La guerra in Terragnolo e altopiano dei Fiorentini e Tonezza
il 2° Reggimento Bersaglieri da "Montagna".* del 1915 1a parte
>>>> Vai alla 2a parte carneade Capitano CARLO VALAZZI e l'argento in Valle Fonda
http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/fortiaustriaci.htm
*con
questa distinzione non viene indicato un reparto
organicamente organizzato per la guerra in montagna o a tal uopo addestrato, ma
solo una anomalia, delle tante, che distinguevano e distingueranno l'esercito
italiano per l'impiego improprio in terreno non confacente alla caratteristica
del reparto (nella 2a guerra troveremo gli alpini sul
Don o la Folgore nelle buche del deserto.
La Brigata Verona
(85°-86° Ft) e Antonio Masaniello Roversi
Sin dagli inizi del XX secolo, nonostante l’alleanza politica e militare, si
pensò soprattutto da parte austriaca (e naturalmente di rimando da parte
italiana), a fortificare con potenti manufatti blindati quel tratto di
frontiera del Trentino meridionale che si incuneava nella pianura padana e che di
converso diventava per noi aggirabile dal Veneto e dalla Lombardia. Per loro
naturalmente era anche un posto avanzato da cui raggiungere la pianura e
tagliare fuori il fronte isontino. Queste potenti strutture artificiali (o
semiartificiali come il Belvedere)
incastonate in massicci, costate ingenti capitali,
furono soggetti della vicenda bellica della Grande Guerra per poco più di un
anno. Progettate dagli austriaci per difendersi comunque videro inizialmente il
nostro "primo sbalzo" che portò le fanterie italiane sotto quelle
potenti mura (senza mai oltrepassarle però).
Le vie di comunicazione fra l’altopiano occidentale di Folgaria (Austriaco) e la
pianura vicentina erano all'epoca oltremodo difficoltose. Se escludiamo la val d'Assa, da
Asiago attraverso il passo di Vezzena, non restava che la rotabile dell’Astico
per Carbonare e la difficile strade di Tonezza per Folgaria per aggirare Trento.
Restava poi più a Occidente la “difficile” (in senso militare) strada
delle valli del Pasubio in Vallarsa (Leno di Vallarsa)
e l’altrettanto “difficile” strada
della Valle del torrente Leno di Terragnolo che passava sotto il Werk (forte)
Serrada per il passo della Borcola (confine) e per Arsiero Vicentino. Il torrente Leno di
Vallarsa si univa al Ponte di Colombano col Leno di Terragnolo (affluenti di
sinistra dell’Adige) sorgivo della Borcola. La valle di Terragnolo (e il comune
omonimo) si incunea a nord-est di Rovereto, tra il massiccio del
Col Santo-Pasubio
ed i monti Finonchio e Maggio fino al valico della Borcola
(provincia di Vicenza) per una lunghezza di 21 km.
La valle di Terragnolo (vedi piantina nella 3a parte) collegata a Rovereto, da cui il capoluogo Piazza dista 12 km, ha nel
comune omonimo (Terragnolo) una diaspora di poveri nuclei abitati, piccole frazioni che
si contano in
ben 33 località (Baisi-Camperi-Campi e Soldati-Castello- Croce, Costa, Valle, Pergheri e
Zencheri-
Fontanelle-Geroli-Ghesteri-Incapo-Maureri-Pedrazzi-Peltreri-Perini-Piazza, Dosso
e Puechem-Pinterreno-Potrich-Rovri-Scottini, Pornal e Dieneri-Sega-S.
