L'ISOLA DEI MORTI E IL LXXII (72°) REPARTO D'ASSALTO
LE DIVISIONI D'ASSALTO - Gli
ultimi Arditi
Il Comando Supremo,
sollecitato dal Governo, dopo rinvii prudenti diede avvio all'assalto finale.
Tutte le armate ebbero l'ordine di avanzare lungo le varie direttrici puntando
su Trento da una parte e oltre il Piave, su Vittorio Veneto (Cadore) e
Gorizia-Trieste dall'altra. Nella pianura erano disposte l'VIII, IX, X, XI, III
e un corpo d'armata d'assalto su due divisioni formate ciascuna da un
Raggruppamenti d'assalto (reggimento provvisorio), un battaglione bersaglieri
ciclisti, uno squadrone di cavalleria, artiglieria, mitraglieri, motomitraglieri
e genio. In
prima linea pronti a scattare all'assalto ci sono 39 reparti delle varie armi. La
qualifica d'ardito e le relative mostrine sono dei reparti originari, per gli
altri basta il distintivo sul braccio e le relative divise. la 1a Divisione
d'Assalto era stata costituita circa un mese prima, con tre gruppi di due reparti d'Assalto e un battaglione bersaglieri ciascuno, messi sotto il comando del generale OTTAVIO ZOPPI.
Il 1° Bersaglieri
rientrato dalla Libia in gennaio presta i suoi uomini alla 1° Divisione. Alla seconda del gen. De Marchi appartiene il LXXII reparto
d'assalto fiamme rosse, ultimo costituito.
LXXII (72°) REPARTO D'ASSALTO:
Medaglia d'Argento. Nella prima metà di giugno 1918, la seconda compagnia del XXVI reparto d'assalto, fu distaccata per formare, insieme a complementi del 5° bersaglieri e altri fanti, il LXXII arditi. Nella fase piu difficile dell'offensiva finale, l'attraversamento del Piave in direzione di Nervesa, il reparto lasciò "sull'isola dei morti" molti dei suoi uomini.
Questo il racconto (prima parte, la seconda al suo profilo in carneade) lasciato da padre Agostino di Cristo Re monaco agostiniano, al secolo Umberto Visetti ex bersagliere del 4° e futura Medaglia Oro nel 1937. Nato a Saluzzo il 28/1/1897, Sottotenente nei Reparti d’Assalto: Campagne militari: 1° gm, Fiume, A.O.I. Onorificenze: 1 M.O.V.M Dengheziè 9 ottobre 1937 2 M. Argento V.M. dal B.U. (1920) - M. Bronzo V.M. dal B.U. (1918). .
"Dalle spalline al camaglio", Firenze, Sansoni, 1955 (Bologna, S.p.A. Poligrafici “Il Resto del Carlino”). 8°, pp. XXVIII-322 Da http://www.ardito2000.it/ardito2000_000003.htm
"Dopo la battaglia del Montello", scrive padre Agostino al secolo Visetti U., "venni trasferito al 72° reparto d'assalto. Quel magnifico battaglione di fiamme cremisi (Bersaglieri) ebbe il vanto di sfondare la resistenza opposta sul Piave a Fagarè, di coprirsi di gloria nella piana di Sernaglia, ove infranse una carica di cavalleria per cui fu citato sul bollettino del comando supremo, di liberare Pieve di Soligo, Vittorio Veneto e Belluno. Fu un'impresa leggendaria da ricollegare agli episodi più luminosi e romantici del nostro Risorgimento, di cui concludeva il ciclo. Per il forzamento del Piave, l'assalto fu sferrato quando il fiume sacro alla Patria era avvolto nelle brume. Mentre le fanterie e gli altri reparti cercavano di mimetizzarsi, gli arditi- come Enrico IV , le vert galant- per spavalderia bersaglieresca sfoggiavano i loro vistosi pennacchi svolazzanti!. Servendoci di barconi del genio pontieri occupammo un isolotto che sarà poi chiamato "Isola dei morti" perchè vi perdemmo circa 600 bersaglieri arditi con due ufficiali; ma la tenace resistenza del nemico abbarbicato sull'altra sponda con grande