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L'ULTIMA BATTAGLIA IN CARNIA E LA PRIGIONIA |
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IL CASO DEL 47° BATT. AUT. BERSAGLIERI CARNIA 24-29 ottobre 1917 - 1a parte |
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*A Dogna furono installati nel giugno 1915 due obici da 305/17 (in posizione defilata) il meglio che potessimo avere per quel momento. Dalle cime presidiate della val Dogna si poteva dirigere il tiro in Val Canale. Il forte Hensel di Malborghetto fu colpito più volte il 12 giugno e parzialmente distrutto non prima che potesse reagire colpendo l’abitato di Dogna, ormai evacuato. Il forte era il cardine della seconda linea austriaca dell’alta Val Fella o Canale. Il primo tiro fu sparato da Cadorna, il secondo da Porro e il terzo da un maestro di tiro che centrò una delle cupole. Se fino agli ultimi di giugno l’obiettivo principale delle operazioni italiane era il blocco B, che subì gravi danni, compreso il locale macchine con la batteria di accumulatori, dal primo luglio l’attenzione fu rivolta al bastione circolare. Fino al 4 agosto furono sparati più di 4000 colpi anche del calibro 210. Comandante dell’opera era il Capitano Karl Ebner che trovò la morte nel forte assieme a 17 artiglieri, quando un proietto questa volta da 280 mm. attraversò tutti i piani di una torre corazzata per scoppiare più in basso. Il forte Hensel, antiquato, sorpassato e menomato resistette fino al 19 marzo 1916 quando fu definitivamente abbandonato. Tutte le installazioni fisse come i forti furono disarticolate entro la fine dell’estate perché troppo esposte. Si preferì allora passare a batterie mobili, anche più grosse, con tutte le difficoltà di posizionamento (scavo della fondazione) e l’impossibilità di rimuoverle in fretta in caso di attacco imprevisto. Servivano centinaia di uomini, macchine e animali per portare in batteria un 420 e strade di accesso che prima non esistevano http://www.fortificazioni.net/Udine/HENSEL.htm |
Prima di cominciare il racconto del 47° battaglione autonomo, della sua ultima battaglia e della prigionia è bene capire dove ci troviamo e perché si agiva in un modo e non in un altro, sia nel corso della guerra sia nelle situazioni contingenti della rotta nota col toponimo di “Caporetto”. A questa latitudine le mosse dipendevano, oltre che dalla falla di Tolmino (meglio nota come Caporetto), da quella della stretta di Saga (Plezzo alla confluenza della Coritenza con l’Isonzo) che aveva materializzato nel Canale del Ferro (fiume Fella che va da Pontebba a Moggio Udinese) forze nemiche provenienti dalle testate delle vallate “franate” delle alpi Giulie Dogna, Raccolana e Resia. I movimenti in montagna non sono facili e quindi non operavano in quest’ottica grandi unità complesse nemiche bensì sceltissime truppe alpine inquadrate nella 10a armata, la 94a divisione (feldm. von Lawrowski): XXV Brigata da Montagna (col. Wasserthal), LVII Brigata da Montagna (col. Watterich), e la 92° (Gen Hordt): XXIX Brigata da Montagna (gen. Arciduca Ferdinando), LIX Brigata da Montagna (gen. von Dietrich) per un totale di 29 battaglioni, 1 reparto d'aviazione e 338 pezzi d'artiglieria schierate dal Monte Peralba (al confine col Cadore) al Monte Rombon.! (dove aveva inizio lo schieramento della nostra II armata, quella del Gen. Capello che cederà aprendo il varco). Questo tratto di fronte è calcolato da alcuni studiosi in poco più di 100 Km (di montagna in pianta ma non è una linea retta e sale e scende, quindi è un valore molto approssimato per difetto). Il fronte nemico aveva, fra le indiscusse priorità, la