Giuseppe Dabormida (Verrua Savoia 21 nov. 1799 - Buriasco 10 ago. 1869)

Da Istituto Enciclopedia Italiana Dizionario Biografico degli Italiani . Dabormida Giuseppe nasce da Giovan Battista, Magistrato, e Seghini Vittoria: studia al liceo Imperiale di Genova e è cadetto nel 1815 nel corpo d'artiglieria.  Due anni dopo è sottotenente e tenente nelle batterie leggere il 14 Sett. 1819 : l’anno successivo era nominato primo tenente sotto il comando del maggiore G. Provana di Collegno, che allora stava riorganizzando le batterie leggere a Venaria Reale. Nel 1821, allo scoppio del moto insurrezionale, il Collegno, che era stato fra i promotori, accorse ad Alessandria, trasformatasi in centro di raccolta delle truppe costituzionali. Il D. invece seguì il suo reggimento a Novara, forse senza rendersi conto che colà il generale La Tour stava organizzando le truppe rimaste fedeli alla monarchia assoluta. Benché il suo comportamento fosse stato irreprensibile, dopo il fallimento dell’insurrezione, forse per la sua nota amicizia col Collegno, venne sospettato e trasferito in Sardegna. Ritornato infine in continente e destinato ad Alessandria, il 30 genn. 1824 fu promosso capitano, poi, succedendo al maggiore F. Omodei, il 23 luglio 1828 divenne professore titolare di istituzioni d'artiglieria alla Regia Accademia militare di Torino. In quel periodo fu membro di una commissione incaricata di sperimentare nuovo materiale per l’artiglieria. Nel 1831 si recava in Lombardia col maggiore Omodei per studiare un nuovo tipo d’equipaggiamento da ponte (modello Birago), ed ebbe poi il comando della compagnia pontieri.

Il 23 febbr. 1833 era promosso maggiore. D. stringeva allora amicizia con V. Gioberti iscrivendosi (come rivelerà più tardi il Gioberti in una lettera al La Marmora del 7 genn. 1852) a una società politica e secreta, il cui scopo ‘non era sovversivo, nè antimonarchico, ma i cui membri ‘ erano vincolati al silenzio da un giuramento (Chiala, La vita ..., p. 520).  Il 19 ott. 1836 il D., Vedovo di Giulietta Tornielli di Vergano, si risposava con Angelica de Negry della Niella che gli dava un figlio maschio, nato nel 1842, e che portava il nome Vittorio Emanuele (dall'Erede al trono di cui fu precettore foto sotto) e che morirà ad Adua. (14 nov. 1839 The colonel Dabormida works as a teacher and the future king of Savoy, Vittorio Emanuele II, is one of his pupils. His son born in 1842 took the same name). Per la sua esperienza e preparazione militare infatti, nel 1838, re Carlo Alberto lo incaricava di insegnare artiglieria e arte militare al duca di Savoia e al duca di Genova, e per lo zelo con cui egli svolse il compito di precettore l’11 dicembre del 1840 gli conferiva la croce di cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro. Il D. mantenne l’incarico fino al novembre 1841 (quando, già terminato nel 1839 il corso del duca di Savoia, ebbe fine quello del duca di Genova); nel frattempo era stato promosso tenente colonnello.  Nel 1841, per ordine del governo aveva compiuto in Germania studi di Carattere militare ed era stato temporaneamente sostituito nell’ufficio di precettore da A. La Marmora. Il 17 ott. 1843 fu promosso colonnello, e nominato comandante dell’artiglieria a Venaria Reale. L’8 genn. 1848 fu nominato membro del Congresso permanente di artiglieria, ed il 18 marzo successivo primo ufficiale (cioè segretario generale) del generale A. Franzini, che due giorni prima aveva accettato il portafoglio della Guerra e Marina nel primo gabinetto costituzionale presieduto da Cesare Balbo. Poco dopo, partito il ministro della Guerra come aiutante di campo del re nella campagna contro l’Austria e assuntone l'interim il Balbo, il D. si trovò di fatto a dirigere il ministero. Nello svolgimento dell’incarico impegnò tutte le proprie energie, ma non mancò di rammaricarsi più volte, nelle lettere indirizzate al La Marmora, di non poter servire la patria sul campo di battaglia. Come primo ufficiale del ministero dovette assumersi l’organizzazione dei reparti da mandare al fronte e dovette affrontare con rapidità, per l’incalzare degli eventi. i problemi relativi ai rifornimenti necessari a quelle truppe.

