L'ULTIMA BATTAGLIA IN CARNIA E LA PRIGIONIA 

 

IL CASO DEL 47° BATT. AUT. BERSAGLIERI

CARNIA 24-29 ottobre 1917 - 2a parte

Gli interrogatori

    Continua dalla prima parte – Sempre da Trevisan …
La 36° divisione del Gen. Taranto che controllava la curva del Tagliamento da Preone fino all’altezza di Osoppo comprendeva il 15° Bersaglieri disceso dalla val Dogna e il cui destino non sarà dissimile dai molti altri della Carnia. Ne mettiamo alcune testimonianze più sotto. Per correttezza e confronto mettiamo anche le città e i paesi occupati fonte Camillo Pavan:
- Il 30 occupate Moggio Udinese, Amaro, S. Daniele del Friuli, Codroipo. Pontebba isolata**.
- Il 31 occupata Tolmezzo, Villa Santina. Resistono Pinzano (ponte), Ragogna e Cornino (ponte ferr.)
- Il 1° novembre minati i ponti fino a Latisana. Occupate Ampezzo e Sappada.
- 2 novembre - I bosniaci nella notte tentano di forzare il crollo (le macerie)del Cornino passando sull’altra sponda prima della mattina del 3.

Trevisan da Moggio occupata il giorno prima così pure le testimonianze dei bersaglieri ma ad ora tarda.
- 4 novembre – Lo sfondamento e il passaggio del Tagliamento a Nord di Pinzano mette in crisi tutto il settore Sud e quello carnico.
Anche alla IV armata del Cadore viene ora ordinato di retrocedere. Il dilagare dei tedeschi nelle Prealpi Friulane provoca il successivo ordine di ritirata generale sul Piave. Il Corpo d’Armata Speciale (o CAS di Di Giorgio) ora continua a coprire la sinistra della III armata e le eventuali provenienze dalla Carnia pedemontana  (Maniago, Meduno). Alle forze imbottigliate nelle prealpi carnico friulane non restavano molte vie di fuga.

** Pontebba era divisa dalla omonima austriaca (Pontafel) dal torrente Pontebbana. La popolazione italiana di Pontebba (e quella austriaca opposta), che fino al 1915 aveva vissuto tranquillamente, fu evacuata. I ponti (quello stradale e quello ferroviario) vennero fatti brillare. Nel cimitero della parte austriaca ci sono ancora 21 targhe a ricordo di caduti austroungarici.

  Il XII Corpo d'Armata nelle Alpi Carniche e Giulie
L'ordine esecutivo di ritirata giunse al Comando del generale Tassoni a Tolmezzo alle ore 3 del 27 ottobre. Secondo le direttive già ricevute e diramate ai comandi divisionali, i reparti dovevano abbandonare le loro posizioni e, contenendo la pressione del nemico, andare a schierarsi sulla nuova linea di difesa da Casera Razzo ad Ampezzo e sulla sponda destra del Tagliamento da Ampezzo a Peonis.
26a divisione
Nel settore carnico occidentale la 26a teneva la linea di fronte dell’alta Val Degano (col. Guglielmo Marelli), Val del But (col. brigadiere Vincenzo Boveri) e Val Chiarsò (col. brigadiere Adolfo Danise da cui dipendevano anche i nostri reparti XLVII (47°) e LVI (56)), fronteggiata dalla XXV e LVII brigata da montagna (94a div. - gen. Lawrowski) della 10a Armata austro-ungarica.
Il 27 ottobre i reparti riuscirono a sganciarsi dal nemico e il ripiegamento poté svolgersi in buon ordine, secondo i modi e i tempi prestabiliti, anche con un parziale recupero delle artiglierie e del materiale. Il nemico si limitò a occupare le posizioni abbandonate e seguire senza incalzare a stretto contatto le truppe in ritirata.
Il 29 ottobre furono sgombrate Paularo in Val Chiarsò, Paluzza in Val del But, Ravascletto in Val Calda, Forni Avoltri, Rigolato e Comeglians in Val Degano, il 30 Prato Carnico e Pesaris. Parte delle truppe provenienti dall'alta Val Degano fu avviata per la Val Pesarina nella zona di Casera Razzo (per scendere poi in Cadore); le altre andarono a schierarsi a Passo Pura, Ampezzo e Priuso. Incendiati e distrutti artiglierie e materiali non trasportabili, fatti saltare i ponti e interrotte in più punti le opere stradali, la sera del 30 la 26a di visione era schierata sulle nuove posizioni nell'alta Val Tagliamento.
36° divisione