difesa ad alcune vie di accesso alla valle austriaca del Gail come il Passo di Monte Croce Carnico (Plöckenpass), Pramollo (Nassfeld) e altri passaggi e selle minori, oltre la larga Val Canale (Pontebba - Tarvisio) che porta direttamente in Carinzia presidiata in forze, per la mancanza di difese naturali, e affidata in massima parte ai cannoni del vecchio Forte anti napoleonico Hensel di Malborghetto* del 1809. I punti più difficili del fronte naturalmente erano affidati a battaglioni e il loro numero e consistenza si riduceva ulteriormente se in un'area non vi erano per vari motivi offensive e scontri consistenti in corso o programmati. Da parte italiana a fronteggiare le divisioni austro/tedesche nelle giornate di Caporetto il XII C.d.A. composto da tre divisioni (26-36-63a) per un numero superiore di battaglioni ma non per armamento e addestramento (Il nemico aveva battaglioni Jäger, d’assalto, e compagnie rocciatori), ma la 63a fu spostata da Palmanova solo 2 giorni dopo l'attacco e quindi sarebbe da depennare come organico standard fino al 24. E' però vero che in Carnia e nelle Alpi Giulie si turnavano molti reparti mandati fra i monti a riossigenarsi (a liberare i polmoni dai veleni di guerra). . LA GEOGRAFIA |
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**Fiume But principali affluenti di sinistra, il rio Fontanon, la Pontaiba, il Chiarsò: questi due ultimi nascono alle pendici del Monte Paularo (m.2043) ma il primo raccoglie anche l'acqua dal monte Tersadia (m. 1961) e il secondo che scorre nella valle d'Incarojo raccoglie l'acqua oltre che dal Paularo, passando dal paese omonimo dal gruppo Zermula (m. 2143), Salinchiet (m. 1857), Cullar (m. 1764 o Chiaf del'Omp, Sernio (m. 2.187) e Palaverte (m. 1785). |
La Carnia vera e propria differisce da tanti ambienti alpini per il grande abbassamento dei limiti altimetrici climatici (circa 400 m.: abetine e faggete già da 400 m e zona alpina scoperta già sotto i 2.000 m). L'abbassamento si ripercuote nella morfologia degli abitati e delle colture. La causa del fenomeno è da attribuirsi alla grande abbondanza di precipitazioni sia piovose sia nevose (invernali). Da notare che a Fusine ad appena 800 m si possono registrare temperature attorno allo zero in tutti i mesi dell’anno (naturalmente di notte). Nella zona del Lago Superiore di Fusine a 928 m è riuscito a nevicare anche in Agosto (nel 1967). Qualcuno mi diceva che i metri di neve che cadono nell'intero arco dell'inverno possono qui essere anche oltre i cinque. Ma questa è un'area fuori dal nostro contesto perché nelle Alpi Giulie che avevano gli stessi limiti climatici. |
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Die Bahn wurde in zwei Abschnitten errichtet: Arnoldstein-Hermagor(1894), Hermagor - Kötschach-Mauthen (1915). In der Tat brach 1915 der Krieg zwischen Italien und der Donaumonarchie aus. Nun zeigte sich deutlich, daß die neue Front unzureichend versorgt war. Unter Heranziehung von Kriegsgefangenen wurde noch bis Ende 1915 unter teils sehr schwierigen Bedingungen eine Militärbahn(ca. 31 km) von Hermagor bis Kötschach-Mauthen errichtet. La ferrovia è stata costruita in due fasi: Arnoldstein - Hermagor (1894), Hermagor - Kötschach - Mauthen (1915). Ora era evidente che il nuovo fronte era stato trascurato ed inadeguato allo sviluppo del conflitto. Con l’utilizzo di prigionieri entro la fine del 1915 venne portato a termine non senza problemi l’ultimo pezzo di 31 km da Hermagor a Kötschach-Mauthen. |
