'impero ottomano non aveva più avuto scontri navali, con l'occidente cattolico,
dall'epoca della battaglia di Lepanto (1571), ma eran glorie passate come
l'avvicinamento a Vienna dal 1663 al 1683. Ora, quest'impero
decadente (destino comune a tutte le nazioni che si allargano oltre misura), era chiamato il grande malato. Tutti
fanno la fila al capezzale in attesa del
crollo per poi dividersi i Balcani e il medio oriente. Lo zar Nicola di Russia,
convinto della necessità di una prima mossa, ipotizza che il vecchio alleato
reazionario austriaco reagisca, e per il suo silenzio sia sufficiente
concedergli la Serbia (ortodossa) e la Bosnia (mussulmana) e oltre fino all'Egeo !! passando per la Macedonia. Francia e Inghilterra possono
prendersi le isole egee e parte del medioriente (di cui si ignora le
ricchezze del petrolio agli albori) ma, quello che più importa, lui lo
zar si
sarebbe preso gli stretti dei Dardanelli e quindi una porta aperta sul Mediterraneo. Le convinzioni dello
Zar giungono a
verifica, con quella che è chiamata "Una rissa da Monaci"
all'inizio del 1850 sulla tutela dei luoghi santi di Palestina per
quanto concerne gli ortodossi e la libertà di passaggio attraverso la Turchia.
Bisogna considerare che il "padre" di tutti gli ortodossi (dal 1815),
dagli Urali all'Adriatico era proprio lo Zar e la concessione all'Austria della Serbia era poco più che un
prestito da cui rientrare velocemente.
L'Inghilterra come abitudine, non
presta molta attenzione a conquiste territoriali, ma bada a difendere gli scambi
commerciali in cui prevale la sua flotta civile e militare. Il mediterraneo è
mare suo, da quando i francesi sono stati sconfitti, e ne controlla, per ora, 2
porte: Gibilterra e Malta. Ricordiamo che il
canale di Suez*
non era ancora stato costruito ma circolavano da anni progetti di francesi (Paulin
Talabot), di Inglesi che puntavano sulla ferrovia con trasbordo delle
merci (Stephenson) e di Tedeschi sul capitolato del trentino Luigi de Negrelli.
Questo gruppo si era costituito il 2 gennaio 1847 (associati Camere di Commercio di Venezia, di Trieste e i suoi Lloyd). L'Austria,
aiutata dalla Russia nel 1848 all'epoca dei moti rivoluzionari**, non approva la
presenza di questa nel Mediterraneo e neanche i suoi progetti di espansione nei balcani a danno di Bulgaria, Romania, etc .... Il 3 luglio 1853 con un colpo di mano i russi occupano
però la Moldavia
e la Valacchia, due protettorati confinanti. In occidente intanto si gioca una
carta tutta politica in cui le pedine sono la Francia di Napoleone III, l'Inghilterra e il
piccolo Piemonte di Cavour col nostro nemico "di sempre", gli Asburgo.
**Ferrovia
Varsavia (Warsaw) -Vienna rail road line. Construction was completed in 1847, and
a year later, after the outbreak of the Spring of Nations (la primavera delle
speranze delle nazionalità opresse), the first large
international railway-military operation dispatched over 200,000 mounted Russian
soldiers from Warsaw to Vienna and Budapest to help the Emperor of Austria put
down the uprising. La costruzione venne completata nel 1847 e sperimentata
militarmente un anno dopo con le sollevazioni nazionalistiche. 200.000 soldati
russi vennero inviati., da Varsavia, a Vienna e Budapest per sedare la rivolta
contro l’Imperatore.
*L’amministrazione del Canale
di Suez
(terminato poi nel 1869) verrà affidata dall'Egitto (di fatto un
vicereame autonomo riconosciuto da Istanbul) per la durata di 99
anni, ad una compagnia internazionale, riservandosi il Kedive il possesso di
metà delle azioni della Compagnia. Ma dopo il congresso di Berlino del 1878, la
Gran Bretagna, approfittando delle difficoltà finanziarie del paese, acquistava (per una cicca)
le restanti azioni e si assicurava il
controllo della Compagnia e della zona del Canale. Il Canale ha una larghezza
fra i 70 e 125 m. in superficie, da 45 a 100 sul fondo: il pescaggio da 11 a 12 m. Nel 1951, su un tratto di 11 km, fra El Qantara e EI Firdàn
il canale
è stato raddoppiato. Il Canale lungo 161 km, è tecnicamente percorribile da navi fino a 50.000 t.s.l e con un pescaggio massimo di 10,36 m.