Nel settore della Carnia occidentale e delle Alpi Giulie la 36a divisione teneva la linea della Val Aupa, Val Fella, Val Dogna e Val Raccolana; di fronte erano schierate la XXIX e la LIX brigata da montagna (92a divisione - gen. Hordt) della 10a Armata austro-ungarica.
L'attacco nemico fu più violento nella zona del Rombon e verso Sella Prevala, dove intervenne anche la CCXVI brigata della divisione Edelweiss (14a Armata) salita da Plezzo. Accaniti combattimenti si svolsero sui valichi, nelle valli, presso gli sbocchi delle vallate … alle ore 12 del 29 ottobre i nemici occuparono Chiusaforte e subito dopo Resiutta e Moggio alla base della Val Aupa. La nuova situazione di comando sul fronte orientale era ora. Fianco destro del XII C.d. Autonomo della Carnia, il C.d.A. Speciale di Di Giorgio agli ordini del Gen. Etna: il centro al Gen. Petitti di Roreto con quanto era scampato della II armata che si collegava alla sua Destra con le truppe del Gen. Ferrero che coprivano il regolare ripiegamento della III armata del Duca d’Aosta .
La 26a divisione (i superstiti) fu spezzata in due gruppi tattici: il primo del Brigadiere Boveri col 19° Bersaglieri (Col, Marelli vedi racconto a parte), l’11° bersaglieri (Gino Graziani) al punto di contatto con la IV armata del Cadore, fanti e alpini. Il secondo del Brigadiere Danise con il 16° Bersaglieri (Col. Ronca), il 47° (2a e 3a cp.) e il 56° battaglione autonomo bersaglieri, reparti d’assalto e alpini del Susa (magg. Zanetti).
    IL 15° REGGIMENTO BERSAGLIERI - Negli stessi giorni poche decine di chilometri più a est

Questo il racconto ufficiale. La realtà nel singolo minore reparto però varierà di molto il giudizio dei fatti. Il racconto  che vedremo dagli interrogatori degli ufficiali (e del loro comandante) ritornati dalla prigionia  descriverà una situazione  molto più complessa fatta di silenzi nei comandi nei momenti cruciali, di difficoltà  di comunicazione ai vari livelli e di assoluta mancanza d'esperienza di molti  ufficiali, spesso aspiranti con  4/5 mesi di fronte alle spalle. I Bersaglieri a difesa delle forcelle o forche intervallate alle cime, Forca Pizzul fra il Salinchiet e lo Zermula, Forca Pradulina fra il Salinchiet e il Cullar e Forca  Griffon fra il Cullar e il Flop (m. 1715) anticima della Creta Grauzaria non riusciranno a raggiungere (se non in parte) il fondovalle del Chiarsò (poi il But che porta a Tolmezzo) o si sacrificheranno per quelli che da Timau, Monte Croce Carnico, cercano  di raggiungere il fondovalle But e la “salvezza” a Tolmezzo oltre il Tagliamento.

I CONVULSI PROCLAMI DELLA ROTTA
Da: Comando Supremo a S.E. il Min. della Guerra, Gen. Gaetano Giardino
Udine, 25 ottobre 1917, ore 19.47
L'offensiva nemica ha ripreso sulla fronte Saga-Stol-Luico e sull'altopiano di Lom. L'attacco nemico è riuscito a Luico e ad Auzza.Le perdite in dispersi e cannoni sono gravissime. Circa dieci reggimenti si sono arresi in massa senza combattere. Vedo delinearsi un disastro, contro il quale lotterò fino all'ultimo. Ho disposto per la resistenza fino al limite del possibile, nei monti e sul Carso; ed ho predisposto, senza emanarlo, l'ordine di ripiegamento sul Tagliamento. Prego informare Governo, avvertendo che non viene trasmesso complemento bollettino. Gen. Cadorna

Quella giornata era stata molto convulsa e Cadorna si era già espresso su quanto stava accadendo o su quello che riusciva a percepire poichè anche i suoi collegamenti erano saltati e se comunicava, lo faceva con pochi e con notizie che alla ricezione erano sorpassate dai fatti. La mattina del 25 ottobre Cadorna aveva già telegrafato al governo: 
“Alcuni reparti del IV C.d.A abbandonarono posizioni importantissime senza difenderle”.
E poi diceva al suo fedele collaboratore gen. Gatti:
“L’esercito, inquinato dalla propaganda dall’interno, contro cui io ho sempre invano lottato, è sfasciato nell’anima. Tutto, pur di non combattere. Questo è il terribile di questa situazione”.
La sera del 25 il messaggio in testa a Giardino. Il giorno dopo, 26,  .... anche peggio

