Motore funzionante ad .....

acqua di mare

 

 

In realtà il motore è una turbina a vapore mossa dal vapore generato mediante l'energia nucleare partendo dall'uranio contenuto nell'acqua di mare.

 

Mentre molti sostengono che le riserve di uranio sono destinate ad esaurirsi in tempi non molto lunghi (una ottantina di anni, ai consumi attuali) e quindi non sia possibile affrontare il problema dei mutamenti climatici e dell'effetto serra aumentando significativamente il numero delle centrali nucleari e la quantità di energia prodotta da questi, perchè i giacimenti di uranio si esaurirebbero ancora più velocemente, in realtà l'acqua del mare contiene enormi quantità di questo elemento;

anche il problema dell'estrazione di questo come degli altri metalli in essa contenuti si può risolvere utilizzando opportune resine scambiatrici, in grado di recuperare selettivamente i singoli metalli (o gruppi di metalli).

 

Il fatto che attualmente l'ossido di uranio estraibile in questo modo sia più costoso di quello proveniente dai giacimenti ricchi di uranio ha una importanza molto relativa, per non dire nulla, se confrontato con la possibilità di avere una fonte di energia praticamente illimitata, a fronte di una tecnologia ben conosciuta e continuamente migliorata (reattori nucleari intrinsecamente sicuri e possibilità, mediante opportuni acceleratori di particelle,collegati ad un reattore ad uranio e torio come quello in fase di sperimentazione ideato dal Premio Nobel Prof. Carlo Rubbia, di trasformare le scorie nucleari più pericolose in elementi caratterizzati da una radioattività di durata relativamente limitata, poche decine o centinaia di anni).

 

Il problema è quello di determinare quanta energia (rappresentata dall'isotopo U235 presente nell'uranio disciolto nell'acqua) è presente in un litro di acqua di mare.

Una valida analisi quantitativa del rapporto tra l'energia dei combustibili tradizionali e quella prodotta dalla fissione dell'isotopo U235 si può leggere nel documento pdf scaricabile dalla pagina:

 

http://www.fis.unipr.it/sustainability/modules.php?op=modload&name=Sections&file=index&req=viewarticle&artid=76&page=1

del Gruppo Sustain coordinato da Francesco Giusano

 

del sito internet Sustainability - Sostenibilità - Sviluppo Sostenibile dell'Università di Parma:

http://www.fis.unipr.it/sustainability/index.php

 

In tale documento si dimostra che l'energia derivante dalla fissione di 47 milligrammi di U235 è equivalente alla combustione di 1000 metri cubi di metano, in condizioni "normali", cioè alla temperatura di 0°C  ed alla pressione di 1 atm., cioè è pari ad 8 milioni di Kilocalorie, e, sapendo che 1 kg di gasolio sviluppa 10400 kilocalorie, corrisponde alla combustione di 770 kg di gasolio.

Dal libro "Fondamenti di Chimica" di Paolo Silvestroni riguardo la composizione dell'acqua di mare, oltre al contenuto medio di sodio Na (10,81 grammi/litro) e del cloro Cl (19,41 grammi/litro) che formano il cloruro di sodio (il sale da cucina) risulta la presenza di elementi come:

 il silicio Si, l'alluminio Al, il rubidio Rb, il litio Li, il fosforo P, lo iodio I, il ferro Fe, il manganese Mn ed il   rame Cu nelle quantità da 0,04 a 0,01 grammi/litro;

 ad un ordine di grandezza inferiore, tra i 0,01 ed i 0,001 grammi/litro, risultano lo zinco Zn, il piombo Pb, il selenio Se il cesio Cs e l'uranio U;

 seguono poi altri elementi in concentrazione ancora inferiore; in concentrazione 100 volte inferiore vi sono anche il mercurio Hg e l'oro Au.

In definitiva in ogni litro di acqua di mare sono presenti da 0,001 a 0,01 grammi di uranio; non avendo a disposizione un dato più preciso si può ipotizzare una media geometrica di 0,003 grammi/litro (con un errore di ± 300%)

La quantità di U235  nell'uranio è invece nota, ed è circa il 0,7%; quindi in 1 litro di acqua di mare sono presenti circa 21 microgrammi di U235  (con un errore di ± 300%).