Il settore strettamente interessato ai combattimenti del 47° e di altri reparti che compariranno nelle testimonianze (ma qui in 2a parte se ne indica qualcuno) si riduce alla sinistra But** e alla destra Aupa (Val) in un triangolo rovesciato con la base a Nord di circa 20 km di lunghezza poggiante sulla catena montuosa che va dal Monte Paularo (m. 2043), al Monte Dimon (m. 1537 ?), al Neddis (m. 1990, al Cul di Creta (m. 1913), allo Zermula (m. 2143 e alle cime orientali Zuc della Guardia m.1911 e Pizzul), al Salinchiet (m. 1858) (e a sud il Cullar (m. 1.794), al Palon di Lius (m.1707), alla Creta dal Cronz (m. 1664), al Glazzat (m. 1348) e la Sella Cereschiatis (m.1066). Il torrente Pontebbana separava fisicamente per buona parte questa linea dal nemico che si arroccava oltre il fiume. La catena montuosa centrale dal Salinchiet alla Creta Grauzaria e al Sernio costituiva anche asse di separazione dell’operatività della 26a divisione a ovest e la 36a a est. Le posizioni volte a Est come la arretrata Forca Griffon si presume fossero 2a linea almeno fino al momento che non esplode il problema Caporetto e a Forca Griffon affluiscono dalla Val Aupa e Sella Cereschiatis per sentieri noti i nemici. Il monte Zermula, e in particolare la Punta Cul di Creta, ha rappresentato, sul fronte carnico della Grande Guerra, uno dei capisaldi fondamentali delle linee italiane. Il Comando Supremo attribuiva nei piani anteguerra somma importanza a questo contrafforte (alla linea) Monte Zermula, Monte Cullar, Monte Sernio (2187 m.), sull’asse centrale (o altezza del triangolo). La sua perdita poteva causare la separazione dei due Settori e l'aggiramento dello sbarramento di Chiusaforte oltre che aggiramento delle posizioni della alta Valle del But. Gli austriaci attribuivano a loro volta uguale importanza al passo di Monte Croce Carnico, nonostante l’asperità dal versante italiano (oggi si pensa a un tunnel), perche li metteva in grado di sfociare a Tolmezzo sul Tagliamento che col Fella a Chiusaforte e Moggio erano considerate dallo S.M. di Vienna come una delle (tante) porte per l'invasione dell'Italia. Sulla linea del Fella così come del Tagliamento, dalla curva di Amaro al mare, erano state predisposte fortificazioni per una resistenza a oltranza volta sia a nord sia a Est: ma non funzionarono. |
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Il bollettino di guerra del 14 ottobre 1915 riportava "Il giorno 11 e 12 il nemico tentò un attacco della nostra fronte dal Monte Pal, ad est del Passo di Monte Croce, al Monte Sàlinchiet sul torrente Pontebbana. Dopo intensa preparazione di fuoco di artiglieria, cominciata il giorno 11 e durata tutta la notte successiva e parte del 12, nel pomeriggio di questa giornata l'avversario lanciò colonne di fanteria all'assalto delle nostre posizioni alla testata del torrente Chiarzò. Il contegno delle nostre truppe, l'efficace fuoco di artiglieria, mitragliatrici e fucileria e felici controffensive, da noi spinte nei settori laterali dal Pal Grande al Pal Piccolo, e dal Monte Pigul a Monte Salinchiet, valsero dopo una lunga lotta a ricacciare, sul cader del giorno, l'avversario, infliggendogli perdite gravi .... Nonostante l'entità delle forze impiegate dall'avversario e la lunga preparazione del fuoco di artiglieria, lo slancio dell'attacco fu dal nostro fuoco calmo e preciso rotto a notevole distanza dalle nostre posizioni che l'avversario con ogni suo sforzo non riuscì neppure ad avvicinare. Nuclei nemici, rimasti annidati nella zona boschiva del Lodinut, all'inizio del torrente Chiarzò, sono stati nella giornata del 13 efficacemente battuti dai tiri di fucileria e di artiglieria e fatti segno ad attacchi di nostri drappelli che hanno preso anche alcuni prigionieri". Per quanto riguardava il settore But - Aupa il discorso grandi attacchi poteva considerarsi chiuso. Diverso il discorso per Monte Croce Carnico che fin dal primo giorno di guerra fu teatro di furiosi scontri già descritti in altre pagine del sito ma che riassuntivamente ricordiamo nuovamente….. |
