Candia (Creta) 1897  

IL COLONNELLO ALBERTO CRISPO CAPPAI

Una " peacekeeping force " di cent'anni fa

Se si ha tempo e voglia di consultare un atlante ci si accorgerà che, fra le tante isole dell’Egeo greco, Creta (o Candia o Heraklion) è la più grande e costituisce una specie di diga verso i Dardanelli, con la piccola vicina Scarpanto (o Karpathos) e Rodi ad est, appartenenti però queste all’arcipelago del futuro Dodecanneso Italiano (dal 1912). La sua posizione spinta nel mediterraneo ne fa una specie di portaerei per il controllo del mediterraneo orientale davanti alle coste della Cirenaica da cui sembra, anche per il profilo, essersi distaccata. Non esistendo nel 1897 gli aerei l’importanza si spostava sul piano navale. L’Inghilterra, già in possesso di Gibilterra, Malta e Cipro, avrebbe avuto il modo, con un ipotetico controllo di Creta, di dimezzare le distanze tra il centro del Mediterraneo e il suo Canale di Suez. Naturalmente questa Isola etnicamente mista ma ancora ottomana interessava anche altri stati Europei per le stesse e le opposte ragioni, senza contare la Russia che non poteva mettere piede fuori dal Mar Nero senza infrangere la sovranità d’altri. Creta, 8.291 km² (la nostra Umbria ma in lungo quanto la Liguria) x 260 km di lunghezza e larga tra i 61 e 12 km è in massima parte montuosa: una delle poche pianure è quella di Messarà, posta nella zona centromeridionale. Tra i massicci montuosi i più importanti sono: i Lefka Ori (i monti bianchi) 2452 m, il massiccio del monte Ida 2456 m.. Difficili o inesistenti le strade interne: in alternativa ci si spostava per mare. Gli insediamenti e gli approdi principali erano, come oggi, sulla costa settentrionale da Ovest verso Est: Kissamos, la Canea (abitanti 7.000 cristiani contro 5.000 mussulmani), Rètimo, Candia e Sitia. Della costa meridionale tranne che nell’insenatura centrale della Messarà, merita menzione soltanto Ierapetra, 400 case e un porto ingombro di sabbia, quasi all’estremità orientale dell’isola che sul quel versante è a picco sul mare. Una linea telegrafica, fin dalla seconda metà del XIX sec., collegava tra loro La Canea, Rètimo, Candia (22.000 abitanti a prevalenza mussulmani) e Sitia, mentre quatto cavi sottomarini univano l’isola a Otranto in Italia (per l'Europa), a Costantinopoli (per i balcani e la Russia), a Rodi e Cipro per l'Asia. Altrettante linee di navigazione, nessuna delle quali italiana, la univano a Costantinopoli, al Pireo, all’isola greca di Sira e a Tripoli di Libia. Il “gioiello” navale restava però Suda, una baia nella baia. Anni dopo (ultimo conflitto mondiale) essa fu utilizzata dagli inglesi e violata dagli italiani il 26 marzo 1941. Sei barchini esplosivi (immagine a sx) ad alta velocità comandati dal ten. Luigi Faggioni (gli altri equipaggi erano:Alessio de Vito, Emilio Barberi, Angelo Cabrini, Tullio Tedeschi e Lino Beccati) furono lanciati dalle cacciatorpediniere Crispi e Sella. Dopo aver scavalcato le difese portuali, e dopo aver evitato alcuni riflettori, le unità raggiunsero la parte interna della baia dove era ormeggiato l' incrociatore York e la petroliera Pericle. Lo York fu colpito da uno dei barchini, e per evitarne l'affondamento, gli inglese l'arenarono. due mesi dopo l'operazione Merkur http://udyat.bloringa.net/post-892492.html  (in spagnolo)