Nicolò-Stedileri-Valduga-Valgrande-Zoreri):
La linea di difesa occidentale
qui comprendeva 3 fortificazioni permanenti: Dosso del Sommo (Werk Serrada), Sommo
Alto, Cherle (Werk Sebastian) e la postazione centrale al sistema del Forte Belvedere. Nell'intervallo tra i
Forti correvano trincee con capisaldi, postazioni di mitragliatrici e pezzi di
artiglieria da montagna e campali, alimentate da ben ragionate linee logistiche,
che fecero di questa cintura difensiva una barriera pressoché inespugnabile per
le truppe italiane. Il sistema era completato da un osservatorio a Monte Rust,
tra Carbonare e Lavarone-Chiesa nel punto dal quale si gode una visione completa
dello schieramento delle fortezze.
Nel maggio 1915 per i serradini giunse l’ordine di evacuazione dalla zona.
Alcuni furono ospitati nei campi profughi di Braunau e di Mittendorf con gli
abitanti di Carbonare, Lavarone e Folgaria, altri
trovarono sistemazione e lavoro altrove, in genere nei dintorni di Innsbruck. Il
paese di Serrada fu invece militarizzato. Alcune ville furono utilizzate come alloggio per
gli ufficiali, e altre case furono utilizzate come soggiorno per la truppa. Per
l'esercito austro-ungarico, questa parte meridionale del settore trentino
dipendeva dal Rayon Süd-Tirol, che comprendeva il tratto di fronte da Cima
Presena al Monte Croce, sul Lagorai, ed era difeso dalla 91ª divisione di
fanteria, che nel settore Folgaria-Lavarone schierava la 180ª brigata, composta
dal X battaglione di marcia del I reggimento Landesschützen, di un battaglione
Landsturm e di altri 7 di Standschützen volontari (non l’esercito regolare o
primo esercito). L’offensiva italiana, che non conosceva la reale debolezza del
nostro nemico, doveva essere comunque preceduta dal fuoco d’artiglieria teso ad annullare
lo sbarramento fortificato avversario. Così si pensava ( non solo qui), e anche
qui si aspettò l’arrivo dei grossi calibri costieri dopo l'inconcludente scambio
iniziale di cannonate. A tale scopo furono trasportate in zona 4 “pesanti” batterie
costiere (da difesa), ognuna armata di
due obici da 280 mm, che furono poste in alta Val Posina, sul Cimoncello di
Toraro, a Forcella Molon e sul Monte Campomolon (omonimo forte incompiuto). Il
tiro di questi pezzi produsse nell’estate danni non rilevanti sulle coperture
dei forti austro-ungarici ma a nostro danno intanto i reparti contrapposti
di territoriali, jaeger e fanteria si erano rinforzati.
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In Valsugana gli italiani avanzarono senza incontrare molta resistenza fino al
comune di Strigno mentre gli austro-ungarici si ritirarono verso Levico e
Caldonazzo dove esistevano robuste fortificazioni. Si creò così una terra di
nessuno con al centro il comune più grande di Borgo Valsugana in cui le
pattuglie dei due contendenti si avventuravano di notte in perlustrazione, con
occasionali scontri a fuoco. Durante il giorno la zona era sotto il tiro sia
degli austriaci del monte Panarotta, che era protetto da
formidabili trinceramenti corazzati, sia degli italiani della
prospiciente Val di Sella. Nell'agosto 1915 le truppe italiane arrivarono ad
occupare Borgo Valsugana e la terra di nessuno si spostò dal comune di Marter
fino a Levico. In questo settore la linea orientale occupata dalle truppe
italiane alla prima decade di giugno saliva dal Passo della Borcola verso il
Coston dei Laghi, il Monte Maggio, la Cima di Campoluzzo, il Coston d'Arsiero,
lo Spitz di Tonezza, e da qui scendeva nella Val d'Astico. L'occupazione fu
fortemente contrastata dal nemico, che con energici contrattacchi riuscì a
respingere le truppe italiane dal Monte Maggio e dal Monte Coston. Le truppe
italiane continuarono ad avanzare progressivamente verso nord, avvicinandosi
alla cintura dei forti austro-ungarici ma senza intaccarla (avevano già subito
pesanti danni i forti austriaci del Luserna, Busa Verle e Vezzena che più che un forte era
una cima fortificata che costituivano oltre il Belvedere (centrale) la parte
orientale delle fortificazioni) fino all'inizio dell'inverno del 1915 che bloccò ogni
azione. Gli Italiani con il possesso di Vezzena (serie di malghe sulla rotabile
per Asiago poco distante dal Busa Verle) vantavano l’occupazione di una linea
che non corrispose alla realtà (vedi in Piantine mappa) e non aprì mai la strada per
aggirare Levico e prendere Trento o Rovereto.