abbondanza di mitragliatrici Schwarzlose mai viste, ci impedì di varcare il Piave in piena, che si trascinò via i barconi con il glorioso carico di morti. Finalmente, sotto l'imperversare delle nostre terrificanti bombarde che vomitando tonnellate di alto esplosivo volatilizzarono con i reticolati i nidi di mitragliatrice, riuscimmo a passare, buttandoci a nuoto dietro un barcone superstite che per fortuna aveva qualche fune; reggendoci a catena l'un l'altro, aggrappati chi alle funi, chi al cinturone delle giberne. "Perdemmo altri arditi, Ettore Marchand (vita in 3 parti) scomparve nell'esplosione di una granata di grosso calibro. Vedemmo il suo bel pennacchio fuori ordinanza proiettato in aria , spiegar le penne in un ultimo sussulto come un'aquila a morte e poi precipitare di schianto con gli altri sollevati dall'esplosione. ......Era il generale Rolando Ricci, CSM del nostro Corpo D'armata. "Balzai di sella e diedi la novità. Egli mi accompagnò dal generale Vaccari, che m'accolse con un grido trionfale:"Teniamo la vittoria e vivaddio non ci sfuggirà". Gli offersi la bella sciabola dall'elsa d'argento bulinata con lo stemma gentilizio consegnatami dal colonnello austriaco, disarcionato proprio sui reticolati, quando si arrese alla mia intimazione. Il generale elogiò senza riserve il nostro comportamento e impartì nuovi ordini. Per la notte : rientrare a Solighetto e a Soligo, il battaglione costituendo l'estrema punta avanzata dell'intero schieramento. Per il giorno seguente: sfruttare al massimo la vittoria Puntando su Belluno per tagliare la ritirata al grosso dell'esercito nemico. Egli aveva preceduto le sue divisioni sicuro che i suoi arditi avessero eseguito la consegna di liberare Pieve di Soligo. Mi resi conto allora che il generale era circondato soltanto dal suo sparuto stato maggiore. Egli si accorse del mio sbigottimento e disse:" Anche il vostro generale è bersagliere. Per non perdere tempo abbiamo varcato il Piave a Cavallo. Vi avevo dato appuntamento qui e ho mantenuto la parola"...
Così in un'altra testimonianza che conferma quanto sopra
Il nuovo Reparto entrò subito in azione, raggiunse Selva sul rovescio del Montello e, seguendo a piedi, dopo diversi sbalzi e accaniti combattimenti che videro l’olocausto di 3 ufficiali fra i quali il tenente GATTU REMIGIO, occupò Casa Pia. Successivamente, seguendo l’argine del Piave, si avvicinò a Nervesa che fu conquistata e tenacemente mantenuta (Giugno 1918). Avuto il compito di forzare il Piave (nell'ultima offensiva d'ottobre), l’attacco fu sferrato nottetempo. Servendosi di barconi del Genio Pontieri, fu prima occupato un isolotto, poi chiamato Isola dei Morti, perché la tenace resistenza del nemico, abbarbicato sull’altra sponda, impedì di varcare d’un balzo il fiume. Barconi, Bersaglieri e Pontieri furono trascinati dalla corrente, ma dopo un fuoco micidiale delle nostre artiglierie, in maggior parte lombarde, che annullò reticolati e nidi di mitragliatrici, il 72° riuscì a passate, lasciando sul terreno il proprio comandante, Cap. Ettore MARCHAND.
Assunse il comando dei superstiti il Ten.
VISETTI che, ricevuto l’ordine di puntare su Pieve di Soligo, li condusse
all’attacco di Solighetto e poi di Soligo che fu presa dopo un cruento corpo a
corpo.
Il Reparto doveva proseguire per Follina, ma nella piana di Sernaglia fu
attaccato da una divisione di cavalleggeri Ussari con tentativo di aggiramento.
