Biospeleologia del Piemonte

Atlante Fotografico Sistematico

   
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Il carsismo in Piemonte



Premessa

Percorrendo la catena alpina, dalle Alpi Liguri fino al Monte Rosa, si resterà colpiti dalla diversità di aspetto tra i massicci formati da rocce cristalline e metamorfiche, caratterizzati da cime frastagliate, pareti scoscese e valli profondamente incise dai ghiacciai e dai corsi d'acqua, e le aree dove affiorano le rocce calcaree, con morfologie piuttosto dolci, altopiani e vaste conche mancanti dell'idrografia superficiale.

Il fenomeno carsico che interessa i terreni calcarei è infatti caratterizzato da un paesaggio brullo, da svariate forme di corrosione superficiale (campi solcati, doline, ecc.), assenza di circolazione delle acque in superficie che invece esercitano la loro azione corrosiva ed erosiva in profondità, scavando cavità ed abissi.

In Piemonte le aree carsiche più importanti sono localizzate nel settore delle Alpi Liguri dove l'eccezionale intensità dei fenomeni superficiali ed ipogei fanno di questa zona una delle aree più interessanti nel panorama carsico italiano ed europeo. Altrove le formazioni calcaree carsificabili raggiungono potenze assai più limitate; se si esclude qualche altra vallata, si tratta in genere di fasce associate ai calcescisti o lenti di marmi inglobate in terreni metamorfici. In queste zone sono quasi del tutto trascurabili i fenomeni carsici epigei mentre il carsismo sotterraneo è caratterizzato da alcune cavità di discreto sviluppo.

Le grotte catastate del territorio piemontese sono quasi 2.000 (contraddistinte da un numero e dalle sigle della regione e provincia), di queste molte sono quelle di interesse assai limitato, ma altrettanto numerose sono le cavità che rivestono particolare importanza. oltre che dal punto di vista strettamente speleologico, anche sotto l'aspetto scientifico, naturalistico, paesaggistico e persino economico.

Le principali cavità sono elencate in Tabella 1, tra queste il primo posto è occupato dal sistema di Piaggia Bella che, raggiungendo i 950 metri di profondità e lo sviluppo di oltre 35.5 km, è considerato una delle cavità più importanti presenti sul territorio nazionale. Come si può notare, l'elenco appare piuttosto nutrito e molte cavità figurano anche tra le maggiori che l'Italia possa vantare: la loro visita, anche solo per scopi puramente sportivi, attiva un flusso abbastanza intenso di speleologi di altre regioni e dell'estero.


Sotto gli aspetti paleontologico, paletnologico e archeologico, molte cavità hanno dato luogo a reperti di fossili, di testimonianze di insediamenti umani preistorici o di usi delle cavità in tempi storici non moderni. Qualche grotta (come quelle del M. Fenera in Valsesia, della Boira Fusca in Valle dell'Orco della Balm 'Cianto' in Val Chisone) è divenuta famosa per aver fornito le prove, sinora uniche, della presenza umana in Piemonte ancora prima del Neolitico. Ma va considerato che le ricerche effettuate non sono molte e che le potenzialità a questo riguardo sono giudicate di estremo interesse.

Altre grotte sono importanti per la biospeleologia, ospitando rarissime specie troglobie ivi endemiche, come quelle infeudate nelle grotte delle Camoscere in Val Pesio, di Rossana, di Pugnetto in Val Lanzo, per non citare che gli esempi più noti.

Qualche cavità assume importanza storica, per aver dato rifugio a genti perseguitate durante le invasioni, le guerre di religione, la Resistenza.

Non poche sono anche le grotte interessanti per le bellezze naturali, che vi si possono ammirare, e che pertanto vanno tutelate ed eventualmente valorizzate per innescare flussi turistici vitali per l'economia locale, Attualmente solo le grotte di Bossea, quelle dei Dossi e del Caudano, tutte nel Monregalese, sono attrezzate per la visita del pubblico, mentre in altre sono stati facilitati i percorsi per consentire anche ai non speleologi di accedere senza pericolo nè eccessive difficoltà. Purtroppo in alcune grotte l'irresponsabilità dei visitatori ha causato gravi danni al patrimonio naturale ed ecologico.

