IL REGNO DI DIO








CHI SONO REALMENTE I 144.000 DELL'APOCALISSE ?



Chi sono realmente i 144000

 

 

 

A) L’interpretazione letterale
(i 144.000 sono la primizia dei giudei convertiti)

 

Il libro dell'Apocalisse parla dei 144.000 in due punti: nel capitolo VII sono sulla terra e vengono segnati sulla fronte dal sigillo di Dio, mentre nel capitolo XIV sono sul monte di Sion insieme all'Agnello, redenti dalla terra, e portano sulla fronte il nome del Padre e del Figlio. Secondo l'interpretazione più semplice, i 144.000 sarebbero un autorevole "resto" dell'Antico Israele, costituito da un numero limitato di giudei, convertitisi al cristianesimo (patriarchi, profeti, apostoli, ebrei del primo secolo) e riscattati come una primizia per Dio, grazie al loro comportamento irreprensibile: il resto giudaico di cui parla Romani 11,5. La grande moltitudine dei redenti sarebbe invece costituita da un'immensa folla di pagani convertiti al cristianesimo, nonché da martiri e confessori della fede, passati attraverso la grande tribolazione delle persecuzioni romane: questi ultimi sono dapprima sotto l’altare (Apocalisse 6,9-10) e, in seguito, vengono visti in candide vesti davanti al trono di Dio (Salmo 103,19; Apocalisse 7,9-17). Questa interpretazione è stata pacificamente accettata da moltissimi cattolici che per più di due secoli hanno letto nelle autorevoli note della Bibbia del Martini (Apocalisse 7,4) che questo numero abbraccia gli eletti dell'antico popolo giudeo convertiti al Vangelo sia prima che dopo la venuta dell’Anticristo. Sempre secondo il Martini, pur esistendo una evidente distinzione tra i 144.000 ebrei e la incalcolabile moltitudine proveniente da ogni nazione, razza, popolo e lingua (Apocalisse 7,9), il numero 144.000 non andrebbe preso alla lettera ma potrebbe indicare una turba grandissima di fedeli, servi di Cristo e discendenti dalle 12 tribù di Israele (il numero 144 in quanto quadrato di 12 sarebbe infatti posto da Giovanni Evangelista come numero perfetto, atto a significare una certa universalità, considerato anche che 12 furono i Patriarchi dell’Antico Patto e 12 gli Apostoli della Nuova Alleanza).

 

 

 

B) L’interpretazione allegorica
(i 144.000 sono i santi, i martiri ed i confessori della fede)

 

Benché si parli delle 12 tribù di Israele, non tutti però pensano che la visione debba essere interpretata in modo letterale. Infatti:

 

1.      per l'apostolo Paolo i cristiani sono l'Israele di Dio (Galati 6,16);

2.      per l'apostolo Giacomo i cristiani sono le 12 tribù disperse nel mondo (Giacomo 1,1);

3.      nel VII capitolo dell'Apocalisse manca la tribù di Dan e al suo posto è menzionata la tribù di Manasse (che dovrebbe essere compresa nella tribù di Giuseppe, essendo Giuseppe padre di Manasse).

 

È pertanto un'opinione abbastanza diffusa quella secondo cui esisterebbe una netta distinzione tra i santi e la moltitudine immensa, considerato che pure Sant'Agostino sostenne che il numero di 144.000 sarebbe stato utilizzato in senso figurato per indicare la totalità dei santi (Agostino, La Dottrina Cristiana, III, 35). I 144.000 sarebbero redenti tra gli uomini come una primizia per Dio e per l'Agnello (Apocalisse 14,4): sono infatti vergini, non si sono contaminati con donne, sulla loro bocca non è stata trovata menzogna e seguono l'Agnello dovunque vada (Apocalisse 14,4-5). Si tratterebbe quindi di cristiani (gentili e giudei) non contaminati con l'apostasia ed il culto imperiale ai tempi delle persecuzioni romane, redenti tra gli uomini ed accolti quindi in cielo. Per molti esegeti si tratterebbe, pertanto, di martiri e di confessori della fede, già inquadrati nella visione delle anime sotto l'altare (Apocalisse 6,9), segnati sulla terra prima dell'apertura del settimo sigillo (Apocalisse 7,4-8) e decapitati per la loro testimonianza a Gesù (Apocalisse 20,4).

 

In cielo, vicino a Dio, si troverebbero pertanto i martiri ed una grande moltitudine di salvati. Giovanni vide infatti sotto l'altare di Dio le anime di coloro che erano stati immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza resa al Vangelo (Apocalisse 6,9). Ai martiri fu data una veste candida e venne detto di pazientare ancora un poco finché fosse completo il numero dei fratelli destinati ad essere uccisi per il vangelo (Apocalisse 6,11). Davanti al trono e davanti all'Agnello, troviamo quindi una moltitudine immensa che nessuno può contare, proveniente da ogni nazione, razza, popolo e lingua. Questi sarebbero i cristiani passati attraverso una grande tribolazione, che hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Stanno davanti al trono di Dio con gli angeli, i vegliardi e i quattro viventi e gli prestano un sacro servizio giorno e notte (Apocalisse 7,9-17).