La pace, basata sui punti fermi del Congresso di Vienna era durata 40 anni
e non prevedeva i nazionalismi che già avevano dato uno scossone al patto (di
Vienna 1815) con la
rivoluzione del 1848 appoggiata anche da una nuova classe sociale la media e
bassa
borghesia fatta di artigiani e professionisti. Se il Piemonte, pur mantenendo lo statuto
Albertino, era rientrato nei ranghi,
altrettanto non si poteva dire della Francia dove la Repubblica, per giunta
guidata da un Bonaparte, persisteva ancora dopo 3 anni. Un colpo di Stato, nei
progetti da sempre dell'ultimo rampollo dei Bonaparte, portava al 2° impero
inaugurato nel dicembre del 1852. Ricavalcando le "aspirazioni di libertà" (e di
grandeur) dello Zio il corso darà avvio a un ventennio di guerre per cambiare
l'assetto europeo grazie anche a un nuovo soggetto entrato in campo nell'Europa
centrale, la Prussia che, stato dopo stato, sconfina al Reno. Ma lui non sa che
la Prussia sarà la sua
Waterloo. La chiave intanto per destabilizzare tutto ?: la guerra in Crimea che
vede contrapposti i due più reazionari: Austria e Russia.
E qui rientrava in gioco lui, Napoleone III, il vero isolato. Se l'Austria era
titubante nello spostare armate nei balcani indebolendo i confini lombardi, ci
pensava Napoleone garantendo non solo la neutralità dell'Italia ma anche la sua
adesione (alleanza) al blocco antirusso. L'Austria alla fine sceglieva la
coalizione antirussa di fatto dimenticando l'aiuto prestatogli dallo Zar per un
interesse specifico, i Balcani, che stavano diventando protettorato Russo in
tutte le sue etnie che professano la religione Ortodossa, Grecia compresa.
Umberto
Levra - Università di Torino 2003 - La scelta piemontese fu drammatica e
sofferta, perché quando con l’intesa franco-austriaca si rovesciarono le
alleanze sancite dal Congresso di Vienna la realtà diplomatica appariva come un
dilemma entro cui il regno rischiava di essere schiacciato: neutralità per
tenere fede alla politica estera sino ad allora impostata sulla rivendicazione
antiaustriaca, e perciò isolamento, oltre che sfida alle maggiori potenze
occidentali che invece premevano per l’intervento; oppure alleanza con gli amici
di prima, che però ora erano anche amici della nemica Austria? Quello che per i
moderati era un dilemma, per i democratici piemontesi e italiani era invece un
falso problema: per essi il tricolore a fianco dell’aquila asburgica, a sostegno
di una causa estranea agli interessi italiani ma anzi volta a impedire movimenti
in Italia per rassicurare l’Austria nella sua espansione balcanica, era la
negazione della tradizione eroica e rivoluzionaria del 1848, di una politica
nazionale e perciò antiaustriaca come peculiarità del regno sardo, sacrificata a
una visione locale e dinastica …E con l’espressione «un fatale equivoco» Mazzini
coglieva nel segno il profondo significato di svolta che l’adesione del Piemonte
all’alleanza anti-russa portava con sé negli anni dl preparazione dell’unità
nazionale italiana. Veniva cioè meno l’ambivalenza con cui, da una parte, i
gabinetti europei avevano guardato al regno sardo rimasto costituzionale ed
eversivo dello status. qua dopo il fallimento del ‘48; e, dall’altra, l’opinione
democratica anche nei momenti di maggiore crisi aveva guardato alla dinastia
sabauda, con la speranza di trascinarla nella lotta alla dominazione straniera,
anche contro la propria volontà, come era stato sul punto di accadere nel 1849.