Non va dimenticata poi la possibilità, da preventivare date talune situazioni locali di carenza, di utilizzare le risorse idriche presenti in molte cavità. Le particolari situazioni stratigrafiche e strutturali favoriscono infatti una circolazione anche notevole di acque sotterranee e la presenza di numerosi sistemi che alimentano sorgenti anche con portate assai elevate (come quelle della Foce e delle Vene nell'Alta Val Tanaro, del Pesio, della Dragonera e del Bandito nel basso bacino del Gesso, del Maira, ecc.). Tali importanti punti di approvvigionamento idrico sono generalmente poco noti ai programmatori del settore, ma non agli speleologi, che anche in collaborazione con enti universitari li stanno studiando attraverso l'esplorazione diretta, test con traccianti ed analisi specifiche.

Non solo le grotte ma anche le aree carsiche del Piemonte rivestono un cospicuo interesse dal punto di vista naturalistico, in particolar modo per la singolarità delle forme carsiche epigee e per l'abbondanza degli endemismi botanici insediati sui substrati calcarei.

 

Ubicazione delle principali zone calcaree (in nero) e delle aree carsiche



Il fenomeno carsico

Le aree carsiche in Piemonte presentano una notevole varietà delle forme superficiali che, a parità dei fattori geo-litologici, sono essenzialmente legate alla ipsometria della zona.

Anche le morfologie sotterranee presentano aspetti assai differenti; in genere si riconoscono nelle aree di assorbimento cavità con andamento prevalentemente verticale con pozzi e meandri che possono raggiungere anche notevoli profondità, mentre nelle zone di risorgenza sono presenti grotte ad andamento suborizzontale. La circolazione delle acque è legata alle condizioni strutturali locali ed in particolare alla posizione del limite o della soglia di permeabilità. Si trovano quindi sistemi completamente sommersi, presenti al di sotto dei talweg di corsi d'acqua; sistemi con base sommersa o sospesi, caratterizzati da una zona di assorbimento e di trasferimento semi attiva o attiva e da una zona satura di dimensioni più o meno rilevanti; e infine sistemi completamente fossili, che testimoniano l'abbassamento del livello di base e l'esistenza di un carsismo profondo sicuramente prewürmiano.

Le aree carsiche del Piemonte sono state suddivise in base alle diverse caratteristiche geografiche, climatiche e morfologiche in tre tipi principali: carsi di alta quota, carsi di media quota, carsi di bassa quota.

I carsi di alta quota si trovano nelle zone alpine più elevate, generalmente localizzati in prossimità delle testate dei principali sistemi vallivi, appartengono ai sistemi morfogenetici periglaciali, la neve infatti ricopre per oltre 6 mesi il suolo, ed in alcune zone si conserva per quasi tutto l'anno. La vegetazione, molto scarsa, appartenente alla serie alpina su calcare e a raggruppamenti specializzati del piano alpino (vallette nivali, depressioni fresche o conche un po' acquitrinose, laghetti), è limitata per lo più alle forme tipiche dei pascoli d'alta montagna, delle rupi, dei detriti di falda, delle morene.

La morfologia superficiale è caratterizzata da conche glacio-carsiche, vasti bacini chiusi, situati soprattutto nei circhi glaciali legati sia all'erosione glaciale che al carsismo. Sono pure presenti altopiani assorbenti, talora disposti in serie, valloni chiusi generalmente allungati, con direzione parallela alle discontinuità tettoniche, del tutto privi di idrologia superficiale. Le macroforme più tipiche sono rappresentate da doline di ogni dimensione (in genere prevalgono quelle di dissoluzione), da pozzi a neve ed inghiottitoi. Le serie calcaree sono caratterizzate da numerosi litotipi quali calcari, calcari dolomitici, calcari arenacei-marnosi, dolomie, e presentano forme varie secondo le litologie presenti. Nei calcari più puri, massicci, sono abbondanti le microforme di dissoluzione superficiale quali lapiaz, solchi, meandri, vaschette, mentre i litotipi maggiormente fratturati sono soggetti a rapida modificazione dovute alla sensibilità delle rocce nei confronti del gelo, e a una conseguente mancanza delle forme di corrosione. I calcari arenacei e marnosi, impuri, danno luogo, con il loro residuo insolubile, alla formazione di suoli maturi e umiferi che si inerbiscono, con piccoli solchi idrici solitamente asciutti.

