TRASPORTO E
STOCCAGGIO DELL’IDROGENO
Finora si sono viste le diverse tecnologie di
produzione dell’idrogeno e come la sua possibilità di
affermazione sia legata alla possibilità di produrlo a
basso costo.
Esso, una volta prodotto, deve essere stoccato,
trasportato e distribuito prima di poter essere
utilizzato per produrre energia.
TECNOLOGIE DI
STOCCAGGIO
Le principali
tecnologie di immagazzinamento dell’idrogeno sono:
◊Idrogeno compresso
◊Idrogeno liquefatto
◊Idruri di metalli
◊Sistemi basati sul
carbonio
► Idrogeno compresso
L’immagazzinamento dell’idrogeno in forma gassosa
richiede sistemi per la compressione del gas ed il
rispetto di norme di sicurezza, dato il carattere
altamente esplosivo delle miscele gassose
aria-idrogeno.
Oltre ai problemi di sicurezza, questo metodo di
stoccaggio è poco conveniente dal punto di vista dei
volumi occupati. A parità di energia immagazzinata i
serbatoi per l’idrogeno compresso sono molto più
ingombranti e pesanti di quelli usati per i
combustibili normali.
Dato che, una compressione da 1 a 10 bar richiede
circa la stessa energia di quella necessaria per una
da 10 a 100 bar, la compressione dell’idrogeno viene
realizzata in più stadi. Livelli tipici di pressione
adoperati sono 200÷250 Mpa.
L’idrogeno compresso può essere immagazzinato
all’aperto, sottoterra ed a bordo di veicoli.
► Idrogeno liquido
L’immagazzinamento dell’idrogeno sotto forma di
liquido richiede compressione e forte raffreddamento
del gas fino alla temperatura di ebollizione che è di
–253 °C (20,3 °K), e di conseguenza una elevata spesa
energetica. Una volta liquefatto, occorre un ulteriore
consumo di energia per mantenere l’idrogeno in questo
stato.
Il processo di liquefazione classico è realizzato in
più stadi e si basa sullo sfruttamento dell’effetto
Joule-Thomson. Raffreddando il gas sotto la
temperatura critica (-71,3 °C), detta temperatura di
inversione, e facendolo poi espandere liberamente,
esso perde energia attraverso un lavoro interno alla
propria massa ed a spese delle proprie forze
molecolari.
Oltre all’elevato consumo energetico, un altro
inconveniente di questo sistema è la perdita di parte
dell’idrogeno liquido. Questo perché è immagazzinato
ad una temperatura che corrisponde al suo punto di
ebollizione, quindi, qualsiasi passaggio di calore
attraverso il liquido ne può provocare una certa
evaporazione.
La maggior parte dei serbatoi di idrogeno liquido ha
forma sferica perché essa ha la minore superficie per
il trasferimento di calore per unità di volume. Il
costo maggiore di questa tecnologia è quello dovuto
all’energia elettrica necessaria per la compressione.
► Idruri di metallo
L’idrogeno può legarsi chimicamente con diversi
metalli e leghe metalliche, formando idruri. Questi
composti sono in grado di intrappolare il gas che
penetra all’interno del reticolo cristallino del
metallo andando ad occupare i siti interstiziali, come
rappresentato in figura (2.1).
Le molecole di H2
gassoso si dissociano sulla superficie del metallo e
gli atomi di idrogeno migrano all’interno della
struttura cristallina per occupare gli interstizi. Si
tratta di una reazione reversibile e la sua direzione
è determinata dalla pressione dell’idrogeno gassoso e
dalla temperatura dell’idruro.
Se la pressione supera un certo valore, il gas viene
assorbito spontaneamente dal metallo e la reazione
evolve verso la formazione dell’idruro con rilascio di
calore. Se, viceversa, si opera a pressioni inferiori
e si riscalda l’idruro a determinate temperature,
questo si decompone e restituisce l’idrogeno gassoso.
Lo svantaggio principale di questa tecnologia è la
bassa capacità di stoccaggio dell’idrogeno che non
supera il 2% in peso; inoltre, la presenza di
contaminanti ridurrebbe ulteriormente la capacità di
stoccaggio quindi bisogna utilizzare idrogeno puro. |