Il comandante Visetti ebbe appena il tempo di far piazzare le mitragliatrici ed
i lanciafiamme dietro un reticolato. Il primo squadrone fu annientato, gli altri
si arresero ed il comandante, in segno di resa consegnò al Ten. Visetti la sua
sciabola passata poco dopo al Gen. Vaccari il quale, giubilante, esclamò: sono
anch’io un bersagliere; abbiamo la vittoria e più nessuno ce Ia toglierà
Nella nottata seguente il Reparto, che costituiva la punta più avanzata
dell’intero schieramento, ricevette l’ordine di rientrare a Solighetto ed a
Soligo. Rifornito di munizioni, riprese l’avanzata verso Follina ancora nella
piana di Sernaglia, combattendo gloriosamente, impedì al nemico la ritirata e
raggiunse Belluno. Per le azioni di Falzè di Piave, Pieve di Soligo, Sernaglia e
Ponte delle Alpi, il 72° Reparto d’Assalto Fiamme Rosse, filiato del 5°
Bersaglieri, fu decorato di Medaglia d’Argento al V.M.
BERSAGLIERE GATTU REMIGIO DI GIOVANNI
- Nato a Orune Sassari il 1°ottobre 1893: decorato di tre medaglie d'argento al
valor militare, tenente di complemento nel
XXVI reparto d'assalto,
morto il 18 giugno 1918 nell'ambulanza chirurgica d'armata n°4 per le ferite
riportate in combattimento (foto Francesco Zagone). "Gattu Remigio da tenente al
IV reparto d'assalto con
indomito coraggio e sprezzo del pericolo trascinava i suoi soldati all'assalto
di forti ed estese posizioni nemiche, conquistandole e catturando numerosi
prigionieri ed abbondante bottino. Ferito continuava a combattere incitando i
suoi bersaglieri alla lotta. Monte Val Bella, gennaio 1918”
Ma dove s'apprezza maggiormente il suo spirito di sacrificio, e il suo carattere
puro e saldo come diamante, dove la sua anima di guerriero sembra scolpita sul
granito e sull'acciaio, e nella lettera scritta dopo essere stato ferito in
sette aspri combattimenti al fratello Camillo,tenente di fanteria al fronte:
“Sono finalmente tornato alle mie schiere combattenti e l'animo rinnovellato di
vigor novello, intende e spera. Sempre forte e coraggioso, fra i pericoli alto
fra le asprezze terribili”. Remigio Gattu, il più bello assaltatore d'Italia
cadeva poi sul Montello il 16 giugno 1918 scrivendo col sangue vermiglio la
pagina più gloriosa della sua giovinezza gagliarda. Tenente Luigi Debernardi di
Nuoro, morto anch'egli a soli 18 anni sul campo della gloria.
“Remigio Gattu ha trovato morte gloriosa, ferito da pallotola esplosiva il 16
giugno, alla testa della sua compagnia; il 18 ci lasciava per sempre in un
ospedaletto da campo. Eroico giovane ardito fra gli assalitori arditi è spirato,
nel nome sacro d'Italia sulle labbra e sul cuore. In una visione radiosa l'eroe
agonizzante vedeva il nemico in fuga disordinata inseguito dal bel soldato
d'Italia. Ai piedi del Montello, sul fiume riconsacrato in un cimitero d'eroi
dorme il sonno eterno. Ed io ed i miei superiori e colleghi, ammirati, giuriamo
la vendetta a qualunque costo,vendetta santa,vendetta da assalitori”
GLI ALTRI ARDITI:
IX Fiamme Nere.
Al comando di Giovanni Messe con molti bersaglieri
nei ranghi, si distinsero alle pendici del Grappa sul Col Moschin e Col della
Beretta negli ultimi mesi di guerra. Qui Messe rimase circondato con pochi
uomini. Il grosso del reparto ritornò allora sui suoi passi ed ingaggiò una
furiosa battaglia per liberarlo.
".. ricordatevi che molti negli anni a
venire diranno di aver qui combattuto. Ma nessuno potrà provare d'aver fatto
quello che noi facemmo". Ricostituito nel 1942, partecipa alla guerra
di liberazione dopo l'8 settembre 1943. Il NONO è oggi inquadrato come Nucleo
Incursori nella Brig.Paracadutisti
Folgore con
le compagnie 110-120.