Come schema morfologico generale si distinguono delle vaste zone di assorbimento a ripiani e modellamento carsico-glaciale, seguite da scoscese pareti e ripidi pendii, alla base delle quali sono localizzate le risorgenze principali. L'assorbimento delle acque è molto rapido, disperso, il drenaggio in profondità segue di solito percorsi verticali, fino a raggiungere il livello di base locale posto generalmente centinaia di metri più in basso. La situazione geologico-strutturale condiziona l'intera circolazione delle acque, organizzata in genere in importanti sistemi che drenano vasti settori. Le risorgenze sono quindi caratterizzate da portate elevate con regimi però molto variabili, a causa dell'alto indice di incarsimento.

Le aree più rappresentative ed importanti sono localizzate nei settori sud occidentali del Piemonte.

Lungo gli spartiacque Varaita-Maira, Stura-Maira-Grana, il paesaggio carsico è caratterizzato da vasti bacini chiusi, assenza di microforme di corrosione ed inghiottitoi, più frequenti sono le doline di dissoluzione. Nelle Alpi Liguri, nel massiccio del Marguareis-Mongioie, i fenomeni carsici assumono una intensità eccezionale, la morfologia superficiale presenta vaste aree di rocce nude e forme miste carsico-glaciali. Numerose cavità decapitate dall'esarazione glaciale o con accumuli morenici testimoniano la presenza di un carsismo assai sviluppato già in epoca perlomeno prewürmiana.

Le forme attuali sono costituite da campi solcati e ricchissime morfologie di dettaglio su rocce montonate e su gradini strutturali di esarazione glaciale.

I carsi di media quota sono localizzati nelle parti medio-alte dei principali bacini idrografici, generalmente compresi tra 1000 e 2000 metri di altitudine; la morfologia è in genere caratterizzata da rilievi con forme abbastanza dolci, che si raccordano con i fondivalle con ripidi pendii. Le rocce calcaree risultano in genere coperte da detriti derivanti dagli effetti della gelifrazione e dai residui insolubili. Presentano una copertura vegetale molto varia che spazia dalle faggete ai rodoreti fino alla tipica prateria alpina, dato che in essi si trovano serie di vegetazione proprie sia del piano montano che del piano subalpino (in quest'ultimo, è molto interessante la serie del pino mugo).

Le microforme superficiali sono scarse a causa delle rapide modificazioni della roccia per intensi processi crioclastici, mentre abbondanti sono le macroforme rappresentate dalle doline. Le loro dimensioni sono assai variabili, le pareti ed il fondo sono generalmente erbosi, con limitati affioramenti di rocce calcaree.

L'assorbimento delle acque superficiali è in parte diffuso, in parte concentrato in inghiottitoi attivi posti lungo aste torrentizie secondarie. La posizione delle strutture carsiche principali, localizzate trasversalmente rispetto agli assi vallivi, favorisce la perdita subalveare di acque provenienti da bacini contigui. Questa singolare situazione condiziona una cospicua circolazione delle acque sotterranee: ne sono testimonianza numerosi sistemi drenati da altrettante sorgenti caratterizzate da portate elevate non correlabili con le ridotte dimensioni dell'acquifero carsico. Nei carsi di media quota sono quindi presenti numerosi sistemi completamente sommersi posti generalmente al di sotto dell'alveo del corso d'acqua principale (Rio Mondini, Rio Borello, Torrente Vermenagna, Torrente Maudagna, ecc.), o sistemi con importanti collettori ad andamento prevalentemente sub-orizzontale (Grotta della Mottera, Grotta di Bossea, ecc.).
Le aree carsiche sono localizzate nel Monregalese e più precisamente in Val Maudagna, nella zona compresa tra gli abitati di Prato Nevoso e la Balma ai piedi del M. Mondolè, in Val Corsaglia, dalla Colla dei Termini verso Cima Verzera e lo Zottazzo, fino alle sorgenti della Mottera e di Borello.

