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Se leggete fumetti Marvel sicuramente conoscerete, almeno vagamente, i Vendicatori. Gli eroi più potenti della terra, o almeno presunti tali, radunati sotto la guida quasi perenne di Capitan America e votati a difendere la libertà in ogni parte del mondo. Incarnazione suprema del concetto di eroe, sintesi dell'universo che rappresentano, al pari di quanto facciano la JLA per la DC comics o Authority per la Wildstorm, gli Avengers hanno sulle spalle quarant'anni di vita editoriale, durante i quali le varie interpretazioni del concetto di gruppo di supereroi si sono alternate a seconda della personale visione dell'autore in questione. Ma i capisaldi, le "regole" del gioco, stabilite a suo tempo da Stan-sorridente-Lee, sono sempre state rispettate. I Vendicatori, al pari del loro leader (introdotto solo successivamente alla creazione del gruppo, in realtà), dovevano incarnare lo spirito americano, o se vogliamo lo spirito occidentale, nel suo utopistico amore per la libertà e la giustizia, nella sua cieca perseveranza nell'opposizione del bene al male, nella sua difesa di una morale possibile, di una linea di demarcazione netta e mai labile tra il crimine e l'eroe che lo combatte. A onor del vero spesso persone dal dubbio passato si sono unite ai Vendicatori: pensiamo alla Vedova Nera, con un passato da spia sovietica, o ai fratelli
Wanda e Pietro Maximoff, aggregati in precedenza alla Confraternita dei Mutanti Malvagi di Magneto. Ma per tutti questi personaggi l'entrata nei Vendicatori ha rappresentato il punto di svolta delle loro carriere, una sorta di catarsi che premiava il potenziale umano al di là dell'evidenza dei fatti, sottolineando come una seconda possibilità non fosse mai negata ai volenterosi nell'american system, ribadendo quindi quella moralità che ad una prima visione 
sarebbe potuta sembrare violata. Oggi, a quarant'anni di distanza, i Vendicatori rinascono nell'universo Ultimate, la divisione Marvel dedicata alla rielaborazione degli eroi classici in una veste alternativa e innovativa, più in linea con i gusti dei lettori disincantati di oggi.
Le due precedenti uscite della linea, Ultimate Spider-Man e Ultimate X-Men hanno sposato in brevissimo tempo i gusti dei lettori, anche grazie all'intelligente interpretazione di tali eroi fornita dagli scrittori coinvolti, ovvero il pluriosannato Brian Michael Bendis e l'innovativo
Tony Stark
Mark Millar. Proprio a quest'ultimo è assegnato  il compito di condurre i vecchi Avengers attraverso questa nuova genesi editoriale, forgiando dagli elementi più interessanti del concept originale quel che dovrà, nelle intenzioni esplicite degli ideatori, divenire il gruppo definitivo di supereroi. Gli eroi coinvolti sono proprio quelle icone che resero mitico il team originale, a ragion veduta lontani dai discutibili Vendicatori attuali... Nel corso di quest'albo, dunque (che contiene i primi due numeri dell'omonima serie USA), facciamo la conoscenza dei sei componenti del gruppo: Capitan America, Hulk, Thor, Iron Man, 
Tony Stark - Iron Man
Giant-Man, Wasp.  Chiariti i partecipanti, una domanda aleggia nell'aria: perchè Ultimates e non UltimateAvengers? Le ragioni potrebbero essere varie. Quella ufficiale, per voce stessa del Big One della Marvel, Joe Quesada, è che il nome Avengers, purtroppo, porta sfortuna: qualsiasi iniziativa editoriale ad esso legata è sempre stata destinata al fallimento. 