XXVI (26°) REPARTO D'ASSALTO:
Il reparto era stato il primo ad essere costituito nel V
c.d.a.. con uomini provenienti dalla 4° brigata bersaglieri (14° e 20°
reggimento). Anima di questa formazione era il giovane capitano Aminto Caretto,
piemontese, che aveva già formato una compagnia di arditi reggimentali e che
aveva anche comandato eroicamente la 70° compagnia. Conclusa la preparazione il
26° venne inviato in prima linea e iniziò l'attività di guerra con ricognizioni,
appostamenti e pattuglie. Verso la fine di agosto del 1917 arrivò l'ordine di
espugnare i roccioni di Monte Maio, a 1500 metri di quota, nella zona a est di
Rovereto. Il 26° partì all'attacco, di sorpresa, nella notte del 23 agosto, ma
il fortuito incontro con un pattuglione austriaco svento il piano e provocò
un'immediata , durissima reazione delle difese austriache. I plotoni rientrarono
all'alba, con forti perdite, impiegando l'intera giornata per riorganizzarsi e
ripartendo poi la sera stessa. Una pattuglia, comandata dal sergente maggiore
Cottone avanzò frontalmente con un nutrito fuoco di fucileria e lancio di bombe
a mano al fine di attirare da quella parte l'attenzione del nemico. Sulla
sinistra, intanto, avanzarono i tenenti Bordignon e Lollini con i loro uomini, e
diedero inizio alla scalata dell'impervio sperone di roccia . L'operazione
riuscì in pieno: i bersaglieri formarono una piramide umana abbarbicata alla
parete rocciosa , uno sulle spalle dell'altro, fino alla vetta dove annientarono
le vedette e irruppero mettendo in fuga l'avversario. La minaccia a Est impose
il loro trasferimento,
anche
se incompleti (Il capitano Caretto era all'ospedale,
malato di tifo). La sera del
24ottobre giunse l'ordine di trasferimento onde rinforzare il 20° bersaglieri.
La 1a compagnia al comando del tenente Gattu e la 2a col tenente Sergardi si
portarono a sud del paese suddetto, la 3° compagnia e la sezione Bettica al
comando del sottotenente Buozzi rimangono di riserva. Verso le 23 si tenta la
rioccupazione del paese e delle trincee che vanno a nord-est. La prima compagnia
attacca frontalmente, mentre la seconda deve proteggere la destra occupando le
alture dominanti; sulla sinistra deve agire un reggimento di bersaglieri. Alle
23.30 le compagnie iniziano il movimento prendendo subito contatto con il
nemico. Gli scontri proseguono tutta la notte e verso le ore otto il nemico
attacca risolutamente ma non riesce a sfondare la linea tenuta dal reparto.
Sull'imbrunire i tedeschi vengono in forze al contrattacco e costringono i
nostri a ritirarsi sul monte Maggiore. Qui il racconto del Tenente Rommel
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/guerra.htm
I resti della battaglia si ritirano col 20° reggimento su Cividale da dove
copriranno la ritirata. Tra il 17 e 20 novembre il reparto è di nuovo in linea
alle Melette di Gallio sopra Asiago dove resta fino all'anno nuovo. Il
battaglione viene ritirato a Giavera del Montello per essere riordinato. Qui
partecipa agli scontri della testa di ponte di metà giugno 18 dove trova la
morte il ten. Lollini Ivo. La guerra che sta per finirie non risparmia un'altro
ufficiale del XXVI, Lusi Giulio caduto sul basso Piave il 30 ottobre. Nei giorni
del Piave: Caretto è a Sernaglia coi suoi arditi poi a
Grisolera e Sette Casoni, dove fa prigioniera una schiera
di bavaresi; non si ferma, passa il Livenza, il Tagliamento e oltre ancora
mentre i fratelli nelle divisioni 28a e 23a di Fara valicano il Fiume Sacro alla
Patria. Vi è con loro Randolfo Pacciardi, sottotenente futuro Ministro della
Difesa nel secondo dopoguerra, che con i suoi piumati sbaraglia gli austriaci al
ponte di Madrisio E' il 3 novembre 1918, il massacro sta per finire.
Bers. CIRO SCIANNA:
Luogo di nascita: Bagheria (PA) 16.3.1891.