  Così si espresse il Senatore Pullè ufficiale anziano del reggimento di ritorno dal Parlamento per la caduta del Presidente del Consiglio
.... La sua incondizionata fiducia a Cadorna richiede questo passo (tornare a combattere). Sul treno per Bologna il senatore sente le notizie più esagerate e spera di trovare al comando tappa indicazioni per raggiungere i commilitoni. Al reparto ha lasciato tutto, cambi di vestiario, appunti e ricordi. Egli cercherà per giorni il 15° Bersaglieri, per settimane si recherà per averne notizie al Comando Supremo (a Padova), ma ogni suo tentativo risulterà vano. - Dal suo Diario
- Sabato 3 novembre: Vedo Cadorna che traversa la sala e scende le scale col suo fare solito. Parmi solo un pò più imbiancato. "Dove va?" - mi chiede - "A raggiungere il mio reggimento" - gli rispondo - "Dove" "Credo a Cavazzo" "Si?! - se al lago di Cavazzo Carnico ci sono i Chiodi!" (i tedeschi)
- Domenica 4 novembre: In treno da Conegliano a Pordenone - Spilimbergo. Vano tentativo di riprendere la via per Pinzano dove trovasi il gen. Di Giorgio a fronteggiare i tentativi di forzamento del fiume. Un treno di filoferro parte diretto per Pordenone. Di qui in camion a Spilimbergo, poi a piedi a Pinzano. Ma Cadorna aveva ragione: nuclei di chiodi sono già al di qua del Tagliamento. Rischio di esser incontrato da una loro pattuglia (Di Giorgio a quest’ora è già a Sequals, 10 km oltre Pinzano con le nuove linee di resistenza sul fiume Meduna).
- Lunedì 5 novembre, Meduna: La riva destra del fiume (Tagliamento) è già occupata fra Pinzano e il lago di Cavazzo Carnico e la depressione dove sono impegnati i resti della 36ª Div. e quindi il mio 15° come sapeva il Cadorna. Pare che le truppe tedesche operino nella parte montana, mentre le austriache avanzano nella pianura. Si combatte ancora lassù ma di qui non ci si arriva più. E' probabile che la ritirata si operi per Ampezzo mirando alla valle dell'alto Piave. E' probabile che chi ha potuto, prenda questa; quella da Verzegnis lungo le rive del torrente Arzino, li porterebbe da oggi in bocca al lupo; a quest'ora i nemici occuperanno per certo Forgaria e Clauzetto !.


Cesco Tomaselli in un articolo anni dopo... il 51° Battaglione (15° reggimento), accerchiato dal nemico irrompente sul Canale del Ferro, per ogni dove, decimato dai combattimenti e dalla tempesta, pressato, incalzato di giorno e di notte, stremato dalla deficienza delle munizioni, con la più deprimente visione dell'isolamento assoluto, il 31 ottobre, a notte alta, sull'angusta confluenza dell'Apua col Fella, tentato invano di forzare Moggio già occupata da una Divisione austriaca, saltati i ponti da ogni lato, attanagliato dai monti e dal fiume avvolgente, esaurite le munizioni, scrisse con la baionetta l'ultima sua pagina. I superstiti risparmiati dal fuoco incrociato del nemico, videro gli ospedali di Moggio Affollarsi dei nemici feriti nella resistenza che la 36° divisione opponeva sul Tagliamento. Udirono ancora, dal loro letto di dolore, il tuono maestoso e tenace per qualche giorno dei cannoni dell’eroico San Simeone. Incorati dall’eco cruenta di S. Francesco, Tramonti, Pradis, attesero ansiosi finché tutto tacque irrimediabilmente. Allora colonne di fratelli disfatti ma fieri, portanti i segni della lotta a oltranza, risalirono inquadrati fra baionette nemiche l’orrido insanguinato Canale del Ferro.