Ora il fatale equivoco si chiariva una volta per tutte: il governo moderato
piemontese, la prospettiva di egemonia sabauda erano a fianco dell’Europa dei
re, non di quella del popoli, e mai lo erano stati; così come la liberazione
dell’Italia dal dominio straniero e l’eventuale creazione dl un organismo
statuale unico nella penisola rispondevano a logiche molto diverse, che non
potevano più essere confuse, come invece era avvenuto per molti nel quinquennio
precedente, magari sotto la forza del mito federalistico giobertiano, o del
prestigio della guerra combattuta contro l’Austria e inizialmente vinta, o della
volontà di riscossa del 1849. La scelta di partecipare alla guerra in Crimea
alleati con l’Austria sciolse definitivamente l’equivoco, dentro e fuori
l’Italia: l’errore-speranza di tanti democratici era stato credere in un
Piemonte rivoluzionario; l’errore-timore della diplomazia europea era stato sino
ad allora averne paura.
Pur in ritardo, in ottobre i turchi si muovono
per organizzare una possibile difesa da ulteriori invasioni russe. Le operazioni
militari dei primi giorni del 1854 sono sfavorevoli ai russi, sia per
l'inefficienza del comando sia per le difese attuate da Omar Pascià. Assediato
a Silistra (Oggi in Bulgaria), questi resiste quel tanto da riuscire a vedere il ritiro dei russi
con l'apertura di un nuovo fronte in Crimea. Gli Austriaci si dicono
disponibili ad occupare i protettorati danubiani ma per il loro intervento vogliono sicurezza
da parte Italiana. Le flotte inglesi e francesi intanto sono giunte nel
Mar Nero.
Britain and France were
determined to fight Russia somewhere, so they decided to invade the Crimea and
destroy the naval base at Sevastopol. They landed at Eupatoria on 14 September
1854, intending to make a one hundred mile triumphal march to Sevastopol the
capital of the Crimea, with 50,000 men. On 20 September 1854 the Battle of the
River Alma was fought a week after the allied landing, the first engagement of
the war. The Allies marched down a grassy slope, overlooked by a natural
escarpment which had been heavily fortified with redoubts by the Russians.
The
Allied line of attack led them onto the enemy guns. Menschikov, the Russian
general, thought a frontal attack was suicidal and therefore out of the question.
The British Commander-in-Chief, Lord Raglan, ordered a frontal assault over the
steepest ground. Lack of information and lack of reconnoitre meant that he did
not know about the easy routes. The Allies surprised Menschikov, who took his
army and fled towards Sevastopol in utter disarray.
Con un esercito composto
prevalentemente da Zuavi (i Francesi del generale Saint Arnaud) e quello Inglese
di Lord Raglan nonostante la buona disposizione a difesa dei russi gli alleati
riuscirono a prevalere nella battaglia del Fiume Alma. A pochi giorni dallo
sbarco nella baia di Kalamita alle porte di Eupatoria. L'armata russa del
generale Menshikov perse molti uomini ma meno di quelli avversari e solo la sua
indecisione e attendismo non facilitarono un riscatto.
Il 20 settembre 1854 fu combattuta la Battaglia del fiume Alma (vedi piantina
sotto). Gli alleati avanzarono lungo un pendio erboso, dominato da una scarpata
naturale che era stata pesantemente fortificata con ridotte dai russi.