Emigrato per lavoro, ritornò per arruolarsi al 3° Bersaglieri. Distaccato al
10° in Albania fu di nuovo rimpatriato allo scoppio della guerra per prendere
servizio al 16°. All'atto della costituzione degli arditi entrò subito nel
XVIII e successivamente al IX. Sull'Asolone in maggio viene decorato di medaglia
di Bronzo e in Giugno di una d'Argento a Col Moschin. Il 24 giugno sull'Asolone,
alfiere del reparto, venne falciato mentre davanti a tutti aveva già superato
le trincee nemiche. Alla memoria gli venne concessa la Medaglia d'Oro alla
memoria.
Ten. CARLO SABATINI luogo di nascita: Alessandria: Nominato Aspirante ufficiale nel novembre 1915 viene destinato al 11° reggimento bersaglieri. Nell'agosto del 16 già sottotenente di una sezione di mitragliatrici fu ferito e decorato di medaglia d'Argento. Promosso Tenente ritornò alla 579 cp. Mitraglieri Fiat. Chiese poi di entrare nel III° Reparto d'Assalto che si stava formando a Santa Caterina di Schio, nei pressi di Vicenza. Gli ufficiali incaricati di tale compito erano: il maggiore Tranquillino, il capitano Tongiorgi e lui provenienti dalla Scuola Reparti d'Assalto di Sdricca di San Giovanni di Manzano. Ripiegato col reparto sul Piave il 13 maggio 1918 sul Monte Corno con tre compagni, dopo una difficile scalata, catturò un'intero presidio austriaco che gli valse la Medaglia d'Oro. Primo sempre ai cimenti, personificazione vera delle più elette virtù militari, con alto spirito di abnegazione e magnifico ardire, con una scalata che ebbe del prodigioso potè primo, esempio ai quattro arditi che lo seguirono, sotto i vigili occhi delle vedette nemiche, audacemente piombare su numeroso presidio avversario. col quale ingaggiò violento corpo a corpo. Nessuno dei nemici fu salvo, i più furono uccisi e nella mischia rotolarono pei dirupi. Sei ne catturò, compreso l’ufficiale co-mandante del presidio. Fattosi poscia raggiungere da forte nucleo dei suoi, si affermò saldamente sulla posizione. M. Corno, 13 maggio 1918. Di lui non si consce molto nel dopoguerra se non che raggiunge la carica di Maggior Generale ( Direttore del Comando Superiore FF. AA. ) e che è una delle persone più influenti del fascismo dei primordi.
Ten. LAMBERTO DE BERNARDI:
Diplomato ma troppo giovane (classe 1898) per essere arruolato entrò nelle formazioni dei
volontari ciclisti all'età di 17 anni. L'anno dopo (1916) riuscì ad entrare
nel 5° bersaglieri dove aveva già militato il fratello Carlo morto a Tolmino nel
1915. Nominato aspirante
ufficiale passo al 13° poi da sottotenente di nuovo al 5° bersaglieri sugli Altopiani.
Dopo Caporetto entrò negli arditi al XVI reparto e prestò servizio a Gallio
dove nel corso di uno dei tanti furiosi scontri perse la vita alla testa della
sua compagnia. Alla memoria venne concessa la Medaglia d'Oro. |
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Carlo Lamberto |
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“Parole di fede”, epistolario di guerra dei fratelli Carlo (classe 1893), Vittorio e Lamberto De Bernardi, tutti e tre morti nel corso della guerra. Il primo a raggiungere il confine è il primogenito Carlo, al 12° reggimento Bersaglieri corpo in cui poi servirà come abbiamo visto anche il fratello Lamberto (classe 1898): |
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Carlo De Bernardi, Bersagliere, autore delle lettere sottoriportate, morirà il 23 ottobre 1915 a Santa Maria di Tolmino, colpito alla fronte mentre posizionava un tubo di gelatina sotto i reticolati nemici (Dopo Carlo moriranno Vittorio, anche lui sottotenente, il 16 maggio del ’16 in Trentino all’inizio della “spedizione punitiva” di Conrad e ultimo cadrà Lamberto. Carlo e Vittorio sono medaglia d'argento). | ||
Cepletischis (Confine italo-austriaco), 23 maggio
1915 - “Carissimi… Come già ripetutamente vi ho scritto, io sto