Pagine del diario del Sergente dei Bersaglieri Mario Maggia del 15°.
- 6 Novembre - Alle 4 del mattino si prende contatto col nemico. Si attacca a fondo; guadagniamo qualche km di terreno ma le grandi perdite ed il giungere di rinforzi freschi all’avversario consigliano il comando di divisione a desistere dall’impresa. Verso le sei viene l’ordine di abbandonare la posizione, attraversare i due monti che abbiamo di fianco senza seguire la mulattiera e cercare di uscire per Tramonti ove forse i germanici non sono ancora giunti (là). Si inizia subito il movimento. Piove a dirotto. Si attraversano posizioni orribili; burroni e precipizi travolgono buona parte dei quadrupedi e qualche bersagliere. (Ndr a quest'ora il grosso della III armata è ormai al Piave: non ci sono più speranze perchè questi della Carnia si salvino).
- 7 Novembre - Verso le 12 si giunge a Campon. Il colonnello ci ordina di ammazzare alcuni cavalli abbandonati e confezionare il rancio (sono giorni che non si mangia). Ci mettiamo all’opera, appena iniziato il lavoro raffiche di mitragliatrici provenienti da tutti i lati ci investono. Impossibile muoverci e fare resistenza; siamo circondati. Il colonnello Dompè ordina la resa. Il momento è terribile: si zittisce tutti ed alzando le pezzuole bianche e buttando le armi, le lacrime malamente trattenute bagnano le ciglia di quasi tutti noi.
L’ignoto verso cui ci dirigiamo ci spaventa più di una pallottola in fronte.

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INIZIAMO DA QUESTA PAGINA LA PUBBLICAZIONE DEL 1° DEI 4 INTERROGATORI SELEZIONATI DEGLI UFFICIALI DEL 47° BATTAGLIONE RITORNATI DALLA PRIGIONIA E CITANTI LE LOCALITA ' VISTE NELLA PAGINA PRECEDENTE. PER AIUTARE MAGGIORMENTE IL LETTORE A FIANCO DELLE LOCALITA' UNA LETTERA ALFABETICA CHE AL LINK MAPPE AIUTERA' AD INDIVIDUARE LA POSIZIONE PRECISA DELL'ULTIMA RESISTENZA IN CARNIA. Mappe parziali anche in queste pagine 

Interrogatorio Tenente Moro Aurelio 47° Batt.ne - Reparto zappatori - Barletta 06.12.1918 - riferisco quanto segue.

Il giorno 24-10-17 lo scrivente comandate il reparto zappatori faceva completare le opere di difesa della Forca Pradulina (Carnia).A
Il g. 25-10-17 veniva inviato all’ospedale di Tolmezzo per l’estrazione di una piccola scheggia di capsula di bomba che eraglisi conficcata nell’occhio destro.
Il g. 26/27-10-17 trovavasi ricoverato all’ospedale di Venzone dal quale la sera del 27 si allontanava volontariamente per raggiungere il battaglione che trovavasi nelle prime linee della regione Turriè
B(dal Rio Turriea o cima Turrion m. 1632 antecima del Cullar
). Durante la notte dal 27 al 28 ricevette l’ordine per un’eventuale ritirata prima dal Comando di regione poi dal Comando Tattico; sia nel primo che nel secondo ordine il reparto doveva seguire il battaglione dopo aver distrutto tutto il materiale e interrotte tutte le comunicazioni.

R. Esercito Italiano - C. SUPREMO
Ordine del giorno all’Esercito (da diramare fino ai comandi di compagnia)

Il primo urto sferrato dalle forze austriache e germaniche , ha dato al nemico sopra un settore della nostra fronte, degli improvvisi risultati per lui stesso inattesi. Tale subitaneo cedimento della nostra linea in un punto vitale, per opera di truppe avversarie non preponderanti di numero, è solo spiegabile come conseguenza di un cedimento morale i cui terribili effetti gravano su quanti hanno sentito la loro responsabilità di uomini e soldati. Ma oggi lo smarrimento di chi non ha saputo combattere non deve propagarsi come uno stato d’animo deprimente in quanti lottano con valore. Che un falso sentimento della superiorità del nemico non ingeneri un falso sentimento di debolezza e quasi incapacità nostra a resistere.
L’ora è grave. La Patria in pericolo, ma il pericolo vero non sta nella forza del nemico quanto nell’animo di chi è pronto a credere che quella forza e invincibile. Io mi appello alla coscienza e all’onore di tutti, perché come in giorni ugualmente gravi dell’anno passato, ciascuno riafferrando le proprie energie morali ridiventi degno della Patria. Ricordi ogni combattente che non vi sono che due vie aperte per lui e per il Paese: O la vittoria o la morte. Nessuna esitazione, nessuna tolleranza. I comandanti siano ferrei. Ogni debolezza sia repressa senza pietà. Ogni vergogna sia purificata col ferro e col fuoco. Rendo responsabili tutti i comandanti dell’esercizio inflessibile della giustizia di guerra per tener salda la compagine dell’Esercito. Chiunque non sente che sulla linea fissata per la resistenza o si vince o si muore , non è degno di vivere.
Ma l’appello supremo lo faccio al cuore generoso dei soldati di cui da due anni conosco il valore, la serena e paziente resistenza ai sacrifizi, l’eroismo di cui la nazione è fiera. Essi devono oggi rendersi degni dei loro fratelli che a Passo Buole, sul Novegno, sul’altopiano di Asiago, hanno detto al nemico: ”di qui non si passa”. Dove i loro Capi diranno che si deve resistere, sentano che li si difende tutto ciò che di più sacro e di più caro hanno nella vita. Sentano nella voce dei loro comandanti la voce stessa dei loro vivi e dei loro morti , che chiede ad essi di salvare l’Italia . 26 ottobre 1917 - Il capo di S.M. dell’Esercito Cadorna