Henry Pym - Giant Man Evidentemente, nell'immaginario del pubblico americano, questo nome è troppo legato ad una visione superata del concetto di supereroe. Quindi stiamo assistendo solo all'ennesimo restyling suggerito dal marketing, privo di ogni slancio creativo? Non credo. Le storie in questione sono l'opposto di ciò che mi sarei aspettato di leggere aprendo il primo numero di una nuova serie di supereroi. Anzi, di una nuova serie di supereroi Marvel. Le atmosfere sospese e il senso di meraviglia che ci si potrebbero aspettare lasciano il posto ad una narrazione
Mr e Mrs Pym - Giant Man e Wasp serrata ed attenta, lontana dai topoi del genere. L'intero primo episodio è una cronaca di guerra, cruda e disincantata, ambientata cinquant'anni prima della nascita del gruppo. Il secondo episodio è un'attenta e calibrata introduzione dei vari membri del gruppo, poco prima della fondazione ufficiale del team. In entrambe le storie, non vi è la presenza di alcun supercriminale. Nessuna minaccia cosmica da combattere, nessuno sfoggio gratuito di forza superumana, nessuna frase altisonante coniata come ridicolo grido di battaglia. 
Tutto quello che vi attende in queste sessantaquattro pagine è un gruppo variegato di esseri umani, variabilmente complessi e sfaccettati, le cui vite si intrecciano e sovrappongono nello spazio multitemporale della narrazione. Perchè come da tradizione delle ultime produzioni marvel, non sono i costumi a rendere interessanti gli eroi. Nè i loro poteri, o le loro strabilianti battaglie. Sono gli eroi stessi, ad essere interessanti. Ed a meritare, in un'epoca di psicanalisi spiccia servita da ogni emittente privata, una più attenta esplorazione. Gli Ultimates, più che
supereroi, appaiono come persone con superpoteri: ed a volte senza pure quelli, laddove i superpoteri sono rappresentati da un supporto esterno o sono legati ad una sorta di maledizione difficilmente inquadrabile nella logica accrescitiva. Il superuomo di Nietzche, ispiratore del supereroe moderno, viene sostituito dall'uomo imperfetto, l'astratta aspirazione viene sostituita dalla pragmatica constatazione. E gli eroi, nel processo, ne guadagnano in profondità: Iron Man e il suo esibizionismo, Hank Pym e le sue crisi depressive, Banner e i suoi problemi sociali... Tutti tratti forse in parte presenti nelle controparti tradizionali, ma non sufficientemente risaltanti nella loro tradizionale interpretazione di eroi tutti d'un pezzo.
Qui invece, in questo universo alternativo, sono di nuovo strumenti nelle mani dello scrittore, piegati alle sue esigenze narrative, lontani da quei dinosauri opprimenti che risultava sempre più complicato gestire per chiunque, persino per i loro stessi creatori. E' affascinante assistere, pagina dopo pagina, a come i personaggi che eravamo abituati a riconoscere a colpo d'occhio risorgano sotto il nostro sguardo attonito andando a costruire quell'amalgama narrativo così intensamente strutturato che appare più coerente, quasi più originario, del suo stesso progenitore. Gli autori coinvolti 
Cap America
hanno sicuramente investito gran parte delle loro energie in questo lavoro, dando veramente il meglio di sè. Mark Millar conquista con questo lavoro un posto privilegiato nella mia personale classifica degli scrittori, cancellando i miei timori riguardo alla possibilità che questa serie si trasformasse in una copia contraffatta della sua gestione di Authority. Bryan Hitch 
Wasp invece, alle matite della serie, si rincoferma come ottimo cartoonist, finalmente libero dallo spettro incombente di Alan Davis: rispetto ai suoi ultimi lavori, come Authority e JLA, il suo tratto appare più sporco ma proprio per questo più affascinante, più realistico nelle espressioni e più spiccatamente personale. La sua attenzione per i dettagli ha del maniacale, ma ciononostante riesce a creare un insolito compromesso tra esigenze di storytelling e mera soddisfazione visiva della tavola. Singolare caso di un disegnatore che riesce a rielaborare elementi classici in una chiave espressiva piuttosto innovativa. Detto questo, non mi resta che aggiungere che Ultimates si propone come la novità più interessante di casa Marvel di questo autunno dolciastro, sicuramente un'ottima occasione per tutti i fan della casa delle idee che non hanno mai avuto il coraggio di acquistare un albo dei Vendicatori, un acquisto obbligato per chi ancora crede nel potenziale nascosto di quegli allegri buffoni in calzamaglia con cui molti di noi sono cresciuti.

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Ottobre '02
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