benissimo, e per me non dovete preoccuparvi. La guerra è una cosa sanguinosa e
terribile, tuttavia, con un po’ di accortezza e spirito, si può salvare la
pelle. State certi che a me queste doti non mancano e, se il destino non mi sarà
avverso, potrò ritornare nuovamente a voi, coperto di gloria! Questa mattina il
mio battaglione ha fatto una ricognizione ai confini, c’era anche il Colonnello
e tanti ufficiali superiori, che erano allegri come matti. Per la prima volta
abbiamo visto le vedette austriache, ma molto in lontananza. Quando penso che
saremo noi ad iniziare questa nuova guerra, non mi sembra possibile tanto onore;
come mi pare un sogno di poter presto scrivere da Trieste, sotto l’ombra del
tricolore!” |
GENERALE GIUSEPPE VACCARI:
Capo di S.M., Comandante del C. d' A. di Trieste e di
Roma. Luogo di nascita: Montebello Vicentino Sottotenente al 1° in prima nomina
e in servizio al 2 (capitano) e 10° bersaglieri (maggiore) ebbe vari incarichi
di Stato Maggiore e di insegnante alla Accademia Navale di Livorno. Nel 1912
parte per la Libia come capo di S.M. divisionale meritandosi per il
combattimento di Misurata l'Argento. Col grado di Colonnello di Brigata rientra
dalla Libia ed assume il comando della Brigata Barletta nel 1916. (altro
argento). Comanda poi lo Stato Maggiore della III armata fino al ripiegamento
indenne sul Piave.
L'ISOLA DEI MORTI
Enrico Barbi : Medaglia di bronzo al V.M: "Il soldato del XXII reparto d'assalto, Barbi Enrico entrato per primo in Moriago, attaccava a colpi di bombe un nucleo nemico distruggendolo e catturando prigionieri. In successive, molteplici occasioni dava prova di coraggio e di disprezzo del pericolo - Moriago 27/28 ottobre 1918". |
Moriago:
Porta della Vittoria o Via degli Arditi così venne chiamata l'isola
ghiaiosa del Piave (Grave: dove i contadini e le famiglie povere facevano
legna gratis in tempo di pace) di fronte al Montello. L'isola deve poi
il suo ultimo nome perché la
corrente del Piave vi trascinava numerosissimi corpi di soldati caduti.
Il luogo fu poi deputato alla
memoria ed alla pietà popolare, colpite dal continuo emergere di resti,
di armi e di soldati dalla ghiaia del fiume. Qui passarono gli arditi dal 27 al 29
ottobre 1918 e qui molti restarono.. Se
passate di la sostate alla piramide che ricorda i caduti coi versi di Gabriele
D'Annunzio. Nel vicino santuario una lapide celebra E.A.Mario, autore della
canzone "La leggenda del Piave", ed un soldato, con l'elmo rovesciato
in mano, vi farà da acquasantiera. I caduti dell'Isola dei morti riposano a
Nervesa della Battaglia. Il bersagliere Enrico Barbi da Gubbio, poi ardito nel XXII reparto d’assalto (Il Reparto del XXII CdA fece parte della 1a divisione d'assalto, generale Ottavio Zoppi) fu il primo soldato italiano ad entrare nel paese di Moriago durante la battaglia di Vittorio Veneto. Arruolato a diciannove anni nel 3° reggimento Bersaglieri con gli eugubini Giuseppe Cappannelli (5), Evaristo Barzucchi (poi nel 1° gruppo mitragliatrici Fiat, 14a compagnia, VII battaglione, 3° Bersaglieri), Santino Bellucci (II battaglione Bersaglieri) e Ubaldo Barbi detto "della Luca". Agli arditi del generale Zoppi il compito di superare la linea di vigilanza austriaca (intorno a mezzanotte), impadronirsi della linea dei Molini (alle 3), dopo aver travolto gli ussari dell'11a divisione e arrivare alle 4 a contatto della linea dei villaggi (Mosniago, Moriago, Fontigo, Sernaglia e Falzè). All'alba, rincalzati dai soldati delle brigate Pisa e Mantova e reparti d'assalto, sotto una fitta nebbia e una pioggia sempre insistente, conquistano Mosniago, superano Sernaglia e, divisi in piccoli nuclei, riescono anche a ridurre al silenzio le numerose mitragliatrici scaglionate attorno a Moriago" (CERVONE1994, p. 207). |