La linea del Pasubio, nel primo anno di guerra, era rimasta oltremodo tranquilla
se paragonata alle battaglie condotte sui vicini altopiani. Le difficili
posizioni che si fronteggiano sulla riva destra del Leno di Terragnolo non
consentono del resto offensive di ampio respiro. Gli austriaci suppliscono alla
mancanza di soldati con le mitragliatrici e coi cannoni. Gli italiani hanno i
soldati ma non hanno i cannoni e poche sono le mitragliatrici. In definitiva siamo
di fronte ad una linea in stallo dove la maggiore attività è quella di rendere
più confortevoli e sicure le postazioni per l'inverno che arriverà.
10 giugno 1915 - Sotto la minaccia delle cannonate del forte austriaco Serrada e delle batterie del Finonchio e di Nauk vieme rafforzata l'occupazione del Col Santo con la partecipazione del III/79º e di artiglieria tra cui una batteria da 149 G (G sta per ghisa, siamo ancora in pieno '800 per i materiali)
Il massiccio del Pasubio (fuori carta in basso a sinistra) fu durante il primo conflitto mondiale una postazione strategica, un perno come lo sarà il Grappa, di fondamentale importanza per la sicurezza del fronte italiano. Compreso quasi integralmente in territorio austriaco, allo scoppio della guerra fu immediatamente occupato al fine di impedire agli Austriaci la via per la pianura vicentina, dalla quale potevano prendere alle spalle l’esercito italiano. La postazione fu tenuta con poche truppe, che andarono sempre più assottigliandosi fino al maggio 1916, quando gli Austriaci intrapresero una violenta offensiva che portò alla perdita del Col Santo. Sanguinosi combattimenti si svolsero dal giugno all’ottobre per la conquista dell’Alpe di Cosmagnòn e del Dente Italiano del Pasubio; l’arrivo di truppe di rinforzo dalle gole della val Canale consentì ai reparti italiani di costituire una salda linea di difesa. Per la difficoltà di accesso al massiccio dalla parte italiana e la facilità dell’artiglieria austriaca di interdire le nostre comunicazioni stradali, il Pasubio dovette essere attrezzato in modo da poter resistere autonomamente anche isolato con sistemi tecnologici arditi (acqua potabile, luce elettrica e aria compressa per i lavori di mina). Per questo, furono tagliate nella roccia arditissime "strade" (“strada della 1a Armata” scavata nel 1917 e dotata di 52 gallerie, e quella “degli Eroi”, da Pian delle Fugazze a Porte di Pasubio, ma questa era poco più di un sentiero) e costruite 10 teleferiche per trasportare dal piano alle cime i mezzi di sussistenza. (da encarta). E anche il Pasubio entrerà nelle vicende della Strafexpedition di maggio-giugno-luglio 1916. Il 29 maggio, dopo aver perso il col Santo e lo Spil, l'attacco in Vallarsa poi in Val Posina col nemico che viene respinto l'11 giugno come viene respinto al Passo Buole. A fine mese il nemico sembra desistere ma il 2 luglio, dopo un violento bombardamento e un assalto le linee italiane cedono al centro del fronte. A cima Sette Croci irrompono i Kaiserjäger. Sulla selletta tra il Dente italiano e Cima Palon un sottufficiale siciliano, il sergente Damaggio della Brigata Verona, con una mitragliatrice respinge eroicamente gli austriaci. La selletta da allora prenderà il suo nome. Il 10 l’epilogo a Monte Corno con la cattura degli irredentisti trentini Cesare Battisti e Fabio Filzi. Saranno impiccati nel castello del Buonconsiglio a Trento.
