letteratura
Crash di J.G. Ballard
J.G. Ballard è nato a Shanghai nel 1930.
Dal 1942 al 1945 è stato internato dai giapponesi. Recatosi in Gran
Bretagna dopo la liberazione, ha studiato medicina al King's College di Cambridge,
dedicandosi in seguito alla narrativa.
il libro
Crash si occupa non di una catastrofe immaginaria, per quanto imminente,
bensì di un cataclisma pandemico istituzionalizzato in tutte le società
industriali: un cataclisma che ogni anno uccide centinaia di migliaia di
persone e ne ferisce milioni. Cosa vediamo nello scontro automobilistico:
un sinistro presagio di un orrendo connubio fra sesso e tecnologia? La tecnologia
moderna ci fornirà forse inimmaginabili mezzi di sfruttamento delle
nostre psicopatologie? O esiste qualche logica deviante che si dispiega più
potentemente di quella fornita dalla ragione? Il fine ultimo di Crash,
inutile dirlo, è quello di monito, di messa in guardia dal mondo brutale,
erotico e sovrailluminato, che sempre più suasivamente c'invia il
suo richiamo dai margini del paesaggio tecnologico.
Crash è stato pubblicato per la prima volta nel 1973.
una pagina
Vaughan è morto ieri nel suo ultimo scontro.
Nel corso della nostra amicizia, aveva fatto le prove della sua morte in
molti scontri, ma il suo ultimo è stato proprio e semplicemente un
incidente - l'unico. Guidata in rotta di collisione verso la berlina dell'attrice
cinematografica, la sua macchina ha saltato il parapetto del cavalcavia dell'Aeroporto
di Londra ed è precipitata, sfondandolo, sul tetto di un autobus carico
di passeggeri delle linee aeree. Quando, un'ora più tardi, mi sono
aperto la strada fra i tecnici della polizia, i corpi schiacciati dei turisti
del tutto-completo giacevano ancora sui sedili vinilici, come un'emorragia
del sole. Reggendosi al braccio dell'autista, l'attrice cinematografica Elizabeth
Taylor, con la quale Vaughan aveva per tanti mesi sognato di morire, stava
sola sotto il lampeggìo circolare delle ambulanze. Quando mi sono
chinato sul corpo di Vaughan, s'è portata alla gola una mano guantata.
informazioni tratte da
Crash, J.G. Ballard, 1990,
Rizzoli
La frontiera scomparsa di Luis
Sepùlveda
Luis Sepùlveda
è nato in Cile nel 1949, e vive attualmente tra la Germania e Parigi.
Ha viaggiato in tutto il mondo, anche come membro di Greenpeace. Ha ottenuto
un grande successo internazionale con Il vecchio che leggeva romanzi d’amore,
Il mondo alla fine del mondo e Un nome da torero, pubblicati
in Italia da Guanda. E’ anche autore di un libro di viaggio, Patagonia
Express.
il libro
E’ scomparsa la frontiera in America Latina, la frontiera che portava nei
territori della felicità. Una volta era facile varcarla: benché
non comparisse su alcuna cartina chiunque sapeva come trovarla. Poi sono
giunti tempi terribili, pieni di paura, e la strada si è fatta un
labirinto senza uscita. Ma c’è un giovane che non è ancora
stanco di cercare quella frontiera scomparsa, e con essa le proprie radici,
che affondano lontano, oltreoceano, nel bianco villaggio andaluso da cui
il nonno anarchico è fuggito agli inizi del secolo per difendere il
suo amore per la libertà. Il giovane ha uno zaino in spalla, tanta
voglia di andare e tutto il tempo del mondo a disposizione. Ha pagato cari
i suoi sogni, ha conosciuto il carcere e la tortura (ricordati in un capitolo
di straordinaria vivezza) e ora mangia il pane amaro dell’esilio, ma non
poteva tradire la promessa fatta da bambino al nonno, in Cile, di visitare
il paese di utopia. E così vaga per l’America Latina a bordo di sgangherate
corriere e di trenini svogliati, passando dal Rìo de la Plata agli
altipiani della Bolivia, dalle ventose pianure del Chaco al caldo soffocante
della selva equatoriale, in un picaresco viaggio che si concluderà
soltanto tra le colline coperte di ulivi dell’Andalusia. Lo aspettano grandi
avventure: sfuggirà a uno squadrone militare sul confine boliviano
e a un matrimonio forzato in Ecuador, sarà al tempo stesso professore
universitario e accompagnatore ufficiale di puttane… Chi ha amato i libri
di Sepùlveda non potrà sottrarsi al fascino delle tante storie
che si intrecciano in questo appassionante viaggio di ritorno alle origini,
in questo avventuroso, drammatico, ma anche sorridente e spesso divertito
racconto di formazione.
una pagina
Mi sentivo perseguitato da quei tempi di paura.
In ogni città in cui mi ero fermato avevo fatto una visita a vecchi
conoscenti o avevo iniziato a stringere nuove amicizie. A parte rare eccezioni,
tutti mi avevano lasciato l’animo amareggiato da un sapore uniforme: la gente
viveva nella paura e per la paura. Ne faceva un labirinto senza uscita, accompagnava
di paura le conversazioni, i pasti. Persino i fatti più banali li
rivestiva di un’impudica prudenza, e la notte non andava a letto per sognare
giorni migliori, o passati, ma per precipitare nel pantano di una paura densa
e tenebrosa, una paura di ore morte che all’alba la faceva alzare dal letto
con le occhiaie e ancora più intimorita.
