"L'apartheid globale" di Bruno Amoroso
E' noto, le presentazioni dei libri si trasformano spesso in vere e
proprie manifestazioni pubblicitarie. Il lettore compra il volume e segue la
presentazione, poi si accorge che l'autore non ha fatto altro che ripetere le cose che
aveva scritto nel libro. Un modello diffuso, ma che non può includere in nessun modo la
presentazione del volume "L'apartheid globale" di Bruno Amoroso, edito dalle
Edizioni Lavoro, perché l'autore nel suo discorso va oltre la passione e il ragionamento
del libro, confermando fondamentalmente la propria analisi sul fenomeno
"globalizzazione".
Amoroso parte nel suo libro con obiettivi precisi, ed ha ragione quando
afferma che "capire il fenomeno globalizzazione, cioè il modo di essere del
capitalismo oggi, è utile poiché spinge alla rilettura del passato e ad una maggiore
consapevolezza dei limiti del presente". Ma la sua preoccupazione non è il forte
potere economico della globalizzazione, bensì il fatto che essa possieda "il potere
ideologico che è capace, da almeno un decennio, di impedirci di pensare". Infatti
Amoroso chiarisce immediatamente, come se volesse tranquillizzare subito il lettore, che
"oggi tutto si definisce come globalizzazione ma assistiamo all'evoluzione di altri
due fenomeni paralleli, la mondializzazione e le integrazioni mesoregionali".
Non c'è dubbio che il giudizio dell'autore sulla globalizzazione è
assolutamente negativo. Amoroso non indugia elencare gli effetti catastrofici di questo
nuovo fenomeno capitalistico: "La globalizzazione genera a danno degli abitanti del
mondo, anche di quelli delle aree ove è iniziata la sua diffusione, effetti disastrosi
che, inevitabilmente, danno luogo a reazioni. I più esemplari di tali effetti negativi
sono la diffusione delle migrazioni, della droga, delle guerre, della prostituzione,
dell'inquinamento, lo sfruttamento iniquo delle materie prime, dell'energia e delle
tecnologie, il monopolio dell'informazione e della ricerca scientifica".
C'è poco spazio di ottimismo nel libro di Amoroso (e forse è questa
la ragione per cui si reputa ottimista durante la presentazione); l'autore affida le sue
speranze alla mondializzazione che è "il grande tentativo di sottrarsi alle
conseguenze peggiori della globalizzazione ma non è ancora la costruzione
dell'alternativa".
Ma cos'è in fin dei conti questo fenomeno della mondializzazione? E'
una "reazione alla globalizzazione" che include i movimenti internazionali
religiosi, quelli per l'ambiente, i diritti sociali, il volontariato ecc. Amoroso include
inoltre le popolazioni in rivolta in Asia e in Africa, ma l'idea non appare chiara, dà
l'impressione piuttosto di essere rimasta imbrigliata in un linguaggio rivoluzionario
fermo in partenza.
Anche il fenomeno dell'integrazione regionale offre motivi di speranza,
perché "si basa sulla riscoperta e la valorizzazione delle 'economie del
mondo',
cioè dei legami storici esistenti fra i sistemi produttivi per il soddisfacimento dei
bisogni nelle singole aree, delle correnti di scambio e delle forme istituzionali e
culturali".
Amoroso è particolarmente critico verso la finanziarizzazione
dell'economia che, a suo parere, è parte integrante "degli aspetti destabilizzanti e
criminali dell'odierna economia capitalistica", insieme ad altri aspetti come
l'inquinamento, il traffico d'armi ed il traffico di esseri umani.
Il libro "L'apartheid globale" contiene un ritmo sbalorditivo
che aumenta a dismisura la forza persuasiva del messaggio. Gli esempi, le argomentazioni,
i fatti, i temi sono numerosi e immessi vorticosamente in un meccanismo totalizzante che
li sfrutta in funzione del ragionamento principale. Per questo si presenta pieno di spunti
e momenti di riflessione per qualsiasi lettore, e forse per questo talvolta dà
l'impressione di voler "soggiogare" alla sua teoria esempi difficilmente
utilizzabili in tal senso. Gli capita anche alla presentazione del libro, quando Amoroso
afferma, senza offrire chiarimenti o spiegazioni, che la guerra del Kossovo è una delle
conseguenze della globalizzazione.
Il volume tradisce un certo nervosismo genuino nell'analizzare le
conseguenze negative della globalizzazione, che non va interpretato come un'insicurezza
dell'autore, bensì come parte del suo stile appassionato e impulsivo. La conferma si può
avere ascoltando qualsiasi discorso del professore danese, in cui traspare una passione
forte ed esplicita, che contrasta con il solito tono accademico e la sua cittadinanza, ma
che si addice benissimo al tema e al personaggio.
Forse sull'onda dell'emotività che si lascia intravedere una certa
simpatia per i regimi asiatici, lodevoli, a suo dire, del fatto che resistono ancora al
modello capitalistico occidentale.
La parte più interessante del volume è senza dubbio quella in cui si
offrono delle soluzioni agli effetti negativi della globalizzazione. Amoroso le chiama
"anelli della solidarietà". Secondo l'autore gli anelli sono quattro: il primo
riguarda i paesi dell'Unione Europea, il secondo e il terzo sono gli anelli della
solidarietà che devono legare i paesi nordici a quelli dell'Est, mentre il quarto anello
deve legare i paesi dell'UE con quelli dell'Europa Centrale.
Ma cosa si intende per "anelli della solidarietà"? E qual è
il loro vantaggio? Gli anelli della solidarietà fanno parte di un sistema policentrico,
all'interno del quale "ciascuno conserva e fa progredire la propria 'cultura e
coltura', all'interno del quale ogni sistema rigenera e rafforza i quattro elementi: la
popolazione., il territorio, i sistemi produttivi e le istituzioni".
Amoroso si sofferma su molti argomenti: la pace, l'etica, gli effetti
negativi dei mass media, le politiche agricole dell'UE, l'ambiente, la non trasferibilità
delle colture e delle culture, i mercati finanziari, l'integrazione europea, la
valorizzazione della diversità, il rischio di conflitti e di rivalità, il capitalismo
umanizzato, il Mediterraneo, la disoccupazione, ecc.
L'autore de "L'apartheid globale" critica duramente la
concezione capitalistica di separare l'economia dall'etica. "La separazione
dell'economia dall'etica - scrive Amoroso - è la prima guerra che i mercanti fanno contro
la comunità. E la vincono". Anche la separazione della politica dall'etica hanno
danneggiato fortemente la società.
Ma il passo più bello dell' "j'accuse" di Amoroso è quando
afferma che i mercanti in nome del materialismo e del laicismo hanno distrutto la
religione della comunità e cercano di imporre la loro religione. "L'ostia viene
sostituita dalla moneta d'oro; il consumo diviene il segno della virtù e del benessere; i
templi diventano le Borse ed i palazzi del potere. [
] I miracoli li fa ormai la
tecnologia. Affidarsi alla volontà di Dio sembra antiquato".
Amoroso è consapevole che non è il primo a sollevare i problemi e le
preoccupazioni riguardo la globalizzazione selvaggia. Infatti, quando gli si chiede che ne
pensa della similarità delle sue posizioni con quelli della dottrina sociale della
Chiesa, risponde: "Non lo so. So invece che ho un certo pubblico in
quell'ambiente".
Ma questa è solo una curiosità. Il problema vero è trovare un modo
per affrontare le sfide del nuovo Millennio, inclusa la globalizzazione.