I carsi di bassa quota interessano le aree a carattere prealpino, nei tratti medio e basso dei principali bacini idrografici, con altimetrie comprese tra 500 e 1000 metri di altezza. La morfologia superficiale è caratterizzata da un carso coperto, in genere da spessi depositi eluvio-colluviali, poco permeabili, sui quali si sviluppa una fitta vegetazione prativa e boschiva (roverella, castagno, betulla, faggio), estremamente varia anche come numero di specie e di associazioni, dato che vi si trovano serie di vegetazione del piano collinare di tipo medio-europeo, del piano collinare di tipo supramediterraneo o submediterraneo e persino del piano mediterraneo (come nella zona di Caprauna-Alto e nella fascia a sud-est di Ormea, che sono al limite superiore di tale piano).
Il paesaggio carsico si presenta con rilievi collinari separati da solchi torrentizi solitamente asciutti, cocuzzoli pietrosi e brulli; le morfologie più tipiche sono costituite da valli secche e da depressioni chiuse, formate in genere da più conche associate, e da serie di pianalti, con pendenza poco accentuata e forte assorbimento, privi di scorrimenti idrici superficiali. Nelle zone più depresse sono localizzate doline idrovore che smaltiscono le acque temporanee trasportate da piccoli corsi d'acqua. Nella copertura eluvio-colluviale sono frequenti sprofondamenti e piccole doline a imbuto in continua evoluzione. Il deflusso superficiale si concentra in genere in inghiottitoi e fessure presenti in alvei torrentizi o al fondo delle depressioni.
Le acque si raccolgono in piccoli collettori sub-orizzontali, generalmente impostati lungo limiti di permeabilità, caratterizzati da tratti sifonanti. I sistemi carsici non raggiungono in genere grandi dimensioni a causa del limitato potenziale dell'acquifero carsico, ma alimentano numerose sorgenti localizzate in prossimità di centri abitati. Queste sono state generalmente captate ed utilizzate per uso potabile.

L'urbanizzazione e l'incremento turistico verificatosi negli ultimi anni nelle zone a monte ha in diversi casi facilitato l'inquinamento dei corsi d'acqua superficiali e di conseguenza delle reti carsiche sottostanti.

Le aree carsiche più rappresentative del carso di bassa quota sono localizzate sul Monte Fenera e soprattutto in val Roburentello, nel Monregalese. In questa zona sono infatti presenti alcune delle depressioni chiuse più importanti del Piemonte (Bassa di S. Salvatore, Conca delle Turbiglie).

 

Il massiccio del M. Marguareis

Il fenomeno carsico nel Piemonte meridionale è dominato dall'immagine del Marguareis, ma anche in altre zone, esistono fenomeni di estremo interesse. Il massiccio del Marguareis, e la sua prosecuzione verso oriente (Val Tanaro) è situato, geograficamente, nelle Alpi Liguri, al confine tra le regioni Piemonte e Liguria e la Francia, e rappresenta l'estremità orientale della catena montuosa dell'Argentera-Mercantour. La zona rappresenta insieme al Canin ed alle Alpi Apuane una delle principali aree carsiche del nostro paese. La struttura carsica si estende per oltre 60 km², partendo dal M. Jurin e Cima della Fascia in Val Vermenagna (sopra Limone Piemonte) fino al Passo delle Saline e alla dorsale del M. Mongioie in alta Val Tanaro. Gli altopiani calcarei presenti in questo settore sono ad una quota media di 2000-2200 m e separati dai fondovalle, situati intorno ai 1000 m, da ripide bastionate calcaree, alla base delle quali risorgono in genere le acque raccolte nelle zone di assorbimento. Le esplorazioni condotte in molti anni da centinaia di speleologi hanno permesso, unitamente agli studi scientifici eseguiti, di avere una conoscenza sia di superficie, ma soprattutto di profondità dei diversi sistemi carsici. Tutto ciò ha permesso di chiarire quali sono i punti chiave e soprattutto dove si concentrano i deflussi delle acque con i percorsi sotterranei, dalla superficie (zona di assorbimento) fino alle risorgenze. Il massiccio si suddivide infatti in varie zone assorbenti con relativi sistemi carsici e numerose sorgenti. Alcune di queste hanno portate cospicue (sorgente La Foce in val Tanaro, sorgente Pis del Pesio in alta Val Pesio, ecc.) mentre altre emergenze hanno portate modeste e spesso non se ne conosce se non parzialmente la zona di assorbimento con le relative grotte.

 

Illustrazioni e testo tratti da:
"Atlante delle grotte e delle aree carsiche piemontesi"
AA.VV., 1995

           
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