gendarmeria cretese Caduta la dominazione Veneziana nel 600, gli abitanti di Creta accettano, loro malgrado, il dominio della " sublime porta" (così veniva chiamata Costantinopoli l'odierna Istanbul allora capitale dell'Impero Ottomano) sulla loro isola separata ormai sia geograficamente che politicamente dal 1715 quando era caduto l'ultimo baluardo di Spinalonga. L'odierna Iraklion (Candia capitale dell'isola) capitolò infatti il 27 settembre 1669, dopo la strenua difesa di Francesco Morosini, durata ben 23 anni, durante i quali la città si ridusse ad un cumulo di macerie (tra i veneziani i morti furono circa 30 000, tra i turchi 80 000). L'impero ottomano, se non altro, si distingue da Venezia e dagli altri stati per una minore esosità fiscale. La libertà religiosa, che i cristiani possono qui professare è maggiore di quanto allora non fosse possibile per reciprocità nel resto d'Europa. La grandezza ottomana, come a suo tempo quella  Romana, può tollerare fedi diverse da quella ufficiale. Armeni, cristiani ed ebrei appartengono al rayah (gregge del sultano) ma non alla Umma, la comunità che è loro. Come gente discendente da Abramo, (al pari dei Mussulmani), sono considerati infedeli, ma protetti. Nella seconda metà del 1800, quando nei Balcani emergono le spinte nazionalistiche, l'autorità centrale del Sultano è però ormai stemperata, fagocitata da una corte pletorica, corrotta e piena d'intrighi. Nel 1830 è l‘Algeria a staccarsi per prima e ad entrare nell’orbita francese. Per un breve periodo Creta rientra sotto la sovranità Egiziana, formalmente ossequiente nei confronti della "Porta" ma sostanzialmente autonoma, fatta salva la zona del canale e le solite intromissioni inglesi nel Sudan condiviso. Con la guerra Turco-Russa del 1877 (persa), si staccano dall'Impero Ottomano le province cristiano-ortodosse di Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro e Cipro. Le grandi potenze, Francia e Inghilterra, per paura di far cadere tutti i Balcani ortodossi nell'orbita Austro-Russa, sono costrette a sostenere il vacillante impero. Meglio un gran malato, che un immane conflitto per la spartizione dell'Europa Orientale.

A distanza quindi di tanti anni dal trattato di Vienna (1815), la paura di innovazioni è ancora alta. Nel 1896 a Creta si coagulano tutte le tensioni e le possibili atrocità del grande conflitto etnico, noto per i recenti casi dei balcani. Greci ortodossi e turchi mussulmani, maggioritari, si scontrano coinvolgendo anche le guardie dei Consolati Ortodossi di Russia e Grecia. Quest’ultima (indipendente dal 1829) mira senza tanti preamboli ad occupare la piccola Creta, col beneplacito dei correligionari cugini Russi. Sul trono di Grecia siede infatti un Romanoff (russo) che gli Austriaci (cattolici) non vogliono vicino di casa. La Germania, strettamente imparentata con la Russia (ma anche con altri) è per ora un alleato scomodo dell'Austria-Ungheria. La sua posizione sul problema specifico è di neutralità. Creta 1897: colonna di bersaglieri in marcia Francia, Inghilterra e ora anche l’Italia, affacciatasi al gran circo delle potenze, fanno pressione sul Sultano perché rispetti i patti d'Aleppo, stipulati dopo la rivolta del '78, che prevedono un autogoverno nell'isola. Per dar maggior peso all'avviso, le flotte dei rispettivi paesi hanno già steso una cintura navale attorno all'isola che serve, fra l'altro, a monitorare gli invadenti Greci. Ottenuta la nomina di un governatore (Giorgio Borovich principe di Samos), si cerca di dargli autorevolezza per affrontare le opportune riforme: dotare l'isola di un'assemblea popolare e costituire un corpo di Polizia autonomo dal potere Turco. Da parte della nazionalità greca (maggioritaria sull'isola) ciò non viene considerato sufficiente. Gli scontri armati iniziati sulla terra ferma in Macedonia fra mussulmani e ortodossi, si accompagnano poi ad azioni di guerra sulla stessa Creta nel 1897. I greci sbarcano, nonostante la vigilanza, un contingente agli ordini del colonnello Vassos che incontra poca resistenza da parte delle ridotte forze del Sultanato. Le flotte presenti, unificato il comando sotto l’ammiraglio italiano Canevaro, attaccano i greci isolandoli sia a terra (con fanti di marina) che in mare nell'attesa di sviluppi successivi.  La reazione parlamentare in Italia è come al solito alquanto scomposta e sgangherata. Si riparla di bilancio, di fondi (soldi), di tagli ecc, ecc, nonostante accordi segreti prevedano che l'intera spesa sia a carico degli inglesi. Lo stop agli scontri militari, non si accompagna però a quello fra i civili delle due etnie. Per far questo occorre un contingente ben più corposo che si frapponga fra i litiganti. Nel mese di Marzo del 1897, il consiglio degli ammiragli richiede a ciascuna nazione, con l'aggiunta d'Austriaci e Russi, truppe regolari che vadano ad occupare l'isola per settori. Agli Italiani, col primo contingente di bersaglieri (12° battaglione del 8° reggimento) e fanti del I/36°, viene assegnata Ierapetra sulla costa meridionale, che ben presto dobbiamo scambiare coi francesi perché questi non gradiscono che noi si possa vedere oltre le onde !!! e oltre la curvatura terrestre la Cirenaica libica !!! (futuro oggetto del piacere italiano). Gli scontri fra greci e turchi in terraferma non si placano e sfociano l'anno dopo nella disfatta greca su terraferma in Tessaglia. Per amor di patria le nostre navi debbono raccogliere anche i volontari garibaldini di Ricciotti Garibaldi che hanno "romanticamente" combattuto contro i Turchi. 