Dalla proporzione:

 

                                                                      0,021 : 47 = x : 770

 

si ricava che l'energia da fissione dell'U235 presente in 1  litro di acqua di mare è equivalente a 0,34 Kg di gasolio (cioè quasi mezzo litro di gasolio);

tenendo conto dell'imprecisione della misura, è equivalente ad una quantità compresa tra i 100 grammi ed 1kg di gasolio.

In termini energetici saremmo quindi in presenza di interi oceani - equivalenti di gasolio o petrolio!

 

In realtà il dato sull'uranio fornito dal libro "Fondamenti di Chimica" non corrisponde  a quelli forniti attualmente su siti come quello dell' "American Nuclear Society" che invece indicano una concentrazione dell'uranio nell'acqua di mare di 3 mg ogni m3  (e non ogni litro)

http://www.ans.org/pubs/journals/nt/va-144-2-274-278

 

Nel sito internet:

http://www.jaeri.go.jp/english/ff/ff43/topics.html

vengono invece descritte le tecniche di recupero dell'uranio dal mare, sperimentate in Giappone.

 

Infine, nel sito "The Canadian Nuclear FAQ"

http://www.nuclearfaq.ca/cnf_sectionG.htm

vengono fornite anche le stime delle scorte di uranio rapportate al consumo mondiale; al costo attuale ce ne sono per 50 anni (3,1 milioni di tonnellate), ma le stime sulle scorte di uranio estraibili con le tecniche convenzionali ammontano a 16,1 milioni di tonnellate (250 anni ai consumi attuali); contando però anche l'uranio presente nei depositi di fosfati (22 milioni di tonnellate) l'autonomia sale ad oltre 500 anni; infine l'uranio presente nel mare ammonta a 4000 milioni di tonnellate, che porta a 65.000 anni la durata stimata delle riserve di uranio ai consumi attuali.

 

(come paragone, le scorte mondiali di carbone accertate sono intorno ai 2000 miliardi di tonnellate; quelle di petrolio non superano i 1000 miliardi di tonnellate; i problemi energetici sono accentuati anche dal consumo crescente di combustibili, che in poche decine di anni dovrebbe duplicare o triplicare).

 

Inoltre la concentrazione media di uranio sulla crosta terrestre è invece proprio di 3 parti per milione, cioè 3 milligrammi di uranio per ogni Kg di crosta terrestre ( in sintonia con i dati forniti dal libro "Fondamenti di Chimica", però riguardo la crosta terrestre).

 

Il problema quindi non è quello di rimanere senza fonti energetiche ma quello di come utilizzare sempre di più e sempre meglio sia le fonti energetiche "rinnovabili", in realtà derivanti dall'energia solare, sia l'energia da fissione costruendo reattori intrinsecamente sempre più sicuri e trovando metodi affidabili per lo smaltimento delle scorie nucleari.

 

Va sottolineato comunque che la sopravvivenza delle varie forme di vita sulla Terra dipende sia dal fuoco di fusione nucleare che nel Sole brucia enormi quantità di idrogeno ogni giorno trasformandolo in elio sia dalla fissione nucleare degli atomi di uranio e di torio che garantiscono per almeno l'80% il calore interno della Terra, che mediante le eruzioni vulcaniche che emettono grandi quantità di micro e macronutrienti garantisce la fertilità dei suoli, anche se ogni eruzione crea vari problemi alle popolazioni locali (il restante 20% del calore interno della Terra è da far risalire al riscaldamento primordiale, durante le fasi di formazione del Pianeta, come riportato in uno dei libri scritti dal Prof. Antonio Zichichi).

Il fuoco chimico è importante per la civiltà umana ma è destinato ad esaurirsi, anche se può venire rimpiazzato e rigenerato mediante i due precedenti tipi di fuoco nucleare.

 

 

Possibili soluzioni per lo smaltimento delle scorie radioattive

 

Una volta estratti gli elementi più pericolosi (in pratica gli isotopi di plutonio che si formano durante le reazioni di fissione nucleare) oppure demolite mediante opportuni acceleratori di particelle,collegati ad un reattore ad uranio e torio come quello in fase di sperimentazione ideato dal Premio Nobel Prof. Carlo Rubbia, tutti gli altri isotopi, soprattutto allo stato solido o liquido potrebbero essere mescolati o racchiusi in sferette di vetro; il problema è che in queste sferette le reazioni di decadimento radioattivo producono calore, e quindi non possono essere depositate in grandi quantità in siti sia pure "sicuri" dal punto di vista geologico.