Menschikov, di tutto poteva pensare ma mai di un attacco frontale. E
l’operazione riuscì mettendo in fuga Menschikov che si rinchiudeva a Sebastopoli
nel caos più totale. Un grosso handicap lavorava contro i Russi. Non avevano
artiglierie a canna rigata, avevano i fucili ad avancarica, avevano navi di
legno non corazzate e ignoravano incredibile visto quanto esposto sopra, la
possibilità di riutilizzare la ferrovia per il trasporto delle truppe (bisogna
dire che la Russia aveva un esercito professionale a ranghi ridotti perche era
estremamente pericoloso chiamare alla leva Servi della Gleba e contadini che
avevano alle spalle una lunga storia di rivolte)
I soldati, appena sbarcati a Gallipoli alla tappa
intermedia nei Dardanelli, sono in breve
falciati da epidemie di colera che impazzano. La piazzaforte russa più importante della
Crimea è SEBASTOPOLI, ma solo il caso ha voluto che qui si
concentrasse la guerra. I cattivi collegamenti stradali con il resto della
Russia, impediscono i
rifornimenti e l'esercito russo (700.000 uomini usati quasi esclusivamente per
l'ordine pubblico interno), è sparso dalla Polonia al
Danubio, dal Mar Nero al Caucaso, ma in Crimea in quel momento ve ne sono solo 51.000. I decessi per colera, dieci volte
più alti
di quelli in battaglia, provocano evidenti problemi per il rimpiazzo degli
uomini. Tutto il peso della guerra grava sui francesi
di Napoleone III. Il 17 ottobre 1854 si tenta l'assalto alla fortezza di
Sebastopoli. Dagli scontri che ne
seguono, il 25 ottobre si
svilupperà la carica dei 600 di Balaclava, infausta ed eroica
impresa dell'inglese Lord Cardigan cui presero parte anche due "osservatori"
italiani (uno di questi era il Cap. Giuseppe Govone che dal 1849 è addetto militare presso le legazioni
di Vienna e Berlino). Nel 1853 parte volontario come "osservatore" della guerra
d'Oriente, tra Turchia e Russia nei Balcani. Combatte tra il 1853 e il 1854 al
fianco degli Ottomani sul Danubio e si prodiga nella difesa di Silistra quando
ancora gli italiani non sono attori ma semplici spettatori. Quando il conflitto
si allarga a Gran Bretagna e Francia si sposta in Crimea giusto in tempo perché
in patria si dia il via alla spedizione di sostegno. In questi mesi è nominato
sottocapo di Stato Maggiore del generale La Marmora. Volontario alla battaglia
di Balaclava: gli muore il cavallo sotto di se e fra i superstiti (non morirono
tutti) c'è anche lui che riceverà dalla
Regina Vittoria l'Ordine del Bagno. Dopo la battaglia della Cernaia è invece
insignito dai francesi della Legion d'Onore. Cinque anni dopo la sua esperienza
lo porterà a ricoprire il comando del
neonato servizio "I" di informazioni.
L'inverno, il primo di guerra con temperature sotto i 20 gradi, vede cessare gli scontri, che riprendono
nel febbraio del '55. Gli alleati, memori dell'esperienza di Napoleone I, non
si sentono tanto forti da invadere la Russia in quel momento. L'esercito dello Zar male armato,
per affrontare operazioni ambiziose, teme però la sconfitta da parte di un avversario
tecnologicamente superiore. In
Russia la riserva d'armata s'è esaurita e, per continuare la guerra, bisogna
assoldare i servi della gleba, mettergli in mano delle armi e questo è
pericoloso in uno stato autoritario. Soluzione peggiore
del problema. I russi al posto di fortificazioni in pietra
usano quelle campali in terra, riparabili, ridislocabili, poco
costose, atte ad una guerra di movimento. Gli inglesi, a caccia di soldati, si
rivolgono anche ai piemontesi: sono disposti ad assoldare uomini a pagamento
(Una legione straniera italo-inglese di mercenari ha infatti partecipato alla guerra*).
(immagine: molti anni dopo eserciti austriaci e tedeschi
si scontreranno ancora su queste terre con un secondo cruento assedio a
Sebastopoli)
ALESSANDRO
LA MARMORA
Biografia 2 parte
Si, il Piemonte di Cavour sarebbe anche
d'accordo, superando l'opposizione interna e mazziniana di tanti nello stivale,
poi però bisognerebbe affrontare alcune questioni urgenti con l'ex nemico come
il sequestro dei
beni dei milanesi riparati in Piemonte, lo
stanziamento di truppe austriache nel Papato
etc... Le sue richieste (Ministro degli Esteri Dabormida) irritano francesi e inglesi, che non accettano
ponendo anche un ultimatum alla loro proposta, entro il 9 gennaio 1855 un si o
un no (e tante grazie quando sarà finita). Valutando che il rifiuto, in una simile occasione, andrebbe a nostro
sfavore senza altre possibilità, aderiamo. Il corpo di spedizione comprende
in tutto 18 mila uomini che provengono dalle varie armi, ai quali bisogna
aggiungere 4500 cavalli e 36 cannoni.