BRIGATA VERONA La brigata verrà ricostituita dopo Caporetto (Giugno 1918) coi reparti della 20a Brigata di Milizia Territoriale, 47° e 48° reggimento MT dopo aver sostituiti gli elementi più anziani con militari delle classi più giovani. Assumono rispettivamente il numero di 85° ed 86° reggimento fanteria. Essa è dislocata sulla Vojussa, a nord di Valona, alla dipendenza della 38^ divisione. Dovendosi iniziare le operazioni per la conquista di Fieri nella notte del 5 luglio, la brigata passa la Vojussa al ponte di Idrisit ed al traghetto di Poro e si ammassa nella zona di Res-Baciova e Baciava; supera quindi con slancio ed ardimento, nella giornata del 7 luglio, divisa in due colonne, le difese di Stulas, di Pojani e del costone di Quota 166 (Vaziza); sono catturati 500 prigionieri con abbondante materiale di guerra e sono fatti saltare diversi depositi di munizioni e, all’alba del giorno 9 viene occupata Fieri. Il 15 luglio la brigata assume la difesa della fronte nord del campo trincerato di Valona, con due battaglioni sulla Malakastra ed un posto avanzato al Monastero di Ardenica. Segue un periodo di normale attività caratterizzato da piccole azioni di pattuglie in ricognizione e da alcuni contrattacchi del nemico sempre respinti. Nella notte del 1° ottobre il nemico abbandona le linee di difesa e si ritira verso nord”. Dal diario storico -1916- la Brigata Verona il 18 essa è in attesa di ordini nei pressi di Brescia. Iniziatasi la Strafexpedition austriaca sull’ Altipiano d’Asiago, la Verona viene mandata a presidiare la nostra linea in Vallarsa, fortemente attaccata dal nemico. Il 31 maggio la Brigata raggiunge il vicino Pasubio, solo due battaglioni dell’86° rimangono in Vallarsa alle dipendenze della Brigata Roma. Il giorno 10 giugno riprende la nostra offensiva per la riconquista del terreno perduto nei mesi precedenti; sul Pasubio la Verona attacca il Coston della Lora e la zona delle “sette croci”, la reazione violenta della artiglieria austriaca e le numerose mitragliatrici in caverna, spengono sul nascere ogni nostro tentativo di uscire dalle trincee. In Vallarsa i due battaglioni rimasti concorrono alle operazioni contro lo sbarramento Matassone – Pozzacchio, ottenendo modesti risultati. Il 7 luglio la Brigata Verona si riunisce a riposo a Torrebelvicino, dove attende l’arrivo di nuovi complementi: nei combattimenti dal 22 maggio al 7 luglio, sono risultati fuori combattimento 48 ufficiali e 1843 soldati. Trasferita nel settore Alto Posina, di rincalzo ai battaglioni Alpini Exille e monte Berico, opera contro le difese nemiche del Passo della Borcola, senza ottenere notevoli successi; segue un periodo di relativa calma con alterni turni in trincea e riposo. Il 20 ottobre si riaccende la lotta in Pasubio, la Brigata attacca di nuovo il Passo della Borcola con l’intento di attirare le riserve nemiche su di essa e alleggerire la pressione sulle truppe operanti in alto Pasubio. Purtroppo una tormenta di neve ostacola l’avanzata della fanteria, che non può rafforzarsi sul terreno conquistato. A fine anno, per le azioni del 1916 contro il monte San Michele ed il Pasubio, alle bandiere di guerra dei due reggimenti viene