Rando Devole

 

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L'immigrazione: una risorsa   

L’immigrazione è diventata negli ultimi tempi uno dei temi più discussi nei circuiti della politica e dei mass media. E’ indubbio che si tratta di un argomento complesso e delicato, ma appunto per questo i toni con cui si dibatte sembrano talvolta fuori luogo ed esagerati. Il carattere molteplice dell’immigrazione richiede ed implica naturalmente una visione articolata da parte di chi si esprime sul fenomeno.

Dalla piramide all’imbuto

Nel vivace pullulare dei centinaia di termini nuovi della new economy ecco che ne spunta un altro che non ha nulla a che fare con il settore: sboom demografico. Si tratta di un fenomeno demografico di recente data, ossia del calo e dell’invecchiamento della popolazione nei paesi industrializzati come l’Italia, il Giappone, la Germania, ecc. In merito gli studiosi presentano un panorama catastrofico: dal 1995 al 2050 si prevede un calo del 28% della popolazione italiana, che tra cinquant’anni potrebbe contare solo 41 milioni. Infatti l’Italia detiene purtroppo il triste record della natalità più bassa dei paesi industrializzati con 1,2 figli per donna. Dal punto di vista economico significa che nel 2001 i lavoratori attivi caleranno di 50 mila, mentre nel 2006 diminuiranno di 100 mila all’anno. E meno nati non significa più occupazione. E’ una mera illusione, in quanto la diminuzione della popolazione comporta anche il calo dei consumi, il che si ripercuote automaticamente sulla produzione e le imprese.

La situazione sembra più grave se si dà uno sguardo ai rapporti del cittadino con lo Stato. Secondo alcuni autorevoli studi, un italiano che nascerà tra venti anni avrà un debito con lo Stato di circa 590 milioni di lire.

In questo quadro preoccupante la variabile immigrazione gioca un ruolo molto importante. Gli immigrati potrebbero aiutare l’economia italiana a rimpiazzare i lavoratori mancanti e favorire il mantenimento della popolazione a livelli costanti. Infatti ci sono settori come l’agricoltura e l’edilizia in cui le imprese senza la manodopera degli immigrati non potrebbero sopravvivere. Il vero rischio è che la piramide demografica degli anni precedenti si trasformi in un imbuto. Non si tratterebbe solo di una trasformazione geometrica della solita rappresentazione grafica, bensì di conseguenze reali e drammatiche a livello sociale ed economico.

                                Presenza degli stranieri al 31.12.1999

                                Totale presenze:  1.251.994
                                Comunitari:              145.787
                                Extracomunitari:    1.106.207
                                Nuovi flussi:               63.000

                                I lavori più comuni: collaboratore domestico, operaio edile, addetto alle pulizie, agricoltore: collaboratore domestico, operaio edile, addetto alle pulizie, agricoltore.

Sboom e boom tra realtà e rappresentazione

Negli ultimi tempi l’immigrazione sta occupando sempre di più spazio di rappresentazione nei mass media, in cui si sta verificando un vero e proprio boom retorico intorno a questo tema. Nella confusione delle polemiche su argomenti come criminalità, disoccupazione, clandestini, prostituzione, sicurezza, ecc., non è difficile scorgere un certo allarmismo che si è spostato ormai anche nella società.

I legami che ci possono essere tra alcuni clandestini e la criminalità (si ritiene che i clandestini siano facilmente arruolabili dalla criminalità organizzata) non devono portare all’equazione facile quanto pericolosa "immigrazione = criminalità". E se lo Stato deve mostrarsi duro nei confronti di chi non rispetta le regole della società civile, di pari passo bisogna incamminarsi sulla via dei diritti degli immigrati rispettosi della legge e delle norme della convivenza. Perché c’è ancora da fare sul piano dei diritti fondamentali e della parità di trattamento e di opportunità.

La rappresentazione allarmistica dei media non aiuta certamente la metabolizzazione di questo fenomeno da parte della società. Il problema è che si è di fronte ad uno scontro per lo meno squilibrato: da una parte gli economisti e i sociologi con le loro spiegazioni fanno leva sul versante razionale, dall’altra i media premono sul versante emotivo della gente. E’ ovvio che il messaggio che tocca la parte emotiva sia più efficace, così com’è normale che a distanza di anni ci si stupisca di ciò che si pensava prima.

Lo struzzo e la politica

Che l’integrazione stia navigando in acque agitate lo dimostrano anche le continue dichiarazioni delle più alte cariche dello Stato: il Presidente Ciampi che sottolinea l’importanza dell’immigrazione e il valore della diversità, il Presidente della Banca d’Italia, Antonio Fazio che parla di un ruolo di rilievo degli immigrati nella società italiana. L’autorevolezza dei dichiaranti non toglie nulla alla veridicità di ciò che sostengono, al contrario, ma la loro insistenza conferma la preoccupazione sul disagio diffuso nei confronti dell’immigrazione.

L’immigrazione è un fenomeno che va regolamentato e la legge Turco-Napoletano è un sostanzioso passo in avanti. Adesso bisogna applicarla con rigore, senza cadere nella tentazione di blindare la società in un momento in cui si parla solo di globalizzazione.

Il sindacato, insieme ad altre parti sociali, potrebbe dare un reale contributo nella regolamentazione dei flussi migratori trasformandoli in un vero fattore di crescita socioeconomica.

Solo così verrebbero meno quei sondaggi schizzofrenici sulla percezione degli immigrati, quegli speculanti tentativi politici e quell’assurdo processo di vittimizzazione. Ha ragione il Presidente della Commissione Europea, Prodi: "Non lamentiamoci di loro di notte, quando li vogliamo di giorno. Andiamo a vedere quanti italiani sotto i 45 anni ci sono nei turni di notte delle fabbriche, quanti vogliono fare i mestieri sgradevoli. E cerchiamo di capire le cose, non di nascondere la testa sotto la sabbia".

Infine, bisogna riconoscere che l’immigrazione è una delle grandi sfide del nuovo millennio. I dati e i fatti ci dicono che il futuro spetta alla società multietnica. Ma "i fatti – dice giustamente un noto sociologo - non parlano da soli" - perché i fatti vanno interpretati e spiegati.

Il problema è che in questo caso i fatti purtroppo si perdono in discorsi infiniti e astratti, che trattano il fenomeno immigrazione prevalentemente in termini complessivi e di utilitarietà socioeconomica, dimenticando – forse per un peccato di "metodologia" – che dietro tale fenomeno sociale ci sono persone, esseri umani. E se facessimo qualche volta il percorso inverso?

Roma, maggio 2000                                                                    Rando Devole