirazione che vi tributa l'Italia.
«Popoli della Lombardia e della Venezia! Le nostre armi che già si
concentravano sulla vostra
frontiera quando voi anticipaste la liberazione della gloriosa Milano,
vengono ora a porgervi
nelle ulteriori prove quell'aiuto che il fratello aspetta dal fratello,
dall'amico l'amico.
«Seconderemo i vostri giusti desiderii, fidando in Dio, che è
visibilmente con Noi, di quel
Dio, che ha dato all'Italia Pio IX, di quel Dio, che con maravigliosi
impulsi pose l'Italia in grado di
fare da sè.E per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento
dell'unione italiana, vogliamo
che le nostre truppe entrando nel territorio della Lombardia e della
Venezia portino lo scudo di
Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore italiana.
CARLO ALBERTO»
Ha inizio la prima delle guerre risorgimentali. La rivolta
antiaustriaca nasce in ceti borghesi che non vedono di buon occhio neanche la
monarchia, che fosse costituzionale o no. La reazione di Carlo Alberto,
se in parte interpreta le aspirazioni nazionali, dall'altra mira
all'espansione del regno e al controllo di un movimento che avrebbe
potuto portare alla costituzione di pericolose repubbliche confinanti. In mancanza
della coscrizione obbligatoria l'esercito sardo può contare solo su
circa 50.000 uomini, ma le sue file s'ingrossano di volontari
provenienti da Toscana, Sicilia e Napoletano.
Da
Roma arrivano i pontifici regolari e altri volontari del gen. Durando,
che si rivolge loro con queste parole
"......
Soldati è
convenevole dunque ed ho stabilito che ad essa (guerra) muoviamo tutti fregiati
della Croce di Cristo......la porteremo sul cuore nella forma di quella
che vedrete sul mio. Con essa ed in essa saremo vincitori..... Iddio lo
vuole".
Le armi piemontesi non s'erano mai
misurate autonomamente nell'ultimo secolo, pur avendo avuto grandi condottieri
(Eugenio di Savoia, il Prinz Eugen), poiché facevano sempre parte di coalizioni
in cui il comando generale, la strategia erano affidate a stati maggiori
d'altri paesi. Ora che tocca tutto a noi vengono fuori le
impreparazioni, le manchevolezze e gli errori che condizioneranno tutta
la campagna fino alla sconfitta. Il Papa, messo alle strette da proclami
antiaustriaci di suoi dipendenti periferici, nel concistoro del 29
aprile 1848 prende le distanze dal
movimento insurrezionale . "Non
possiamo tenerci di repudiare.... i quali vorrebbero che il Pontefice
romano fosse capo e presiedesse a costituire una cotal nuova repubblica
degli universi popoli d'Italia. " (Il programma della federazione
italiana). Nel regno delle due Sicilie la marcia indietro del Papa ne
provoca una uguale in Ferdinando II, col solo risultato di causare una
scissione e la proclamazione in Sicilia di un regno indipendente da Napoli. Messe
a tacere le dimostrazioni, Ferdinando II richiama anche i suoi soldati
dal Nord che, ad eccezione di Pepe e pochi altri, obbediscono.
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