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sopra manifesto cartolina illustrante i corsi "accelerati" per allievi ufficiali del 1915 che buttavano letteralmente in trincea giovani inesperti che si ritrovavano a comandare plotoni se non compagnie |
LA GUERRA
…..Come in altre parti del fronte le prime mosse austriache furono quelle di occupare posizioni strategiche “difendibili” poiché questa era la loro strategia di fronte al dichiarato obiettivo italiano di attaccare sempre e comunque (le dodici spallate). Il giorno 16 maggio 1915 il Comando Supremo Italiano inviava al comando della Zona Carnia l'ordine di operazioni n. 1 col quale in sostanza confermava le direttive già impartite il primo di aprile e che intendevano un'apertura verso la Carinzia con la caduta del forte Hensel a Malborghetto e le altre opere fortificate di Raibl, Predil e Plezzo. Si intendeva così favorire i movimenti della IV Armata dispiegata sulla sinistra che doveva procedere verso la Drava (per il Comelico) e della II Armata dispiegata sulla destra. L'azione della II Armata doveva anche essere supportata dalle artiglierie che avevano ricevuto l'ordine di battere la strada del Predil ed impedire i movimenti di truppe austro-ungariche che da Tarvisio si fossero portate in direzione di Caporetto proprio attraverso questo passo. Le vette più contese furono il Pal Piccolo e il Pal Grande a ovest della nostra zona d’indagine al passo di Monte Croce Carnico. I combattimenti molto aspri continuarono fino alla metà del mese di giugno (1915) e portarono alla ribalta anche un’altra cima, il Freikofel; I rilievi passavano di mano quasi quotidianamente, largamente contesi tra i battaglioni alpini Val Tagliamento, Val Maira e Val Varaita e le unità austro-ungariche tra le quali merita ricordare la 59a brigata da montagna. I combattimenti erano comunque destinati ad esaurirsi con il Freikofel e il Pal Grande in mano italiana e con il Pal Piccolo in mano austriaca. http://certosa.cineca.it/chiostro/eventi.php?ID=125&al=1 L'inverno 1915-1916 trascorse combattendo l’altro nemico dei soldati il freddo, i pidocchi e le malattie sotto un abbondante innevamento. Nella notte del 26 marzo 1916, gli Austriaci tentarono ancora una volta di ricacciare gli Italiani dalle posizioni del Pal Piccolo sbucando da gallerie scavate nella neve: dopo una lotta accanita, durata fino al mattino del 27, alpini, bersaglieri del 16° e fanti riuscirono a riconquistare le trincee temporaneamente perdute. Egualmente infruttuoso rimase un altro attacco austriaco, il 16 novembre 1916, a vetta Chapot, a nord del Pal Piccolo. La primavera del 1917 arrivò senza che i comandi avessero preparato azioni militari di un certo rilievo e dopo mesi difficili per tenere aperti accessi a ricoveri e baraccamenti, non più di fortuna, ma sempre precari. Il 16 aprile, una trentina di alpini del battaglione “Pinerolo”, sbucando da una galleria scavata nella neve, occuparono la colletta Pal Piccolo, sul Dosso del Cammello. Come risposta, nella notte fra il 22 e il 23 maggio, utilizzando una speciale macchina escavatrice a trivella, i carinziani del KUK Infanterie Regiment n. 7 “Graf von Khevenhuller” cercarono di forzare lo sbarramento del passo di Monte Croce Carnico, scavando una galleria, nella neve, lunga 780 metri. Ma l’attacco fu contenuto e poi respinto dai