 

Alle ore 1 del g. 28 ricevetti telefonicamente dal Maggior Moretti l’ordine di raggiungere Pian del Bor o del Bar? (non individuata località) curare il trasporto del materiale e di inviare il Reparto a M. Cullar C dove doveva trovarsi il Capitano Bruno Sig.Aldo che prendeva il comando della seconda linea (di difesa). M. Cullar - Forca Griffon D. Tutta la giornata venne impiegata per il trasporto del materiale a Dierico E e per il caricamento delle mine. La sera stessa alle ore 17 ricevetti l’ordine telefonico dal comandate di battaglione di recarmi a Monte Zouf, di avvertire le truppe che lo presidiavano, dal nostro passaggio e di raggiungere poi il Reparto. L’ordine venne immediatamente eseguito, a Monte Zouf riferii l’ordine al Tenente Leoni del 56° Battaglione autonomo Bersaglieri, sul ritorno sulla mulattiera di Forca Pradulina F(m. 1482) incontrai il Comandante di Battaglione al quale riferii circa gli ordini ricevuti e sull’impiego della giornata.
Dal medesimo ebbi l’ordine di non distruggere niente ne provocare incendi perché erano già stati da lui stesso dati altri ordini, dal maggiore ebbi un biglietto per il Capitano Bruno. Per la mulattiera Forca Pradulina Casera Turriè (M. Turrion m. 1632), M Cullar (m.1764) raggiunsi il capitano Bruno a Casere Forchiutta
G(casera posta a sud del Cullar in direzione borgata Dioor) dove aveva stabilito il Comando di linea. Consegnai il biglietto ricevuto dal Maggiore e proseguii per Forca Griffon, ove trovai il mio reparto, la sezione mitragliatrici pesante del Battaglione e parte delle truppe della 36a Divisione che alle ore 10 del g. 29 lasciarono la linea ritirandosi in valle Aupa. Passai tutto il g. 29 privo di qualsiasi ordine e alle informazioni chieste al Comando ebbi per risposta l’ordine di –Attendere. La fittissima nebbia impediva qualsiasi osservazione. (la dorsale Centrale divideva il campo operativo fra la 26a a Ovest e la 36a a est)
Alle ore 17 mi diressi con tre uomini verso le posizioni di M. Palon
I(di Lius a dx del Cullar) per accertarmi se ancora erano occupate dalle nostre truppe ma dopo aver percorso circa 200 metri fui richiamato da un soldato che diceva latore di un ordine. Raggiuntolo mi comunicava che il Capitano Bruno ordinava la distruzione di tutte le armi perché completamente circondati. Respinsi il soldato perché sfornito di ordini scritti. Ristabilii l’ordine e attesi, dopo un quarto d’ora circa la notizia mi veniva confermata dal tenente Medico Benedetto e dal sottotenente Barbaro comandante la sezione mitragliatrici pistola (Villar Perosa), che mi invitarono ad una fuga, proposta che non accettai perché tutto era calmo, la mia truppa tutta armata e avevo ordini di non abbandonare la posizione senza ordini scritti. Attesi circa un’ora durante la quale avevo inviato al Comando, prima il Serg. Maggiore Montagna, poi il Caporale Amigoni?, e il Maresciallo Guicciardi i quali non avevano potuto sapere nulla di preciso, perché tutti i soldati erano ammassati intorno alle Casera Forchiutta sede del Comando. Con alcuni uomini raggiunsi il Capitano Bruno per avere ordini e chiarire la situazione, ma appena entrato nella casera venni circondato da Ufficiali austriaci che già avevano catturato tutti gli ufficiali della linea (era il 29 sera).