Il figlio Vittorio morto ad AduaIl 20 giugno 1848 fu promosso maggior generale e il 26, nelle elezioni suppletive, eletto deputato per il collegio di Avigliana (al posto del principe della Cisterna, che aveva optato per il Senato). Durante il ministero Casati fu nominato membro del Congresso consultivo permanente della guerra, incarico che abbandonò alle dimissioni del gabinetto. Il 21 ago. 1848 gli veniva affidato il portafoglio della Guerra nel nuovo ministero Alfieri-Perrone. Si trovò cosi a dover affrontare gli spinosi problemi seguiti alla firma dell’armistizio Salasco, tra i quali la riorganizzazione dell’esercito, la ricerca di un generale a cui affidare il comando supremo, il collocamento in disponibilità o a riposo di alcuni ufficiali superiori ritenuti principali responsabili degli insuccessi. Molti, allora, avrebbero voluto una commissione d’inchiesta sulle vicende della campagna militare: la chiedevano la stampa, soprattutto quella della Sinistra, e anche alcuni degli stessi alti ufficiali (come E. Bava) verso i quali si appuntavano le critiche. Il D. preferì evitare quel provvedimento: compiere una inchiesta generale sarebbe stato impossibile e poco opportuno in un momento in cui occorreva affrettare i preparativi per la ripresa eventuale delle ostilità; concentrare l’inchiesta solo su alcuni episodi o su alcune persone avrebbe suscitato critiche e recriminazioni senza fine. Egli era invece convinto che fosse necessario provvedere alla ricerca di una persona cui affidare il comando effettivo dell’esercito (tenuto dallo stesso Re Carlo Alberto durante la campagna, per un rispetto troppo rigido della norma statutaria secondo cui il comando supremo spetta al sovrano). A questo scopo nell’agosto 1848 venne mandato a Parigi Alessandro La Marmora, per convincere qualche generale francese (si pensava in particolare al gen. T. Bugeaud) ad accettare la carica. Il tentativo falli e si dovette cercare una soluzione di ripiego: il comando dell’esercito fu affidato al gen. Bava, mentre il generale polacco W. Chrzanowski fu nominato capo dello Stato Maggiore generale. Per accontentare, poi, i desideri dei democratici, il comando della divisione lombarda fu affidato al gen. G. Ramorino (che finì fucilato per alto tradimento). Il D. resse il ministero della Guerra fino al 27 ott. 1848, quando furono accolte le sue dimissioni, essendo prevalsa in Parlamento la corrente favorevole alla ripresa del conflitto. Egli, infatti, era contrario, poiché riteneva l’esercito ancora troppo debole ed impreparato, ed era invece favorevole al proseguimento della mediazione diplomatica della Francia e dell’Inghilterra. Tornò a far parte del Congresso consultivo permanente della guerra, e il 22 marzo 1849 fu incaricato di organizzare la difesa di Alessandria. Dopo la sconfitta di Novara gli fu offerto nuovamente il portafoglio della Guerra, che rifiutò, accettando invece il compito di plenipotenziario, con C. Beraudo di Pralormo e C. Bon Compagni, alle trattative con l’Austria, concluse con la pace di Milano del 6 ago. 1849. Nelle elezioni per la IV legislatura (seguita al proclama di Moncalieri) fu rieletto dal collegio di Avigliana, che già l’aveva riconfermato nelle elezioni per la II e la III legislatura. Continuò la sua attività di deputato schierandosi nel gruppo cavouriano di centro-destra e nel 1852 aderì con convinzione al connubio Cavour-Rattazzi. Nel 1850, intanto, la delusione per la campagna del ‘49 e la firma del trattato di pace avevano scatenato in Parlamento dure polemiche verso la passata amministrazione della Guerra.

Queste trovarono larga eco nel libro del Gioberti "Del rinnovamento civile d’Italia" (novembre 1851), dove si indirizzavano pesanti accuse contro il ministero, e contro il D. in particolare. Questi, in un primo momento, avrebbe voluto querelare il Gioberti per diffamazione, ma ne fu distolto da alcuni amici, tra cui A. La Marmora, C. Bon Compagni, L. Farini e G. Massari. Nel Rinnovamento il Gioberti aveva rimproverato al D. di aver abbominato una seconda guerra contro l’Austria e agognato sopra ogni cosa a renderla impossibile; di aver bramato una lega tedesca, desiderando di avere per compagna l’Austria, anziché saggiarla in campo come nemica; di avere atteso indefessamente a rovinare gli uomini più benemeriti della causa patria e più capaci di ristorarla, perseguitandoli coi raggiri, colle maldicenze e con tutte le arti ignobili e solite di coloro in cui prevale ad ogni altra dote la mediocrità e l’invidia. (Chiala, La vita..., pp. 55 s.).