Il comando supremo è stato affidato ad
Alfonso La Marmora, fratello di Alessandro, mentre le due divisioni sono agli
ordini, una di
Giovanni Durando e l’altra di Alessandro La Marmora. Le cinque brigate di fanteria, a
cui sono stati affidati 1 battaglione Bersaglieri (di formazione) cadauna,
sono comandate dai generali Fanti, Ansaldi e dai colonnelli
Cialdini, Montevecchio e Mollard. La cavalleria è sotto il comando del
colonnello Giustiniani mentre l’artiglieria, i bersaglieri e gli uomini del genio sono sotto
il comando dei colonnelli Valfré, Di Saint Pierre e Staglieno.
Ordinamento
del Corpo dei Bersaglieri e dell'Esercito Sardo alla Vigilia della Guerra di
Crimea
-
Rielaborato da
Annuario Militare Ufficiale dello Stato Sardo By Mark Conrad, 1994. This article, though, presents the prewar organization which
was the basis for the Sardinian contingent sent to the Crimea.
Corpo
dei Bersaglieri;
comandante del corpo Col. cavaliere Giuseppe Savant;
headquarters in Cuneo. Hemispherical hat with a round, broad brim and a plume of
capon feathers hanging down on the right side, dark-blue wool tunic, crimson
collar and trim, dark-blue wool jacket, dark-blue cloak, dark-blue pants, green
woolen cords. .................Il
25 aprile il contingente, a scaglioni,
s'imbarca per la Crimea dove sbarca
il 14 maggio. Pure noi dovemmo contare i morti di colera (Lo stesso
Alessandro La Marmora,
sepolto a Kadikoi).
il contingente
piemontese. Il 16 agosto 1855 le nostre truppe sono impiegate alla
CERNAIA
(g)
con successo. Le grosse perdite subite dai russi nelle loro sortite da
Sebastopoli
ne hanno fiaccato la resistenza.
Sulla
collina chiamata dello zig-zag, persa e ripresa, si finisce a sassate. Il Capitano Chiabrera cosi apostrofa i suoi
in piemontese "Fieui a sassà". Il 6 settembre il
3° battaglione aggregato ai francesi muove all'attacco del ponte di Traktir
emulando gli zuavi, da cui riceveranno in segno di amicizia il Fez.
L'8
settembre 1855, vinti tutti i forti, gli alleati entrano in SEBASTOPOLI.
LA PRIMA GUERRA TECNOLOGICA O MODERNA
Quando nel 1855 i bersaglieri
piemontesi combattevano alla Cernaia, il rancio era composto dal brodo
concentrato in tavoletta prodotto a Torino, secondo i dettami Liebig, da
Giuseppe Lancia. Lancia padre ha 4 figli ed uno, il più scavezzacollo, è Censin
o Vincenzo che nascerà a Fobello, nella casa da vacanza in Val Sesia, il 24 agosto
1881. Di studiare Vincenzino non ha voglia perchè la sua attenzione è tutta verso
l'era dei nuovi motori a scoppio.
Lavora alla Ceirano (biciclette e auto) poi quando questa viene assorbita dalla
Fiat passa a fare il collaudatore e il pilota da corsa (primo successo Fiat
nella Torino Sassi-Superga del 1902). 4 anni dopo fonda una propria officina
automobilistica. Naturalmente la modernità non stava tutta qui. Le
lavorazioni meccaniche avevano permesso le rigature dei cannoni e di molte armi
e con l'uso di proiettili non più sferici aveva permesso l'ingaggio
dell'avversario da distanze maggiori (1200 passi contro i 300 di quelli a
palla). I velieri occidentali che solcavano le acque erano spesso a vapore,
quindi svincolati dai fenomeni atmosferici e le corazzate non sparavano più,
come nei film dei pirati, palle piene dirompenti, ma cave ed esplosive. La
maggior pericolosità delle armi ( penetrazione dei colpi) e il colera avevano
comunque creato grossi problemi sanitari affrontati in fretta e furia con
volontari e donne, per la prima volta sui campi di battaglia. Il pericoloso
cloroformio viene ampiamente usato negli interventi chirurgici. La modernità era
anche raccontare in patria tutto questo. Sui campi di Crimea fanno la comparsa
fotografi, disegnatori e giornalisti che usano il telegrafo per trasmettere i
loro pezzi. Alla fine del conflitto i francesi lasciavano sul campo
11.000 morti per causa di guerra e il doppio per colera su 309.000 mobilitati.