Fui internato prima nel campo di Mauthausen poi trasferito al campo di Plan (Boemia) dal quale mi allontanavo volontariamente il g. 1 .11.1918. con altri Ufficiali del campo circa 100. Dichiaro di essermi presentato All’autorità Italiane in Trieste il g. 8.11.18, di essermi imbarcato il g .12.11.18 sul Piroscafo Adriano Praga che mi sbarcò a Bari il 15.11.18. Professione Studente –Titolo di Studio Ist. Tecnico  Tenente di Complemento Aurelio Moro.
 

Interrogatorio Asp. Paparusso Francesco - 1a Compagnia. Catturato il 29 ottobre 1917 a Monte Cullar, Illeso. Rendo noto a codesta Sottocommissione d’inchiesta prigionieri restituiti, quanto segue.

Il 26 settembre 1917 sono stato destinato al 47° Battaglione Bersaglieri di stanza in Carnia Val Chiarsò fronte Salinchiet e Palon Grande, due compagnie in linea e due di riserva e fino al 26 ottobre 1917 nulla sapevasi di quanto accadeva alla fronte. Alla sera del 26 ottobre si ebbe ordine di portarci durante la notte nei ricoveri di Forca Pradulina e dalla strada che mena a c. 1631 (q. 1631 Cuel Mat?),  perché gli austriaci durante la notte avevano aperto il fuoco d’artiglieria, non essendo accaduto nulla nel giorno 27 si ebbe ordine di ritirarci in baracca a tenere la truppa a riposo.
Nella sera del 27 al 28 si fa ordine di portarci sul M. Cullar. Il Capitano Bruno mio comandante di compagnia assume il comando delle truppe di copertura composte di due compagnie organiche, una di marcia composta di circa una settantina di uomini e una sezione Mitragliatrici. Il Comando della 1a Compagnia è ottenuto dal Ten. Virga sig. Adriano. Verso le ore 5 del 28 sotto incessante pioggia, vento impetuoso, grandine e densa nebbia ci portammo sulle pendici meridionali del M. Cullar dove troviamo già a posto le altre compagnie. Col mio plotone, il 2° della 1a Compagnia mi ricovero in una baracca semi abbattuta presso la galleria del Chiaf dell’Omp (L’altro nome per cui è conosciuto il Cullar). Durante il 28 ed il 29 mattina non ricevetti alcun ordine. La truppa era quasi tutta ammalata, perché aveva passata tutta la notte sotto la pioggia e un po’ demoralizzata perché non mangiava da due giorni il rancio.
Il Capitano Bruno ci diceva sempre che si doveva aspettare ordini di ritirata e che mai perveniva. Dovetti parlare un po’alla truppa come mi fu ordinato a voce dal Comandate di linea che facessi sapere a loro che se per le ore 24 della sera del 29 ottobre non ci fosse pervenuto nessun ordine avrebbe assunto la responsabilità di ritirarsi di sua spontanea volontà.
Premetto che tutta la notte del 28 al 29 si vedevano grandi incendi ed esplosioni di depositi di munizioni di Chiusaforte (impossibile). Il 56° Batt. Bersaglieri ed il 133° Regg.to Fanteria durante la notte si ritirarono e noi di terza linea passammo di prima senza che nessuno sapesse nulla. Tutto ciò l’ho saputo dopo la cattura. Verso le ore 14 del 29 s’incominciarono a sentire fucilate austriache alle nostre spalle giù in fondo valle, per quanto mi sforzassi a guardare per essere al corrente di ciò che avveniva, ad occhio nudo non vidi nulla. Mi accorsi che i soldati erano allarmati. Il Ten. Fraci comandante la 4a Compagnia, il Ten.Virga ed il Ten Rapolla comandante la Compagnia di Marcia si recarono a Casera Forchiutta per convincere il Capitano Bruno a ritirarci perché non c’era più tempo da perdere. Circa le ore 16 mentre stavo in baracca col S. Tenente Traina aspettando gli altri ufficiali, alcuni bersaglieri ci avvertirono della presenza di un ufficiale austriaco con tre soldati, da dove siano venuti non lo so, prendo il mio moschetto e salto al mio plotone, mentre il S. Tenente Traina si occupava di essi conducendoli a Casera Forchiutta dal capitano Bruno, dicendomi che avessi atteso ordini.

