Carmelo Bene


(Campi Salentina, Lecce 1937-Roma 16 marzo 2002)

" Non sono nato per piacervi "

 

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Rivoluzionario o millantatore?

Grande attore o solo irritante provocatore; rivoluzionario del teatro o furbo millantatore? Qualcuno l'ha definito ''la più grande voce teatrale'' del secolo, dopo Maria Callas; eppure molti non hanno amato nè i suoi spettacoli in play back, nè i film, nè i libri.

Tutti però hanno riconosciuto in Carmelo Bene il campione di quel ''genio e sregolatezza'' - che era un tempo la sigla dei principi della scena - sia che tagliasse e cucisse a piacimento le tragedie di Shakespeare o intitolasse la sua autobiografia ''Sono apparso alla Madonna''; sia che moltiplicasse liti con i critici e querele con mezza Italia o fondasse un'estetica basata sulla voce distorta dai microfoni.

Nato a Lecce

Nato a Lecce nel 1937, cominciò a manifestare la sua personalità già all'Accademia d'Arte Drammatica dove però non completò il triennio di studi. Disse poi d'essersene andato per ragioni ideologiche; in realtà lo cacciarono per indisciplina.

Nel 1959 debuttò con ''Caligola'' di Albert Camus; con ammirazione e un po' di sospetto pochi spettatori e alcuni critici illustri (Flaiano e Chiaromonte) battezzarono la carriera di un ''enfant terrible'' della cultura italiana, primo e più grande eroe delle ''cantine teatrali'' romane.

Nel 1960-61 l'attore-regista crea ''Spettacolo Majakovskij'' e ''Pinocchio'': due personaggi sui quali tornerà negli anni successivi.

Nel 1963 accade un famoso episodio apocrifo: nel romano Teatro Laboratorio (26 posti) un attore orina su uno spettatore. In realtà si tratta di un argentino che ha riconosciuto in platea l'ambasciatore del suo Paese; ma da allora le biografie di Bene attribuiranno a lui la performance, perfettamente in stile con il personaggio.

Del 1966 è la scoperta di Antonin Artaud e del suo ''Teatro della crudeltà'', seguendo la cui estetica (teatro antiborghese, antinarrativo, antipsicologico) nascono ''Il monaco'' e il più famoso ''Nostra signora dei turchi''. Comincia anche il lungo sodalizio artistico-sentimentale con l'attrice Lydia Mancinelli.

Mentre si proclama ''la fantasia al potere'', fra il 1968 e il 1974, Carmelo (molti lo chiamano già senza il cognome) esce definitivamente dalle ''cantine'' e raggiunge i grandi teatri con ''Don Chisciotte'' insieme a Leo De Berardinis, ''La cena delle beffe'' insieme a Gigi Proietti, e ''S.A.D.E.'' in mezzo a molte belle ragazze nude.

Si alimenta allora la leggenda di un Bene tiranno dei suoi compagni di scena e soprattutto delle sue partner (la Mancinelli si allontana già da lui).

I secondi anni Settanta sono dedicati ai suoi personalissimi ''Amleto', ''Romeo e Giulietta'', ''Riccardo III'', ''Otello'', alcuni dei quali anche in versione tv: spettacoli, nei quali resta generalmente poco del testo originale, annegato in un mare di musica.

Sono infatti dei ''meta-spettacoli'', rutilanti caleidoscopi di scene e costumi (come la foresta di bicchieri giganti di ''Romeo e Giulietta''), di citazioni letterarie (soprattutto Laforgue) e di figuranti che lasciano spazio solo alla voce del protagonista-demiurgo, che diventa un virtuoso dell'amplificazione del play back.

Negli anni '80 Carmelo è ormai un mito e per i francesi anche un guru intellettuale, santificato dal filosofo Gilles Deleuze. I suoi spettacoli cominciano a diradarsi, si concentrano ulteriormente sulla sua persona, e sono sempre più a rischio di rinvii, di capricci contrattuali e intemperanze umorali dell'attore: fra questi il ''Manfred'' (il poema di Byron con orchestra dal vivo).

Poi comincia l'era dei remake (''Amleto'', ''Macbeth''), delle autocitazioni (''Pinocchio'', ''Nostra signora dei turchi''), dei recital con amplificazioni da concerto rock (Dante, Leopardi, Campana, D'Annunzio).

Intanto affiorano segni di stanchezza artistica e personale: la sua direzione della Biennale viene giudicata costosa e inconcludente, mentre quattro by-pass cardiaci preoccupano i suoi fan; polemista accanito nei talk show tv (anche come tifoso della Roma), litiga spesso con i critici, i teatri e la moglie (l'ex miss Italia, Raffaella Baracchi), finendo ogni volta sui giornali o al commissariato, mentre Bompiani pubblica un monumentale volume di ''Opere'' di 1500 pagine.

E lui chiosa: ''Io sono già un classico perché vivo nell'eternità, sono eternamente vivo''.

 

Con il contributo di ANSA

 

Ringraziamenti speciali a  Dario Mazzoli

http://www.dariomazzoli.it/

 

Ringraziamenti a Microsoft Encarta Enciclopedia Plus 2002

 

 

 

 

 


 

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