Il Gioberti, nonostante lo dissuadessero,scrisse un nuovo libro intitolato "Ultima reg1ica ai municipali" (rimasto inedito fino al 1917. quando G. Balsamo Crivelli ne rinvenne una copia alla Bibl. Vittorio E. di Roma). -nel quale ripeteva le accuse già formulate. (ndr:Gioberti doveva essere in un brutto periodo della sua vita, depressione ?, se si barcamenava fra società segrete - il cui scopo ‘non era sovversivo, nè antimonarchico, ma i cui membri ‘ erano vincolati al silenzio da un giuramento - che assomigliavano tanto a quelle che si facevamo da ragazzini nel cortile. Lo era ancora di più se decantava come patriottica la guerra del '48 fatta da apprendisti stregoni, con nessuna prospettiva di riuscita e in mano a visionari della politica degni di Mazzini. Gli andò bene che l'Austria non occupasse come aveva fatto in passato l'intero Piemonte mettendo sul trono persona a lei gradita).

La polemica tuttavia (al di la dei meriti o demeriti sulla scelta dello Chrzanowski che da se basterebbe al prepensionamento dell'intera classe politica piemontese) si spense nel nulla, soprattutto perché Gioberti non portò mai prove concrete delle sue affermazioni. Il prestigio del D. non ne rimase intaccato, tant’è vero che il 26 maggio 1852 venne nominato vicepresidente della Camera. Lo stesso anno, dopo la costituzione del primo gabinetto Cavour, gli fu affidato il portafoglio degli Affari Esteri ed il 1° novembre fu nominato senatore. Durante il suo ministero si presentò la questione del sequestro austriaco dei beni dei fuorusciti lombardi e veneti come rappresaglia per il moto mazziniano di Milano del 1853, in seguito al quale si era giunti alla rottura dei rapporti diplomatici tra il Piemonte e l’Austria. Sempre durante il suo ministero furono poste le basi dell’alleanza per la guerra di Crimea. Riguardo a tale questione il D. si oppose sempre a una pura e semplice adesione al trattato anglo-francese del 10 apr. 1854, che non dava al Piemonte alcuna garanzia di partecipazione alle trattative di pace. Egli, inoltre, pretendeva condizioni che gli assicurassero l’appoggio delle potenze alleate nei confronti dell’Austria per la questione dei sequestri, rimasta ancora insoluta.  In seguito a contrasti col Cavour riguardo alle garanzie dell’alleanza per la guerra di Crimea, il D. si dimise il 10 genn. 1855. Il giorno prima, intanto, era stato promosso luogotenente generale, e il 31 marzo diveniva comandante generale d’artiglieria. Nell’aprile del 1856 fu inviato come ministro plenipotenziario a Pietroburgo presso lo zar Alessandro II, per tentare il ristabilimento dei rapporti diplomatici fra i due paesi (gli avevamo appena fatto guerra alleandoci col nostro maggior nemico ed è comprensibile quindi che fosse incazzato). Nel 1859 ebbe ancora il portafoglio degli Affari Esteri nel ministero Alfonso La Marmora-Rattazzi e, in quella veste, svolse, nell’ottobre di quell’anno, una delicata missione diplomatica presso Napoleone III, per cercare di ammorbidire la sua opposizione all’annessione del ducato di Modena e della Toscana. Il 22 apr. 1860 fu nominato membro della commissione d’esami alla Reale Accademia militare; dal 24 giugno di quell’anno al 26 ott. 1866 fu presidente del comitato dell’arma d’artiglieria; dall’8 luglio 1862 al 10 genn. 1866 fu presidente del Consiglio superiore istituti militari. Il 22 febbr. 1863 gli veniva conferito il titolo di conte; il 22 maggio 1866 riceveva l’onorificenza di grand’ufficiale della Corona d’Italia. Costretto a mettersi a riposo il 26 ottobre dello stesso anno a causa di un colpo apoplettico, si spense a Buriasco (Torino) il 19 ago. 1869. Da Istituto Enciclopedia Italiana dizionario biografico degli Italiani

