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La pieve romanica era occultata sino a pochi decenni fa da sovrapposizioni barocche e la sua muratura era stata intaccata dall'aperture dei finestroni a lunetta indicati dalle tracce di ricucitura muraria in facciata. Intendendo costruire una chiesa più ampia a fine Ottocento il parroco pretendeva di abbatterla, ed a ciò si era opposto Alfedo D'Andrade; la scelta era allora stata quella di costruirvi accanto la nuova chiesa, che venne terminata nel 1894. L'idea di restaurare il vecchio edificio, partita da D'Andrade, poi ripresa da Carlo Ceschi, dopo un parziale inizio nel 1954, fu messa in pratica dal ripristino degli anni '60.
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BIBLIOGRAFIA: T.O. De Negri, M. Semino, G. Terminiello Rotondi, La Pieve di S. Ambrogio ad Uscio e il suo restauro, in "Quaderno Ligustico n. 170", estratto dal "Bollettino Ligustico" Anno 1969, Genova 1970
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Per la collocazione sui valichi tra la costa e la val Fontanabuona, e quindi per la Val Trebbia, Uscio fu sede pievana ed ebbe la sua chiesa romanica, come in misura minore avvenne per le zone retrostanti Sori, dove sorsero Sant'Apollinare e San Bartolomeo. Per questo motivo rimangono resti di chiese romaniche in tutti quei punti di transito montani che erano i più frequentati prima della definizione ottocentesca dell'attuale sistema viario.
La dedica della pieve di Uscio a Sant'Ambrogio pone inoltre questa istituzione in relazione alla chiesa milanese, che disponeva di vasti fondi terrieri nella riviera e nella valli interne sin dall'alto Medioevo.
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