Gli inglesi 32.000 equamente divisi su 96.000 mobilitati. Si tratta di una
percentuale enorme (33%) lontana anche dalle perdite italiane (2.182 si 18.000)
del 12%. Non si saprà mai quella dei russi e dei Turchi giudicata altissima
In Europa cominciano quindi a circolare stampe dove il bersagliere è ritratto
assieme agli alleati a pari merito. Gli inglesi stessi (gen. Simpson) concedono
ai nostri bersaglieri di innalzare il grido "Hip-Hip Urrah" al sciogliete
le righe. A
Nicola 1° in marzo, succedeva Alessandro II°, che pur non temendo
un'invasione, vede aumentare le mire austriache e svedesi, con il blocco dei
porti sul Baltico. Benché vittorioso nel Caucaso, lo zar deve capitolare dopo
un ultimatum austriaco, si disse preparato ad arte da Napoleone III. Questo
ultimatum lanciato dagli austriaci, avrebbe portato ad una completa rottura fra
i due paesi, e qui Napoleone III interveniva offrendo ai Russi una via d'uscita, che
gli permetteva di continuare a rincorrere l'alleanza Russa. Il 25 febbraio
1856 s'ebbe l'armistizio e il 30 marzo la pace. Cade il protettorato sui
principati danubiani con tutte le altre pretese. Escluso dalle fasi
dell'ultimatum, il Piemonte vuole rifarsi in quelle di pace a Parigi dove gli si
concedono pochi minuti. L'8 aprile
Il discorso di Cavour, è calmo e per nulla rivendicativo. Gia il fatto di
trovarsi li fra i Re d'Europa lo identifica come il rappresentante dell'Europa
delle tante nazioni (non pochi rifugiati dalle terre asburgico-borboniche si
era la stabilito) il cui problema prima o poi sarebbe esploso. Pone il problema
dell'Italia come irrisolto, nonostante l'appoggio alla campagna di Crimea e il
suo intervento si
conclude con una teatrale uscita "Ritorno a mani vuote in un Piemonte deluso". Il giorno
successivo, i giornali inglesi cominciano a pubblicare articoli sul
piccolo stato che aveva voluto fare la voce grossa e dire la sua verso una grande potenza notoriamente
illiberale come l'Austria. Gli articoli, ripresi dal resto dei giornali dell'Europa e la
pubblicità che ne viene al Piemonte, basta per creare il mito del primo
ministro. Potenza dei mass media si direbbe oggi.
For service during the Crimean
War, various foreign troops were recruited. These were formed into 3
Legions, the
German, the Swiss, and the Italian Legion
*See Mercenaries for the Crimea by C. C. Bayley (London,
1977).
|
Durante la campagna di Crimea
(1854/56) non furono solo gli italiani a fornire truppe legionarie, ma anche altri paesi. Del resto era stato espressamente chiesto al Regno Piemontese di tradurre l’intero corpo a pagamento.
Il nucleo italiano della legione volontaria ebbe anche casermaggio e centro di
reclutamento a Chivasso, prima di partire. Il dottore della legione
era Joseph Sampson Gamgee nato a Livorno nel 1828, di nazionalità inglese,
collaboratore per un certo periodo di Pasteur all'Università di
Parigi. Prima di esercitare con gli italiani era stato medico all'ospedale
italiano di Malta (Dopo la guerra continuò la sua
opera di medico e studioso a Birmingham che si andava riempiendo di
emigrati italiani). L'eventualità che l'Italia
partecipasse a puro titolo venale implicava che, a fine conflitto, una volta pagati i debiti, Cavour non si potesse sedere al tavolo dei negoziati, non tanto contro lo zar, ma “pari grado agli alleati” austriaci.
La British Italian legion
formata non era la prima unità che si batteva a favore del Re d’Inghilterra. Era già successo ai tempi di
Napoleone, che tanti amici in Italia poi non contava. Napoleone avrà di che lamentarsi dell’apporto Italiano, in uomini, non certo in opere d’arte che aderirono più o meno spontaneamente alla sua chiamata.
(Il saccheggio di guerra è riconosciuto
ora dalle leggi internazionali che dicono "chi ha avuto, ha avuto e chi ha
dato ha dato", ma l'Italia restituisce ugualmente l'obelisco di Axum
perchè noi non siamo ligi ai trattati internazionali).