Un'idea potrebbe essere quella di scaldare acqua a temperature moderate che verrebbe utilizzata per riscaldare serre in opportuni parchi, ad es. in vicinanza delle centrali nucleari.

 

In questi parchi avverrebbero coltivazioni sperimentali ad esempio al fine esclusivamente di salvaguardare la differenziazione biologica delle specie vegetali, messa a rischio dal sempre più massiccio utilizzo delle monoculture.

 

Al centro del parco sarebbe costruito un serbatoio ad es. di forma semisferica e talmente spesso e robusto  da essere a prova di incidente aereo, garantendo una completa schermatura delle emissioni radioattive.

All'interno sarebbe completamente impermeabilizzato e vi sarebbero posti grandi contenitori a doppio strato impermeabile all'interno dei quali verrebbero poste le sferette di vetro; l'acqua di raffreddamento, circolando a contatto con le sferette non dovrebbe venire contaminata, o dovrebbe esserlo in modo molto limitato; a causa del decadimento radioattivo in tali sferette si formano sia pur minime quantità di elementi diversi da quelli originari, sia in forma solida, liquida o gassosa; quindi a lungo termine si devono preventivare piccole fessurazioni, ed eventuale minima fuoriuscita di sostanze radioattive, in quantità però migliaia o decine di migliaia di volte inferiori rispetto alle scorie presenti nelle singole sferette.

L'acqua di raffreddamento in ogni caso scorrerebbe in un circuito primario indipendente ed isolato e, tramite uno scambiatore di calore riscalderebbe altra acqua che a questo punto verrebbe utilizzata per riscaldare le serre.

Un monitoraggio continuo riguarderebbe sia l'intercapedine dei contenitori sia l'acqua di raffreddamento del circuito primario e secondario.

 Eventuali isotopi radioattivi in forma gassosa liberati dalle sferette (ad esempio il trizio, l'isotopo dell'idrogeno con due neutroni per ogni atomo) verrebbero raccolti alla sommità dei serbatoi e fatti reagire chimicamente in modo da trasformarli in sostanze solide o liquide che verrebbero reimmesse in altre sferette o piccole e robuste fiale di vetro.

In particolare il trizio verrebbe fatto reagire con l'ossigeno in speciali miniscaldaacqua ad ossigeno e ..... trizio, formando acqua pesante che può quindi essere nuovamente immessa nelle piccole fiale o sferette di vetro e ritornare nei grandi serbatoi per lo smaltimento del decadimento radioattivo.

 

Un altro sistema potrebbe essere l'utilizzo di contenitori cilindrici a forma di tamburo, con acqua di raffreddamento fino ad una certa altezza, nella quale verrebbero immersi contenitori cilindrici verticali più piccoli, resistenti alla corrosione, a chiusura ermetica con valvola superiore che lascerebbe passare gli isotopi gassosi liberati dal decadimento radioattivo oltre una certa pressione; ognuno di questi conterrebbe le scorie radioattive, eventualmente già stoccate nelle sferette di vetro; l'acqua di raffreddamento garantirebbe lo smaltimento del calore dei singoli contenitori cilindrici verticali mentre gli isotopi gassosi verrebbero convogliati in adatto circuito di tubazioni stagne e monitorate verso il trattamento chimico per essere trasformati in sostanze liquide o solide che verrebbero poi immesse in altri contenitori stagni.

 

Gli abitanti all'esterno di tali "parchi" verrebbero interessati  potendo intervenire sia indirettamente nel monitoraggio della struttura interna sia direttamente nel monitoraggio della struttura esterna e del controllo delle eventuali emissioni con propri strumenti di controllo omologati, finanziati dalla società che gestisce la centrale nucleare, attraverso opportuni comitati di condominio e/o di quartiere.

 

A questo punto la durata del decadimento radioattivo delle scorie nucleari non sarebbe più un problema ma diventerebbe quasi un vantaggio; a lungo termine sarebbero proprio queste strutture le uniche a poter far fronte a sconvolgimenti climatici come future eventuali nuove glaciazioni.

 

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L'abbandono del nucleare e del carbone "pulito"; un errore da 200.000 miliardi di lire

 

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