conferita la medaglia d’argento al valor militare (vedi sotto). Comandava la Brigata Verona un Bersagliere "anziano" classe 1862: Antonio Masaniello Roversi: Nato a Mirandola, Roversi (foto sotto) inizia la carriera militare nel 1882 come sottotenente nel 5° Bersaglieri, dopo aver frequentato l’Accademia Militare di Modena. Nel 1883 passa nel 7° Reggimento dove, nel 1884, è promosso tenente. Nel 1893 è capitano nel 6° Rgt. Bersaglieri e quindi nel 2°. Nel 1904 è maggiore, quindi nel 1909 diventa tenente colonnello passando al 3° Rgt. Bersaglieri con il quale parte per la Tripolitania e la Cirenaica nel settembre del 1913. Promosso colonnello l’anno successivo, assume il comando del 7° Bersaglieri e nel 1915 è maggiore generale. Il 2 ottobre 1915 assume il comando della Brg. Verona e in dicembre è inviato in Albania con la brigata stessa. Al rientro in Italia nel maggio del 1916 sarà impegnato sul Pasubio meritandosi la croce dell’Ordine Militare di Savoia. Decorato di medaglia d’argento al Valor Militare, è collocato a riposo per raggiunti limiti di età l’11 agosto 1917. Nel dopoguerra sarà Commissario Straordinario a Macerata nel 1926 poi podestà a Sesto Fiorentino. Morirà a Voghera (Pavia) il 4/7/1943. Da Cinozzi Fuoco sul Pasubio… 2 luglio 1916 - Colle di Bellavista -Pian delle Fugazze-, passò alla storia l'eroica resistenza dei fanti del generale Masaniello Roversi che impedirono col fuoco della fucileria, delle bombe a mano e delle mitragliatrici, che l'acrocoro sommitale del Pasubio venisse occupato dagli attaccanti, i quali avrebbero così rovesciato i difensori delle Porte di Pasubio con conseguenze irrimediabili, mettendoli in fuga giù per la Val Canale. Un episodio leggendario di quella battaglia vide il tenente Salvatore Damaggio (della 4a Sezione Mitragliatrici 86° Ftr.) estrarre le mitragliatrici dalle rovine del bombardamento e rimetterle in funzione usando come treppiede le spalle di un fante. Oggi la Selletta è nota ai frequentatori del Pasubio come "Selletta Damaggio". Per i fatti di quel giorno il generale Andrea Graziani, in vena di complimenti, emise il famoso comunicato che inizia con le parole: «Vorrei baciare uno ad uno tutti voi Ufficiali, Graduati e soldati difensori del Pasubio...». DECORAZIONI MEDAGLIA D’ARGENTO AL V.M. ALLA MEMORIA - REVERBERI LEOPOLDO Il Pasubio http://www.webalice.it/penna77/ |
Ricordiamo anche al lettore che la guerra fin qui condotta, poi per altri mesi dell'inverno fino alla primavera del '16, era stata fatta col soldato italiano privo di alcuni mezzi fondamentali di difesa: senza elmetto in distribuzione in alcuni reparti, ma proveniente dalla Francia con loro simboli e una maschera antigas assolutamente inefficace. Non è raro anche vedere soldati italiani che indossano metà divisa in grigioverde e metà in turchino smesso da anni. Era chiaro che i 4 anni trascorsi dalla adozione del grigioverde non avevano consentito di andare oltre la dotazione di leva mentre ora i richiamati erano oltre il milione. Mancavano mitragliatrici come cannoni e una serie di accorgimenti per la guerra in alta montagna a cui si cercava di sopperire coi comitati di sostegno attivi nelle grandi città.