Carriera militare
Cadetto dal 29 marzo 1815
He’s a cadet
Sottotenente dal 18 dicembre 1817
Luogotenente dal 14 settembre 1819
He’s a leutenant.
Capitano dal 30 gennaio 1824
He’s a captain.
Maggiore dal 23 febbraio 1833
He’s a major
Luogotenente colonnello dal 14 novembre 1839
He’s a leutenant colonel
Colonnello dal 17 ottobre 1843
He’s a colonel
Maggiore generale dal 20 giugno 1848
He’s a major general
Luogotenente generale dal 9 gennaio 1855 al 24 ottobre 1866
He’s a leutenant general
Cariche amministrative
Consigliere comunale di Torino
Cariche e titoli: Capo di Stato maggiore del principe Eugenio di Savoia Carignano dal 6 ago. 1848
Ministro plenipotenziario per la pace coll'Austria dal 12 aprile 1849
Aiutante di campo di S.M. il Re dal 24 aprile 1849
Aiutante di campo onorario di S.M. il Re dal 26 marzo 1853
Primo aiutante di campo onorario di S.M. il Re
Membro del Congresso consultivo permanente di guerra dal 27 luglio al 15 agosto 1848, poi dal 27 ottobre 1848
Membro del Congresso permanente d'artiglieria dall'8 gennaio 1848
Comandante generale d'artiglieria dal 31 marzo 1855
Consigliere dell'Ordine militare di Savoia dal 12 giugno 1856
Comandante generale del Comitato d'artiglieria, poi presidente del Comitato d'artiglieria dal 24 giugno 1860 al 26 ottobre 1866
Membro e presidente del Consiglio superiore degli istituti di istruzione ed educazione militare dall'8 giugno 1862 al 10 gennaio 1864
  Nomina a senatore: 11/07/1852
Relatore: Giacinto Di Collegno


Onorificenze

Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dal 21 novembre 1840
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dal 28 agosto 1849
Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro dal 26 marzo 1853
Commendatore dell'Ordine militare di Savoia dal 12 giugno 1856
Grande ufficiale dell'Ordine militare di Savoia
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia dal 22 aprile 1868
Cavaliere dell'Ordine S. Stanislao (Russia) dal 6 marzo 1833
Commendatore dell'Ordine della Legion d'onore (Francia) dall'8 ottobre 1852
Grande ufficiale dell'Ordine della Legion d'onore (Francia) dal 5 gennaio 1853
Gran Croce dell'Ordine della Legion d'onore (Francia) dal 14 dicembre 1860
Gran cordone dell'Ordine di Leopoldo (Belgio) dal 12 gennaio 1860
Gran cordone dell'Aquila Rossa (Prussia) dal 28 gennaio 1860
Cavaliere di prima classe dell'Ordine di S. Anna (Russia) dal 27 maggio 1856
Gran cordone dell'Ordine di S. Benedetto d'Avis di Portogallo dal 17 febb. 1856
Cavaliere di prima classe dell'Ordine del Mediydié (Turchia) dal 5 luglio 1855
Cavaliere dell'ordine di Sant'Andrea (Russia) (1859)

Medaglia mauriziana al merito militare di dieci lustri 23 marzo 1865

Senato del Regno

Camera dei deputati
I Avigliana TO 26 giugno 1848 Cessazione per nomina a ministro della guerra e marina
I Avigliana TO 30 settembre 1848 Ballottaggio il 1° ottobre 1848
II Avigliana TO 22 gennaio 1849
III Avigliana TO 15 luglio 1849
IV Avigliana TO 9 dicembre 1849 Cessazione per nomina a Ministro degli affari esteri
Cariche: Vicepresidente dal 26 maggio al 4 novembre 1852
  Commissioni: Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge sul Codice penale militare dal 21 gennaio al 16 giugno 1856
Membro della Commissione di finanze dal 12 gennaio al 16 luglio 1857, dal 19 gennaio al 14 luglio 1858, dal 19 gennaio al 14 luglio 1858, dal 19 gennaio 1859 al 21 gennaio 1860, dall'11 marzo 1861 al 21 maggio 1863
Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge sul trasferimento della marina militare da Genova a La Spezia dal 26 maggio 1857
Membro della Commissione per l'esame del progetto di legge sulle servitù militari dal 7 aprile 1858
Governo: Ministro di guerra e marina dal 22 agosto al 27 ottobre 1848  e dal 27 al 29 marzo 1849 Ministro degli affari esteri dal 4 novembre 1852 al 10 gennaio 1855 e dal 19 luglio 1859 al 21 gennaio 1860  

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