difensori, come pure il 24 agosto, quando un reparto austro-ungarico cercò di irrompere, con il favore delle tenebre, attraverso il passo del Cavallo. Per entrambi i contendenti il fronte Carnico era diventato ormai una zona neutra, dove i reparti più provati potevano trascorrere un periodo di riposo e ricostruire gli organici dopo le terribili battaglie sull’Isonzo. Addirittura gli austro-ungarici presidiarono ampi tratti del fronte Carnico con reparti di tracomisti, soldati ancora abili all’uso delle armi, ma che avevano contratto un’infezione agli occhi, molto contagiosa ma non grave, che nella solitudine e tranquillità delle posizioni alpine (e dell’aria buona) poteva anche guarire (anche gli italiani rimandarono al fronte i tracomisti). Torniamo col racconto alla vigilia di Caporetto per fotografare quella che sul fronte era, da mesi, la situazione. |
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LE PORTATRICI CARNICHE Abbiamo parlato a fianco di accessi perché queste montagne erano da sempre utilizzate dai “valligiani”, ma nel periodo estivo e a quote morfologiche “più basse”. Ora però si combatteva o si presidiavano i 2000 metri e non c’erano sentieri e carraie attrezzate. Da ambo le parti la guerra più dura era la lotta contro il freddo e le valanghe: bisognava ad ogni costo tener aperte le strade che raggiungevano il fondo valle poi altre piste percorse dagli animali in alpeggio. La forza media presente nei due sottosettori Alto But e Val Chiarsò, si aggirava costantemente intorno ai 10-12 mila uomini (15 battaglioni). Tutti questi soldati per vivere e combattere nelle migliori condizioni di efficienza materiale e morale, dovevano essere vettovagliati ogni giorno e riforniti di munizioni, medicinali, materiali di rafforzamento delle postazioni, attrezzi vari e così via. Dal fondo valle, dove erano dislocati i magazzini e i depositi militari, sino alla linea del fronte, non si potevano usare mezzi o carri a traino animale ma solo some e a volte escluse anche queste. Ogni rifornimento doveva perciò avvenire col trasporto a spalla; per farlo non si potevano sottrarre militari alla prima linea senza recare pregiudizio all’efficienza operativa delle varie unità. Per far questo si prestarono i valligiani e fra questi molte donne, le Portatrici di Treppo Carnico, di Ligosullo e di Paularo. In sostanza, la linea di combattimento rifornita dalle Portatrici di Paluzza e degli altri Comuni dell'Alto But Sutrio e Cercivento, aveva un'ampiezza frontale di circa sedici chilometri, poiché si estendeva dal Monte Coglians al Monte Questalta. |
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Furono dotate di un apposito bracciale rosso con stampato il numero del reparto da cui dipendevano. Il carico dei rifornimenti da portare alle prime linee, sui 30 - 40 kg e anche più. Il compenso: una lira e cinquanta centesimi a viaggio, equivalenti a circa L. 6.000 lire di oggi. Tre di loro rimasero ferite (Maria Muser Olivotto, Maria Silverio Matiz di Timau e Rosalia Primus di Cleulis) e una fu colpita a morte (15 febbraio 1916): Maria Plozner Mentil che "riposa" nel Tempio Ossario di Timau accanto ai resti di 1764 combattenti (di cui179 Bersaglieri). Con la Legge 263/1968, alle "Portatrici" è stata conferita l'onorificenza di Cavaliere dell'Ordine di Vittorio Veneto per riconosciuti meriti combattentistici. Il I° ottobre 1997 il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro ha conferito "motu proprio" la medaglia d'oro al Valor Militare, a Maria Plozner Mentil seconda donna Italiana ad avere una medaglia al valor militare. I bersaglieri ricordano in particolar modo la medaglia d'Oro Michele Vitali morto il 27/3/16. |