Dal diario del battaglione alpino Val Leogra …Notevole l’attività dei reparti negli ultimi giorni di agosto del ‘15, in concorso con le operazioni svolte dal 2° bersaglieri. Il 20 un nucleo di 70 alpini, scalando le rocce alla testata di val de’ Punti, coopera col IV battaglione del suddetto reggimento all’occupazione del ridotto di q. 1823. Il 25 un plotone della 260ª compagnia avanza fin presso la q. 1705 di M. Maronia, appoggiando l’azione dei bersaglieri che ne effettuano la conquista. Rinforzato dalla 93ª compagnia del “Vicenza”, il battaglione, in seguito alla mutata situazione tattica, sposta l’occupazione della 260ª sistemandola sullo sperone a sud di valle del Punti ed a Malga Quarteri, con posto avanzato in val Calcara, mentre il plotone di M. Maronia si rafforza sulla posizione raggiunta. Nel mese di settembre e nei primi giorni di ottobre il “Val Leogra”, rinforzato sempre dalle compagnie alpine 93ª e 108ª, dal II battaglione del 79° fanteria e dal CCVII Milizia Territoriale compie metodiche azioni di avanzata nella valle, ampliando la nostra occupazione fino a nord di Piazza (Terragnolo). Il 5 settembre suoi reparti occupano un costone a nord di Baisi (Zoreri-Geroli). Nella notte sul 14 la 108ª, compagnia, portandosi fino ai boschi sovrastanti Costabella sistema i suoi plotoni in piccole ridotte a sud di Geroli. Il 28 viene strappato al nemico il costone che scende da Dosso del Sommo, in val Terragnolo, alla confluenza di val Zuccaria. Il 4 ottobre sono occupate le posizioni comprese tra Stedileri, Camperi ed “alla Volta”. Il giorno 8 ottobre vengono costituiti dei posti avanzati per sorvegliare la località di Piazza, sgombrata dal nemico in seguito a nostre ardite ricognizioni.
Dal Diario del 2° Reggimento d'artiglieria alpina "Vicenza".. il VII gruppo del "Vicenza" (19a, 20a e 21a compagnia) è assegnato al V C.d.A., alle dipendenze della 9a Divisione nel settore dal Passo della Lora - o Tre Croci, alla Val d'Astico....... Nella seconda metà di agosto del 1915 inizia l'offensiva italiana che ha come obiettivo la linea Monte Cornetto - Monte Finonchio, sugli altipiani di Folgaria e Lavarone. La 19a cp, a supporto del 2° rgt. bersaglieri e del btg. alpini Vicenza, è in posizione fra Cima Maggio e Costa d'Agra; la 20a, a sostegno del 154° rgt fanteria, fra Costa d'Agra e Soglio d'Aspio. Le azioni si svolgono tra il 18 ed il 26 agosto: vengono attaccati Monte Maronia (dal 18 al 23 agosto la 19a è a supporto del btg. alpini Vicenza) e Monte Coston (il 23 agosto troviamo la 20a a sostegno dell'attacco del 2° rgt. bersaglieri). Nei mesi di settembre ed ottobre il btg. alpini Val Leogra (vedi sopra) con altri reparti amplia l'occupazione fino ai piedi del Doss del Sommo; il btg. alpini Vicenza attacca le opere di Malga Pioverna alta e del Durer.....
Da un altro testimone … Là in quel fortino ci siamo stati fino il giorno 22 Settembre però dopo il 12 (sett. 1915) non hanno più bombardato sopra quel fortino Il giorno 23 siamo partiti e siamo andati ai Campi Rusi e la si stava molto meglio. Il giorno 8 Ottobre viene l’ordine che bisogna avanzare per andare a dare il cambio ai Bersaglieri (2°) sul Monte Maronia. Là per qualche giorno siamo stati un po’ in pace. Il giorno 19 bisogna avanzare un’altra volta. Alla mattina le nostre batterie hanno incominciato il bombardamento e alla sera si è cominciato noi l’attacco e tutta quella notte sotto i colpi di cannoni e di fucili e di mitragliatrice là non si può avanzare perché il fuoco è troppo terribile.