Una notte del viaggio la passai a San Paolo cercando di amare, sia pure alla
disperata. Fu un fallimento, e l’unica cosa salvabile furono i piedi della
mia compagna che cercavano i miei con un linguaggio onesto di pelle e d’alba.
“Come lo abbiamo fatto male”, credo di aver detto.
“Sì. Come se ci stessero osservando. Come se usassimo corpi e tempi
prestati dalla paura”, rispose lei.
I piedi. Goffi e inetti, cercavano di abbracciarsi mentre ci dividevamo una
sigaretta.
“Un tempo era così facile andare nel paese della felicità.
Non era su nessuna cartina, ma sapevamo tutti come arrivarci. C’erano unicorni
e boschi di marijuana. Adesso la frontiera è scomparsa”, aggiunse.
informazioni tratte da
La frontiera scomparsa,
Luis Sepùlveda, 1996, Guanda
Terra del Fuoco di Francisco Coloane
Francisco Coloane, nato a Quemchi
(Cile) nel 1910, interrompe giovanissomo gli studi per iniziare una vita avventurosa
e girovaga nelle più remote regioni meridionali del continente americano:
sarà pastore e caposquadra nelle haciendas della Terra del Fuoco,
parteciperà alle ricerche petrolifere nello Stretto di Magellano,
vivrà insieme ai cacciatori di foche e navigherà per anni a
bordo di una baleniera, prima di iniziare (nel 1940) l’attività di
scrittore. Fra i suoi libri: Cabo de Hornos(1941), Golfo de Penas
(1945), El Camino de la Ballena (1963) e Rastros del Guanaco Blanco
(1980). Con Terra del Fuoco ha vinto il Premio Anual de Literatura
de la Sociedad de Escritores de Chile.
il libro
Feriti e sconfitti, tre uomini in fuga cavalcano attraverso le sterminate
distese della Patagonia. Hanno osato ribellarsi a Julio Popper, il padrone-sovrano
di una miniera d’oro sulle coste dello Stretto di Magellano, e da allora
sono braccati. Avventurieri disperati, alla mercé del caso, vagheranno
senza meta fino a quando, accanto allo scheletro di una balena, il luccichio
della polvere aurifera ridarà uno scopo alle loro esistenze… E’ Terra
del Fuoco, il racconto lungo che dà il titolo a questa raccolta
di Francisco Coloane. Avidi cercatori d’oro, rivoluzionari in fuga, mandriani
inseguiti dal vento, coloni che impazziscono nel tentativo di domare una
terra selvaggia, marinai vittime di maledizioni, capitani coraggiosi e sfortunati:
questi sono i personaggi che popolano le straordinarie storie dello scrittore
cileno, cantore leggendario del “mondo alla fine del mondo”. Ma è
personaggio, è protagonista, accanto a loro, la natura stessa in tutta
la sua inquietante grandezza, il paesaggio aspro delle estreme regioni meridionali
del continente americano, quella Terra del Fuoco che diviene simbolo ideale
e totale della elementare e incessante drammaticità delle passioni
umane.
una pagina
Tutto diventava confuso, schianti, tuoni, muggiti, lontre delle paludi, tosse
cavernosa, ululati, cenere e ghiacci, foresta, uccelli, pesci, piante, nitriti
del piccolo cavallo dell’aurora… Una zampa enorme. Sì, una zampa enorme…
grigia, che avanza e avanza fino a schiacciarmi il petto. Ma, all’improvviso,
un fulmine! Il bagliore attraversa le praterie un tempo assolate dove i germogli
fiorivano e i frutti abbondavano… Il fulmine si propaga, e per un attimo
illumina la felice vita passata… Foreste che ondeggiano come una chioma sciolta
nella tormenta… Sono il germoglio più tenero, figlio dell’acqua e
del vento! Il vento, il vento, che adesso mi squassa e mi disperde nell’aria…
Che ne sarà di me? Ritroverò un giorno i rami di un bosco da
cui nessun vento potrà strapparmi via? O resterò per sempre
tra le raffiche vaganti? I muggiti gutturali, gli ultimi nitriti del cavallo
dell’aurora vanno spegnendosi, soffocati dalla cenere… L’ultimo lampo, una
frustata di luce, illumina la mia donna… Dalla parete di roccia scivola silenziosamente
verso di me, come se volesse accompagnarmi… Sorride con tristezza perché
è venuta a dirmi addio… Mi avvicino e le chiedo: “Come sta il bambino?”
Con un gesto vago mi risponde che sta bene… Allora il bambino sta bene!…
Ma non era morto? Come può stare bene, un morto? Sono vivi? Non era
morta anche lei? Mi avvicino e sfioro con le labbra il suo cinereo sorriso…
Come sono fredde! Gelide come le praterie all’avanzare dei ghiacci, come
germogli morti… Adesso capisco, sta fingendo di essere ancora viva! La sua
dolce e gelida carne di donna mente! Cosa vuole da me, se ormai è
un cadavere? Lei è solo cenere dopo il fulmine… Mi allontano, ma non
so dove andare! Magari qualche raffica di vento eterno mi porterà
in altri luoghi dove ritroverò la vita! Ma se rinasco, conserverò
la memoria di ciò che ho vissuto? Dovrebbe essere così! Perché
altrimenti, sarebbe meglio non resuscitare, poiché l’oblio è
l’unica vera morte.
informazioni tratte da
Terra del Fuoco, Francisco
Coloane, 1996, Guanda