IL DIARIO DEL GARIBALDINO GIUSEPPE EVANGELISTI http://digilander.libero.it/frontedeserto/diari/evangelisti.htm

Quando, nel febbraio 1897, a Perugia si apprese che la popolazione dell'isola di Candia (Creta) si era ribellata agli oppressori turchi, rivendicando l'annessione alla Grecia, vi furono dapprima una serie di dimostrazioni popolari in favore degli insorti, indi altre di disapprovazione per il governo italiano che si era associato ad altre potenze europee. La guerra comunque scoppiò dirompente e, mentre i turchi invadevano la Tessaglia, in Italia Ricciotti Garibaldi (50enne), secondogenito dell'Eroe e di Anita, lanciava l'appello alla gioventù democratica affinché si arruolasse nel Corpo dei garibaldini disposto ad accorrere in difesa della Grecia (Come facessero a distinguere fra una Grecia democratica, che non lo è mai stata, e una "Turchia" antidemocratica resta un mistero). Ricciotti non era nuovo alle imprese eroiche. Era stato accanto al padre a Bezzecca, a Mentana, a Digione, ed ovunque si era comportato da valoroso. In breve si costituì un corpo di volontari che superò le 2000 unità, costituito prevalentemente da repubblicani, gran parte dei quali aderenti alla Massoneria. Il 25 febbraio 1897 a Perugia, per iniziativa del Comune, il cui Sindaco Ulisse Rocchi, massone, era a capo di una maggioranza costituita di radicali (quelli di Cavallotti per capirci), repubblicani e socialisti, venne organizzata una grande manifestazione in favore dei Cretesi alla quale aderì pubblicamente anche la Loggia "Francesco Guardabassi" che provvedeva ad inviare all’ambasciatore lire 100 a beneficio della causa ellenica. Evangelisti fu il primo dei perugini a partire, ma il seguente 29 aprile altri giovani perugini seguirono le sue orme come Publio Baduel, Achille Lualdi, Edgardo Calindri, Carlo Baroni, David Inastasi e AMILCARE CIPRIANI, NICOLA BARBATO, ANTONIO FRATTI, GIUSEPPE DE FELICE. Il corpo di volontari comandato da Ricciotti Garibaldi non venne destinato, come si riteneva, nell'isola di Candia (Creta) bensì sul fronte della Tessaglia ove i turchi stavano infliggendo dure sconfitte all'esercito greco. Partecipò a vari fatti d'armi; la battaglia l'affrontò il 17 maggio 1897 a Domokos ove i garibaldini si coprirono di gloria per evitare un colossale disastro all'esercito greco ormai in rotta. Qui si batté con grande valore e subì non poche perdite. Fra i caduti vanno ricordati l'on. ANTONIO FRATTI, di Forlì, i tenenti CAMPANOZZI e BARNABA, siciliani, ANTONIO PINI, di Arezzo, ALFREDO ANTINORI, di Ancona, lo studente ALARICO SILVESTRI, di Amelia, ROMOLO GARRONI e MASSIMILIANO TROMBETTI, di Roma, GUIDO CAPELLI, di Milano, ETTORE PANZERI, di Bergamo, ed ENRICO MANCINI di Adria. AMILCARE CIPRIANI fu ferito ad una gamba.  Ndr: come si vede le mani della massoneria erano lunghe e diramate.