In val Terragnolo una colonna occupava, il 5 ottobre 1915, Camperi (Piazza) e Alla
Volta, sulle pendici meridionali del Doss del Sommo (Werk Serrada), e altri
reparti (Bersaglieri) in durissimi scontri col nemico fra Monte Maronia e Valle
Fonda (Sotto il Dürer m. 1588) riportavano brillanti successi il 10. La notte,
un attacco austriaco viene respinto alle trincee italiane di Malga Pioverna Alta sul
Monte Maronia. All'alba dell'11 era ricacciato con grosse perdite anche un attacco
nemico a Malga Secondo Posto, a nord del Monte Coston.
Schiarini "L'armata del Trentine" pago 52: "Aspri
furono i combattimenti sugli Altipiani, fronte nemica Plaut . Vallorsara . Durer.
Un primo attacco contro questa munitissima linea nemica, lanciato nei giorni 3 e
4 ottobre dalla I X - Divisione (Gen. Calderari poi sostituito da Gonzaga) non
riesce a sfondarla; un secondo è condotto arditamente dal 2° Reggimento
Bersaglieri (Col. De Negri) nei giorni 7 e 8 (ottobre 1915). I combattimenti durarono accaniti
fino a tutto il 22. Le linee nemiche furono qua e là sensibilmente danneggiate e
i loro difensori vi riportarono gravi perdite, ma la scarsità dei varchi nei
reticolati, rimasti al solito quasi ovunque intatti, non consentì ai nostri che
piccoli progressi."
La situazione sul 20 ottobre nei bollettini di guerra
Comando supremo, 23 ottobre 1915 - (Bollettino n.
150).
L'offensiva energicamente condotta dalle
nostre valorose ed instancabili truppe continua con importanti successi lungo
tutta la fronte.
Sulla Sponda occidentale del Garda fu espugnato Monte Nodic, a nord-est di Cima
Al Bal, completando così il dominio sulla Valle di Ledro.
In Val Cordevole continua la pressione contro le posizioni nemiche del col di
Lana; fu conquistato un munito fortino a mezza costa, prendendovi alcuni
prigionieri. Fra l'Alto Boite e la testata della Rienz (a), nostre colonne, per
le Valli che fiancheggiano e solcano il massiccio del Cristallo, convergono su
Schluderbach (carbonin), spazzando gli ostacoli opposti dalla resistenza nemica.
In Carnia si rinnovano felici incursioni delle nostre truppe dalle Alte Valli
Degano, But e Chiarzò. Sono stati presi al nemico 21 prigionieri dei quali un
ufficiale.
È confermata l'importanza del successo del giorno 21 in Valle Saisera, ove
furono finora sepolti 426 cadaveri nemici. Lungo l'Alto e Medio Isonzo nella
giornata di ieri le nostre truppe compirono progressi sul Piccolo Javorcek,
sulla collina di Santa Lucia, ad est di Plava e sulla collina di Oslavà (Oslavia).
Due violenti contrattacchi nemici contro il Mrzli furono respinti. In questo
tratto della fronte furono presi 151 prigionieri, dei quali due ufficiali. Sul
Carso, il mattino del 22, le nostre truppe ripresero con nuovo vigore l'attacco.
Nonostante la salda resistenza nemica, appoggiata da violento e concentrato
fuoco di numerose e potenti batterie, le nostre fanterie, dopo alterne vicende
di lotta accanita e sanguinosa, riuscirono a progredire lungo quasi tutta la
fronte, specialmente verso San Martino del Carso. Caddero nelle nostre mani 2009
prigionieri, dei quali 60 ufficiali, 7 mitragliatrici, grandi quantità di
munizioni ed altro materiale.
Cadorna.
Sette mesi dopo
ATTACCO SULL'ALTOPIANO – 15/19 MAGGIO 1916
http://www.valgame.eu/trincee/files/folgaria.htm
http://www.sternar.it/AnticaStradaperTerragnolo/Documenti/Testo_renato.pdf le povere donne di Terragnolo