A partire dal 1806 al 1816 due reggimenti siciliani, uno piemontese e altrettanti indefinibili prestarono servizio sotto l’Union Jack
Inglese. Fra le truppe straniere venne reclutato un certo numero di uomini (14.000?) per formare una vera e propria
"legione straniera", alla
francese (ma i francesi non avevano ancora la loro) per i servizi coloniali,
che rimanesse anche dopo la fine della guerra in servizio permanente. Non si hanno notizie che questa formazione sia sopravvissuta. L’esercito d’allora era composto da professionisti stipendiati, ancorché mercenari. Era così presso tutti i regni. Gli svizzeri che non hanno da secoli guerre sul loro suolo, facevano di mestiere i soldati per gli altri. Ne è un esempio la guardia vaticana
reclutata in un paese che di cattolici ne ha pochi.
I RETROSCENA D'UNA IMPRESA
La British Italian legion
L'epilogo del processo
risorgimentale in Sicilia: Ufficialità e retroscena di Deanna Sardi
(Università di Firenze)
http://www.realtasociale.it/
PASSI... L’interesse dello stato sabaudo
verso il Mezzogiorno era molto forte e derivava in parte da questioni di
prestigio, in quanto il suo possesso permetteva a Vittorio Emanuele di
potersi fregiare della corona di re d’Italia, ma scaturiva anche da
interessi concreti. Tali interessi si basavano su una visione
leggendaria del Mezzogiorno che lo descriveva come paese ricchissimo di
risorse naturali in attesa solo di ricevere un impulso per essere
adeguatamente sfruttate….Lo stesso Cavour, che non era mai sceso più giù
della Toscana, era convinto di questa tesi. La sopra valutazione delle
risorse del sud era talmente radicata da condizionare anche la politica
dei primi anni del Regno unificato, quando non fu stanziato alcun aiuto
alla sua economia, in quanto si considerava questa parte della penisola
non solo in grado di saper badare a se stessa, ma anzi di essere
addirittura capace di fornire risorse economiche anche al nord.....
Nonostante la presenza di tutti questi interessi che stimolavano
all’intervento, il governo piemontese capiva che non era possibile
dichiarare apertamente la guerra al regno di Napoli perché l’imperatore
francese Napoleone III non avrebbe mai consentito ad attaccare
Francesco II. Era necessario dunque ricorrere ad un altro sistema per
invadere il territorio di uno stato sovrano e di una potenza formalmente
amica..... Dalle memorie dell’esule siciliano Giovanni La Cecilia si
ricava il primo tentativo di conquista del sud progettato da Cavour,
precedente di qualche anno la spedizione dei Mille. Secondo il La
Cecilia dunque nel corso del mese di febbraio
del 1854 Cavour si era impegnato a formare un corpo di sedicenti
volontari costituito da cinquecento bersaglieri e cento ufficiali del
contingente sardo vestiti in borghese.
Essi,
dotati di cinquemila fucili e di un fondo spese di due milioni,
avrebbero dovuto sbarcare a Reggio Calabria e da lì avrebbero fatto
insorgere da una parte Messina e tutta l’isola, dall’altra gli Abruzzi e
la Basilicata. Dopo che i fucili erano già arrivati in Sardegna, luogo
scelto per la preparazione della spedizione e
si era cominciato a distribuire i congedi ai bersaglieri,
l’operazione non ebbe seguito perché si scontrò contro l’opposizione di
Napoleone III. Secondo il diario del generale Giacomo Durando,
conservato nel Museo del Risorgimento di Torino, l’anno seguente, cioè
nel 1855, Cavour aveva progettato di dirottare verso il regno di Napoli
le truppe raccolte per l’intervento nella guerra di Crimea con uno
sbarco nel golfo di Napoli. Voleva provocare un’occupazione del regno di
Napoli “simile a quella che gli anglo-francesi avevano fatto del regno
di Grecia”(3). Il Durando fece tuttavia osservare al conte che “Napoli
ha dodici vapori armati”. Solo la constatazione quindi che la Marina da
guerra napoletana era molto forte trattenne il presidente del Consiglio
dal suo proposito. “I furori bellicosi di Cavour si calmano” annotava
ancora il generale. Ma nell’aprile del 1856 Cavour ritornò sul