Con lo stabilizzarsi del fronte in questo settore le posizioni italiane correvano, partendo dallo Zermula, per Monte Salinchiet, Monte Cullar, Creta di Crons, Cuel di Ierbis (m. 1537), Monte Glazzat (m. 1248), Sella Cereschiatis, Studena Alta, Monte Fortin che domina Pontebba e, oltre il Canale del ferro, il Clap Forat, Monte Pocet, Sella Bieliga …... Quelle austroungariche invece, costituite da una serie di capisaldi fortificati con trinceroni e da postazioni di artiglieria, si sviluppavano lungo la linea Creta di Aip (m. 2279), Monte Cavallo di Pontebba (Rosskofel m. 2239), Monti Malvueric Alto e Basso, e oltre la strada del passo di Pramollo Monte Bruca, Monte Brizzia, Malga Cucco. In questo settore i due contendenti non avevano intrapreso azioni di rilievo o di attacco alle rispettive vette. Gli austriaci non avendo a disposizione forze sufficienti per azioni più ambiziose si accontentarono dei risultati sanguinosamente ottenuti. Ciò comportò che qui, dove le linee contrapposte, a differenza di altre zone del fronte, erano separate da una fascia “di terra di nessuno” relativamente ampia, la lotta tra i due contendenti si trasformò ben preso in azioni di pattuglia ad ampio raggio. Fu così che lungo la valletta del rio Pontebbana, lungo il rio Bombaso e attorno ai singoli avamposti, si svolsero, fra le opposte pattuglie, scontri furibondi con numerose perdite da entrambe le parti. Gli italiani fortificarono poi con opere pesanti il territorio attorno al Monte Glazzat m 1.348 (lungo il sentiero d’accesso si scorgono resti di trincee, postazioni di mitragliatrici, caverne e zoccoli di ex alloggiamenti) e alla Sella Cereschiatis (m 1066) oggetto di lavori di fortificazione già nel 1911 (visibili i resti di edifici, trincee e postazioni d’artiglieria).
LA
SITUAZIONE CREATASI CON LA ROTTA DI “CAPORETTO” |
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dal sito
http://www.dlfudine.it/gruppi/articoli_tender/tender57.pdf
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Dal diario del 47° - anno 1917 |
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Fino al 24 febbraio il battaglione è dislocato tra forc. Valsorda,
Cima Boalon, Campo Fiamena e Zortea (56" divisione). Sostituito poi
dagli alpini del Val Camonica, è inviato il 26 a Chiusaforte e il 27 a Galizzis, a disposizione della 36a divisione. Disloca le compagnie 2a e
3a rispettivamente a Cereschiatis ed a Bevorchians, 1a e 4a a Moggio
Udinese. Posto a disposizione della 26a divisione, il 10 marzo è
trasferito in ferrovia a Tolmezzo, da dove prosegue per Dierico, Paularo
e Salino (valle But e Chiarsò). Il 12 in regione Turriée, disloca i suoi
riparti fra Cuel Mal, M. Salinchiet, Pian del Bar ?, M. Palon e Forca
Pradulina. In tali posizioni il battaglione alterna le sue compagnie
fino al 27 ottobre, allorché, in seguito all'offensiva austro - tedesca,
viene iniziato il ripiegamento delle truppe dalla zona Carnia Il 28,
mentre il XLVII bersaglieri è all'altezza di Forca Griffon, è attaccato
verso un'ala e perde quasi una intera compagnia. Il 1° novembre un'altra
compagnia occupa Socchieve (sul Tagliamento) scacciandone il nemico e
catturando prigionieri. Dopo successivi resistenze a M. Corona ed alle
forcelle di M. Rest e M. Solpareid, riprende la marcia per la valle del
Meduna, sosta e combatte a Poffabro (sulla Strada Tramonti Barcis) e
muove il 6 verso la forcella Clautana (risalendo il Cellina), ove oppone
una nuova tenace resistenza, poi ripiega su Longarone e Belluno. Il 9 è
a Meau, il 10 ad Arten, l'11 a Valstagna, il 13 a Vegre (sud di Sandrigo).