  Passò una mezz’ora di attesa e guardando con attenzione mi accorgo con sorpresa della vista di mitragliatrici già piazzate sul M. Cullar. Mandai il mio attendente che non ricordo il nome ad avvisare il Comando. Dopo circa 20 minuti seppi da altri attendenti e del mio che eravamo prigionieri tutti e che bisognava scendere giù. M’informai di ciò personalmente chiamando con quanto fiato avevo in gola il S. Tenente Traina e Virga il quale ultimo alla mia domanda quale decisione prendere perché il Cullar era occupato da mitragliatrici austriache, mi rispondeva di andare tutti giù e di far portare la sua roba dall’attendente, nello stesso tempo vedevo che tutti i soldati abbandonavano le armi. Sceso giù, capii che la resa era fatta (stata) dal Capitano conchiusa (conclusa), perché l’ufficiale austriaco gli disse che sarebbe stato inutile spargimento di sangue, perché le città che si trovavano alle nostre spalle Moggio e Tolmezzo erano state da essi occupate che se non l’avesse creduto sarebbe pronto a darsi prigioniero con tutta la sua compagnia. Difatti passammo per Moggio ed era veramente occupata verso l’una del 30 ottobre.
Passai per il campo di Mauthausen dove sono stato dal 4 Novembre al 16, per Hart bei Amstetten dove rimasi dal 16 Novembre al 16 luglio (1918) indi a quello di Sigmundsherberg fino al 12 Novembre data in cui partii in tradotta ed il 13 giunsi a Trento. Il 16 partii in autocarro per Verona ed il 79° Regg. Fanteria il 17 m’inviò a Parma. Il 27 Novembre partii per Gossolengo e fui assegnato al Regg.to Sezioni MIite. (Mil. Terr.) 3° Battaglione.
Asp. Paparusso Francesco

Dalla maniera di raccontare dei due ufficiali si possono già capire differenze culturali che, nel breve periodo della guerra, si sono comunque formate sia per l'anzianità al fronte che per la differenza di età. Il Ten. Moro (non più aspirante e non più sottotenente) ha probabilmente lasciato la scuola, un istituto tecnico, e questo ha indirizzato i suoi superiori ad assegnargli il comando del reparto (plotone) zappatori. Si esprime in maniera comprensibile e calma visto il momento delicato in cui si svolge l'interrogatorio.

Il 28 ottobre, quando ormai la rotta è diventata caotica, esce il bollettino che dovrebbe scagionarlo agli occhi del governo e della nazione che per 3 anni ha ignorato.
- «La mancata resistenza di reparti della II Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia. Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all’avversario di penetrare il sacro suolo della patria…»
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A Roma resisi conto della portata distruttrice del comunicato riescono, sequestrando i giornali in distribuzione, ad impedirne la diffusione anche se i corrispondenti esteri hanno già passato il pezzo alle loro redazioni. Il nuovo bollettino corretto (ma la sostanza non cambia) dal Ministero della Guerra così recitava:

- "La violenza dell'attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti della II Armata hanno permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra del fronte Giulia. Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all’avversario di penetrare il sacro suolo della patria…".
I servizi di informazione del nemico venuti in possesso del comunicato “originale” e del “falso” ministeriale che l'ha seguito cavalcano l’onda del risentimento nazionale con lancio di volantini sulle zone occupate.
"Italiani ! Italiani! Il comunicato del Gen. Cadorna del 28 ottobre vi avrà aperto gli occhi sull'enorme catastrofe che ha colpito il vostro esercito. In questo momento così grave per la vostra nazione, il vostro generalissimo ricorre ad uno strano espediente per scusare lo sfacelo. Egli ha l'audacia di accusare il vostro esercito che tante volte si è lanciato dietro suo ordine in inutili e disperati attacchi! Questa è la ricompensa al vostro valore! Avete sparso il vostro sangue in tanti combattimenti; il nemico stesso non vi negò la stima dovuta come avversari valorosi. E il vostro generalissimo vi disonora, v' insulta per discolpare sé stesso".

 

L'altro, Paparusso, è Aspirante, appena arrivato e non è dato sapere se anche lui ha "abbandonato" la scuola e che scuola facesse. Il suo racconto è concitato come i giorni della cattura. A lui segniamo anche  un errore quando dice di aver visto saltare i depositi di Chiusaforte : ha davanti  montagne oltre i 2000 metri. Entrambi di complemento verranno congedati e completeranno gli studi con qualche aiutino.