progetto pensando di spedire nel Mezzogiorno la legione anglo-italiana
addestrata dagli inglesi per la guerra di Crimea e che non era stata
utilizzata. Nella mente di Cavour la Sicilia doveva costituire una
contropartita extralegale rispetto alle decisioni del congresso di
Parigi del 1856 che non aveva previsto alcun riconoscimento in termini
territoriali alla partecipazione del Piemonte alla
guerra.....L’ambasciatore inglese a Torino, Sir James Hudson, era un
convinto sostenitore dell’unificazione italiana, considerata nell’ottica
dell’interesse britannico. ... “L’Italia dev’essere italiana, altrimenti
sarà di nuovo austriaca o francese” scriveva al suo governo. Il ministro
degli esteri britannico, John Russell, d’altra parte, considerava il
governo di Napoli una tirannia. Secondo il rappresentante diplomatico
degli Stati Uniti a Napoli, Chandler, egli ed i suoi colleghi con le
loro critiche stavano incoraggiando lo spirito rivoluzionario ad agire
contro il governo borbonico. Un fattore decisivo era anche l’attività
svolta dalle logge massoniche, nate da una filiazione delle logge
inglesi, continuamente perseguitate nel meridione e quindi interessate
al crollo del cattolico regno dei Borboni. L’Inghilterra voleva la fine
del potere temporale del Papa. L’antipapismo protestante era evidente
nelle parole di Odo Russell, rappresentante diplomatico britannico a
Roma, quando scriveva allo zio John Russell: “Non posso nascondere il
mio profondo convincimento che prima sarà abolito il potere temporale
del papa e meglio sarà per l’Italia e per l’umanità in generale”.
L’Inghilterra aveva inoltre forti interessi nel regno borbonico. In
Sicilia, in particolare, gli inglesi possedevano miniere per
l’estrazione dello zolfo sulle Madonie ed erano proprietari di
stabilimenti vinicoli a Marsala. Oltre a ciò Londra capiva bene che
l’imminente apertura del canale di Suez avrebbe reso la Sicilia una
zona di grande interesse strategico per le potenze europee, vedeva
quindi con apprensione l’avvicinamento diplomatico dell’impero russo ai
Borboni al fine di ottenere uno sbocco sul Mediterraneo. Per tutti
questi motivi l’Inghilterra era pronta ad appoggiare un eventuale
tentativo di conquista da parte del Piemonte.
(British Italian Legion:
for the British Italian Legion, recruitment commenced in October 1855.
Place of recruitment: In Italy, Novara, Suza, Chivasso; subsequently at
Malta. Emigrants at York, Burnley, and Ashton. No men were sent to the
seat of war. The Italian Legion was disbanded by December 1856. other
legions: German Legion 9,000 Swiss Legion 3,000 Polish Legion 1,500
Italian Legion 2,000)
Aldo Alessandro Mola
scrive: «La spedizione dei Mille si svolse dall'inizio alla fine
sotto tutela britannica: o, se si preferisce, della Massoneria inglese».
Presi i necessari accordi con la Massoneria inglese, il nizzardo partì
da Liverpool alla volta del Nuovo Mondo dove frequentò e batté cassa
presso le Logge massoniche di New York. La sconfitta dei Borbone fu
comprata a peso d'oro. Oro massonico che corruppe le tasche dei generali
quasi quanto la propaganda ne aveva corrotto la mente. Lo studioso De
Vita ha accuratamente ricostruito la provenienza di questo tesoro
attraverso una documentata ricerca negli archivi delle Logge massoniche
scozzesi di Edimburgo. A Garibaldi furono quindi fatti pervenire, per
l'organizzazione della spedizione, tre milioni di franchi francesi,
tutti convertiti in piastre d'oro turche per occultarne la provenienza e
per favorirne il cambio in tutto il bacino del Mediterraneo. Non è
facile valutare il valore finanziario di una somma così ingente, ma si
tratta senza dubbio di milioni di dollari odierni. Alla colletta
contribuirono, oltre ai Fratelli inglesi e americani, anche quelli
canadesi. La Massoneria mal sopportava quei sovrani di Napoli: troppo
cattolici e ben difesi, da un lato dall'«acqua santa» del Papa,
dall'altro da quella salata e ricca di traffici del Mediterraneo.
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