Dal VI secolo a. C.

Gli antichi filosofi greci come Talete, Eraclito, (VI sec. a.C.), Democrito (V sec. a.C.), avevano l'idea di una sostanza primordiale unica come base di tutti i corpi, formata di particelle indivisibili, o atomi, differenti tra loro per forma e dimensioni ma non per la natura della sostanza.
Con Empedocle (440 a.C.)),si arrivò al concetto, accettato anche da Aristotele (IV sec a.C.), di quattro elementi fondamentali: terra, acqua, aria e fuoco. Questi non erano considerati come singoli elementi ma aspetti diversi dell'unica sostanza primordiale dovuti al possesso di due delle quattro qualità: caldo, freddo, secco, umido. A questi Aristotele aggiunse la "quinta essenza", dalla natura eterea e spirituale.
La materia aveva diversi aspetti in funzione dei vari attributi che potevano essere acquistati, perduti o modificati. Fu così che nacque la credenza che un elemento potesse essere trasformato in un altro, ciò che portò molti alchimisti a tentare le trasmutazioni degli elementi, come la trasformazione di metalli comuni in oro.
Nuove ricerche portarono alla scoperta di tre elementi che si aggiunsero a quelli aristotelici: il mercurio, principio del carattere metallico; lo zolfo, principio di combustibilità; il sale, principio della solubilità. Tutte le ricerche sviluppate dagli alchimisti portarono alla conoscenza di un gran numero di fatti sperimentali che permisero al chimico R.Boyle, nel 1661, a formulare il concetto di elemento come attualmente lo intendiamo. Accettando la concezione corpuscolare degli antichi, definì come elementi i costituenti delle sostanze che non possono essere decomposti in altre sostanze.