L'abbandono del nucleare e del carbone "pulito"

 un errore da 200.000 miliardi di lire

 

Sul libro "Il paradosso del nucleare in Italia", Associazione Galileo 2001, Ed. 21° Secolo s.r.l., Paolo Fornaciari, Presidente del Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare scrive che:

"Il Piano Energetico Nazionale (PEN 85) indicava in 12.000 MW nucleari e 12.000 MW poli-combustibili la necessità di nuove centrali elettriche, anche nell'ipotesi di moderato sviluppo del PIL, allora pari al 3,5%.

L'Enel  valutava infatti un fabbisogno elettrico, all'anno 2000, di 315-332 TWh (miliardi di kilowattora), a fronte dei 195 TWh del 1986, mentre Verdi ed ambientalisti predicavano uno sviluppo senza consumi energetici....... prevedevano, con modeste azioni di risparmio, un fabbisogno (annuo) di 225 TWh, valore già superato nel 1989!

Il fatto che il fabbisogno al 2000 si sia rivelato leggermente inferiore (298,5 TWh) alle previsioni dell'Enel. è verosimilmente dovuto alla caduta del tasso di crescita del PIL a circa l'1%, di cui l'abbandono del nucleare e il conseguente aumento del costo della produzione di energia elettrica sono i principali responsabili."

"L'ipotesi di una rinuncia totale al nucleare, scriveva l'Enel, comprometterebbe seriamente la sicurezza dell'approvvigionamento energetico del paese ed il necessario sviluppo e competitività del sistema produttivo nazionale, tenuto conto che i principali paesi europei ed il Giappone hanno già raggiunto notevoli livelli di sviluppo della fonte nucleare e ne hanno annunciato recentemente ulteriori sostanziali sviluppi per i prossimi decenni".

"Il maggior costo dell'abbandono totale rispetto al proseguimento del programma veniva indicato in 60.000 e 121.000 miliardi delle vecchie lire nel caso di sostituzione del nucleare rispettivamente con il carbone (pulito) o con gli idrocarburi.

Ma allora il petrolio costava 10 dollari al barile e non gli oltre 50 di oggi!

Si può quindi presumere che il danno derivante dall'abbandono totale del nucleare sia costato al nostro paese oltre 100 miliardi di euro (200.000 miliardi di lire appunto)".

Minori extra-costi sarebbero derivati dalle soluzioni intermedie, con la costruzione rispettivamente di centrali nucleari per 6.000 MW o 4.000 MW ed alimentazione delle rimanenti con carbone o idrocarburi.

"Il combinato effetto dell'abbandono totale del nucleare e della grave crisi petrolifera dei primi anni 2000 è stato, per l'Italia, un evento drammatico."

In Tab. 7 vengono riportati i consumi e le esigenze logistiche di trasporto dei differenti tipi di combustibile necessari per far funzionare una centrale elettrica da 1000 MW per un anno:

 

 -  2.600.000 tonnellate di carbone, trasportabili mediante 2000 convogli ferroviari (da 1300 tonnellate di carbone trasportato ciascuno);

 

 

 -  2.000.000 tonnellate di petrolio (circa 18.180.000 barili di petrolio; al costo di più di 50 $/barile corrisponde a circa 2000        miliardi di lire all'anno; in realtà dipende dal tipo e dalla durata del contratto di fornitura stipulato, ma in prospettiva il costo è quello menzionato) trasportabili mediante 10 superpetroliere;

 

 

  -  30 tonnellate di uranio, occupanti, in forma di ossidi un volume di 10 m³ e trasportabili mediante 1 solo carro ferroviario.

 

 

La singolarità della situazione energetica Italiana è espressa anche dall'elenco delle centrali nucleari in funzione nei vari paesi del mondo, riportati in Tab. 1 di "Orizzonti della Tecnologia Nucleare in Italia" Ed. 21° Secolo s.r.l., dalla quale risulta che anche paesi meno estesi dell'Italia, come Belgio, Lituania, Olanda, Slovenia e Svizzera hanno numerose centrali nucleari che funzionano regolarmente e, tra i paesi mediterranei, la stessa Spagna ha 9 centrali nucleari in funzione, per una potenza complessiva di 7.584 MW.

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