La situazione è quindi sempre più convulsa. Staffette, ufficiali vagano sui monti senza poter riconoscere sul terreno la vera situazione e le nuove linee di difesa.  Gli austriaci sembrano sbucare dal nulla, sono spesso veramente pochi tanto da non giustificare, una resa incondizionata, poi si scopre che a  questi pochi ne seguono altri e altri ancora per ogni dove, che hanno occupato le testate delle valli. I comandi superiori al reggimento non hanno predisposto alcun piano e quindi ogni singolo reparto agisce come ritiene più opportuno, di fatto mettendo a rischio chi l'affianca. Questa non è più guerra è caos. La nostra guerra aveva un solo obiettivo ed un solo piano, avanzare sempre e comunque. L'alternativa resistere e/o recedere su posizioni difendibili non era mai stata presa in considerazione veramente. Su cosa si basava la sicurezza dei nostri comandi non è dato sapere., specialmente in presenza di un malcontento serpeggiante nel paese e nei ranghi. Ma la cosa era ancora salvabile se non fosse stato che si erano disattese per mesi informazioni che preannunciavano una offensiva, offensiva di cui non si conosceva la portata ma di cui si conoscevano le conseguenze. La variante introdotta nel gioco erano le divisioni tedesche  che trasformarono una azione di alleggerimento in una "blitz krieg" dove uno dei motori era Erwin Rommel, ufficiale subalterno che si metterà maggiormente in luce in questo tipo di guerra 23 anni dopo. Gli austriaci combattevano diversamente dai tedeschi, forse anche per la composizione etnica "multicolore", combattevano una guerra tradizionale, se così si può ancora classificare questa, una guerra per regolare una volta per tutte la supremazia nell'Italia Nordorientale e non per conquistare terre irredente pangermaniche o allargare lo spazio vitale il Lebensraum (1897) fatta propria poi da Hess e Hitler che la codificherà in « Senza considerazione per le tradizioni e i pregiudizi, il nostro popolo deve trovare il coraggio di unirsi e trovare la sua forza per avanzare lungo la strada che ci porterà dall'attuale ristretto spazio vitale verso il possesso di nuove terre e orizzonti, e così lo porterà a liberarsi dal pericolo di scomparire dal mondo o di servire gli altri come una nazione schiava » (Adolf Hitler, Mein Kampf)

 
- Da una testimonianza tratta dal diario del soldato Heirich Feldmann, 14° Res. Jg.Btl. Meclemburghese
“Li gli Standschützen austriaci si erano proprio sistemati bene; addestrati fin da giovani nel tiro a segno, intendevano difendere così la loro patria più diretta. Al nostro passar per le trincee, ci salutarono e ci offrirono da bere con la massima cordialità, ma sembravano nel complesso poco propensi ad azioni belliche”.

- Da una testimonianza tratta dal diario dell’ufficiale Alfred Contag, sempre del 14° Res.Jg.Btl. Meclemburghese
“In quanti uomini siete?” chiese il cap. austriaco - “Venti !” - “Troppo pochi ! Gli italiani sono il doppio di voi” - “Per quanto mi riguarda siamo a sufficienza !” Ordinai immediatamente la partenza per intercettare la pattuglia nemica di cui si stava parlando. Il capitano ci esortò ad essere prudenti: “Gli italiani conoscono bene la montagna, mentre voi siete ancora alle prime armi !” - “Ma noi siamo veterani e tedeschi”. - E ci mettemmo a ridere”. Se i tedeschi compativano i soldati austriaci, quelli italiani proprio li disprezzavano. Sporchi, poco combattivi, arrendevoli, impreparati, disorganizzati, preoccupati solo di salvare la pelle e riempire la pancia (e traditori).

- Sempre Contag, 14° Res.Jg.Btl. Meclemburghese
“Non credevamo affatto al valore degli italiani, sebbene fossimo stati informati dagli ordini di servizio della loro superiorità sui monti. Soprattutto nella guerra di pattuglie, dove conta in modo particolare la destrezza dei singoli, avremmo dovuto essere inferiori ad esperti montanari come gli alpini, legati alla loro patria montana. Noi però non lo credevamo. Non ci sentivamo estranei a quel terreno. Sapevamo di poter obbligare il mondo montano a servirci nella lotta contro i suoi stessi figli, perché noi volevamo costringerlo”.

     

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