CanevaroRingalluzziti dalla vittoria, i turchi scatenano un nuovo bagno di sangue. La conformazione dell'isola, il carattere stesso degli isolani (si affermava che i cretesi vivessero anche dove non poteva vivere una capra poiché questa mangia ciò che sporge dal terreno mentre i cretesi mangiano anche le radici) favoriscono la guerriglia con difficili soluzioni militari. Riportata la calma, si ritorna alla nomina di un governatore greco e al ritiro delle truppe turche (19 ottobre 1898). Era la famosa parola fine? No purtroppo. Ora a Creta si favoleggia di uno stato indipendente.  Il racconto della occupazione di Creta viene ampliato nei capitoli speciali della Biografia del Col. (ex bersagliere di Porta Pia) Alberto Crispo Cappai che comandò dall'ottobre 1898 al giugno 1899 il contingente italiano. Il colonnello Crispo Cappai lasciava Creta il 1° luglio quando il capitano Craveri dei Carabinieri informava le autorità italiane che dal 26 giugno precedente aveva assunto il comando della Gendarmeria dell’isola (capitano con funzioni di maggiore), tranne che all’interno della città di Rethymo, occupata per ora dalla Gendarmeria russa, la quale tendeva a mantenere una sua autonomia di comando (ma ancora per poco). Per dare impulso all’opera di comando della Gendarmeria venne avviata una scuola per sottufficiali che fini per includere tutti i graduati già operanti sotto le altre polizie (48). La forza di questi uomini raggiunse i 1700 (Italiani in forza ridotta simbolica (compagnie) continueranno a presidiare l'Isola fino al ritiro).Per l'annessione bastò aspettare la guerra Italo-Turca del 1912. Ci furono rivolte nel 1903 e 1905.  Nel 1906 in un momento di relativa calma tutte le forze internazionali lasciano l'isola. Le nostre truppe lasciano 18 morti in scontri. Gli Italiani aprirono negli anni scuole e ambulatori, che furono presi a modello per il recupero dell'organizzazione sociale distrutta da un secolo d'odio etnico. I nostri Carabinieri al comando del Cap. Craveri con 81 sottufficiali gestirono la costituzione della Gendarmeria con personale tratto secondo gli accordi da Montenegrini, Bosniaci, Bulgari e Dalmati ortodossi.  Il nostro codice Civile e Penale fu per diversi anni adottato come strumento di giustizia. A Canevaro nominato successivamente ministro degli esteri fu conferita la cittadinanza onoraria e l'intitolazione di una strada. Torneremo in questa terra nel 1941, ma questa è un'altra storia.  http://www.carabinieri.it/Internet/Arma/Oggi/Missioni/1855 - 1935/1897 - 1906/01_A_1897 - 1906.htm 

                                                                               

   


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