foto della grande guerra |
Citiamo da Trevisan “Gli ultimi
giorni dell’armata perduta” -... La sorpresa sul campo strategico, l’eccessiva sicurezza e fiducia nelle proprie forze, l’insufficiente organizzazione dei collegamenti, l’impreparazione a un diverso e imprevisto modo di combattimento condotto con estrema rapidità e determinazione e con azioni d’infiltrazione di piccoli reparti in profondità miranti a penetrare le linee di difesa, portarono al crollo del nostro schieramento su tutto il settore dell’attacco dal Rombon allo Ieza … La sera del 26 ottobre il generale Cadorna, trasferita la sede del Comando Supremo da Udine a Treviso, impartì alla 2a e 3a Armata e al XII Corpo d'Armata della Carnia le direttive per il ripiegamento sulla linea del Tagliamento (che avrebbe fatto perno con Casera Razzo al congiungimento con le linee della IV armata del Cadore); nella stessa notte l'ordine divenne esecutivo. Contemporaneamente fu allertato il generale di Robilant in Cadore, il quale doveva mantenere le sue posizioni, ma predisporre le necessarie misure per la ritirata (parziale). Ora il piano strategico non era più la resistenza a oltranza sulle linee di difesa, ma un generale ripiegamento indirizzato ai passaggi sul Tagliamento e la difesa delle teste di ponte, per garantire il transito delle colonne dei soldati oltre il fiume. Ancora il 26, a rinforzare il collegamento fra l'ala sinistra della 2a Armata e il XII Corpo d'Armata nella zona particolarmente importante della fascia pedemontana da Trasaghis a Pinzano, Cadorna provvide a costituire un nuovo Corpo d'Armata affidato al comando del generale Antonino Di Giorgio, recuperando in tutta fretta dalle retrovie la 20a divisione del generale Lorenzo Barco e la 33a divisione del generale Carlo Sanna. Questo Corpo d'Armata non ebbe nemmeno il tempo di avere un numero d'ordine: fu chiamato Corpo d'Armata Speciale (o gruppo tattico Di Giorgio). Nonostante la mancanza di ogni struttura organizzativa, collegamenti, artiglierie e servizi, il Corpo d'Armata Speciale si batté con valore e riuscì a contrastare tenacemente il nemico, assumendo un ruolo di grande rilievo strategico nella battaglia di arresto, poi di ripiegamento sul Piave. Nella stessa giornata del 26 Cadorna provvedeva a rinforzare il XII della Carnia, inviando la 63a divisione del Gen. Rocca a difendere le valli Resia e Venzonassa (Venzone). Non era quindi crollato il fronte carnico e la sua appendice giuliana delle valli Resia, Raccolana e Dogna, ma era in atto un generale ripiegamento che avrebbe dovuto consentire di salvare i battaglioni di queste valli e quelli della Carnia oltre Tagliamento su nuove posizioni difendibili. Molte di queste posizioni nell’alta valle del Tagliamento non erano state approntate per tempo all’infuori del forte di Monte Festa e di Chiusaforte, mentre quelle a sud erano predisposte ma l'artiglieria era stata "cannibalizzata" in tempi magri. http://www.tuttostoria.net/focus_recensione_storia_contemporanea.aspx?ID=509 tutte le fortezze.... La lontananza dai campi di battaglia, l’esigenza di bocche da fuoco da dirottare a supporto dei reparti operativi ed il carattere obsoleto della fortificazione permanente (confermato sul campo nel giugno 1915, quando il tiro austriaco smantellò il Forte Verena, sull’Altopiano di Asiago, annientandone la guarnigione), suggerirono al Comando Supermo di disarmare le fortezze friulane. In seguito a questa direttiva, destinata ad essere amaramente rimpianta di lì a due anni, dall’estate del 1915 in poi la maggior parte degl’impianti venne privata di cannoni e munizionamento, eccezion fatta per talune opere della Piazzaforte “Alto Tagliamento”. |
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