 

 

Martiri e confessori della fede hanno vinto Satana, l'accusatore dei loro fratelli, per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire (Apocalisse 12,11). Dopo la battaglia di Harmarghedon, il castigo su Babilonia la grande, la distruzione della bestia e del falso profeta e l’incatenamento di Satana per mille anni, le anime dei decapitati a causa della testimonanza di Gesù e della parola di Dio e quanti non hanno adorato la bestia e la sua statua (e non ne hanno ricevuto il marchio) riprendono vita, prendono parte alla prima resurrezione e regnano con Cristo per mille anni. (Apocalisse 20,1-6).

 

Ammesso che il numero di santi trovati irreprensibili già sulla terra sia limitato (e non infinito o immenso o incommensurabile), la grande tribolazione attraverso cui è passata la grande folla non sembra essere solo una grande prova o una serie di persecuzioni sopportate da alcuni testimoni della fede. Il sangue ed dolore da cui essi vengono pare essere, piuttosto, quello dell’Agnello. L’evangelista Giovanni ricorda che: “Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello” (Apocalisse 7,14). In pratica il nuovo popolo eletto, cioè “la moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua, …”. (Apocalisse 7,9) è frutto della “grande tribolazione”, cioè ….del sangue, della passione e della morte di Gesù Cristo (Efesini 1,7; Colossesi 1,14; Ebrei 10,19; 1 Pietro 1,19; Apocalisse 1,5). Si tratta pertanto, molto probabilmente, di tutti coloro che, pur lottando per la propria santificazione e per l’edificazione della chiesa (Colossesi 1,24; Galati 5,6; Giacomo 2,17), saranno dichiarati giusti non per una propria giustizia derivante dalla legge mosaica o dall'incorruttibilità dei comportamenti e dei costumi, ma per quella giustizia che deriva dalla sofferenza, dalla tribolazione e dalla redenzione di Cristo, cioè per la giustizia che viene da Dio e si basa sulla fede (Romani 1,16-17; Romani 3,22; Romani 5,19; Filippesi 3,9; Galati 2,16).

 

Accettare il fatto che i martiri godano in cielo di una posizione privilegiata rispetto a coloro che non hanno testimoniato la propria fede con spargimento di sangue e sacrificio della vita, non vuol però dire che esistano due categorie di redenti: i 144.000 in cielo ed la grande folla sulla terra. A ciò si oppone proprio la visione dell’evangelista Giovanni che vede la grande moltitudine in cielo, davanti al trono di Dio e all’Agnello con gli angeli, i vegliardi ed i quattro viventi (Apocalisse 7,9).

 

 

C) L’interpretazione millenarista
(ci sono due categorie di redenti: i celesti ed i terrestri)

 

L’ipotesi che possano esistere due categorie di redenti è stata per la prima volta avanzata da Ireneo di Lione (Ireneo, Contro le eresie, 31-36). Su influenza di Papia di Gerapoli, Ireneo mostrò infatti di credere in una prima resurrezione dei giusti, in un regno millenario, in un ritorno glorioso di Cristo prima del giudizio finale e nella ricostruzione della Gerusalemme terrestre. Dopo la seconda resurrezione, il giudizio universale e la discesa dal cielo della Nuova Gerusalemme, Ireneo pensò che alcuni redenti sarebbero stati elevati in cielo, mentre altri avrebbero abitato la terra nella città santa (Ireneo, Contro le eresie, 36, 2). Le tesi di Ireneo risultarono e risultano difficilmente accettabili, soprattutto se si considera che alla fine dei tempi non esisteranno più due chiese: la chiesa dei viventi sulla terra (chiesa militante) e la chiesa delle anime dei morti in cielo (chiesa trionfante). Nel giorno del giudizio morti e vivi superstiti andranno incontro a Cristo (1 Tessalonicesi 4,13-18; Atti 1,11) e tutti gli uomini si ricongiungeranno davanti al grande trono bianco, perché terra e cielo saranno scomparsi senza lasciare traccia (Apocalisse 20,11).  Solo dopo il giudizio appariranno cieli nuovi e terra nuova (Isaia 65,17; 2 Pietro 3,13; Apocalisse 21,1) e tutti i giusti destinati alla vita eterna dimoreranno con Dio sulla terra nella città santa, discesa dal cielo (Apocalisse 21,1). Nella Nuova Gerusalemme Dio dimorerà con gli uomini, asciugando ogni lacrima dai loro occhi ed eliminando la morte, il lutto, il lamento e l'affanno (Apocalisse 21,3-4). Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo ad essa ed un fiume di acqua viva scaturirà dal trono (Apocalisse 22,1-3).